Parole conclusive

O.O. 333 – Libertà dii pensiero e forze sociali – 26.05.1919


 

Dopo una discussione in cui avevano parlato principalmente funzionari di partito e sindacalisti, Rudolf Steiner prende ancora una volta la parola:

 

Avrei certamente preferito se da parte dei relatori fosse stato manifestato interesse per le cose che ho esposto. In tal modo avremmo potuto rendere fruttuosa la discussione. Così non è stato. Per questo motivo potrò solo accennare a singoli argomenti e su questi porre l’attenzione.

 

Da parte di alcuni relatori è stato detto che nelle mie trattazioni non è stato espresso nulla di nuovo. Ora, conosco molto dettagliatamente lo sviluppo del movimento sociale, e chi afferma che l’essenziale di ciò che oggi è stato esposto proprio a partire dalle esperienze della nuova configurazione della situazione sociale attraverso la catastrofe mondiale non sia qualcosa di nuovo, dovrebbe rendersi conto che dice qualcosa di assolutamente errato. In realtà esiste uno stato di fatto del tutto diverso: i relatori non hanno colto la novità. Si sono limitati ad ascoltare quel paio di cose che ovviamente, essendo giuste, sono state espresse come critica all’attuale ordinamento sociale. Da molti anni sono abituati a sentire questo o quello come uno slogan: e questo è quello che hanno sentito. Ma di tutto ciò che è stato detto tra una cosa e l’altra sulla tripartizione dell’organismo sociale, su ciò che attraverso questa tripartizione si può realizzare nel senso di una reale socializzazione nei confronti di ogni parte sociale, di tutto ciò i relatori non hanno ascoltato assolutamente nulla. E, pertanto, anche nelle loro discussioni essi avranno presumibilmente taciuto del tutto su ciò che non hanno ascoltato. Capisco. Ma capisco anche che poi naturalmente non può certo venir fuori una discussione fruttuosa da una cosa simile.

 

Abbiamo ad esempio ascoltato un relatore che, proprio come se non avesse vissuto gli ultimi cinque o sei anni, si è espresso sulle vecchie teorie che così tante volte sono state trattate prima di questa catastrofe. Ha di nuovo esposto per filo e per segno tutte le teorie sul plusvalore e via dicendo, che certamente sono giuste, ma che sono già state esposte innumerevoli volte; e ha dimenticato che oggi viviamo in un tempo veramente del tutto diverso. Ha dimenticato, ad esempio, quello che leader socialisti molto in vista hanno detto pochi mesi prima della capitolazione tedesca: quando questa catastrofe bellica sarà passata, il governo tedesco si dovrà porre di fronte al proletariato in modo del tutto diverso da prima. I detentori del potere in Germania dovranno tener conto del proletariato in maniera del tutto diversa da prima in tutte le attività di governo e in tutte le attività legislative. Ma da parte socialista si è anche detto: i partiti socialisti dovranno essere presi in considerazione.

 

Ora, è andata diversamente. I detentori del potere sono stati affondati nell’abisso, e in questo abisso vi erano anche i partiti. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione mondiale del tutto diversa. Di fronte a questa nuova situazione mondiale non si dovrebbe però semplicemente fare finta di non sentire le nuove idee e ascoltare solo i partiti che naturalmente saranno sempre in vigore fintantoché esisterà un movimento sociale, bensì si dovrebbe acquisire la facoltà di interessarsi a ciò che è la cosa assolutamente più necessaria proprio per il nostro tempo.

 

Altrimenti ci troveremo di fronte al grande pericolo che in fin dei conti è stato sempre presente nel vecchio e consueto ordine mondiale: quando arrivava qualcosa che guardava ai fatti ed era tratto dalla realtà lo si definiva come ideologia; e si diceva: questa è filosofia, non ha nulla a che fare con la realtà; e con ciò si spianava la strada alla reazione. Il peggio sarebbe se il partito socialista cadesse in una specie di irrigidimento reazionario, se non fosse capace di andare avanti interpretando nel modo giusto dei fatti che parlano in maniera tanto chiara.

 

Questa è la cosa importante oggi. Marx ha coniato un bel motto dopo aver conosciuto i marxisti – molta gente che si sforza di portare qualcosa di veramente nuovo nel mondo si definisce marxista -: per quel che mi riguarda io non sono un marxista. E Marx ha mostrato sempre – mi riferisco solo gli avvenimenti del ‘70/’71 -, quanto ha imparato da questi avvenimenti; ha sempre mostrato che era in grado di camminare al passo con i tempi. E oggi, poiché i tempi sono maturi, egli troverebbe più che certamente il modo di riconoscere proprio nella tripartizione dell’organismo sociale la vera soluzione della questione sociale. Si parla continuamente di nuove vie, e quando viene mostrata una nuova via che però richiede vero coraggio, allora si dice: non viene mostrata una via, viene solo indicata una meta. A questo punto si vorrebbe domandare: qualcuno ha mai pensato ad una via che renda necessario l’intervento di una sorta di governo di liquidazione? È qualcosa che in effetti è molto inconsueto per la gente e per le sue abitudini di pensiero. Come i vecchi governi, anche il governo socialista non pensa ad altro se non ad essere la bella e buona prosecuzione di ciò che era stato il governo precedente. Ciò di cui abbiamo bisogno è che questo governo mantenga l’iniziativa solo al centro, che mantenga il controllo solo per quel che riguarda servizi di sicurezza, igiene e cose simili, ma che a destra e a sinistra divenga invece governo di liquidazione, che cioè lasci libera la vita spirituale, in modo tale che questa passi ad una amministrazione autonoma, e che renda indipendente la vita economica.

 

Questa non è una teoria, non è filosofia, ma è il richiamo a qualcosa che si deve fare. Ma affinché questo venga fatto se ne deve prima comprendere la necessità; affinché questo accada ci si deve staccare poco a poco dalla vecchia abitudine di volere prestare ascolto solo a ciò che piace, e di non volere invece prestare ascolto a ciò che non si conosce.

 

Quando compaiono relatori che in maniera strana cadono in contraddizioni pratiche e non lo notano, essi sono proprio la dimostrazione di come in realtà sia impossibile trovare una via pratica. Un relatore oggi è arrivato a dire: un reale potere politico si basa ancora oggi su presupposti economici. E poi, dopo aver aggiunto qualcosa – in modo che non lo si notasse molto – ha detto: dobbiamo prima conquistare il potere politico per conquistare poi il potere economico. Così da una parte si declama: chi ha il potere economico ha anche il potere politico; e subito dopo, dopo un paio di frasi, si dice: dobbiamo prima avere il potere politico, e poi otterremmo anche il potere economico. Con relatori di questo genere non si percorrerà mai una via pratica. Si può percorrere una via pratica solo se si è in grado di pensare in modo retto, e di non smarrirsi nei meandri del pensare.

 

Non si andrà avanti con un rigido fissarsi su obiezioni quali, ad esempio: l’inclinazione verso la comodità rende necessario che gli esseri umani vengano costretti ad andare alla scuola unitaria. Tutti coloro che in tempi recenti sono stati al potere hanno espresso cose simili. Si è vista gente al governo 30 che veramente non era più avveduta di coloro che venivano governati. Ma sono sempre riusciti a dire: se non costringiamo la gente a fare questo o quello non lo faranno mai liberamente.

 

È un singolare fenomeno che ora anche in campo socialista compaiano cose simili. Qui sarebbe invece necessario che si riconoscesse ciò di cui in realtà si tratta: la possibilità di aprire la mente per comprendere ciò che è necessario, non rimanere attaccati a teorie elaborate da tempo e cose simili. Questo è ciò che viene chiesto continuamente. Quando si dice: “Bisogna conquistare il potere”, si intende certamente una grigia teoria. Se poi si conquista il potere, si deve anche sapere cosa farsene di questo potere. Non c’è altro modo per andare avanti. Se si conquista il potere ma poi quando si è al potere non si sa cosa fare, allora si vanifica tutto quel potere. Si tratta di sapere in maniera chiara e con certezza cosa si intende fare con il potere ancora prima di conquistarlo.

 

Se da una parte è stato detto: dopo che la rivoluzione del nove novembre è riuscita, si potrebbe altrettanto dire che è fallita; e se dall’altra parte viene detto: all’estero la rivoluzione viene vista come una truffa, questo avviene appunto perché è stato conquistato il potere, ma i detentori del potere non sanno cosa devono farci. Ma alla fine si deve assolutamente sapere cosa si deve fare con il potere. Se però ognuno rimane fermo alle vecchie opinioni di partito, allora vorrà richiamarsi all’unità. Vi è un metodo per esortare all’unità ed è quello di cercare di vedere realmente dove siano i danni. In questo modo l’impulso alla tripartizione cerca di portare unità. È semplicemente un’autentica calunnia dire che si deve fondare un nuovo partito o una nuova setta. È una cosa senza senso. E quand’anche una tale risoluzione venisse approvata in diverse riunioni, sono del tutto tranquillo che non verrebbe mai accolta. Se la si accogliesse allora ne risulterebbe che ben presto gli attuali detentori del potere verrebbero cacciati via. Qui non si deve aver paura che un’unità possa venire disturbata. Ma c’è un altro metodo per distruggere l’unità: ostinarsi a rimanere attaccati ai propri principi e poi dire: se non seguite me allora non siamo uniti. Oggi in realtà moltissimi pensano proprio questo. Come ho detto mi dispiace di non potere inoltrarmi nei particolari perché nessuno dei relatori ha toccato realmente le cose che sono state esposte nella mia conferenza. Alla fine è stato persino detto che avrei filosofeggiato. Con un tale filosofeggiare come quello di questo relatore, tutto alla fine si può chiamare una filosofia che non dà da vivere. Ma il punto cruciale della questione è se invece solo con un filosofeggiare simile a quello che è stato sviluppato dall’ultimo relatore si giunga a qualcosa che possa realmente aiutare.

 

Ciò che si trova in questo organismo sociale tripartito è stato dato inizialmente come impulso durante la terribile catastrofe bellica, quando credevo che fosse arrivato il momento giusto. In quel momento, quando non era passato ancora molto tempo dalla mostruosità della pace di Brest-Litovsk, mi parve proprio la cosa giusta se, in contrasto con tutto ciò che poi è accaduto realmente, prendendo le mosse da questo impulso alla tripartizione si fosse cercato di riequilibrare la situazione verso Est. Non lo ha capito nessuno. Per questo motivo è arrivato quanto poi è stato provocato dalla pace di Brest-Litovsk. Oggi tutto dipende davvero dal fatto che si trovino o meno degli uomini che non facciano come tutti quelli a cui durante la guerra si parlò della tripartizione dell’organismo sociale, allora, naturalmente, con riferimento alla politica estera.

 

Nei prossimi giorni apparirà una brochure sulla responsabilità della guerra. E allora il mondo verrà a sapere ciò che è realmente successo tra gli ultimi giorni di luglio e i primi dell’agosto 1914 in Germania. Si vedrà quale grande sciagura è scaturita dal fatto che le persone non hanno voluto pensare da sé, ma che hanno lasciato pensare l’autorità, dal fatto che si era contenti che ci fosse un’autorità che pensasse. Questo è ciò che allora, anziché portare ad una politica più ragionevole, ha condotto al fatto che la politica il 26 di luglio toccasse il fondo del suo sviluppo. Il mondo deve finalmente conoscere queste cose. Le conoscerà i prossimi giorni attraverso le memorie dell’uomo più importante che partecipò agli eventi in quei giorni, nel luglio/agosto 1914. Qui si vedrà quale enorme occasione sia andata sprecata per il fatto che gli uni, che erano l’autorità, abbiano pensato a loro modo, e che gli altri in fin dei conti si siano lasciati ordinare quali dovessero essere le loro convinzioni.

 

Ora, abbiamo sentito spesso questa storia: ai vincitori della guerra sono seguiti i vincitori della rivoluzione. Ma c’è stata anche un’altra conseguenza. Ai chiacchieroni della guerra sono seguiti i chiacchieroni della rivoluzione. E i chiacchieroni della rivoluzione si comportano con i chiacchieroni della guerra all’incirca come i vincitori della rivoluzione si comportano con i vincitori della guerra.

 

Dobbiamo appunto superare queste chiacchiere. E dobbiamo superarle in modo tale da non farci assolutamente più condurre politicamente da nessuna autorità, sia essa costituita da personalità socialiste o meno. Dobbiamo arrivare a divenire uomini capaci di giudizio, ma non possiamo diventarlo se cancelliamo dalla nostra coscienza tutto ciò che si può davvero basare sulle esigenze del presente.

 

Non mi addentro in cose che sono state esposte e che non sono altro che la totale deformazione di ciò che ha compenetrato le mie osservazioni. Che io voglia superare i contrasti di opinione con benevolenza sono oggettive calunnie. Non ho affatto parlato di superare i contrasti con la benevolenza. Ho parlato di regolazioni che devono essere apportate. Che cosa ha a che fare il rendersi autonomo della vita spirituale, della vita economica, della vita giuridica con la benevolenza? Tutto questo ha invece a che fare con l’oggettiva descrizione di quanto dovrà venire. Sono d’accordo con tutti coloro che dicono che anzitutto bisogna avere il potere, ma per me è anche assolutamente chiaro il fatto che è necessario che chi ha il potere debba sapere cosa farci. E se ora vogliamo precipitarci avanti e lasciare indietro la massa non illuminata, ci imbatteremo non solo nelle stesse situazioni, bensì in situazioni ben peggiori di quelle in cui eravamo.

 

Si può trovare filosoficamente qualcos’altro e ritenersi enormemente pratici dicendo: i francesi sono stati spremuti sino all’ultima goccia, non possono darci del pane, anche l’Inghilterra è impoverita dalla guerra e non ci può dare pane, l’America per noi è troppo cara. Ma possiamo ricevere pane dalla Russia! – Ora, momentaneamente gli inglesi – lo potete presumere nonostante tutti i falsi resoconti – hanno molto più pane degli stessi russi. Il fatto che dovremmo aspettarci pane dalla Russia è un’affermazione priva di fondamento.

 

Ciò che conta è che noi capiamo realmente la situazione per quella che è e che ci diciamo: non siamo stati in grado di socializzare con l’antica vita spirituale, abbiamo bisogno di una nuova vita spirituale. Ma questa può essere solo una vita spirituale sciolta dallo stato di diritto. Abbiamo bisogno di un terreno sul quale la forza lavoro venga sottratta alle battaglie, e questo può essere soltanto uno stato di diritto autonomo. E abbiamo bisogno di una copertura per il valore delle merci, cosa che può avvenire solo sul terreno di un’autonoma vita economica. Sono cose che si possono realmente volere. Sono cose che non sono solo frasi rivoluzionarie. Sono cose che, se si ha il coraggio di realizzarle, determineranno veramente una situazione del mondo completamente diversa da quella che è ora.

 

Credo che, se riflettete abbastanza su ciò che si trova nella tripartizione dell’organismo sociale, lo comprenderete. E l’introduzione di questo nuovo modello sociale è possibile in un tempo relativamente breve. Ora, quando sarà presente questo sano organismo tripartito, allora i nostri rapporti verranno davvero radicalmente rivoluzionati. Se il mondo passerà ad introdurre la tripartizione dell’organismo sociale non avremo più bisogno di “tuonare” sulla rivoluzione mondiale, perché questa si compierà poi in modo oggettivo. Il tuonare, l’incitare alla battaglia non fa nessuna differenza. Importa invece che noi troviamo idee feconde che possano sviluppare autentici frutti sociali.

 

Oggi veramente non abbiamo bisogno che si chiacchieri molto, ma che ci capiamo su ciò che deve accadere. Nell’organismo sociale tripartito non abbiamo a che fare con ideologie, utopie o filosofie, ma con qualcosa che può essere fatto, che è un piano per un agire concreto, non la descrizione di una condizione futura, ma un piano di lavoro. Come ogni casa ha bisogno di un progetto, così ce n’è bisogno anche per una nuova configurazione sociale. A ciò non ci condurrà chi rallenta sempre, siano essi socialisti o gente simile, bensì chi è propenso ad andare avanti. Temo che coloro che oggi non hanno sentito “niente di nuovo, ma solo cose vecchie” non ci condurranno fuori, bensì dentro il caos.

 

Oggi vogliamo finalmente fare sul serio nell’accogliere ciò che è così insolito, così nuovo che non lo si sente neppure quando viene detto, e che pertanto ricade su sé stesso. Oggi sono necessarie nuove abitudini di pensiero, è necessario un totale cambiamento del modo di pensare.

 

L’umanità deve fare appello a nuove abitudini di pensiero, a nuove direzioni di pensiero, prima che sia troppo tardi. E lo ripeto ancora una volta: se l’umanità non avrà interiormente questo coraggio, tra pochissimo tempo potrebbe davvero essere troppo tardi.