Il nuovo patto


 

Se l’uomo della nostra era storico-geologica osserva la configurazione generale dell’ambiente fisico su cui vive e l’aspetto morfologico della Terra, ne ritrae una visione del tutto particolare. Quattro elementi concorrono a delineare questa visione ambientale dell’uomo moderno. Innanzi tutto dobbiamo considerare la terraferma, rappresentata dai continenti e dalle isole, che costituiscono il primo fondamento della presente esistenza umana. I continenti sono circondati dai mari e dagli oceani, cosicché le acque costituiscono il secondo elemento dell’ambiente terrestre quale noi lo conosciamo. Il terzo è dato dalla grande sfera dell’aria che circonda la Terra e che rende possibili le manifestazioni vitali che ci sono note. Infine dobbiamo considerare lo stato di temperatura che determina appunto questo aspetto della realtà ambientale terrestre che stiamo descrivendo. L’astrofisica ci rivela ad esempio che sui pianeti più vicini al Sole, a causa delle diverse condizioni di calore, l’acqua manca del tutto e si trova evaporata in dense masse di nubi che riempiono costantemente l’atmosfera.

Il grado di temperatura determina dunque in modo quasi assoluto la netta configurazione ambientale che tutti conosciamo e che è rappresentata dalla terra, dall’acqua e dall’aria.

 

Se vogliamo usare il linguaggio misteriosofico dei tempi antichi, possiamo dire che l’ambiente terrestre si presenta oggi all’uomo in modo da offrirgli una visione netta e distinta dei quattro elementi costitutivi del mondo: la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco. Se invece vogliamo ricorrere a forme d’espressione più moderate, possiamo usare i concetti scientifici della fisica e dire che le condizioni termo-energetiche della massa terrestre sono in questo momento tali da permettere il contemporaneo sussistere di tutti gli stati d’aggregazione della materia. Perciò alcuni elementi si trovano allo stato solido, altri allo stato liquido ed altri infine allo stato gassoso.

Il linguaggio può essere diverso, ma la realtà è sempre la stessa. E questa realtà è data dal fatto che l’uomo moderno conosce la netta distinzione tra ciò che è solido e ciò che è liquido o aeriforme, il che significa che egli ha spiegati dinanzi a sé tutti i quattro elementi di cui parlavano gli antichi: la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco.

 

Per comprendere l’importanza e il significato di tale fatto, dobbiamo subito dire che non sempre era così. Queste condizioni ambientali della Terra sono proprio recentissime e non sono destinate a durare più che qualche millennio. Questo è quanto apprendiamo dall’insegnamento di Rudolf Steiner e contrasta naturalmente, per ragioni che qui non possiamo considerare, con i computi della geologia ufficiale. Il contrasto è però solo nella misura del tempo, non nel fatto per se stesso. Anche la geologia considera le condizioni attuali del nostro pianeta come recenti e provvisorie. Esse si sono determinate in un’epoca relativamente vicina, cioè dopo il passaggio dal periodo glaciale al periodo diluviale. La geologia afferma che in questo periodo diluviale noi ci troviamo ancora, perché secondo le osservazioni della scienza il cosiddetto movimento generale di regressione delle acque, dal quale esso trae la sua origine, continua tuttora sebbene in misura sempre meno sensibile.

 

Durante il periodo precedente, cioè quello glaciale, sarebbe stato veramente difficile trovare dell’acqua liquida in Europa al di sopra della cerchia delle Alpi. L’elemento fluido non aveva trovato fino allora il suo assestamento stabile, ma si trovava solidificato nelle masse polari, che allora erano estremamente estese, e ridotto a vapor acqueo, cioè a gas nella zona equatoriale. Questa immagine delle condizioni fisico-ambientali della Terra in un periodo relativamente non tanto lontano è certamente corrispondente alla realtà. Il ritrovamento dei resti fossili di certi animali che in quel tempo erano ricoperti da una folta pelliccia, mentre oggi non lo sono più, conferma e convalida le asserzioni della geologia. Così sappiamo che nelle fredde distese della Sarmazia e della Siberia vagava nell’epoca glaciale il mammuth, mentre nella Mongolia viveva il rinoceronte lanoso. Tuttavia le rappresentazioni della geologia ufficiale devono essere alquanto rettificate dai più precisi concetti che ci offre la Scienza dello Spirito. Lo faremo in seguito. Ora ci preme piuttosto di mettere in evidenza i fatti come tali. Ed è un fatto indubbio della realtà che gli elementi del mondo si sono assestati solo gradatamente e non senza gravi convulsioni telluriche. Il mondo quale noi lo conosciamo oggi è dunque nel vero senso della parola un fatto nuovo.

 

Sappiamo che la mesologia, cioè la scienza che studia i rapporti fra gli esseri viventi e l’ambiente, si trova di fronte ad enormi problemi. Difatti l’ambiente fisico, man mano che risaliamo indietro nel tempo, diventa per modo di dire sempre più aspro, tale insomma da rendere impossibile ogni manifestazione di vita, quale oggi noi la conosciamo. E’ opinione comune che gli animali superiori come i mammiferi, abbiano potuto trovare condizioni favorevoli al loro sviluppo appena durante l’epoca cenozoica. È questo il tempo dunque in cui compare anche il pitecantropo, il progenitore animale dell’uomo. E prima? Prima è l’epoca si potrebbe dire dei draghi, degli orribili sauri alati, dei ripugnanti pterodattili, simili a dei giganteschi pipistrelli con il becco irto di denti. E mentre questi giganteschi animali lottano giorno per giorno per la loro esistenza, la terra trema continuamente e i vulcani a migliaia ribollono, fiammeggiano e rigurgitano fiumi di lava incandescente.

Nell’epoca geologica precedente la vita è ancora più difficile. Non vi troviamo più animali evoluti, ma solo sauri inferiori come il paleosauro dell’ordine dei teleosauri. In epoche ancora più remote ogni forma di vita animale è assente dall’ambiente terrestre. Perciò la geologia chiama azoica la primissima era geologica della Terra. Le condizioni ambientali di quel tempo permettono solo alcune primitive manifestazioni di vita vegetale e ci troviamo piante simili alle felci, alle alghe ed ai licheni.

Risalire ancor oltre nella notte dei tempi, non è più compito della geologia. Ad essa si sostituiscono adesso le ipotesi cosmogoniche. Queste ci dicono che la Terra al principio della sua esistenza era un globo incandescente. Secondo i concetti scientifici moderni, è impossibile ammettere che in una simile sfera di fuoco con temperatura enorme possa sussistere la vita. Da ciò è sorto il problema ancora insoluto dell’origine della vita della Terra.

Al riguardo vi sono naturalmente varie ipotesi, ma nessuna sembra soddisfacente. Così si dice, per esempio, che la vita potrebbe essere stata portata sulla Terra da qualche meteorite proveniente da un altro corpo cosmico, oppure si pensa che le stesse condizioni terrestri avrebbero permesso a un certo momento la trasformazione di sostanze inorganiche in primitive sostanze organiche. Queste ipotesi non sono naturalmente prive di valore. Il Dottore ci dice che lo scienziato dei tempi futuri riuscirà a compiere una specie di miracolo e darà vita nel suo laboratorio a semplici organismi vegetali. Tutto ciò convaliderà l’ipotesi dell’origine spontanea della vita e rafforzerà le concezioni materialistiche degli uomini.

 

Eppure tutto questo modo di vedere e di considerare le cose, che si crede altamente scientifico, è in realtà affatto antiscientifico. Esso nasce dalla paura di pensare. Afferrato il principio dell’evoluzione, lo spirito umano dovrebbe con coraggio seguirlo fino in fondo e non farsi arrestare da assurdi preconcetti. E’ soprattutto la mesologia che si lascia ostacolare da preconcetti senza alcuna base reale. Un’idea chiara e semplice, che deriva direttamente dal principio dell’evoluzione, è la seguente: mutate le condizioni dell’ambiente, si trasforma anche la forma d’esistenza degli esseri che lo abitano. Quest’idea è reale, i preconcetti che sorgono invece da una limitatissima osservazione delle condizioni presenti sono irreali. Da questa irrealtà nascono le maggiori difficoltà della scienza ufficiale.

 

La Scienza dello Spirito non è irretita da preconcetti limitativi. Essa è veramente una “scienza”. Perciò, a questo punto delle nostre considerazioni, dobbiamo cercare di approfondire la nostra comprensione sul grande problema dei rapporti tra l’essere e l’ambiente con l’aiuto dei concetti che ci vengono offerti dalla Scienza antroposofica dello Spirito di Rudolf Steiner.

Un rilievo preliminare s’impone, ed è questo. Non è possibile fare una distinzione astratta tra essere ed ambiente, come vien fatta dalla scienza del tempo nostro, perché l’ambiente è, se bene considerato, niente altro che un complesso multiforme di esseri. L’ambiente terrestre dell’uomo è costituito da altri esseri che sono: gli animali, le piante e i minerali. Si potrà obiettare che il problema della mesologia è un altro. Questa scienza cerca di spiegare le manifestazioni di vita degli esseri superiori mettendole in rapporto con le basi fisiche non viventi.

Dal punto di vista scientifico s’intende per ambiente non già un complesso di esseri, ma il luogo fisico in cui si svolgono quei fenomeni generali fisico-chimici che sottostanno alle leggi di natura. Ma è appunto questa arbitraria separazione del regno minerale dagli altri regni della natura che ha portato la scienza ad un vicolo cieco.

Il concetto di ambiente che deriva da tale considerazione della realtà è completamente falso. Esso si basa sul preconcetto che nel corso dell’evoluzione il minerale inanimato, o per meglio dire l’elemento chimico, sia il fatto assolutamente primo, mentre l’essere vivente superiormente evoluto sia il fatto assolutamente ultimo. Da ciò il problema insolubile: come dalla materia inorganica sorge ad un dato momento la vita e si evolve in forme sempre superiori dall’ameba all’uomo?

 

Per la Scienza dello Spirito questo problema non esiste. L’insegnamento del Dottore ci rivela che il processo evolutivo terrestre si svolge proprio in modo opposto da quello immaginato dalla scienza esteriore. Come fatto primo nel corso dell’evoluzione non vi è il minerale, ma l’uomo. Il minerale comparisce per ultimo.

Questo fa capire che la grande sfera dei processi fisico-chimici esteriori non poteva costituire l’ambiente iniziale dell’uomo per il semplice fatto che allora essa non esisteva. E fa capire anche che non la vita è sorta da basi puramente fisiche, ma che viceversa i processi inanimati sono usciti dalla vita originaria.

 

Seguiamo ora ciò nelle sue grandi linee. Risaliamo con il pensiero fino all’inizio della nostra evoluzione umana e precisamente fino al punto in cui comincia la vera fase terrestre di questa evoluzione. Trascuriamo dunque le tre fasi precedenti, che rappresentano ricorsi d’evoluzioni antiche e immaginiamoci all’inizio della quarta fase, quella che realizza le condizioni di vita terrestri. Questa è la nostra fase, perché in essa ci troviamo tuttora. Sappiamo che questa fase si divide in sette grandi epoche, di cui ora noi siamo nella quinta.

La prima epoca viene chiamata con una terminologia che ha senso per i nostri ottusi concetti, epoca polare.

Al principio di questa epoca il globo terrestre contiene ancora in sé quei due corpi celesti che si sono distaccati solo più tardi dando origine al Sole e alla Luna. Questo globo è costituito da un’unica materia indifferenziata che obbedisce a leggi fisiche, ma non si trova allo stato fisico, bensì è ancora materia eterica. Difatti questa materia indifferenziata, che forma le prime basi fisiche della Terra, non è niente altro che l’etere più sottile, l’etere della vita. E che cosa è in realtà questo grande globo terrestre costituito dall’etere vitale? Esso è in realtà il corpo fisico dell’umanità intera.

Dunque, come manifestazione terrestre assolutamente prima, abbiamo da considerare il corpo fisico dell’uomo. Questo è comparso per primo sulla nostra Terra. Ma in questo corpo fisico non viveva l’uomo. L’uomo viveva allora come anima nel mondo astrale e da quell’altezza guardava in giù sulla Terra, cioè in realtà osservava dal di fuori il suo corpo fisico. Questo gli rispecchiava il suo essere, dimodoché

 

• il globo vivente dell’etere recava tante immagini quante erano le anime umane che lo contemplavano.

Ciò dette origine alla prima distinzione

e fece sorgere, ma solo come immagine riflessa, i corpi fisici separati dei singoli uomini.

 

In un secondo tempo sorgono dal primo altri due stati di materia,

• di cui uno eterico più denso, cioè l’etere chimico o sonoro,      • e l’altro fisico, cioè l’aria.

L’uomo conserva il suo corpo fisico allo stato eterico

e questo corpo è ora costituito dall’etere vitale e dell’etere chimico.

• L’elemento fisico dell’aria serve invece come base alla prima costituzione del corpo fisico degli animali.

 

In un terzo tempo gli stati materiali si differenziano ancora

• e accanto all’etere vitale e a quello chimico compare l’etere della luce,

• mentre accanto all’elemento fisico dell’aria si forma quello fisico più denso dell’acqua.

Ne deriva il seguente ordine di fatti:

l’uomo ha il corpo fisico costituito dall’etere vitale, dall’etere chimico e dall’etere della luce;

l’animale ha il corpo fisico costituito da due elementi fisici, l’aria e l’acqua;

l’acqua e l’etere della luce, che si sono formati da ultimi, servono come base del corpo fisico dei vegetali.

 

Con ciò siamo però già passati dall’epoca polare a quella iperborea e giunti al momento del distacco del Sole.

Il Sole, allontanandosi dalla Terra, per costituire un corpo cosmico separato, porta via con sé una gran parte della materia eterica. Ciò determina un’ulteriore densificazione dello stato materiale della Terra e assistiamo alla prima comparsa dell’elemento solido e, accanto a questo, dell’etere del calore.

Dopo il distacco del Sole, il corpo fisico dell’uomo non ha potuto conservarsi nel suo puro stato eterico iniziale e si è lentamente densificato fino allo stato acqueo. Però nell’aria e nell’acqua che costituiscono ora il corpo fisico dell’uomo, agiva con forza il nuovo etere del calore e di conseguenza il corpo fisico umano acquista la forma e lo stato di una nube gassosa calda.

 

Prospettiamoci le condizioni fisiche terrestri di questo momento della nostra evoluzione.

• L’elemento più basso è costituito dallo stato solido e in questo elemento si manifestano i minerali.

• L’elemento acqueo conforma le piante.

• L’acqua e l’aria, separatamente o insieme, costituiscono la base del corpo fisico degli animali.

E l’uomo? L’uomo essenzialmente un essere di calore

e quale nube di fuoco si libra nelle altezze dell’atmosfera terrestre.

 

Qui noi abbiamo riassunta a grandissima linea e soltanto per l’aspetto che ci interessava, una descrizione che in tutta la sua poderosità cosmica appare in una delle opere fondamentali di Rudolf Steiner: La cronaca dell’Akasha.

 

L’insegnamento del Dottore c’induce a un’importante osservazione:

• nei primi tempi dell’evoluzione terrestre a ogni stato elementare corrispondeva un particolare regno della natura.

Così possiamo dire che

• nel fuoco viveva l’umanità,    • nell’aria dominavano gli animali,

• nell’acqua si manifestavano i vegetali,      • nel solido terrestre riposavano i minerali.

E tutto ciò naturalmente in modo concreto e reale e nel senso che la Terra costituiva i corpi dei minerali, l’acqua i corpi delle piante, l’aria i corpi degli animali e il fuoco i corpi dell’umanità. Non è però da dimenticare che gli elementi che abbiamo nominato avevano allora una forma del tutto diversa da quella che noi oggi conosciamo.

 

Queste condizioni perdurarono fino al distacco cosmico della Luna.

Dopo tale evento si produsse una modificazione radicale nella costituzione degli esseri, che ebbe come conseguenza la graduale immersione di tutti gli esseri nella terrestrità, cioè nell’elemento solido. A un certo momento tutte le creature si trovano immerse nella materialità più densa. Ciò significa nello stesso tempo che avviene una separazione tra le quattro sfere elementari e i quattro regni della natura che fino allora avevano costituito una cosa sola.

 

Conviene subito notare che con questi fatti siamo già dentro la primissima era geologica, perché essi si svolgono durante l’epoca lemurica. Nella Cronaca dell’Akasha troviamo scritto appunto con riferimento all’epoca lemurica:

▸«Il regno vegetale era avanzato fino alle piante somiglianti alle nostre paludi e alberi affini. Ma tutte le forme erano affatto diverse dalle attuali. Tutto ciò che oggi appare soltanto in piccole proporzioni, era allora gigantesco. Le nostre piccole felci erano alberi e formavano grandi boschi».

Queste parole potrebbero benissimo stare anche in un trattato di geologia che descrivesse le condizioni di ere primitive.

 

Ed ora, alla luce delle descrizioni della Cronaca dell’Akasha, anche se ciò non riguarda direttamente il nostro argomento, vogliamo rettificare un concetto unilaterale della geologia. Questa nega o perlomeno dubita grandemente che, durante l’era mesozoica, la grande età dei mostruosi e giganteschi sauri, l’uomo fosse già presente sulla Terra. La geologia, però, si basa in gran parte su preconcetti. Notiamo che a quell’epoca la crosta terrestre era ancora in via di formazione e solo in alcuni punti del globo si era consolidata. In queste zone già indurite vivevano i giganteschi sauri coperti di loriche, squame e creste poderose.

L’uomo invece aveva ancora un corpo semidenso, simile a quello delle meduse, e poteva vivere nelle zone più fluide. Il suo aspetto esteriore non era molto dissimile da quello di un sauro, di un drago, ma il suo contenuto interiore era umano. Ciò va naturalmente contro i preconcetti della scienza occidentale, mentre, per esempio un Cinese, che si basa sulla realtà della tradizione, trova del tutto naturale ancor oggi rappresentarsi il progenitore umano nella forma di un drago.

 

Queste condizioni si riferiscono naturalmente a tempi anteriori dell’epoca lemurica. Allora il corso del tempo era molto più rapido che oggi e in brevi periodi le specie passavano attraverso grandi trasformazioni. L’uomo divenne ben presto un essere eretto capace di dominare con le sue forze magiche sugli animali e sulle cose della natura.

A questo punto ci preme di far rilevare quali erano allora le condizioni ambientali secondo le rappresentazioni della Scienza dello Spirito. A questo proposito dobbiamo mettere in massima evidenza il fatto che la separazione degli elementi non era ancora avvenuta. Il fuoco e la terra erano ancora congiunti tra di loro e così pure l’acqua e l’aria formavano come un solo elemento. Perciò nella Cronaca dell’Akasha troviamo scritto che durante l’epoca lemurica l’acqua era più fluida e l’aria più densa. La terra era compenetrata dal fuoco. Le rocce erano molli e calde. Dovunque si manifestavano fenomeni vulcanici e torrenti di fuoco solcavano in ogni direzione la crosta terrestre.

 

Il Dottore ci dice che la Lemuria ebbe fine in seguito a una catastrofe di fuoco. Si tratta ora di comprendere il significato di queste gigantesche catastrofi telluriche che separano un’epoca da un’altra. Nel passato queste catastrofi furono elementari; in futuro saranno catastrofi eteriche.

I grandi sconvolgimenti tellurici del passato ebbero sempre come conseguenza un nuovo assestamento degli elementi. La catastrofe lemurica segna in concreto la separazione dell’elemento fuoco dall’elemento terra. I Lemuri erano vissuti in strettissima unione naturale con l’elemento unico terra-fuoco. Ben altre furono le condizioni che, dopo la catastrofe lemurica, si presentarono alla nuova razza atlantica. Gli Atlantidi avevano ormai sotto i loro piedi una crosta terrestre spessa, fredda e consolidata, mentre sapevano che il fuoco aveva costituito una sfera separata che fasciava in alto la Terra.

L’acqua e l’aria erano però rimaste unite in un solo elemento misto ed era destinato a formare la base vitale dell’esistenza Atlantidea. L’uomo dell’Atlante non ha mai visto il cielo azzurro, non ha mai visto risplendere il Sole e brillare la Luna e le stelle. La sua esistenza si svolge tra le perpetue e densissime nebbie e sulla riva dei mari, dei laghi, dei fiumi. Perché le nebbie e le acque che circondano l’Atlantide sono vive e animate, pervase di potenze spirituali. Tra la nebbia vivente e l’anima dell’Atlantideo vi è un rapporto diretto che fa sì che l’uomo d’allora si senta inserito in grandiosi processi elementari della natura. L’Atlantideo capisce che cosa significhi il mormorio del bosco, il sibilo del vento, lo scroscio dei torrenti, ecc. Ma vi è di più. Per mezzo delle forze della natura, egli può potenziare la sua anima e il suo corpo, allo stesso modo che per mezzo del suo contenuto interiore gli è concesso di agire fin a un certo punto sui processi elementari del mondo.

 

Alla fine dell’evoluzione atlantica sta pure una catastrofe elementare. La Lemuria fu distrutta dal fuoco, l’Atlantide dall’acqua. La scienza è ancor oggi incerta nello stabilire le cause effettive del cosiddetto diluvio. Una delle ipotesi preferite è quella che riguarda il lento aumentare della temperatura sulla superficie terrestre. L’antroposofia ci offre però anche altri concetti.

Nel corso dell’evoluzione mondiale giunse anche il momento in cui fu necessario che i due elementi ancora uniti, cioè l’acqua e l’aria, si separassero. A base di questa separazione stanno cause spirituali, non cause fisiche. Queste sono solo il risultato di quelle. Alla fine dell’Atlantide, noi assistiamo dunque all’ultimo assestamento elementare, alla separazione dell’acqua dall’aria. Cominciano quelle condizioni terrestri che noi oggi conosciamo e che abbiamo descritte al principio. La terra, l’acqua, l’aria, il fuoco si squadernarono separati e divisi davanti allo sguardo dell’uomo.

 

A questo punto bisogna porre un’importante domanda: che significato specifico ha per l’uomo questo lungo processo di separazione elementare giunto al suo termine con la catastrofe diluviale atlantica? Per rispondere a questa domanda vorrei dapprincipio usare un concetto goethiano.

L’uomo fu una volta in grembo alla Natura. Poi dovette uscirne.

Il diluvio segna il definitivo distacco dell’uomo del grande grembo materno della natura.

 

A questo concetto possiamo connettere in giusto modo quelli che ci sono offerti dalla Scienza dello Spirito. Al principio della sua evoluzione terrestre l’uomo viveva nella elementarietà. Il suo stesso corpo era una particella elementare dell’universo. Subito dopo il distacco del Sole, l’uomo era una “nube di fuoco”. Viveva ed era tutt’uno con i processi della natura proprio come oggi lo sono i venti, le acque, le nubi ecc. Per tale fatto la sua coscienza poteva vivere nella coscienza degli Esseri divini.

Con il distacco della Luna, cominciò la graduale discesa dell’umanità, l’abbandono dello Spirito, l’immersione nella materia. Il Lemure è (e non solo in senso figurato) ancora un drago. Egli respira il fuoco. E per il fatto di essere congiunto con questo elemento, è congiunto allo stesso tempo, e sa di esserlo, con gli spiriti del fuoco. Intuizioni ed ispirazioni spirituali passano attraverso la sua anima, ancora ottusa alle impressioni del mondo esteriore.

 

L’uomo Atlantideo ha perso il contatto con il fuoco, ma ha conservato la comunione con l’acqua. E questo elemento acqueo, oltre a tutto il resto, riempie di potenti immaginazioni la sua anima. I suoi sensi fisici percepiscono stentatamente il mondo, ma la sua anima vive nel sogno della spiritualità.

 

Ed ecco il diluvio! Esso significa sì l’uscita dell’uomo dall’elementarietà della natura, ma significa anche nello stesso tempo che l’ultimo vincolo tra anima e cielo è definitivamente spezzato. Incomincia la grande solitudine umana. Essere nella natura ha soprattutto un significato spirituale. Perché erano appunto gli elementi della natura che mantenevano in antico il rapporto fra l’anima umana e la spiritualità. Così

• era l’acqua a formare e a sostenere le immaginazioni,

• l’aria a portare le ispirazioni,

• il fuoco ad accendere le intuizioni.

 

Ora l’uomo non è più nella natura, il che ha semplicemente questo significato:

egli non è più nella spiritualità.

• Avendo perso il contatto con l’acqua, l’aria e il fuoco,

non può nemmeno suscitare nella sua anima immaginazioni, ispirazioni e intuizioni.

• E questo fatto è un fatto nuovo di estrema importanza per tutta l’evoluzione dell’umanità

e di tutte le creature in genere connesse con questa evoluzione.

 

Sappiamo che la Bibbia si riferisce alla distruzione atlantica quando narra del Diluvio. Nel capitolo nono della Genesi leggiamo che, dopo la fine del diluvio, l’arcobaleno risplendette nel cielo. E questo meraviglioso cerchio di colori, che mai prima gli uomini avevano visto, è il segno fisico della nuova conformazione assunta dagli elementi. Ma è anche un segno spirituale. La Bibbia ce lo dice. Esso è il segno del nuovo patto stabilito tra Dio e la Terra.

Dunque, dopo il diluvio, si presentano sulla Terra condizioni così singolari che la Divinità vede necessario stabilire un nuovo patto con gli esseri viventi sulla Terra. Questo nuovo patto non può significare altro che un nuovo legame, del tutto speciale, dev’essere stabilito tra l’uomo e la spiritualità.

Per comprendere ciò, chiediamoci: che cosa è rimasto all’uomo, dopo la scomparsa dell’Atlantide? È rimasto indubbiamente un più stretto contatto con l’elemento terra, con la più densa materialità fisica. Anzi questo strettissimo contatto con la materia terrestre è stato reso possibile solo dalle separazioni elementari che oggi abbiamo considerato.

 

Prospettiamoci nel modo seguente i gradini della discesa umana:

• Epoca iperborea – Fuoco – Intuizione

• Epoca lemurica – Aria – Ispirazione

• Epoca atlantica – Acqua – Immaginazione

• Epoca nostra – Terra – Pensiero

 

L’uomo ha perduto dunque successivamente il contatto con il fuoco, con l’aria, con l’acqua, finché, nell’epoca nostra, è venuto a battere con forza contro il puro elemento terrestre. A contatto con questo elemento ha suscitato nella sua anima il pensiero concettuale. Orbene, il senso del nuovo patto, riguardato dal punto di vista umano, non può essere che il seguente: l’uomo deve sviluppare il suo pensiero in modo da portarlo alla fine al pieno riconoscimento concettuale della divinità dell’universo.

Ciò viene convalidato da alcuni passi della Cronaca dell’Akasha (2° capitolo):

▸ «…il Manu voleva introdurre quello che è il vero compito della quinta razza radicale: imparare, cioè a guidarsi da sé per mezzo dei propri pensieri. Però una tale auto-determinazione non può essere salutare se non quando l’uomo mette anche se stesso al servizio delle forze superiori. L’uomo deve servirsi della propria forza di pensiero; ma questa forza di pensiero deve venir santificata dalla sottomissione al Divino.»

«…Nulla doveva forzare l’uomo a riferire a un ordinamento universale divino quelle cose ch’egli dominava con il suo pensiero; egli doveva riconoscerlo spontaneamente nei suoi pensieri.»

«…Il pensiero terreno doveva elevarsi fino alla concezione del Divino

«…Il mondo è sottoposto ad una direzione divina, l’uomo però non deve essere forzato ad ammetterla, bensì deve riconoscerla e comprenderla per libera riflessione. Quando è giunto a tale punto, gli Iniziati gli rivelano gradatamente i loro segreti. Ciò non può avvenire repentinamente; ma tutta l’evoluzione della quinta razza radicale è un lento avanzare verso questa meta

 

Portiamo oggi con noi, con calore d’anima, questi pensieri di Rudolf Steiner, i quali risuonano come motivi conduttori della nostra quinta epoca di civiltà e hanno in sé forze creative per l’avvenire.

 

Cercheremo, una prossima volta, di comprendere il loro senso più profondo e il loro fondamento cosmico.

 

Trieste, 16 luglio 1948