Il vero aspetto della questione sociale desunto dalla vita dell’umanità moderna

O.O. 23 – I punti essenziali della questione sociale – I


 

1. Dalla catastrofe della guerra mondiale non è forse venuto manifestandosi il movimento sociale moderno attraverso fatti che dimostrano tutta l’insufficienza dei pensieri coi quali, per decenni, si era creduto di comprendere il volere del proletariato?

 

2. A porre questa domanda ci costringe quel che, dalle esigenze prima represse del proletariato, e da tutto quanto vi si connette, viene ora sospinto alla superficie della vita. I poteri che reprimevano quelle esigenze sono ormai in parte annientati; e solo chi ignora come siano indistruttibili certi impulsi della natura umana può voler conservare la posizione, presa da quei poteri, di fronte agli impulsi sociali d’una gran parte dell’umanità.

 

3. Molte personalità, alle quali, per la loro posizione sociale, era consentito d’influire con la parola e col consiglio, favorendone o inceppandone l’azione, sulle forze della vita europea che nel 1914 avevano spinto alla catastrofe della guerra, si erano abbandonate, riguardo a quegli impulsi, alle più grandi illusioni. Potevano credere che una vittoria del loro paese avrebbe placato l’impeto delle rivendicazioni sociali. Ma dovettero accorgersi che proprio le conseguenze del loro contegno portarono gli impulsi sociali a manifestarsi integralmente. Si può anzi dire che la presente catastrofe dell’umanità si sia palesata come quell’avvenimento storico che diede agli impulsi in questione tutta la loro forza propulsiva. Negli ultimi anni, gravi di destini, le personalità e le classi dirigenti dovettero sempre subordinare il loro modo di agire alle esigenze degli ambienti socialisti. Spesso avrebbero volentieri agito diversamente, se avessero potuto non tener conto di quelle aspirazioni, i cui effetti si protraggono nella piega presa dagli avvenimenti contemporanei.

 

4. Ed ora che quanto per decenni era venuto preparandosi nell’evoluzione della vita dell’umanità è entrato in una fase decisiva, diventa tragicamente fatale che i pensieri sviluppati durante i fatti in divenire siano inadeguati ai fatti stessi una volta divenuti. Molte persone che s’erano formate i loro pensieri durante quel divenire, per promuovere i fini sociali che in esso vivono, oggi poco o nulla possono di fronte ai fatali problemi posti dai fatti stessi.

 

5. Eppure molte di quelle persone persistono a credere che possa realizzarsi, e poi dimostrarsi abbastanza forte per dare una direttiva possibile agli avvenimenti incalzanti, ciò che per tanto tempo esse hanno ritenuto necessario alla nuova conformazione della vita umana. Si può prescindere dalla opinione di chi tuttora s’illude che il vecchio ordinamento possa reggere di fronte alle esigenze nuove d’una gran parte dell’umanità, e si può prendere in considerazione quel che vogliono coloro i quali sono persuasi della necessità di riorganizzare la vita. Ma non si potrà fare a meno di riconoscere che, quali giudizi mummificati, corrano in mezzo a noi opinioni di partito che lo svolgimento dei fatti dimostra superate. Questi fatti esigono soluzioni alle quali i vecchi partiti sono impreparati. I partiti si sono, è vero, sviluppati insieme coi fatti, ma senza riuscire a tener dietro ai fatti con le proprie abitudini mentali. Non occorre essere immodesti per credere, di fronte a opinioni oggi ancora ritenute valide, di poter ricavare quanto or ora s’è detto dal decorso degli avvenimenti mondiali contemporanei. È lecito trarne la conseguenza che, appunto il nostro tempo, debba essere sensibile al tentativo di segnalare nella vita sociale dell’umanità moderna quel che nella sua peculiarità sfugge anche agli studiosi di questioni sociali e alle tendenze dei partiti. Poiché potrebbe pur essere che la tragedia che si manifesta nei tentativi di soluzione della questione sociale abbia le sue radici proprio in un malinteso delle vere tendenze proletarie; in un malinteso anche da parte di coloro che da queste tendenze hanno fatto scaturire le loro concezioni. Poiché non è affatto detto che l’uomo si formi sempre il giusto giudizio intorno a quel ch’egli stesso vuole.

 

6. Possono perciò sembrare giustificate le seguenti domande: – Cosa vuole veramente il movimento proletario moderno? – Corrisponde questo suo volere a ciò che comunemente si pensa in proposito da proletari e da non proletari? – Si manifesta il vero aspetto della questione sociale in quel che molti pensano intorno ad essa, oppure è necessario seguire una direttiva di pensiero del tutto diversa? Ad una simile questione non ci si potrà accostare con imparzialità se, dalle proprie vicende, non si è stati posti in grado d’immedesimarci con la vita animica del proletariato moderno, e precisamente di quella sua parte che maggiormente ha concorso a dare al movimento sociale la forma ch’esso ha presa attualmente.

 

7. Si è parlato molto, dello sviluppo della tecnica moderna e del moderno capitalismo. Ci si è chiesti come, da questo sviluppo, sia sorto il proletariato contemporaneo e come, con lo svolgersi della nuova vita economica, esso sia pervenuto alle sue rivendicazioni presenti. In tutto quanto è stato detto in proposito c’è molto di esatto. Ma che con questo non si sia ancora toccato un punto decisivo, lo può intendere solo chi non si lascia ipnotizzare dal giudizio che «le circostanze esteriori danno all’uomo l’impronta della sua vita». Il punto decisivo si rivela a chi serba libera la visione degli impulsi che operano dalle intime profondità dell’attività interiore. È, sì, vero che le rivendicazioni proletarie sono venute sviluppandosi contemporaneamente alla tecnica moderna e al moderno capitalismo; ma il riconoscerlo non getta ancora nessuna luce su ciò che veramente vive in quelle esigenze, sotto forma di impulsi puramente umani. E finché non si penetri nella vita di questi impulsi, non ci si potrà nemmeno accostare al vero aspetto della “questione sociale”.

 

8. Un’espressione, che ricorre spesso nel mondo proletario, può fare una notevole impressione su chi è capace di penetrare nelle più profonde forze motrici della volontà umana. Ed è questa: “Il proletariato moderno ha acquistato una coscienza di classe”. Esso non segue più, per così dire, istintivamente, incoscientemente, gli impulsi delle classi a lui estranee. Sa di appartenere a una classe speciale e vuol far valere il rapporto di questa sua classe con le altre, nella vita pubblica, in un modo corrispondente ai suoi interessi. Per chi ha la capacità d’intendere le correnti nascoste dell’attività interiore, l’espressione “coscienza di classe”, come la usa il proletariato moderno, sarà rivelatrice di fatti essenziali della concezione sociale della vita, propria a quelle classi lavoratrici che si trovano nel giro della tecnica moderna e del moderno capitalismo. Egli ha da porre mente, innanzi tutto, al modo in cui le dottrine scientifiche relative alla vita economica e ai suoi rapporti col destino umano abbiano colpito come un fulmine e infiammato l’animo proletario. Si troverà di fronte a un fatto su cui molti di coloro che si limitano a pensare sul proletariato, ma non con esso, avventano giudizi del tutto confusi, e per conseguenza dannosi, data la gravita degli avvenimenti attuali. Con l’opinione che il marxismo, e lo svolgimento datogli dagli scrittori socialisti, abbiano fatto dar di volta al cervello del proletario “incolto”, e con tutte le altre cose che spesso si sentono dire in proposito, non si arriva alla comprensione, oggi tanto necessaria, in questo campo della situazione storica del mondo. Poiché, esprimendo una tale opinione, si dimostra soltanto di non voler prendere in considerazione un punto essenziale del movimento sociale contemporaneo. E questo punto essenziale è che la proletaria “coscienza di classe” è tutta satura di concetti che hanno preso il loro carattere dallo sviluppo della scienza moderna. In tale coscienza continua tuttora ad agire come disposizione interiore ciò che animava il discorso di Lassalle su La scienza e gli operai (Ferdiand Lasalle, 1825-1864, scrittore a capo del movimento tedesco dei lavoratori. Gesammelte Reden und Schriften Berlino 1919-20). Cose simili possono sembrare prive d’importanza a qualcuno che si ritenga un “uomo pratico”. Ma chi vuol conquistarsi vedute veramente feconde sul movimento operaio moderno deve rivolgere a queste cose tutta la sua attenzione. Poiché in ciò che oggi esigono i proletari socialisti, moderati ed estremisti, non vive la vita economica trasformata in impulsi umani, come molti s’immaginano, ma la scienza dell’economia, dalla quale la coscienza proletaria è stata afferrata. Ciò risulta sia dalla letteratura scientifica del movimento proletario, sia da quella divulgata dal giornalismo, in un modo così chiaro che il negarlo significa chiudere gli occhi davanti alla realtà dei fatti. Ed è un fatto fondamentale, decisivo per lo stato attuale della società, questo, che il proletario moderno si fa fissare il contenuto della sua coscienza di classe in concetti d’indole scientifica. Per quanto lontano dalla “scienza” possa ancora essere l’uomo che lavora alla macchina, egli ascolta tuttavia le spiegazioni che, delle sue condizioni, gli danno le persone che dalla scienza hanno derivato i mezzi per fornirgliele.

 

9. Tutte le discussioni sulla vita economica moderna, sul secolo delle macchine, sul capitalismo, possono dare qualche lume intorno ai fatti che costituiscono la base del movimento proletario moderno, ma ciò che chiarisce in modo decisivo il presente stato sociale non deriva immediatamente dall’applicazione dell’operaio alle macchine, e perciò dal suo aggiogamento al carro della vita capitalistica, bensì dalla circostanza che, mentre egli lavorava alle macchine e in dipendenza dell’ordine economico capitalistico, nella sua coscienza di classe si formavano pensieri ben determinati. Può darsi che le abitudini mentali dei nostri giorni inducano qualcuno a disconoscere tutta la portata di questi fatti e a ritenere che il volerli mettere in rilievo sia semplicemente un gioco dialettico di concetti. Ma sarà tanto peggio per chi spera in una felice sistemazione della vita sociale; poiché non potranno certo portarvi un contributo coloro che non siano in grado di discernerne gli elementi essenziali. Chi vuole comprendere il movimento proletario deve prima di tutto, sapere come il proletario pensi. Poiché tale movimento – dalle moderate tendenze riformistiche alle sue degenerazioni più deleterie – non è opera di forze “extra-umane” di “impulsi economici”, ma è fatto da uomini; dalle loro rappresentazioni e dai loro impulsi volitivi.

 

10. Le idee determinanti e le forze volitive del movimento sociale presente non risiedono in quel che la macchina e il capitalismo hanno impresso nella coscienza proletaria. Il movimento sociale ha cercato la fonte delle proprie idee nelle nuove tendenze scientifiche, perché macchina e capitalismo non erano in grado di offrire al proletario alcunché di adatto a riempirgli l’attività interiore di un contenuto degno d’un essere umano. All’artigiano medioevale un tale contenuto era dato dalla sua stessa professione. C’era, nella maniera stessa in cui quell’artigiano si sentiva umanamente legato al suo lavoro, qualcosa che, di fronte alla sua coscienza, gli faceva apparire la sua propria vita, nell’ambito dell’intera società umana, come degna d’essere vissuta. Gli era dato di considerare il suo lavoro come quello che poteva fargli realizzare ciò che ambiva di essere come “uomo”. Messo a lavorare alla macchina e impigliato nell’ordinamento della vita capitalistica, non gli restò altro che poggiare su se stesso, sulla propria interiorità, quando cercava una base su cui poter fondare un’opinione su ciò che si è come “uomo”. Per formarsi una tale opinione nessun aiuto gli veniva dalla tecnica e dal capitalismo. Ne derivò la conseguenza che la coscienza proletaria prese la strada verso il pensiero orientato scientificamente perché aveva perduto la connessione umana con la vita immediata. Ora ciò avvenne in un periodo in cui le classi tendevano a una forma di pensiero scientifico che non aveva più neppure esso la forza spirituale propulsiva capace di condurre la coscienza a un contenuto in grado di appagarne del tutto i bisogni. Le antiche concezioni del mondo avevano inserito l’uomo, come attività interiore, in una connessione spirituale; invece di fronte alla scienza moderna egli appare come un essere naturale nel semplice ordine della natura. Questa scienza non è sentita come una corrente che fluisca nell’attività interiore da un mondo spirituale dandole un sostegno. Comunque si voglia giudicare, del rapporto tra gli impulsi religiosi (e quanto vi si connette) e il pensiero scientifico moderno, considerando senza preconcetti l’evoluzione storica, si dovrà convenire che l’ideazione scientifica si è sviluppata da quella religiosa. Ma le vecchie concezioni del mondo, che si fondavano su sostrati religiosi, non hanno potuto comunicare il loro impulso sostenitore dell’anima alla nuova forma scientifica del pensiero. Esse si collocarono fuori di questa e continuarono a vivere con un contenuto di coscienza a cui non poterono rivolgersi le anime del proletariato. Per le classi dirigenti quel contenuto di coscienza poteva ancora avere un certo valore, che, in un modo o nell’altro, si connetteva con quanto le legava umanamente alla loro posizione sociale. Esse non cercarono, dunque, un nuovo contenuto di coscienza perché la tradizione della vita stessa permetteva loro di conservare il vecchio. Invece il proletario moderno fu avulso da tutte le antecedenti connessioni. La sua vita fu posta su di una base del tutto nuova. Con la perdita delle basi precedenti, gli venne meno anche la possibilità di attingere alle antiche fonti spirituali, poiché queste sorgevano nel campo da cui egli era stato avulso. Con la tecnica moderna e col moderno capitalismo si sviluppò simultaneamente – per quanto si possa parlare di simultaneità riguardo alle grandi correnti storiche dei mondo – la scientificità moderna. A questa si rivolse con fiducia, con fede, il proletariato moderno e vi cercò il nuovo contenuto di coscienza di cui sentiva il bisogno. Ma di fronte a tale scientificità il proletariato moderno si trovò in un rapporto del tutto diverso da quello delle classi dirigenti. Queste non sentivano il bisogno di fare delle loro concezioni scientifiche il sostegno della loro anima. Per quanto si compenetrassero di “mentalità scientifica” che nell’ordine naturale vedeva una connessione causale diretta dagli animali più bassi fino all’uomo, questa concezione rimaneva tuttavia per esse una convinzione teoretica. Non generava l’impulso a prendere la vita, anche riguardo al sentimento, in maniera perfettamente conforme a quella convinzione. Il naturalista Vogt, il volgarizzatore della scienza naturale Buchner, erano certamente compenetrati di pensiero scientifico; ma, accanto a questo, agiva nelle loro anime qualcosa che li attaccava saldamente a connessioni di vita che hanno un senso e una giustificazione solo là, dove regni la fede in un ordine spirituale del mondo. Ora si pensi, senza preconcetti, a come diversamente operi il pensiero scientifico su chi ha la propria esistenza ancorata in quelle connessioni di vita, in confronto a come può operare nel proletario moderno dinanzi al quale, nelle poche ore serali che gli rimangono libere dal lavoro, l’agitatore socialista parli press’a poco cosi: “La scienza moderna ha levato dalla testa degli uomini la credenza ch’essi abbiano origine da mondi spirituali, ed ha insegnato loro che in tempi primordiali essi hanno vissuto come animali, sconciamente arrampicati sugli alberi, avendo tutti la medesima origine puramente naturale”. Il proletario moderno si vide posto dinanzi ad una concezione scientifica orientata secondo pensieri siffatti, quando egli cercava un contenuto interiore che potesse fargli sentire i suoi rapporti di uomo con la vita universale; egli prese radicalmente sul serio tale scientificità e ne trasse le sue conseguenze per la vita. L’epoca della tecnica e del capitalismo lo colpì ben diversamente che non l’uomo appartenente alle classi dirigenti. Questi stava in un ordine di vita ancora configurato da impulsi che offrivano un sostegno per l’anima; e aveva tutto l’interesse ad inserire le conquiste dei tempi nuovi nell’ordine già invalso. Il proletario invece era stato psicologicamente strappato da quell’ordine, e questo non poteva più conferirgli alcun sentimento che gli illuminasse la vita in un modo degno d’un essere umano. Un’unica cosa poteva ormai far sentire al proletario che cosa uno sia come essere umano; e cioè il pensiero scientifico che, sorto dal vecchio ordinamento della vita, gli appariva dotato di una forza suscitatrice di fede.

 

11. Sentir parlare così di carattere scientifico a proposito del pensiero proletario potrà forse far sorridere chi per esso intenda quel che si acquista sedendo per molti anni sui banchi di scuola e lo opponga alla coscienza del proletario “ignorante”. Ma sarebbe un sorridere di fatti decisivi per i destini della vita contemporanea. Fatti che dimostrano come molti uomini dotti vivano in maniera non conforme alla scienza, mentre il proletario ignorante orienta il suo modo di vivere e di sentire la vita secondo la scienza, che forse neanche possiede. L’uomo istruito ha accolto la scienza; essa è come racchiusa in una casella della sua attività interiore. Egli però continua a vivere in contingenze che non sono governate da tale scienza, e lascia che esse orientino i suoi sentimenti. Il proletario è condotto dalle sue condizioni di vita ad intendere l’esistenza nel modo conformemente allo stato d’animo che deriva dalla scienza moderna. Quel che le altre classi chiamano “scienza” potrà anche essergli abbastanza estraneo; tuttavia le direttive scientifiche del pensiero orientano la sua vita. Per le altre classi sarà determinante un fondamento religioso, estetico, spirituale in genere; per lui il “credo” per la vita diventa la scienza, sebbene spesso nelle sue estreme conseguenze di pensiero. Molti tra gli appartenenti alle classi dirigenti si sentono “emancipati”, “svincolati dalla religione”. Certo, nelle loro rappresentazioni vive la convinzione scientifica; ma nei loro pensieri pulsano i residui inosservati di una fede tradizionale.

 

12. Quel che il pensiero scientifico non ha ereditato dal vecchio ordinamento della vita è l’aver coscienza del fatto che, essendo di natura spirituale, esso ha radice in un mondo spirituale. Di tale carattere del moderno orientamento scientifico poteva anche importare poco all’uomo appartenente alle classi dirigenti, poiché la sua vita era tutta pervasa dalle antiche tradizioni. Non così il proletariato, al quale la nuova condizione di vita le scacciava tutte via da sé. Egli ereditò dalle classi dominanti il pensiero scientifico e tale eredità divenne la base della coscienza che aveva della natura dell’uomo. Ma questo “contenuto spirituale” che portava nell’anima nulla sapeva della sua origine da una vera vita spirituale. L’unico elemento, spirituale che il proletario poteva assumere dalle classi dominanti rinnegava il fatto di derivare dallo spirito.

 

13. Non mi è ignota l’impressione che queste idee faranno su proletari e non-proletari che credono di conoscere “praticamente” la vita: partendo da tale credenza ritengono estranea alla vita la concezione da me esposta. Ma il linguaggio dei fatti che si fa sentire attraverso le attuali condizioni del mondo andrà sempre più palesando l’illusorietà di quella credenza. Chi è capace di vedere spassionatamente quei fatti deve riconoscere come a una concezione della vita che si attenga unicamente al loro lato esteriore non siano più accessibili, alla fine, se non rappresentazioni che coi fatti stessi non hanno più nulla a che fare. I pensieri dominanti si sono attenuti “praticamente” ai fatti per tanto tempo che, in ultimo, non hanno avuto più la minima somiglianza con essi. A questo riguardo, la presente catastrofe mondiale potrebbe essere per molti una severa educatrice. Infatti: che cosa pensavano che sarebbe potuto avvenire? E che cosa è avvenuto in realtà? Dovrebbe accadere lo stesso anche per il pensiero sociale?

 

14. Mi sembra già di sentire anche l’obiezione che il seguace della concezione socialista farà, partendo dalla sua disposizione d’animo: “Ecco un altro che vorrebbe far deviare il vero nocciolo della questione sociale sopra un binario sul quale il borghese crede di poter viaggiare comodamente!”. Ma quel socialista non vede che, se il destino lo ha condotto alla vita proletaria, egli cerca però di destreggiarsi in essa mediante un modo di pensare che gli è stato trasmesso in eredità proprio dalle classi “dirigenti”. Egli vive da proletario, ma pensa da borghese. Ora i nuovi tempi esigono non solo che ci si orienti in una vita nuova, ma anche in un ordine di pensieri nuovi.

Il modo di pensare scientifico potrà diventare un sostegno per la vita soltanto sé, per la formazione di un contenuto interiore veramente umano, saprà sviluppare alla sua maniera un’energia propulsiva altrettanto forte di quella che, alla loro maniera, hanno sviluppato le concezioni antiche.

 

15. Con ciò è indicata la via che conduce a scoprire il vero aspetto di uno degli elementi del movimento proletario moderno. In fin dei conti si sente sorgere dall’anima proletaria la convinzione: io aspiro alla vita spirituale. Ma questa vita spirituale è ideologia, è soltanto quel che nell’uomo si rispecchia dei processi esteriori del mondo; non deriva da un mondo spirituale speciale. Quel che l’antica vita spirituale è divenuta nel trapasso ai tempi nuovi è sentito, dalla concezione proletaria, come un’ideologia. E chi vuol comprendere lo stato d’animo del proletario, che poi si estrinseca nelle attuali rivendicazioni sociali, deve essere in grado di comprendere quali effetti possa produrre l’opinione che la vita spirituale sia un’ideologia. Si potrà obiettare: “Ma che cosa sa il proletario di media levatura di questa opinione perturbatrice che si agita nelle teste più o meno istruite dei suoi capi?”. Chi dice così parla, e anche agisce, senza tener conto delle vere realtà della vita. Non sa che cosa si sia svolto nella vita proletaria degli ultimi decenni; non sa quali fili corrano dalla credenza che la vita spirituale sia un’ideologia alle esigenze e alle azioni del socialista radicale, che ritiene “ignorante”, e anche alle azioni di coloro che per oscuri impulsi “fanno la rivoluzione”.

 

16. Il tragico errore dell’incomprensione delle rivendicazioni sociali contemporanee sta nel fatto che in molti ambienti non si ha il minimo senso di quel che affiora ora alla superficie della vita negli animi di larghe masse umane, e che si è incapaci di vedere quanto avviene veramente nell’intimo degli uomini. Pieno di paura, il nonproletario tende l’orecchio alle rivendicazioni che salgono dal proletariato, e sente proclamare che “solo con la socializzazione dei mezzi di produzione esso potrà conseguire un’esistenza degna di un essere umano”. Ma non sa formarsi una rappresentazione del fatto che, nel trapasso dal vecchio al nuovo tempo, la sua classe non solo ha chiamato il proletario a lavorare con mezzi di produzione non suoi, ma non ha nemmeno saputo aggiungere al suo lavoro qualcosa che potesse dargli un sostegno per l’attività interiore. Chi, nel modo che abbiamo accennato più sopra, trascura, sia nella conoscenza, sia nell’azione, di tener conto delle vere realtà della vita, potrà obiettare: “Ma, infine, il proletario, non vuol altro, che pervenire a una posizione sociale pari a quella delle classi dirigenti! Che c’entra qui la questione dell’attività interiore?” Persino al proletario stesso verrà fatto di dire: “Dalle altre classi io non voglio nulla per la mia attività interiore; chiedo solo che sia loro impedito di sfruttarmi più oltre; voglio che le attuali differenze di classe scompaiano!” Tali discorsi non toccano però l’essenza della questione sociale; nulla rivelano del suo vero aspetto. Infatti, nell’attività interiore della popolazione lavoratrice, una coscienza che dalle classi dirigenti avesse ereditato un vero contenuto spirituale, proclamerebbe le rivendicazioni sociali in tutt’altro modo da come lo fa il proletariato moderno che nella vita spirituale ereditata non può veder altro, che un’ideologia. Questo proletariato è convinto del carattere ideologico della vita spirituale, ma appunto a causa di questa sua convinzione diventa sempre più infelice. E gli effetti di questa infelicità della sua attività interiore, di cui egli non è cosciente, pur soffrendone intensamente, hanno per la situazione sociale del nostro tempo un peso infinitamente più importante di tutte le rivendicazioni, pur giustificate nel loro genere, che riguardano il miglioramento delle condizioni materiali della vita.

 

17. Le classi dirigenti non riconoscono se stesse come autrici di quella concezione di lotta continua che ora nel proletariato si trovano di fronte. Eppure proprio in loro è la causa di quell’atteggiamento, perché della loro vita spirituale hanno saputo trasmettere al proletariato solo qualcosa che esso deve sentire come semplice ideologia.

 

18. Quel che da’ al movimento sociale contemporaneo la sua impronta essenziale non è la richiesta di un mutamento nelle condizioni di vita d’una classe, sebbene ciò ne sia l’elemento più ovvio, bensì il modo in cui, dagli impulsi di pensiero di questa classe, la richiesta del cambiamento è tradotta in realtà. Si osservino pregiudicatamente i fatti da questo punto di vista, e si vedrà come certe personalità, che pure vogliono tenere il loro pensiero nella stessa direzione degli impulsi proletari, sorridano quando si accenna a voler contribuire alla soluzione della questione sociale per mezzo di questo o quel provvedimento d’ordine spirituale. Esse ne sorridono come di un’ideologia, d’una teoria astratta. Pensano che dal campo del pensiero, dalla vita solo spirituale, non si potrà mai ricavare un contributo efficace per risolvere le scottanti questioni sociali del nostro tempo. Eppure, se si guarda meglio, s’impone il fatto che il nerbo, il vero impulso causale dell’attuale agitazione proletaria non sta in quel che il proletario d’oggi dice, ma nei suoi pensieri.

 

19. Il movimento proletario moderno, come forse mai nessun altro movimento del genere, si palesa, a chi l’osservi fino in fondo, scaturito da pensieri. Io non lo asserisco come una opinione maturata solo dalla riflessione sul movimento sociale, ma dall’esperienza. Se mi è lecito inserire qui una osservazione personale, voglio ricordare che per anni ho insegnato materie varie in una scuola di coltura operaia, a operai proletari; e durante questo insegnamento credo d’aver imparato a conoscere quel che urge e si fa sentire nell’attività interiore del proletario moderno. Ho avuto anche occasione di seguire da vicino quel che fermenta tra le maestranze delle varie categorie di operai e negli artigiani. Perciò non parlo dal punto di vista di supposizioni teoriche, ma esprimo quanto credo di essermi conquistato nella vita attraverso una vera esperienza.

 

20. Chi ha imparato a conoscere il movimento operaio moderno (cosa purtroppo alquanto rara fra i dirigenti intellettuali) là, dove questo è promosso da operai, sa di che grave portata sia appunto il fatto che una certa tendenza di pensiero abbia afferrato con la massima intensità gli animi di un gran numero di persone. Se oggi è tanto difficile prendere posizione di fronte ai problemi sociali, ciò è dovuto alla troppo scarsa possibilità di comprensione reciproca delle diverse classi. Quelle borghesi hanno molta difficoltà a penetrare nell’attività interiore del proletario, a comprendere come nella sua ancora nuova intelligenza sia riuscita a penetrare un’ideazione che, come quella di Karl Marx – comunque si voglia valutare il suo contenuto – pone al pensiero esigenze sommamente ardue.

 

21. Certo, il sistema di pensiero di Karl Marx può essere accettato o respinto, con ragioni che possono sembrare altrettanto buone in un caso come nell’altro, e ha potuto essere sottoposto ad una revisione da parte di coloro che, dopo la morte di Marx e del suo amico Engels, considerarono la vita sociale da un punto di vista diverso. Non voglio affatto entrare nel merito di questo sistema che non mi pare l’essenziale nel movimento proletario moderno. Più importante mi pare il fatto che nel mondo dei lavoratori agisca un sistema di pensiero come impulso di suprema potenza. Si può dire: Mai prima d’ora un movimento con intenti pratici come questo movimento proletario moderno, un movimento per la rivendicazione delle più comuni esigenze della vita umana, poggiò così, quasi esclusivamente, su una base puramente ideativa. Si può persino affermare che, tra le agitazioni del genere, questa è la prima che si sia collocata sopra una base puramente scientifica. Ma un tal fatto deve essere giustamente considerato. Se si guarda a tutto quello che il proletario moderno può formulare coscientemente, come programma, sulle sue intenzioni, sulla sua volontà, e sul suo sentimento, ad un’indagine approfondita ciò non appare assolutamente come l’elemento di maggiore importanza.

 

22. Veramente importante deve invece apparire il fatto che nel sentire del proletario è divenuto decisivo per la totalità dell’uomo ciò che nelle altre classi è radice solo di una singola parte della vita dell’attività interiore: la base di pensiero della concezione della vita. Ciò che nel proletario è in tal modo una realtà interiore egli non può confessarlo coscientemente. Né lo trattiene il fatto che la vita del pensiero gli è stata trasmessa come semplice ideologia. Egli, dunque, costruisce la sua vita su dei pensieri; eppure sente i pensieri come un’ideologia astratta. Non si può comprendere la concezione proletaria della vita e la sua realizzazione attraverso le azioni dei suoi rappresentanti, se non s’intende questo fatto in tutta la sua importanza nell’evoluzione dell’umanità moderna.

 

23. Dalla descrizione qui abbozzata della vita spirituale del proletario moderno, si può riconoscere che nella rappresentazione del vero aspetto del movimento sociale essa deve occupare il primo posto. Poiché nel modo in cui il proletario sente le cause della situazione sociale che lo scontenta e agisce per eliminarle, è essenziale il fatto che il suo sentire e il suo agire ricevono le direttive dalla vita spirituale. Eppure, presentemente, egli non può far altro che respingere con derisione o collera l’idea che in queste basi spirituali del movimento sociale risieda una forza propulsiva di grande importanza. Come potrebbe infatti riconoscere che la vita spirituale ha un potere propulsivo, dal momento che deve sentirla come un’ideologia? Da una vita spirituale sentita in tal modo non ci si può aspettare l’indicazione d’una via d’uscita da una posizione sociale che non si vuole sopportare più oltre. Per il proletario moderno che ha un modo di pensare orientato dalla scienza, non solo la scienza stessa, ma l’arte, la religione, la morale, il diritto sono diventati elementi dell’ideologia umana. In quel che vive in questi rami della vita spirituale egli non vede nessuna realtà che prorompa nella sua esistenza, e abbia il potere di aggiungervi qualche elemento nuovo; per lui non contengono altro che riflessi e immagini della vita materiale. Anche se una volta generati reagiscano indirettamente sulla vita umana, improntandola, sia attraverso le rappresentazioni, sia attraverso gli impulsi volitivi, nondimeno originariamente sorgono però da questa vita come strutture ideologiche. Quindi non essi, di per sé, possono offrire qualcosa che conduca a superare le difficoltà sociali; solo nell’ambito dei fatti materiali stessi può sorgere quel che conduce alla meta.

 

24. La vita spirituale moderna è stata trasmessa dalle classi dirigenti dell’umanità al proletariato in una forma che, per la coscienza di questo, ne distrugge la forza. Questo si deve comprendere anzi tutto quando si pensa alle forze capaci di risolvere la questione sociale. Se questo fatto perdurasse e agisse più oltre, la vita spirituale dell’umanità dovrebbe vedersi condannata all’impotenza di fronte alle esigenze sociali presenti e future. Di tale impotenza è in realtà persuasa una gran parte del proletariato moderno; e ciò si sente espresso nelle fedi marxiste e simili. Si dice: “La vita economica moderna si è sviluppata dalle sue forme antecedenti quella attuale del capitalismo. Tale sviluppo ha posto il proletariato in una posizione insostenibile di fronte al capitale. Lo sviluppo proseguirà ancora; ucciderà il capitale con le forze stesse che in esso operano, e dalla morte del capitalismo verrà la liberazione del proletariato”. Dai pensatori socialisti più recenti questa convinzione è stata spogliata del carattere fatalistico, che aveva assunto per una certa cerchia di marxisti; ma l’essenziale è rimasto anche qui; e ne risulta che a nessuno che voglia pensare da autentico socialista verrà in mente di dire, ad esempio: “se in qualche luogo, ricavata dagli impulsi del tempo e radicata in una realtà spirituale, si manifesterà una vita interiore che sia per gli uomini un sostegno, da essa potrà irradiare la forza adatta a dare il giusto impulso anche al movimento sociale”.

 

25. Il fatto che oggi l’uomo costretto a condurre vita proletaria non possa attendersi questo dalla vita spirituale contemporanea, è quello che da’ alla sua attività interiore l’intonazione fondamentale. Egli ha bisogno di una vita spirituale che generi una forza capace di conferire alla sua interiore attività il senso della sua propria dignità di essere umano, perché impigliandosi nell’economia capitalistica moderna, i suoi bisogni interiori più profondi s’indirizzarono verso la vita spirituale ma la vita spirituale che gli fu trasmessa come ideologia dalle classi dirigenti gli vuotò l’anima. E questo è ciò che imprime all’attuale movimento sociale la forza direttiva: che nelle esigenze del proletariato moderno agisce l’aspirazione a una connessione con la vita dello spirito del tutto diversa da quella che gli può dare l’ordinamento sociale presente. Questo fatto però non è giustamente compreso, né dalla parte proletaria dell’umanità, né da quella nonproletaria, dato che quest’ultima non soffre dell’impronta ideologica della moderna vita dello spirito che essa stessa ha causato. La parte proletaria invece ne soffre; e questa impronta ideologica della vita spirituale che ha ricevuto in eredità, le ruba ogni fede nella forza sostenitrice dei valori spirituali come tali. Dipenderà dalla giusta comprensione di questo fatto se si saprà o no trovare una via d’uscita dall’attuale confusione sociale dell’umanità. L’ordinamento sociale stabilitosi col sorgere della nuova forma economica sotto l’influsso delle classi dirigenti ha chiuso l’accesso a questa via. SI DOVRÀ CONQUISTARE LA FORZA PER RIAPRIRLO.

 

26. In questo campo si arriverà a trasformare ciò che si pensa attualmente se si imparerà a sentire nel modo giusto tutta l’importanza del fatto che a una convivenza sociale in cui la vita dello spirito agisca come ideologia manca una delle forze che rendono vitale l’organismo sociale. Il nostro è reso malato dall’impotenza della vita spirituale; e la malattia è peggiorata dalla repulsione che si ha a riconoscerne l’esistenza. Se invece la si riconoscerà, si acquisterà una base sulla quale poter sviluppare un modo di pensare adeguato al movimento sociale.

 

27. Oggi, quando il proletario parla della sua coscienza di classe, crede di toccare una forza fondamentale della sua attività interiore. Ma la verità è che, da quando è stato impigliato nell’ordinamento economico capitalistico, cerca una vita spirituale che possa sostenergli l’attività interiore, e dargli la coscienza della sua dignità umana, mentre la vita spirituale, sentita come ideologia, non è in grado di conferirgliela. Di questa coscienza andava in cerca, e con la coscienza di classe nata dalla vita economica ha surrogato quel che non poteva trovare.

 

28. Il suo sguardo è stato avvinto esclusivamente dalla vita economica, come da una potente forza suggestiva. Ed ora non crede più che possa esservi, all’infuori di quella, l’impulso di qualcosa di animico o di spirituale capace di produrre quel che necessariamente dovrebbe accadere nel campo sociale. Crede che possa prodursi tale condizione dignitosa esclusivamente dallo sviluppo della vita economica, avulsa da ogni elemento animico o spirituale. In tal modo fu spinto a cercare la salvezza solamente in una trasformazione della vita economica. Fu spinto a pensare che con la semplice trasformazione della vita economica sarebbero scomparsi tutti i danni derivanti dall’impresa privata, dall’egoismo del singolo datore di lavoro, e dall’impossibilità in cui questo singolo datore di lavoro si trova, di rendere giustizia alle aspirazioni di dignità umana che vivono nel lavoratore. Così il proletario moderno è arrivato a vedere l’unica salvezza possibile per l’organismo sociale nel passaggio di ogni possesso privato dei mezzi di produzione all’azienda socializzata, o addirittura alla proprietà comune. Una tale opinione è il risultato dell’avere in certo modo distolto lo sguardo da tutto ciò che è attività interiore e spirito per rivolgerlo esclusivamente al mero processo economico.

 

29. Da ciò derivarono tutti i contrasti insiti nel movimento proletario moderno. Il proletario d’oggi crede che dall’economia, dalla vita economica stessa, debba derivare tutto ciò che alla fine, gli conferirà i suoi pieni diritti umani. Per questi egli combatte. Se non che, in seno al suo sforzo, si palesa qualcosa che mai potrebbe derivare come conseguenza della sola vita economica. È il fatto eloquente, importantissimo, che proprio in mezzo ai vari aspetti della questione sociale, dalle necessità della vita dell’umanità presente, sorge qualcosa che si crede derivato dalla vita economica stessa, ma che mai potrebbe, in realtà, derivare solamente da essa, mentre giace invece sul diretto binario che dall’antica schiavitù conduce, attraverso alla servitù della gleba dell’epoca feudale, su su fino al proletariato moderno. Comunque si siano oggi configurati la circolazione delle merci e del denaro, il capitale, la proprietà, i problemi dei fondi terrieri ecc., in seno a questa vita moderna è venuto formandosi qualcosa che non viene chiaramente espresso in parole, né coscientemente sentito dal proletario moderno, ma che è il vero e proprio impulso fondamentale del suo volere sociale. Si tratta di questo: che, in ultima analisi il moderno ordinamento economico capitalistico, non conosce, nel suo campo, null’altro che merci, e la formazione dei valori di queste merci; e che, nell’organismo capitalistico, dei nostri tempi, è diventato merce anche un fattore del quale il proletario d’oggi ha il sentimento che merce non può e non deve essere.

 

30. Quando una volta si comprenderà tutto l’orrore che, come uno degli impulsi fondamentali del movimento sociale proletario moderno, vive negli istinti, nei sentimenti subcoscienti dell’operaio d’oggi, per dover vendere la sua energia di lavoro all’imprenditore come si vendono le merci sul mercato, e perché, sul mercato della mano d’opera, la sua energia di lavoro si contratti, secondo la domanda e l’offerta, come le merci del mercato; quando si scoprirà quale importanza abbia nel movimento sociale questa esecrazione per il lavoro ridotto a merce; e, senza preconcetti, si riconosca che quanto è qui in gioco non viene espresso abbastanza energicamente e radicalmente nemmeno dalle teorie socialiste, allora, in aggiunta al primo impulso, cioè alla vita spirituale sentita come ideologia, si sarà trovato il secondo, del quale si può dire che rende oggi la questione sociale imperiosa, anzi addirittura scottante.

 

31. Nell’antichità c’erano gli schiavi. L’uomo intero veniva venduto al pari di una merce. Qualcosa di meno, ma pur sempre una parte dell’essere umano stesso, s’incorporava nel processo economico mediante la servitù della gleba. Il capitalismo è divenuto il potere che imprime ancora il carattere di merce a una parte dell’essere umano: all’energia di lavoro. Non voglio dire che ciò non sia stato, osservato. Al contrario: nella vita sociale contemporanea lo si è sentito come un fatto di fondamentale importanza, di somma portata per il movimento sociale moderno; solo che nel considerarlo si dirige lo sguardo unicamente alla vita economica. Del carattere di merce dato al lavoro umano, si fa una semplice questione economica, e si crede che dalla stessa vita economica debbano scaturire le forze che valgano a creare una condizione per la quale il proletario non possa più sentire, come indegna di sé, l’incorporazione della sua energia di lavoro entro l’organismo sociale. Si vede come la moderna forma dell’economia sia sorta nella vita storica dell’umanità; si vede anche come questa forma dell’economia abbia impresso al lavoro umano il carattere di merce; ma non si vede che è una caratteristica della vita economica stessa quella di dare, a tutto ciò che vi si incorpora, il carattere di merce. La vita economica consiste infatti nella produzione e nell’adeguato consumo di merci. Perciò non è possibile togliere al lavoro umano il carattere di merce, se non si trova la possibilità di svincolarlo dal processo economico. Gli sforzi non devono esser diretti a trasformare il processo economico in modo che in esso l’energia del lavoro umano venga difesa, bensì a risolvere il problema: come riuscire a svincolare dal processo economico questa energia di lavoro, affinché essa venga regolata da altre forze sociali che le tolgano il carattere di merce? Il proletario anela a una vita economica in cui il suo lavoro assuma il posto che gli compete. Vi anela perché non vede che il carattere di merce della sua energia di lavoro deriva appunto dall’esser egli interamente impigliato nel processo economico. Pel fatto di dover dare al processo economico, la sua forza-lavoro, egli vi resta aggiogato con tutta la sua persona. Il processo economico tende, proprio in ragione delle sue essenziali caratteristiche, a consumare la forza-lavoro nel modo più utilitario, come fa appunto con le merci; e questa tendenza continuerà sempre finché la regolazione del lavoro verrà lasciata all’economia. Quasi ipnotizzati dalla potenza della vita economica moderna, si fissa lo sguardo soltanto su ciò che agisce in essa. In questa direzione non si riuscirà mai a fare in modo che la forza-lavoro non abbia più bisogno di essere una merce, dato che un’altra forma di economia non farà che renderla merce in un’altra maniera. La questione del lavoro, nel suo vero aspetto, non si potrà mai giustamente inserire nella questione sociale finché non si vedrà come, nella vita economica, la produzione, lo scambio e il consumo di merci si svolgano secondo leggi che vengono determinate da interessi, ai quali non è lecito estendere il proprio dominio alla forza-lavoro.

 

32. Il pensiero moderno non ha imparato a scindere tra loro i modi completamente diversi in cui, da un lato, s’inserisce nella vita economica quel che come energia di lavoro è legato all’uomo, e, dall’altro, quel che, secondo la sua origine, indipendentemente dall’uomo, segue le vie che la merce deve prendere dalla produzione al consumo. Se a un sano modo di pensare, orientato in questa direzione, si mostrerà da un lato il vero aspetto del problema del lavoro, gli si paleserà pure, dall’altro, quale posizione debba assumere la vita economica in un sano organismo sociale.

 

33. Già da quanto precede emerge come la “questione sociale” si articoli in tre questioni speciali: dalla prima dovrà essere indicata la forma sana della vita spirituale entro l’organismo sociale; dalla seconda dovrà essere indicata la posizione del lavoro giustamente incorporato nella vita collettiva; e come terza questione potrà risultare il modo come in questa vita sociale dovrà operare l’economia.