La tentazione dell’umanità

Il figlio dell’uomo


 

Il soffermarsi sul destino tragico di Nietzsche può predisporre i sentimenti e le rappresentazioni a comprendere l’avvenimento della tentazione del Cristo Gesù nel deserto. Non basta però a comprendere l’avvenimento stesso. Qui la situazione dev’essere considerata da un retroscena molto più ampio e con una serietà ancor maggiore. Occorre infatti toccare questioni e guardare in faccia realtà, che possono essere molto più sconvolgenti di quanto lo sia il destino di Nietzsche.

 

Con la tentazione nel deserto era in gioco tutto il destino dell’umanità, e non si creda che allora le potenze tentatrici non abbiano avuto prospettive di successo. Le prospettive a loro favore sono sempre presenti, se la coscienza – si tratti anche del sommo essere – è separata dal mondo dello spirito.

 

La condizione del Cristo Gesù nel deserto era appunto quella della solitudine,

vale a dire che il mondo spirituale in quel momento non era presente in lui.

 

Soltanto dopo le tentazioni apparvero gli angeli e “lo servirono”, il che vuol dire che prima e durante le stesse non c’erano. Egli vinse e allontanò le tentazioni, non a partire dal mondo dello spirito a lui presente, e in virtù di esso, ma mediante le forze umane della coscienza diurna: “Sta scritto…” – sono le parole con le quali egli rispose al Tentatore.

Era quindi un momento in cui un velo copriva a lui il mondo dello spirito; solo ciò che stava scritto, cioè quanto della verità del mondo spirituale era sceso fino alla sfera di esistenza minerale, era a sua disposizione come arma di difesa. E così doveva essere, poiché il superamento e l’allontanamento delle tentazioni doveva avere luogo a partire dalla libertà, quale è propria dell’uomo.

 

Nell’ora della tentazione nel deserto,

il Cristo Gesù era il rappresentante della libertà umana,

la quale deve prendere la decisione non a partire dal mondo spirituale, ma da se stessa.

 

Durante la tentazione il mondo spirituale taceva; non in virtù delle sue ispirazioni fu superata la tentazione, bensì per decisione di un animo divinamente puro, sulla base dell’umana capacità di giudizio, della facoltà del discernimento pensante. Solo dopo che il più alto sentire, unito con la capacità umana di giudizio, aveva preso la decisione, “vennero gli angeli e lo servirono”, il che significa che il mondo spirituale delle Gerarchie si dischiuse.

 

• L’avvenimento della tentazione nel deserto

– fino all’istante in cui si ripristina il rapporto con le Gerarchie spirituali –

è coerente con il senso del karma del ‘kaliyuga’, del ‘periodo oscuro’.

 

Che cosa è il periodo oscuro dal punto di vista della verità?

È la tentazione nel deserto dell’intera umanità.

 

Questo periodo è oscuro, poiché le decisioni riguardo alle tentazioni vanno prese a partire dalla libertà umana. Il mondo spirituale dovette oscurarsi, per l’esperienza dell’uomo, affinché questi decidesse non in base ad esso, ma da se stesso. Le tentazioni che l’umanità deve superare, sono le stesse tre tentazioni nel deserto, da Cristo superate o respinte in modo esemplare – di esse infatti due furono superate e la terza respinta. Da quel momento, la storia universale è sostanzialmente la storia del graduale passaggio dell’umanità attraverso le tre tentazioni nel deserto.

 

A seconda delle decisioni che verranno prese di fronte a queste tentazioni, avrà luogo nella sesta epoca di cultura la divisione dell’umanità in due differenti comunità karmiche, che in seguito diverranno due razze. Per quella parte dell’umanità che avrà preso la decisione corretta – e l’occasione di decidere verrà offerta più volte – si aprirà la possibilità del rapporto cosciente con il mondo delle Gerarchie celesti; questi uomini non dovranno più scegliere la direzione, poiché essi l’avranno già scelta.

 

Se si intende la storia del mondo quale preparazione, esito e conseguenza delle ‘tentazioni nel deserto’, si comprende anche il motivo per cui attualmente vi è così poca esperienza spirituale. Perché mai, anche all’interno dei movimenti spirituali, così pochi uomini hanno reali esperienze sovrasensibili? Per il fatto che gli uomini non hanno ancora deciso in modo definitivo se servire o dominare, possedere ricchezze provenienti dal passato o andare incontro al futuro in perfetta povertà, se cercare miracoli o conoscenze. Fino a che non avranno optato per il ‘servizio’, la ‘povertà’ e la ‘castità’ della conoscenza, dovranno attenersi – nel caso che non abbiano optato per potere e ricchezza e autorità – a quello che “sta scritto”. Ad ogni modo oggi molto sta scritto, molto più che cent’anni fa, poiché appunto questo è il tempo in cui la decisione urge, in cui non la si può rimandare.

 

Considerando con una coscienza morale pienamente desta la situazione generale della moderna vita spirituale dell’umanità, ci si può convincere come sia vero che tale umanità è esposta alle tre tentazioni del deserto, le quali si presentano nelle forme più svariate. Così, per fare un esempio, si può vedere attualmente in tutti i campi, tanto della vita pratica, quanto della vita conoscitiva, come si imponga sempre più la tendenza a sostituire il qualitativo, dotato di proprietà specifica, con il quantitativo, il numerabile. In tale direzione ci si è invero spinti a tal punto, da considerare un fenomeno come ‘conosciuto’, solo se lo si è tradotto in valore numerico. Si crede, ad esempio, di poter annoverare il fenomeno della luce fra le cose conosciute, per il fatto di averne ridotta la velocità – in chilometri al secondo – e la lunghezza delle oscillazioni in una formula. Di regola si procede in modo che, invece di addentrarsi, grazie ad un approfondimento del fenomeno della luce, nella sua essenza, ci si distoglie dal fenomeno stesso e si organizza quindi un lavoro, avente come risultato una serie di cifre. Se si è in grado di sostituire al fenomeno la rappresentazione in cifre, si crede di aver compiuto il ‘processo conoscitivo’.

 

Ma che cosa si è fatto in realtà, ascrivendo ai numeri, alla quantità, ciò che è proprio della qualità?

Si sono trasformate le pietre in pane!

Assegnando a ciò che è morto, alla quantità, le proprietà del vivente, della qualità,

si compie nella vita di conoscenza un processo equivalente a quello del trasformare le pietre in pane.

 

Non solo nella vita conoscitiva viene praticata la trasformazione delle pietre in pane, ma anche nella vita pratica e sociale. Ogni uomo è in grado di mutare un pezzo di metallo o di carta in un magazzino pieno di pane! Poiché il denaro – prescindendo dalla sua forza ‘magica’, il potere di acquisto – è interamente minerale, esso è ‘pietra’, ma può sempre venir mutato in pane.

 

Il denaro non è in sé un valore, al di fuori del numero che gli si attribuisce;

il pane però, che ha in sé la proprietà nutritiva, di sostentamento della vita,

viene dominato dalla potenza del numero.

 

Questa situazione non si limita alla sfera del quotidiano. Essa va oltre e produce nell’umanità grandi movimenti sociali a sfondo ideologico. Così l’umanità è oggi divisa in due campi nemici, per il fatto che una parte si riconosce nell’ordine capitalistico, mentre l’altra si riconosce nell’ordine anticapitalistico della vita sociale e statale. Questi due schieramenti si combattono a spada tratta, ma nella realtà sono ambedue servi dello stesso padrone – del capitale. Che questo sia usato in modo da essere amministrato da un gruppo di uomini (‘classe’), o che venga addirittura distribuito alla comunità – ci si muove pur sempre nell’ambito della forza impersonale del capitale, non ci si sottrae affatto alla sua influenza sulla vita e sul modo di pensare. Che si sia pro o contro il capitalismo, il modo di pensare è e rimane sempre, in entrambi i casi, sotto la medesima potenza di suggestione del capitale.

 

Che al capitale sia stata concessa una tale influenza sul modo di pensare,

in ciò consiste la tragedia del presente;

questo è il vero problema, che dovrebbe essere risolto prima di tutti gli altri.

 

Ancora non molto tempo fa la cosa era diversa. Ad esempio nel sedicesimo secolo l’umanità europea era animata profondamente da problemi religiosi. Un tempo l’Europa era ripartita in due campi, che si combattevano con enorme dispendio di forze e di mezzi per motivi di religione. Si potrebbe dire che la forza d’urto, il fanatismo, la volontà di sacrificio che comparvero un tempo per la difesa di concezioni religiose, vengono oggi rivolte alla lotta e alla difesa di questa o quella maniera di utilizzo e ripartizione del capitale. Se le guerre religiose del sedicesimo e diciassettesimo secolo erano indubbiamente barbare, le lotte attuali per il capitale non lo sono di meno: di notti di san Bartolomeo attualmente, in Russia, non ne mancano davvero.

Si presenta così all’umanità, non solo nella vita del conoscere, ma anche nella forma del capitale, la tentazione del deserto, di abbandonarsi all’impulso che spinge a mutare le pietre in pane. La potenza di questa tentazione è straordinariamente grande, si potrebbe quasi dire che la storia del presente stia sotto il suo segno.

 

Invero esiste al presente anche una forte tendenza ad opporsi all’astrazione e al capitale. Sempre più forte si sente risonare l’appello a ritornare alla vita. Si cerca la vita nella conoscenza ed anche in altri campi. A questo fine ci si volge alle ‘sorgenti della vita’, che si crede di trovare negli impulsi istintivi del subcosciente. Così, per esempio, l’indirizzo estremo della psicanalisi di Freud vede nei fenomeni della coscienza quasi soltanto increspature d’onda alla superficie dell’istintiva vita subcosciente: in questa devono trovarsi le cause e le forze attive, mentre il pensare e il giudicare propri della chiara coscienza diurna, non sono che evanescenti fenomeni di superficie. In Occidente – ossia in America – si fa strada una tendenza simile, rappresentata dal prof. Leuba, l’avversario del prof. James, anche nel campo della psicologia religiosa. Leuba spiega gli stati di coscienza dei mistici, riconducendoli a manifestazioni erotiche, oppure ai diversi effetti inebrianti di sostanze narcotiche – senza con questo negare il valore che la mistica può avere per la vita!

 

Il fatto più rimarchevole a questo riguardo è dato da un indirizzo filosofico-religioso che si va oggi diffondendo soprattutto fra gli emigrati russi di fede greco-cattolica. Il loro rappresentante, prof. Wyscheslavzev (il quale collabora tuttavia con una cerchia di altri professori, tra cui anche Bulgakov e Berdjaev), porta avanti una filosofia della religione pratica e teoretica che costituisce una sintesi organica di oscura scienza ed oscura religione. Wyscheslavzev ha creato una combinazione della psicoanalisi, quale fu inaugurata da Freud, con una dogmatica religiosa priva di conoscenza. Con ciò egli crede di aver gettato un ponte tra religione e scienza: giacché in ultima analisi sia la religione che la scienza deriverebbero dalla medesima fonte, la vita istintiva del subconscio!

Altri ancora cercano le ‘sorgenti di vita’, che dovrebbero essere al tempo stesso le sorgenti di ogni ispirazione culturale, nella razza oppure nell’istinto di popolo, credendo di avere così trovato l’unica causa reale.

 

Esistono anche altri sintomi di questa tendenza delle aspirazioni umane a cercare nella vita degli istinti la sorgente della forza portante e operante dell’umanità; non si tratta qui di offrire una panoramica dettagliata di siffatte aspirazioni, ma di richiamare l’attenzione sul fatto che attualmente esiste una forte e multiforme tendenza a precipitare dalla sfera della coscienza a quella del sub-conscio.

 

In realtà tale tendenza non è altro che l’acconsentire alla tentazione nel deserto “di gettarsi dal pinnacolo del tempio”. Il “pinnacolo del tempio” dell’uomo moderno è la libera vita del pensiero. Qui l’uomo può elevarsi ad uno sguardo d’assieme e decidere nella libertà di una chiara coscienza la via da percorrere nel senso del vero progresso. Ma la profondità nella quale egli è tentato di cadere, è quella della oscura coscienza propria della vita pulsionale istintiva, da cui l’uomo è portato ad attendersi miracoli, se vi si abbandona con fiducia.

 

Sfiducia nella libera vita del pensare e fiducia nella vita degli istinti

– questa è la tentazione che, sotto diverse maschere, si presenta all’uomo attuale.

 

L’umanità odierna è in gran parte stanca di pensieri; al posto di una faticosa conquista di pensieri in solitudine, essa preferirebbe assistere a miracoli della natura umana, alla manifestazione di forze possenti dalle ignote profondità del subconscio. In realtà al presente vive una forte tendenza a credere nel miracolo; lo sperare grandi cose dall’ignoto – e le profondità dell’inconscio sono realmente oscure – null’altro è, se non una forma di fede nel miracolo.

 

Le due tendenze

– quella ad attribuire a ciò che è morto le proprietà del vivente

e quella a precipitare dalla sfera della coscienza a quella del subconscio

hanno radici comuni in una terza tendenza, altrettanto caratteristica nel tempo presente quanto le altre due.

 

• Se per la prima si tratta della tendenza a configurare lo spazio in modo privo di spirito,

sostituendo alla qualità la quantità,

• e per la seconda, ad invertire la causalità,

ricercando le cause agenti nell’inconscia vita degli istinti anziché nello spirito,

• per la terza tendenza si tratta di una configurazione del tempo priva di futuro, priva di spirito.

 

Il materialismo non è un puro risultato del lavoro di pensiero, della logica, ma piuttosto un fenomeno del quale si può dire con ragione che “il desiderio è il padre del pensiero”. Il materialismo è infatti espressione di una tendenza animica, di una inclinazione, a vedere il mondo privo di una direzione morale-spirituale che assolva una funzione orientatrice e giudicatrice.

Si è materialisti, non perché sia logico, per esempio, spiegare la coscienza umana mediante la combinazione di particelle di materia cieche ed incoscienti, ma si è materialisti, poiché non si vorrebbe riconoscere il karma come reale e possibile. Non si vorrebbe alcun karma nel mondo, poiché – nelle profondità inconscie dell’anima – si ha paura del karma. Si ha timore di fronte al giudizio, si nega l’ordine morale del mondo, e si nega altresì il futuro nel senso di tale ordine morale, poiché il futuro comporta il pareggio del passato.

 

Se si vuole edificare una concezione del mondo che corrisponda al desiderio di sottrarsi alla responsabilità morale, si crea nel presente la concezione materialistica. Tuttavia le concezioni del materialismo attuale non sono ancora giunte alle loro ultime conseguenze; sono ancora a metà strada del loro sviluppo. Se verranno condotte nella medesima direzione fino alle ultime conseguenze, non si potrà fare a meno di riconoscere operante dietro alla materia un’intelligenza, la quale è sì amorale, ma dotata di coerente intenzionalità. Si dovrà notare e riconoscere la presenza di una tale intelligenza; si scoprirà Arimane, si urterà contro Arimane!

È indifferente come si intenderà tale intelligenza – se come un nuovo tipo di elettricità attiva, accanto all’elettricità nota, in tutto l’organismo della Terra, oppure come ‘potenziale di intelligenza del pianeta Terra’ -, nel procedere ulteriore del materialismo si dovrà riconoscere come realtà ‘Il principe di questo mondo’, e tale realtà riconoscere come sovrana! In altri termini, il perseguire nella direzione materialistica, porta alla ‘adorazione del principe di questo mondo’ (Lc 4:7), qual è inteso nei Vangeli.

 

Basandosi sulla vicenda di destino di Nietzsche, si è potuto sopra illustrare, mediante un esempio concreto, ciò che precede l’‘adorazione del principe di questo mondo’. La visione “in un istante di tutti i regni della Terra”, è la fase preparatoria del processo che porta infine ad ‘adorare’.

Essa consiste nel fatto che la coscienza dell’uomo raffigurantesi il mondo come somma di movimenti di atomi, oppure di elettroni, può giungere ad una sorta di ispirazione ‘mistica’: il tempo non esiste, il futuro non esiste! Ogni istante si ripete, una volta che il numero delle combinazioni possibili è completo… Ogni istante è un eterno possesso… Tutti i regni del mondo sono perennemente presenti – essi si muovono nel “cerchio dei cerchi”, nel “cerchio del ritorno”!

 

Si può, in un certo senso, parlare di tre gradi della via percorsa dall’indirizzo di pensiero materialistico.

 

• Come primo grado di questa via si può considerare l’atomismo, cioè il ricolmarsi della coscienza con astrazioni,

quali atomi, elettroni ecc., che è il corrispettivo del grado immaginativo della via volta allo spirito.

Questo grado si potrebbe designare come allucinatorio.

 

• Ad esso segue un grado corrispondente a quello dell’ispirazione nella via spirituale.

Qui viene concepita la contro-immagine caricaturale dell’‘anno cosmico di Zarathustra’, del ritmo cosmico.

Si potrebbe designare questo grado, come grado del delirio, il quale fa seguito a quello dell’allucinazione.

 

• Il terzo grado di questo cammino sarebbe quello della ‘adorazione del principe di questo mondo’,

corrispondente al grado dell’Intuizione nella conoscenza spirituale.

Lo si designa però più correttamente come grado della possessione.

Infatti a questo punto l’uomo diventa strumento di Arimane, quantunque all’inizio seguisse Lucifero.

Lucifero alletta, ma non domina, è Arimane ad impadronirsi della coscienza dell’uomo.

 

In tal modo la via additata dal materialismo – che nei Vangeli viene designata come il “peccato contro lo Spirito Santo” – porta, dall’allucinazione al delirio e dal delirio alla possessione.

La concezione materialistica stessa offre una formula pienamente adeguata per sintetizzare quanto è stato qui sopra detto riguardo alle tentazioni, in tre termini del linguaggio moderno, esprimenti la trinità del materialismo, e cioè energia, caso e materia. Queste sono le idee fondamentali del materialismo; se le si approfondisce fino al loro contenuto morale, si trova che

‘energia’ altro non significa che tempo privo di karma e di futuro, quale ci appare nella tentazione di adorare il principe di questo mondo, per ottenere i regni della Terra;

• il concetto di ‘caso’ ha come contenuto null’altro che la caduta della coscienza nel subconscio, l’annullamento della vera causalità a favore dell’oscuro ed imperscrutabile dominio del subconscio;

‘materia’ è il termine che indica lo spazio privo di qualità, despiritualizzato, che, in seguito alla tentazione di mutare le pietre in pane, appare come fondamento dell’esistenza.

 

Questi tre concetti, indicanti ciò che nella moderna coscienza materialistica si perpetua delle tre tentazioni del deserto, rappresentano in ultima analisi la moderna controformula della professione di fede cristiana, nella quale viene espressa la fede in Dio come Padre, Figlio e Spirito Santo.

 

Infatti,

credere nella materia significa al tempo stesso negare il Padre,

  confessare l’‘energia’ e il ‘caso’, significa negare lo Spirito e il Figlio;

– la cieca energia è il contrario dello spirituale;

– il cieco caso è il contrario del Logos, del Figlio,

– e la materia priva di spirito è il contrario del fondamento creativo del mondo, dell’entità del Padre.

 

Si può ora comprendere che cosa si prefiggano le tre tentazioni alle quali è soggetta l’umanità: esse si prefiggono di

• produrre il sonno della coscienza morale tramite il tempo privo di spirito (‘energia’),

• il suo deliquio tramite la caduta nel ‘caso’ privo di causalità,

• e la sua morte tramite la meccanizzazione della vita (‘materia’).

 

Fronteggiare questi pericoli fu il compito dell’occultismo bianco nella sua azione attraverso i secoli; a questo fine la corrente rosicruciana sintetizzò tanto il proprio sapere quanto il proprio compito in tre frasi. Queste tre frasi furono poste da Rudolf Steiner, durante il Convegno di Natale 1923, in una nuova versione, nel cuore degli antroposofi, come pietra di fondazione spirituale; le tre frasi principali della meditazione data da Rudolf Steiner agli antroposofi sono:

 

• Nel Divino nasce l’umanità.

• In Cristo la morte diviene vita.

• Nei cosmici pensieri dello Spirito l’anima si desta.

 

In questi versi è contenuto tutto ciò di cui la coscienza umana ha bisogno per resistere alle tre tentazioni e per essere protetta dai pericoli del sonno, del deliquio e della morte.