Euritmia come linguaggio visibile

O.O. 279 – Euritmia linguaggio visibile – 24.06.1924


 

Sommario: Le premesse, le condizioni e le caratteristiche dall’euritmia come espressione visibile dei suoni consonantici e vocalici della parola umana. La funzione del corpo eterico per l’euritmia.

 

Le conferenze che terrò qui, colloqui sull’euritmia, sono inizialmente scaturite da un’idea della signora Steiner che, per dare una corretta configurazione alla tradizione euritmica, ritiene sia necessario eseguire anzi tutto ripetutamente tutto quello che si riferisce all’euritmia della parola e che nel corso degli anni è stato presentato come euritmia della parola alle persone interessate. Si tratterà allora di aggiungere a queste ripetizioni, di volta in volta ai singoli esercizi, ampliamenti dell’elemento euritmico senza suddivisioni in temi.

Cercherò in questa occasione di considerare l’elemento euritmico secondo i vari aspetti, sia quello artistico, che in questo caso viene naturalmente privilegiato, sia quello pedagogico, sia infine l’aspetto terapeutico.

 

Oggi vorrei far precedere una sorta di introduzione cui collegherò domani conversazioni sui primi elementi dell’euritmia della parola. Prima di tutto all’euritmista è necessario in ogni campo poter vivere nella sua arte, nell’attività euritmica con la sua personalità, la sua umanità, così che l’euritmia divenga un’espressione di vita. Questo non lo si raggiunge senza penetrare nello spirito dell’euritmia in quanto parola visibile. Al semplice spettatore che l’accoglie come godimento artistico, non serve, come dovrebbe essere nel godimento artistico, conoscere la natura dell’euritmia, serve tanto poco quanto a chi voglia godere la musica l’aver studiato armonia o contrappunto. In un naturale sviluppo umano, accogliendo l’elemento artistico, se ne ha anche la comprensione, semplicemente in quanto persone sane.

 

L’arte deve agire per se stessa, in modo immediato. Ma chi esercita l’euritmia, chi deve portarla nel mondo, deve penetrare nella sua essenza, come il musicista, il pittore o lo scultore devono penetrare nell’essenza della loro arte. Nell’euritmia, quando se ne voglia raggiungere l’essenza, viene completato l’elemento umano. Non esiste infatti un’altra arte che si serva come l’euritmia in un senso tanto significativo di ciò che vi è nell’uomo stesso. Considerando tutte le arti che usano strumenti, che ne hanno la necessità, esse non dispongono di mezzi e strumenti che si avvicinino tanto all’uomo quanto l’euritmia.

 

La mimica e la danza vi si avvicinano certamente, sino a un certo punto, nell’uso di mezzi artistici ed anche nell’uso dell’uomo come strumento, ma ciò che viene creato nella mimica è subordinato alla rappresentazione complessiva che non è finalizzata alla configurazione artistica dell’uomo stesso, ma lo utilizza per imitare, nel singolo particolare, quel che in lui è già prefigurato qui sulla terra. Inoltre nella mimica si illustra in certo qual modo soltanto quello di cui l’uomo si serve nella vita abituale, si esemplifica il linguaggio, aggiungendovi l’elemento gestuale per renderlo più intimo. Come ho detto, si ha quindi a che fare al massimo con una modesta continuazione di ciò che già esiste dell’uomo sul piano fisico.

 

Nella danza, quando veramente si può parlare di arte, quando si eleva all’elemento artistico, si fa fluire l’elemento emotivo, la volontà nel movimento umano, e viene di nuovo data forma a quel che è predisposto nell’uomo, alle diverse possibilità di movimento, presenti del resto anche sul piano fisico. Nell’euritmia abbiamo a che fare con qualcosa che nell’essere umano non esiste in nessuna direzione della vita fisica abituale, che deve essere una continua creazione tratta dallo spirituale: è dunque qualcosa che si serve soltanto dell’uomo, del modo in cui egli è con il suo corpo nel mondo fisico, servendosi come mezzo di espressione soltanto dell’uomo, cioè del movimento umano.

 

Ora ci si domandi: che cosa viene realmente rappresentato? Comprenderemo ciò che viene rappresentato nell’euritmia considerando come essa voglia essere un linguaggio visibile. E così per il linguaggio stesso. Se lo mimiamo abbiamo il modello del linguaggio abituale, ma quando diamo forma al linguaggio stesso, non abbiamo alcun modello. Scaturisce dall’uomo come prodotto autonomo. In natura nulla troviamo che si manifesti, che venga alla luce nel linguaggio.

 

In modo analogo l’euritmia dev’essere una creazione originaria. Partendo dal linguaggio, esso ci appare come prodotto della laringe umana e di ciò che vi è in qualche modo correlato. Ma che cos’è veramente la laringe? Dobbiamo porci la domanda poiché spesso accennai a come in euritmia l’uomo intero divenga una specie di laringe. Chiediamoci quindi quale importanza abbia la laringe. Considerando anzitutto il linguaggio come una creazione della laringe non ci rendiamo conto di ciò che proviene veramente da essa, di ciò che vi si forma. Ma possiamo forse ricordare una tradizione singolare, oggi poco compresa, cui si accenna all’inizio del vangelo di Giovanni: «In principio era la Parola e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio». Quel che ci si rappresenta oggi come parola non ha il minimo nesso con ciò che si trova all’inizio del vangelo di Giovanni. Di quell’inizio si continua a discutere. La gente crede di potervi pensare. Non lo fa veramente perché, in effetti, se si considera la rappresentazione che oggi ci si fa della parola, si dice che il nome è rumore e fumo che circonda come nebbia il fuoco celeste… e così via – una cosa cioè cui si attribuisce ancora minor valore che al pensiero, di fronte alla quale ci si sente superiori, potendola considerare da meno del pensiero. Rifacendosi alla rappresentazione che oggi si ha della parola, l’inizio del vangelo di Giovanni non ha alcun senso. La parola, e ne abbiamo tante, ma quale parola? Può essere soltanto una parola determinata, concreta. Ci si deve domandare quale sia la natura della parola.

 

Tuttavia, alla base della tradizione cui si accenna all’inizio del vangelo di Giovanni, vi è il fatto che un tempo si sapeva in modo istintivo che cosa fosse la parola. Oggi non lo si sa più. Un tempo, in una concezione umana originaria, l’idea, il concetto, la “parola”, comprendeva l’uomo intero in quanto creazione eterica.

 

Tutti i presenti sanno, essendo antroposofi, che cosa sia l’uomo eterico. Abbiamo l’uomo fisico e quello eterico. L’uomo fisico, descritto dalla fisiologia abituale, dall’anatomia, ha esteriormente ed interiormente forme che si disegnano, nel qual caso non si considera che quello che si disegna è soltanto la minima parte dell’uomo fisico stesso, in quanto egli è anche liquido, aeriforme, ha contenuto di calore, ma naturalmente non lo si disegna di solito quando si parla dell’uomo in fisiologia o in anatomia. Si può comunque avere un’iniziale rappresentazione del corpo fisico umano.

 

Abbiamo poi il secondo arto costitutivo della natura umana, il corpo eterico. Volerlo disegnare sarebbe estremamente complicato, perché non potrebbe essere dipinto come qualcosa di fisso, come non può esserlo il lampo; in realtà non si dipinge il lampo poiché è in continuo movimento, è in una corrente. Per riprodurre il lampo si dovrebbe dipingere una corrente, un movimento. Si può quindi fissare sulla carta il corpo eterico in modo analogo a come si dipinge il lampo: il corpo eterico è in continua mobilità e attività.

 

I movimenti, le forme afferrate in movimento, nelle quali il corpo eterico non si fissa, ma di continuo sorge e scompare, le troviamo da qualche parte nel mondo degli uomini per poterle avvicinare? Sì, le troviamo e ciò era noto a una conoscenza intuitiva originaria. Si hanno in ciò che l’uomo forma come suono in tutto ciò che fluisce nel contenuto del linguaggio; parlo in modo preciso perché le cose vanno afferrate proprio come le dico.

 

Osserviamo in ispirito i suoni che formiamo partendo dalla laringe, cosicché questo formare suoni venga applicato a tutto quanto nasce nell’intero ambito del linguaggio, cioè tutto ciò che appartiene alla parola e che proviene dalla laringe. Ci si renderà conto che tutti gli elementi provenienti dalla laringe compongono ciò che emerge nel linguaggio e che consistono di determinati movimenti, alla base dei quali vi sono originariamente, come abbozzo, le formazioni della laringe e degli organi vicini. E ciò che emerge.

Non risulta certo tutto insieme. Non parliamo contemporaneamente di tutto quello che si trova alla base del linguaggio.

 

Quando riusciremo a dire tutto quello su cui è basato il linguaggio? Per quanto possa suonare paradossale, vi riusciremmo se facessimo risuonare l’uno dopo l’altro tutti i suoni possibili, da a b c sino alla z. Proviamo a immaginarlo. Immaginiamo che qualcuno inizi con a, b e vada avanti senza interrompersi sino alla z, soltanto con le necessarie pause per respirare, che qualcuno faccia risonare questi suoni l’uno dopo l’altro. Tutto quello che pronunciamo disegna nell’aria una certa forma che non si vede, ma che si deve senz’altro presupporre presente, che si potrebbe persino fissare mediante mezzi scientifici, senza disegnarla.

 

Quando pronunciamo una parola: Siaum (albero), Some (sole) – eseguiamo sempre una determinata forma d’aria. Se pronunciassimo i suoni dalla a alla z, produrremmo nell’aria una forma molto complicata. Domandiamoci che cosa nascerebbe, se lo si realizzasse davvero. In un certo momento, e nel corso delle conferenze scopriremo il perché, giunti alla z, dovrebbe avvenire che la prima lettera non fosse già completamente sparita, che la a restasse ancora nella sua forma plastica quando arriviamo alla z. Se potessimo pronunciare i suoni dalla a alla z, riuscendo a conservare la forma della a sino alla z, e l’insieme si riproducesse nell’aria, che cosa sarebbe? quale forma avrebbe?

 

Sarebbe la forma del corpo eterico umano. In tal modo verrebbe alla luce il corpo eterico, lo avremmo davanti a noi pronunciando insieme l’intero alfabeto; prima lo si dovrebbe riordinare: la sua attuale disposizione non è del tutto corretta, ma ora ci interessa il principio; pronunciando i suoni dalla a alla z, l’uomo ci starebbe dinanzi.

 

Che cos’è accaduto in realtà? L’essere umano è sempre presente come corpo eterico, lo portiamo sempre in noi. Che cosa facciamo quindi parlando, pronunciando l’alfabeto? Ci immergiamo nella forma del corpo eterico comunicandola all’aria nella quale si forma una riproduzione del corpo eterico. Che cosa accade quando pronunciamo una singola parola che naturalmente non ha tutti i suoni? Immaginiamo che qualcuno sia davanti a noi con corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e io, e che pronunci una parola qualsiasi. Vediamo che si immerge con la coscienza nel corpo eterico. Riproduce nell’aria una parte del corpo eterico, come se del corpo fisico si riproducesse una mano, in modo che la si veda nell’aria. Il corpo eterico non ha le forme di quello fisico, ma le forme eteriche si riproducono nell’aria. Se abbiamo ben compreso tutto questo, giungiamo proprio alla metamorfosi più mirabile della figura umana, all’evoluzione. Che cos’è infatti il corpo eterico? E quello che contiene le forze della crescita che presiedono alla nutrizione, ma anche le forze che attivano la memoria. Quando parliamo, comunichiamo tutto questo alle forme d’aria.

 

Parlando imprimiamo nell’aria l’interiorità umana che sperimentiamo nel corpo eterico. Quando riuniamo i suoni, nascono le parole. Riunendoli dall’inizio alla fine dell’alfabeto, nasce una parola molto complicata che però contiene tutte le possibilità di parola e nel contempo l’essere umano nella sua entità eterica. Prima però che sulla terra vi fosse l’uomo fisico, vi era quello eterico. Questo sta infatti alla base di quello fisico. Che cos’è infatti l’uomo eterico? E la parola che comprende l’alfabeto intero.

 

Volendo quindi parlare della formazione della parola primigenia che fu all’inizio, prima che esistesse l’uomo fisico, possiamo chiamare ciò che sorge con il linguaggio una nascita, una nascita dell’intero uomo eterico, quando venga pronunciato l’alfabeto con i suoi suoni. Altrimenti è la nascita di frammenti, di parti dell’uomo in singole parole. Vi è sempre qualcosa dell’uomo che risuona in una singola parola. Diciamo biaum (albero), ma quale significato ha pronunciare questa parola?

 

Dicendo biaum, denominando così l’albero, affermiamo: ciò che è fuori, l’albero, è una parte di noi, del nostro uomo eterico. Ogni cosa del mondo è un pezzo di noi; non vi è nulla che non si possa esprimere mediante l’uomo. Come l’uomo pronuncia se stesso, e quindi il mondo intero, pronunciando i suoni dell’intero alfabeto, così nelle singole parole pronuncia i frammenti della parola totale, dell’alfabeto, rappresentando qualcosa che è parte del mondo. L’universo intero verrebbe pronunciato con a, b, ce così via. Parti dell’universo vengono pronunciate con le singole parole.

 

Dobbiamo tuttavia aver chiaro, se vogliamo pensarlo sino in fondo, che cosa stia alla base del suono come tale. Alla base vi è tutto quello che fa parte dell’interiorità umana, che si sperimenta del corpo eterico, che si conosce di quell’interiorità, che può essere sperimentato come sensazione dell’anima. Dobbiamo però avvicinarci a quello che si può provare come sensazione dell’anima.

 

Cominciamo dalla a. Oggi si impara a pronunciare la a nella condizione inconscia e sognante del bambino piccolo, condizione che viene perduta quando nella scuola si viene tormentati con l’insegnamento delle lettere. Quando da bambini si impara a parlare, vi è già qualcosa del grande mistero della parola che rimane però ancora nell’elemento sognante, nel subconscio.

 

Se percepiamo in modo sano, pronunciando la a, dobbiamo sentirla come proveniente dalla nostra interiorità quando ci troviamo in uno stato di meraviglia, di stupore.

 

Anche la meraviglia è solo una parte dell’essere umano che non è astratto: in ogni minuto è qualcosa; lo è in ogni minuto della veglia. Si può naturalmente fantasticare, e allora non si è nulla di definito; si è comunque qualcosa anche quando si fantastica: in ogni minuto si è veramente qualcosa. Un momento si è colui che si meraviglia, un altro colui che teme, poi colui che attacca briga. Ogni minuto, ogni secondo si è qualcosa. Non si è semplicemente un uomo in senso astratto, ogni secondo si è qualcosa. Talvolta si è dunque colui che si meraviglia, che si stupisce. Ciò che accade nel corpo eterico con la sorpresa, nell’esperienza della sorpresa, lo si esprime formando nell’aria una a con l’ausilio della laringe. Si proietta all’esterno, si imprime nell’aria una parte della propria umanità: l’uomo che si meraviglia.

 

Quando l’essere umano nasce fisicamente sulla terra, nasce nella sua interezza corrispondente alle possibilità evolutive generali, e in quanto tale si forma nella parte dell’organismo materno che è l’utero. Ivi ha origine la sua figura fisica.

 

In ciò che nascerebbe dalla a alla z sarebbe presente un uomo eterico, soltanto impresso nell’aria, formato dalla laringe umana e dagli organi vicini.

 

Dobbiamo anche dire, di fronte al bambino che viene al mondo, che come si dice vede la luce: l’essere fisico dell’uomo nasce dall’utero e dagli organi vicini.

 

La laringe non agisce come l’organo materno, ma in un continuo creare. Nelle parole nascono frammenti dell’elemento umano e, se si comprendessero tutte le parole del linguaggio (il che non accade neppure in poeti tanto ricchi nell’espressione quanto Shakespeare), nella laringe creante si potrebbe veramente formare l’intero uomo eterico in figura d’aria, ma in successione, in divenire: una nascita che si compie continuamente mentre si parla. Parlare è sempre parte di questa nascita dell’uomo eterico.

La laringe fisica è soltanto l’involucro esterno di quell’organo meraviglioso, presente nel corpo eterico, che è per così dire l’utero della parola. Ci troviamo dinanzi alla meravigliosa trasformazione cui accennai parlando della metamorfosi. Tutto quello che esiste nell’uomo è la metamorfosi di certe forme fondamentali. La laringe eterica e il suo involucro, la laringe fisica, sono una metamorfosi dell’utero materno. Quando si parla, si ha a che fare con una creazione umana, con una creazione umana eterica.

Osservando entrambi i sessi, allude a questo mistero del linguaggio anche la relazione tra il linguaggio e le funzioni sessuali, per esempio nella modificazione della voce che avviene nei maschi.

 

Nel linguaggio abbiamo quindi a che fare con un’attività creativa che scaturisce dal più profondo della vita universale. Ci si manifesta fluttuando quel che altrimenti si ritrae nelle profondità misteriose dell’organizzazione umana, nella nascita fisica dell’uomo. Riceviamo allora ciò di cui abbiamo bisogno per un’attività artistico-creativa, riceviamo rispetto, attenzione per l’elemento creativo in cui siamo inseriti come artisti. Nell’ambito artistico non possiamo avere bisogno soltanto di una semplice spiegazione teorica, non è possibile, perché ci renderebbe astratti. Nell’ambito artistico abbiamo bisogno di qualcosa che ci ponga con tutto il nostro essere nell’essere dell’universo. Come potremmo del resto raggiungere ciò in misura maggiore che essendo coscienti di come il linguaggio sia correlato con la nascita umana? Ogni volta che qualcuno parla, presenta una parte di ciò che nei tempi primordiali fu la creazione dell’uomo, quando fu creato in quanto tale come forma d’aria partendo dalle profondità universali, dall’eterico, prima che divenisse forma liquida o, successivamente, solida. Mentre parliamo, ci trasponiamo indietro nel divenire umano cosmico, come accadde nei tempi primordiali.

 

Prendiamo ora un singolo esempio. Torniamo di nuovo alla a che ci pone di fronte all’uomo che si stupisce. Si dovrebbe avere coscienza che ovunque la a compaia nel linguaggio vi è alla base uno stupore. Consideriamo la parola “acqua”, oppure “palo”, una parola qualsiasi in cui vi sia la a. Ogni volta che si pronuncia una a, in qualche modo vi è alla base uno stupore; l’uomo che si stupisce si esprime così nel linguaggio. Un tempo lo si sapeva. Lo sapevano ancora coloro che usavano la lingua ebraica; che cos’era infatti in ebraico la a, Y aleph? Era l’uomo colmo di stupore.

 

Vorrei ora ricordare qualcosa che potrebbe avvicinarci al significato della a. In Grecia si diceva che la filosofia cominciasse con la meraviglia, con lo stupore. La filosofia, amore per la sapienza, per la conoscenza, inizia dallo stupore, dalla meraviglia. Se si fosse parlato secondo la conoscenza originaria istintivo- chiaroveggente, si sarebbe anche potuto dire che la filosofia inizia con la a; la filosofia, amore per la sapienza, comincia con la a; per l’uomo dell’antichità avrebbe avuto lo stesso significato.

 

Ma che cosa si ricerca in realtà quando ci si occupa di filosofia? Si ricerca in ultima analisi l’uomo, e tutto tende all’autoconoscenza. Quindi la conoscenza, la visione dell’uomo, inizia con la a. Ma è nel contempo la cosa più nascosta, poiché ci si deve sforzare, si deve fare molto per raggiungere questa conoscenza.

 

Soltanto quando ci si accosti all’essere umano, a come si sia formato partendo dall’elemento spirituale-animico-fisico, quando lo si abbia in tutta la sua pienezza, ci si trova veramente di fronte all’uomo e si può dire a con il massimo stupore. L’uomo che si stupisce di se stesso, della propria vera essenza, che prova meraviglia di fronte a sé, dunque in realtà l’uomo nella sua più alta e ideale espressione è: a.

 

Un tempo si sentiva che nella sua esistenza fisica l’uomo è soltanto una parte e che lo si ha dinanzi veramente solo quando ci sta di fronte nella pienezza dell’elemento divino in lui; l’umanità primigenia chiamava a l’uomo che si meraviglia di fronte a se stesso. La a è l’essere umano nella sua più alta perfezione, e noi esprimiamo nella a proprio ciò che viene sperimentato nell’uomo come sentimento.

 

Passiamo dalla a alla b, per dare qualche accenno che ci aiuti a comprendere la parola originaria che va dalla a alla z. Nella b abbiamo una consonante, nella a una vocale. Pronunciando una vocale, si ha la sensazione di esprimersi dalla più profonda interiorità. Con ogni vocale si ha un’esperienza a livello di sentimento. Ovunque compaia una a vi è sorpresa. Quando si incontra una e, si prova quel che si potrebbe sintetizzare nella frase: mi hanno fatto qualcosa di cui mi accorgo. Ovunque vi sia una e, e ad essa ci si soffermi, il suo vero significato è: mi hanno fatto qualcosa di cui mi accorgo.

 

Pensiamo solamente a come siamo divenuti spaventosamente astratti; ci siamo inariditi come mele o prugne secche nell’esperienza del linguaggio. Quando parliamo non abbiamo alcuna idea che una a si trovi in una determinata posizione e che noi la tratteniamo (lo facciamo di continuo) e neppure che, passando dalla a alla e, andiamo dalla sorpresa al “mi hanno fatto qualcosa di cui mi accorgo”. Sentiamo nella i che cosa sia l’esser stati curiosi e poi esservi tornati ancora; solo dalle vocali ci si accorge che ovunque esiste alla base un’esperienza meravigliosa, molto complessa. Si riceve l’impressione di un uomo nuovo, originario, quando si lasciano agire su di sé soltanto le cinque vocali, una dopo l’altra. L’essere umano si genera di nuovo nella sua dignità quando pronuncia le cinque vocali dalla sua interiorità con piena coscienza, consapevolmente. Ci siamo così impoveriti che davanti a noi abbiamo ancora il significato, ma non più l’esperienza, soltanto il significato delle parole; acqua significa qualcosa e così via. Siamo del tutto inariditi.

 

Le cose stanno un po’ diversamente con le consonanti. In questo caso non possiamo avere la percezione di muovere da ciò che sentiamo nella nostra interiorità, ma imitiamo ciò che è fuori di noi.

 

Immaginiamo di provare stupore e di dire: a; non lo posso raffigurare, lo devo pronunciare. Se però voglio esprimere ciò che è rotondo, che rende rotondo qualcosa, una tavola ad esempio, che cosa faccio se non voglio parlare? Lo imito, lo riproduco (compie il gesto corrispondente). Se voglio riprodurre un naso, non parlando, non dicendo “naso”, ma volendo farmi capire, posso disegnarlo (compie il gesto). Accade così formando le consonanti. Esse riproducono, imitano sempre qualcosa di esterno. Esprimiamo queste forme in una figura d’aria che scaturisce dagli organi vicini alla laringe, dal palato e così via. Con l’ausilio dei nostri organi costruiamo una forma che riproduce, imita ciò che vi è fuori, giungendo a fissare la forma grazie alle consonanti.

 

Quando formiamo la b (non possiamo pronunciarla da sola, dobbiamo aggiungere una vocale) si tratta sempre dell’imitazione di qualcosa. Se si potesse fissare nella figura d’aria ciò che si forma nella b, pronunciandola avremmo sempre qualcosa che circonda, che protegge. Emerge una forma avvolgente, una capanna, una casa. La b forma sempre una capanna, una casa. Se quindi cominciamo con a, b, abbiamo “l’uomo nella sua perfezione” e “l’uomo nella sua casa”: a, b.

 

Potremmo attraversare così tutto l’alfabeto, e nei suoni che si susseguono troveremmo espresso il mistero dell’uomo, ciò che egli è nel cosmo, nella sua casa, nel suo rivestimento corporeo. Se proseguissimo con c, d e così via, ogni lettera dell’alfabeto potrebbe dirci qualcosa dell’essere umano. Arrivati infine alla z, avremmo veramente davanti a noi in suoni la saggezza dell’uomo, poiché il corpo eterico è la saggezza dell’uomo.

 

Nel linguaggio accade quindi qualcosa di molto importante: si forma l’uomo. Si può formare l’elemento animico già con una certa completezza ponendovi alla base sentimenti fondamentali. I 0 A rappresentano molto dell’animico, quasi l’interezza della vita di sentimento: I 0 A.

 

Ora possiamo dire: guardiamo quel che nasce dall’uomo che parla. Se qualcuno pronuncia davanti a noi a b c…, abbiamo l’intero corpo eterico umano; esso proviene dalla laringe, dall’utero. E lì. Guardiamo all’essere umano fisico: nasce sulla terra da un organismo materno, da una metamorfosi della laringe, cioè dall’utero reale.

 

Immaginiamoci l’intero essere umano posto nel mondo con tutto ciò che è in lui; quel che proviene dall’organismo materno non può infatti restare così. Se rimanesse così per tutta la vita, non sarebbe un uomo completo; tutto deve essere continua- mente trasformato. Ad esempio una persona di trentacinque anni ha ricevuto di più di un bambino dall’intero essere cosmico. Se ci rappresentiamo schematicamente l’uomo completo che a trentacinque anni deriva dal cosmo sapendo che il linguaggio esce dalla laringe e il bambino dall’utero, abbiamo l’uomo nella sua forma, nella sua intera figura come parola pronunciata dal cosmo (v. disegno seguente).

 

Egli è ora davanti a noi come figura umana (ed è ciò che di più mirabile vi sia sulla terra) e noi possiamo chiedere alle potenze divine originarie come abbiano creato l’uomo. In modo analogo a come viene creata la parola quando si parla. Che cosa è veramente accaduto durante la creazione dell’uomo? Se ricevessimo risposta dal cosmo, essa sarebbe: ovunque si avvicinano a noi movimenti, forme di ogni tipo: questa forma (una a euritmizzata), quest’altra (una e euritmizzata), e un’altra ancora (una i euritmizzata); dal cosmo scaturiscono tutte le possibili forme in movimento che, per come siamo, possiamo pensare in collegamento con l’organismo umano.

 

Queste possibilità di movimento sono quelle che, irrigidite, danno la forma fisica dell’uomo come è circa a metà della vita. Che cosa farebbe quindi la Divinità se volesse realmente formare l’uomo partendo da una zolla di terra, dalla polvere? Compirebbe movimenti, e da ciò che ne deriva, da come la polvere della terra si plasma nel senso di quei movimenti, nascerebbe infine la forma umana.

 

 

Ritorniamo alla a che tutti conosciamo nella sua forma euritmica, così come la b, la c e così via. Immaginiamo di vedere il momento in cui dalla divina attività primigenia la Divinità trasse in successione ciò che in euritmia conosciamo come a, b, c, ma in movimenti euritmici; se nel corso di questo processo ciò potesse prender forma nella sostanza fisica, davanti a noi sorgerebbe l’uomo. Questo è ciò che sta alla base dell’euritmia, per cui diciamo: l’uomo quale ci sta davanti è una forma finita, però scaturita dal movimento; è scaturita da forme primigenie che si condensano in una forma e si dissolvono. Non è l’elemento in movimento a scaturire da quello in riposo, l’elemento in riposo scaturisce in origine da quello in movimento. E noi risaliamo ai movimenti originari mentre diamo forma all’euritmia.

 

Che cosa fa il mio Creatore in me, in quanto uomo, partendo dall’essenza originaria del mondo? Per dare una risposta è necessario creare le forme euritmiche. Dio fa dell’euritmia, e mentre la esegue, nasce come risultato la forma umana.

 

Si può parlare così di ogni arte poiché, partendo da qualsiasi punto di vista, ogni arte di questo tipo scaturisce dal Divino in questo modo. Ma proprio nell’euritmia, che si serve dell’uomo come di una parte, di uno strumento, si vede in profondità la connessione dell’essere umano con l’essenza cosmica. Per tale motivo dobbiamo apprezzare l’euritmia. Pensiamo infatti che, se inizialmente non sappiamo bene che cosa sia la bellezza umana partendo dalla figura esteriore, giungiamo poi a comprendere come Dio formasse in origine questa bellezza partendo dal movimento, con la ripetizione delle forme euritmiche; partendo dai movimenti divini che crearono l’uomo, troviamo la risposta alla domanda: come si forma la bellezza umana?

 

Quando si ha davanti il bambino, che non è ancora completo, che deve prima divenire un essere umano perfetto, si deve aiutare successivamente la Divinità affinché continui ad essere realizzata in modo giusto la forma che è predisposta nel bambino. Quali forme si devono quindi utilizzare nell’insegnamento, nell’educazione? Forme euritmiche. Questa è la continuazione del movimento divino, della formazione divina dell’uomo.

 

Quando l’uomo si ammala in un certo modo, vengono danneggiate le forme che corrispondono al suo archetipo divino. Qui nel mondo fisico si trasformano. Che cosa dobbiamo fare? Risalire alle forme divine nell’uomo, facendogli ripetere tali forme. Questo deve ripercuotersi su di lui in modo da migliorare nuovamente le forme danneggiate.

 

Nell’euritmia abbiamo a che fare con un’arte terapeutica, come in origine, nelle epoche in cui esisteva la chiaroveggenza, si sapeva che certi suoni pronunciati con una particolare intonazione si ripercuotevano sulla salute. Ma allora si operava attraverso l’aria, che agiva a sua volta sul corpo eterico per ripristinare la salute. Se si procede direttamente, se si fanno fare all’uomo i movimenti che corrispondono alla formazione dei suoi organi (si deve soltanto sapere come siano questi movimenti:

(per esempio certi movimenti del piede e della gamba corrispondono a talune formazioni persino nel capo) se si fa riprodurre tutto ciò, nasce un terzo aspetto dell’euritmia, l’euritmia terapeutica.

 

Volevo oggi far precedere tutto questo affinché chi opera nell’euritmia abbia un sentimento, un senso originario di ciò che fa veramente; non accolga l’euritmia come qualcosa che si possa apprendere soltanto convenzionalmente, ma come un mezzo grazie al quale l’uomo si avvicina al Divino più di quanto non lo possa senza, come accade per ogni arte, affinché ci compenetriamo di questo sentimento, di questa sensazione. Che cosa fa parte di un giusto insegnamento dell’euritmia? Vi dev’essere dell’atmosfera, la sensazione dell’unione dell’uomo con il Divino. Allora vi è una vera euritmia.