La tentazione del Cristo Gesù nel deserto

Il figlio dell’uomo


 

Ci è ora presente lo sfondo, sul quale può venir considerata la scena della tentazione dello stesso Cristo Gesù.

Ci si immagini dapprima la situazione. Il Cristo Gesù si trova in solitudine, sia in senso interiore, che esteriore. In questa solitudine lo ha “guidato lo Spirito”. Dopo essere stato compenetrato, nel battesimo sul Giordano, da una possente forza spirituale, è iniziato nell’organizzazione umana di Gesù un processo di trasformazione, comportante la solitudine. Questa condizione di solitudine si esprime nel fatto che tutta l’attenzione, tutta la coscienza, si concentrano all’interno della stessa organizzazione umana: nulla resta per il mondo esterno, non c’è nemmeno la forza per percepire il mondo spirituale.

 

Nel linguaggio moderno si potrebbe dire che la coscienza del Cristo Gesù in quel momento era ‘soggettiva’, ossia era interamente occupata nei processi interiori della natura umana.

 

In una condizione simile si trovano i defunti, nel periodo che segue immediatamente la visione del quadro della vita trascorsa e che precede la condizione del kamaloka; a quel punto essi sperimentano per circa quaranta giorni un rovesciamento interiore della propria organizzazione, in conseguenza del quale subentra la condizione del kamaloka.

 

La coscienza del Cristo Gesù è in quel momento oltremodo chiara, non viene turbata dall’azione dell’entità in cui è immersa come in un involucro. Accade così che ciò contro cui urta non viene sentito come un impulso o uno stimolo indeterminato, ma con l’obiettività di una visione. Quello che altrimenti nell’uomo agisce per via del subconscio, prende forma di visione. Appare così innanzi al suo sguardo interiore una figura che gli indica dall’alto, in un istante, tutti i regni della Terra. Il flusso dei pensieri – non vengono qui riportate le parole, ma i pensieri – che scaturisce da questa visione, potrebbe venir caratterizzato all’incirca così:

“Tu sei un essere spirituale e sei divenuto uomo. Dunque porti in te tutte le forze del mondo spirituale e, mediante gli arti dell’entità umana, porti in te anche tutte le forze e le possibilità del mondo inferiore. Tu sei la sintesi di tutti i regni del mondo; tutte le forze dei mondi sono concentrate in te. Dispiegale. Guarda i mondi che celi in te, e come appaiono se li dispieghi fuori di te. In questi mondi non vedrai nulla di estraneo, nulla che non sia tuo. Essi saranno tua proprietà e tu potrai plasmarli, secondo i tuoi sogni più arditi. Io però conferirò a questi mondi l’eternità ed essi saranno tua eterna proprietà. Il dolore passerà, ma la gioia diverrà eterna, poiché ogni gioia vuole se stessa e io sono lo spirito che rende eterna ogni gioia, riconducendola a se stessa – nel cerchio in sé conchiuso del ritorno!

Tu però vedrai dispiegarsi intorno a te tutta la gloria e lo splendore della tua entità e tutto sarà da te e per te, e tu stesso ti gusterai per l’eternità, se vorrai quello che io voglio riconoscendo il mio volere come il tuo! ”

 

Il Cristo Gesù riconobbe Lucifero e superò la tentazione col privare di ogni appiglio lo spirito della superbia, grazie al riconoscimento del volere della Divinità che regge il mondo.

Tuttavia, per il fatto che Lucifero fu riconosciuto nel proprio contrapporsi alla legge del mondo, a ciò che “sta scritto”, si rese visibile un’altra figura, che stava celata dietro a Lucifero, allorché questi parlò dell’adorazione del proprio sé. Così, accanto a Lucifero, comparve un’altra figura, fino allora nascosta. I pensieri dei due esseri si unirono quindi in una corrente suscitatrice di dubbio, e nell’esortazione a superarlo con un atto coraggioso, temerario:

“Se sei il figlio di Dio, realizza allora la condizione di piena unità con il volere di Dio, invece di dover decidere da una coscienza isolata, come fai ora. Abbandona la coscienza isolata e gettati nella pienezza delle forze dell’universo! Il volere di Dio è ovunque e tu lo troverai là ove poggi i tuoi piedi, così come lo puoi trovare in alto. Se sei infatti il figlio di Dio, puoi gettarti coraggiosamente nell’abisso della coscienza: nemmeno le forze più basse del tuo essere, i tuoi piedi, urteranno su alcunché di estraneo, nulla li potrà respingere, poiché il volere del Padre è attivo ovunque e i suoi messi potranno essere altrettanto attivi nelle forze dei tuoi piedi, se tu scendi nel profondo, come dovrebbero essere attivi nelle forze del tuo capo…”

 

Questi erano all’incirca i pensieri con i quali la seconda tentazione si presentò al Cristo Gesù. Ma Cristo riconobbe anche la seconda figura che, nella prima tentazione aveva agito in certo modo come il subconscio di Lucifero, e che stava ora accanto a quest’ultimo. Egli vi riconobbe quell’entità che, insieme con Lucifero, mira a capovolgere ogni cosa nel mondo – a porre in alto ciò che è in basso e viceversa. Per questo egli rispose che non è ciò che sta in basso a dover dare sicurezza intorno alle cose divine, ma il Divino stesso: tu non devi tentare il Signore Dio tuo.

 

Dopo che Lucifero e la natura del patto stretto tra Lucifero e Arimane furono scoperti, si fece avanti Arimane da solo, parlando ora direttamente nel linguaggio a lui proprio:

“Guarda la parte morta della Terra, le pietre, esse possono diventare viventi, se tu ordinerai che diventino pane. Ed esse diverranno come pane, poiché dall’interno della Terra io posso conferire a tutto ciò che è morto una forza uguale a quella della vita, se tu soltanto vuoi che ciò che è morto diventi vivente.”

 

Cristo riconobbe che ciò di cui parlava Arimane era il contrario della vita, una vita diversa da quella proveniente dal cielo mediante la Parola divina – era la vita dell’Anti-logos, che dalle sfere del profondo della Terra vuole uccidere il vivente e dar vita a ciò che è morto. Per questo Cristo respinse la tentazione, rimandando alla parola di Dio, come all’altra sorgente della vita. Tuttavia in questa tentazione rimase qualcosa di imperscrutato, di nascosto, dietro ad Arimane.

 

Come nella prima tentazione dietro a Lucifero era presente, invisibile, Arimane, così alle spalle di quest’ultimo stava nascosto un essere misterioso, per così dire il suo subconscio: esso non si è svelato. Così la ragione ultima, costituente il nocciolo dei propositi di Arimane, restava avvolta nelle tenebre. Cristo ha bensì respinto la tentazione, ma qualcosa di essa è rimasto sconosciuto. Per questo Cristo potè soltanto dire: “Non di solo pane vive l’uomo, ma anche della parola di Dio.” In seguito a ciò Arimane serbò per sé un campo di azione e di battaglia per il futuro. Il compito globale dell’evoluzione umana, fino allo stadio di Vulcano, consiste nella lotta entro questo campo, rimasto conteso.

 

Le tre tentazioni del deserto ebbero conseguenze enormi, tanto per la missione del Cristo, quanto per l’intera umanità. Di queste conseguenze si parlerà nelle prossime considerazioni.