Una via all’approfondimento dei Vangeli

Il figlio dell’uomo


 

Fermiamoci ancora nel campo degli olivi. Qui fu rinnovata per l’ultima volta la deliberazione, e qui cominciata la battaglia che finì sul Calvario, e durò lo spazio di una mezza giornata, e assicurò la redenzione del genere umano e la gloria dell’universo. La rinnovata deliberazione fu nel punto che Gesù, dopo quella lotta interiore che si è descritta, disse al Padre: “Non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu”. Vinta così la battaglia con se stesso, questa vittoria fu il segnale della grande battaglia. La quale non fu d’uomo con uomini, ma di un solo uomo per tutti gli uomini, di un solo uomo lottante con Dio, siccome Jacob, e lottante con le potenze malefiche appiattate ne’ cuori umani.

V. Fornari, Della Vita di Gesù Cristo

 

Il bisogno di abbracciare con uno sguardo d’assieme lo svolgimento dei fatti di cui parlano i Vangeli, attraversa l’intera storia del cristianesimo, e si rende specialmente vivo negli ultimi due secoli. Se nell’Ottocento un tale bisogno viene per la prima volta condiviso dalla critica storica di impronta razionalista, dando origine a opere famose, come quelle di David Friedrich Strauss (1835-36) ed Ernest Renan (1863), accomunate dal titolo Vita di Cristo, oltre che dall’intento di spiegare quei fatti secondo un ordine di cause valevole per ogni altro fatto della storia, nel Novecento si impone nuovamente un’esegesi dei Vangeli a sfondo religioso-confessionale, grazie ad alcune opere originali e di ampio respiro.

Spiccano tra queste la Storia di Cristo di Giovanni Papini (1933), che alla vivacità rappresentativa, non esente da certi toni crudi e mordaci propri dell’autore, unisce talvolta profonde intuizioni; le due opere classiche, rispettivamente di Romano Guardini, Der Herr (Il Signore, 1937) e di Giuseppe Ricciotti Vita di Gesù Cristo (1941), di cui la prima pare rinnovare, con il suo carattere altamente formativo, l’intento pedagogico che fu un tempo dei Padri della Chiesa, mentre la seconda rappresenta un tentativo assai equilibrato di conciliare la ricerca storiografica rigorosa con le istanze intangibili della fede; infine Life of Christ (Vita di Cristo, 1959) di Fulton Sheen, nella cui prefazione l’autore confessa di averla potuta scrivere, grazie al fatto di essere stato “in ore buie ed angosciose, vicinissimo alla Croce” e che dunque, mentre la dottrina esposta “si deve ai libri”, la penetrazione del mistero cui essa rimanda, “alla sofferenza”. L’efficacia di quest’opera dello Sheen è il frutto di un’intima partecipazione al dramma descritto, nella maturità e lucidità di una coscienza rifatta dal suo aderire alla novità del mistero cristiano.

 

L’indagine antroposofica inaugurata da Rudolf Steiner, e alla quale si attiene Valentin Tomberg nei suoi lavori sul Nuovo Testamento, nulla toglie a quanto di pregevole è stato conseguito nel campo dell’esegesi evangelica, è anzi in grado di riconoscerlo e di valorizzarlo pienamente, tuttavia vorrebbe integrarlo sotto un aspetto.

Tale indagine, che deriva il suo nome dal riferimento all’esperienza umana da essa ampliata, ma non trascesa, muove dalla constatazione che quanto appare ai sensi non rappresenta che un lato, il più esteriore, delle cose le quali, per essere conosciute, richiedono una visione d’essenza, che le rende concepibili in una luce oggettiva e universale, fondamento di ogni attribuzione sulle cose stesse, che trascenda il flusso transitorio della loro parvenza.

 

La visione d’essenza, presente in ogni atto conoscitivo, anche il più elementare, è la traccia o il ricordo di una comunione profonda con l’essere conosciuto, l’esperienza della quale è di una tale pienezza, che deve venir smorzata, appunto nel tenue rilucere della visione d’essenza, per permettere al soggetto umano di sperimentarsi nella propria singolarità e di esplicare in quella condizione l’attività morale di cui è capace.

L’indagine antroposofica mira a ricostituire quella pienezza di comunione, senza per altro sopprimere la coscienza individuale del soggetto che la vive. Ciò essa compie mediante un’intensificazione della visione d’essenza, dapprima riconosciuta come tale e quindi sviluppata attraverso un sistematico esercizio interiore, il quale fa appello ad una capacità via via crescente di dedizione imparziale al contenuto di verità delle cose.

Ne risultano gradi progressivi di una conoscenza interiore o sovrasensibile, che lo Steiner chiama rispettivamente immaginazione, ispirazione, intuizione.

 

• Nell’immaginazione la visione d’essenza si riveste del tessuto formativo che lega tra loro i concetti,

svolgendoli in un processo di continua metamorfosi.

• Nell’ispirazione si anima della parola interiore di cui essa, in quanto luce del concetto, è come un muto riflesso.

• Nell’intuizione si reintegra nella comunione intima e piena con l’essere conosciuto.

 

Lo sviluppo della conoscenza, qui tratteggiato a scarne linee, permette un ampliamento del campo dell’esperienza umana, grazie a cui è dato penetrare in una dimensione intima delle cose, normalmente celata, eppur preannunziata dalla loro stessa parvenza.

 

Mentre nella comune esperienza sensibile cogliamo singoli frammenti del divenire, che riuniamo poi in concetti unitari, l’esperienza sovrasensibile porge di quei frammenti non il semplice concetto, ma la sintesi dinamica che li riporta alla contemporaneità di un flusso vivente, forma duratura, ma non statica, di ogni evento transitorio.

Ciò che è altrimenti un mero fatto, diventa vivo atto, processo.

Questo vale non solo per i fenomeni naturali e per il cosmo in genere, ma anche per quel lato del cosmo stesso, che ne è il coronamento ed il virtuale futuro: la storia umana. Un evento, una biografia, un’epoca, spiegano il loro senso in un complesso di cause non circoscritte nei limiti dell’esistere terreno, ma che, originando da una sfera di essenziale libertà spirituale, lo animano, lo fecondano, lo guidano al suo fine.

 

Quando questo tipo di indagine viene applicato agli eventi svoltisi in Palestina intorno alla figura storica di Gesù Cristo, si verifica il fatto singolare che essi appaiono non solamente come oggetti di una tale indagine, ma come la loro stessa condizione. Nell’azione del Cristo sulla terra viene riconosciuta la sorgente di quella reintegrazione della vita conoscitiva umana di cui l’indagine sovrasensibile è il frutto. Per tale ragione lo Steiner potè affermare, riguardo a un’esperienza da lui avuta poco prima di inaugurare questo nuovo indirizzo conoscitivo, di “essersi trovato spiritualmente dinanzi al Mistero del Golgota, nella più intima e profonda solennità della conoscenza”.

 

Possiamo allora comprendere in che cosa consista il contributo dell’indagine antroposofica allo studio dei Vangeli. Essa, superando le distanze che ce ne separano nel tempo e nello spazio, ce li rende vivi e presenti con la concretezza di ciò che si svolge in atto. Gli eventi di cui i testi evangelici danno notizia, si mostrano nella loro trama interiore, rivelando profondità impensate.

La penetrazione negli aspetti reconditi della natura umana, permette di gettare una luce sulle vie e i modi mediante cui l’azione spirituale del Cristo redime ed eleva il complesso di questa natura. Non si tratta, tuttavia, di qualcosa che voglia sostituirsi alla pratica religiosa o alla riflessione teologica, quantunque possa fecondare entrambe, conferendo una speciale concretezza all’una e ampliando gli orizzonti dell’altra. Tale volle restare il contributo dello Steiner, il quale attendeva che altri sviluppassero nell’ambito teologico e religioso i germi da lui posti con l’elaborazione di quel metodo conoscitivo e con i primi risultati da lui stesso conseguiti nell’applicarlo.

 

La via all’approfondimento dei Vangeli indicata, con metodo rigoroso, da Rudolf Steiner, ebbe per altro i suoi precursori. Fra questi va qui ricordato un dotto sacerdote italiano attivo nella seconda metà dell’Ottocento sulla scia di Rosmini e Gioberti: Vito Fornari, nato a Molfetta (Bari) nel 1821 e vissuto a Napoli, noto al suo tempo per alcune opere filosofiche ed estetiche, ma soprattutto per una monumentale Vita di Gesù Cristo in cinque volumi, pubblicata a più riprese tra il 1869 ed il 1893. Ciò che fa di quest’ultima un’opera sorprendente, è che essa, ben lontano dal limitarsi alle vicissitudini terrene dell’‘uomo di Nazareth’, prende le mosse dalla Genesi, per giungere fino all’Apocalisse, seguendo fase per fase l’intero svolgimento della storia umana. Per Fornari, dunque, il Cristo non è un fatto tra i fatti della storia, ma la condizione, il senso e il fine della stessa. Egli la attraversa quindi tutta con la Sua presenza e la Sua azione, ed ogni momento di essa può essere riferito a Lui. Egli è “il fatto sommo e supremo della creazione, al quale si annodano e sono sospesi tutti i fatti e tutte le storie”.

 

Vi è un passo nel Proemio di quest’opera che ci lascia intravedere in viva immagine la bellezza spirituale che la pervade, e che merita quindi, benché non breve, di essere riportato per intero:

Persino la creatura corporea mi apre in Cristo un suo occulto significato, il quale è la ragione e la certezza dell’essere di lei. L’azzurro cielo, le stelle fiammeggianti, l’ampio orizzonte, la Luna che sorge ridente dietro al Vesuvio, o silenziosa nascondesi nel mare tra Capri e Miseno, la cadenza misurata delle onde che senza furore vengono a morire sulla spiaggia, il cantare degli uccelli in sull’alba, le mille segrete armonie delle nature diverse, ed ogni spettacolo di cose create, il quale mi susciti un presentimento vago e soave dell’infinito, io lo intendo e vi leggo il simbolo o il ricordo dell’unione fra la natura divina ed umana in Cristo. La vermiglia rosa che concepisce il puro raggio del sole e poi lo schiude rivestito della propria sostanza di lei, io intendo pure il suo linguaggio, e vi discerno un segno della Vergine che partorisce il suo creatore. E così quando vedo il seme, caduto in terra e mortificato, risorgere nella spiga, e un sacrificio precedere sempre alla gloria, e alla gioia il dolore, io vedo allora Cristo, e l’abbassamento della divinità, e la passione del crocifisso e l’infinito onore del risorto. […] Così l’universo per un mistero si intende e spiega tutto, perché

tutto o è segno di Cristo o sospiro a Cristo,

e Cristo è la ragione e la verità di tutto.

 

Il Fornari moriva il 6 marzo 1900, pochi giorni dopo la nascita di Valentin Tomberg e nello stesso periodo in cui Rudolf Steiner poneva le basi di quell’indirizzo conoscitivo in cui pare risorgere, con chiara sicurezza interiore, ciò che nel meditativo abate pugliese fu presaga, e ormai veggente nostalgia.