01 – L’educazione quale continuazione di ciò che hanno fatto entità superiori prima della nascita.

O.O.293 – Arte dell’educazione I° – Antropologia – 21.08.1919


 

Sommario: Il compito dell’educazione nel quinto periodo di civiltà postatlantica. L’educazione quale continuazione di ciò che hanno fatto entità superiori prima della nascita. Armonizzazione del respiro. Alternarsi di sonno e veglia. Autoeducazione dell’insegnante.

 

Potremo arrivare a realizzare giustamente il nostro compito,

se lo considereremo riguardante non solo l’intelletto e il sentimento,

ma soprattutto, in sommo grado, la moralità e la spiritualità.

 

Vi apparirà quindi comprensibile che oggi, iniziando questo lavoro, noi consideriamo il rapporto che, fin dal principio della nostra attività, intendiamo stabilire coi mondi spirituali. Dobbiamo renderci conto che, nell’assolvere un compito siffatto, non lavoriamo solamente come esseri umani viventi quaggiù sul piano fisico; questo modo di concepire il proprio lavoro si è particolarmente diffuso negli ultimi secoli, ed è quasi il solo che gli uomini siano in grado di seguire oggi.

 

Ma appunto questo modo di concepire l’educazione e l’istruzione ha fatto sì che esse siano divenute tali da avere il massimo bisogno del miglioramento che qui si vuole intraprendere. Perciò, all’inizio di questa nostra attività preparatoria, vogliamo anzitutto considerare il modo migliore di stabilire, fin nei particolari, un collegamento con le potenze spirituali che in certo senso hanno affidato a ciascuno di noi il mandato di questo lavoro.

 

Queste parole iniziali vanno perciò considerate come una specie di preghiera alle potenze spirituali che staranno dietro di noi con immaginazioni, ispirazioni, intuizioni, se ci assumeremo tale compito.

Bisogna che sentiamo l’importanza di tale mandato; e la sentiremo se riconosceremo il compito tutto speciale assegnato a questa scuola. Cerchiamo dunque di concretare i nostri pensieri sino al punto di renderci veramente coscienti della particolare missione che questa scuola è chiamata ad assolvere; e di vedere, nella sua inaugurazione, non un fatto banale della vita quotidiana, ma un atto solenne d’importanza cosmica.

 

Lasciate dunque che, per prima cosa, in nome dello spirito benefico che vuol condurre l’umanità fuori della miseria attuale, a un grado superiore di sviluppo dell’educazione e dell’insegnamento, io innalzi i sensi della più profonda riconoscenza verso quegli spiriti buoni che ispirarono al nostro caro amico, signor Molt, l’idea d’istituire questa Scuola Waldorf, in questo luogo e con questa tendenza verso il bene futuro dell’umanità.

Egli sa che quanto si può fare oggi in questo senso può contare solo su deboli forze; ma appunto perché, in unione con lui, noi tutti siamo consci della grandezza del compito assunto, e ne sentiamo tutta la solenne importanza nell’ordinamento del mondo, egli potrà con le giuste energie lavorare in mezzo a noi.

 

Da questo punto vogliamo iniziare il nostro lavoro, considerandoci quali esseri umani che il karma ha posto in questo luogo a compiere non qualcosa di consueto, ma un’azione importante e solenne per il bene del mondo. Questo richiede a chi vi collaborerà la consapevolezza di un attimo solenne e universale. Quel che potrei dire concludendo questa solenne inaugurazione, sarà pronunciato alla fine del nostro corso, quando diverse cose si saranno chiarite e noi saremo posti in modo molto più concreto davanti al compito che iniziamo oggi a prefiggerci.

 

Voglio tenervi oggi una specie d’introduzione, facendo alcune considerazioni d’ordine pedagogico. La nostra pedagogia dovrà differire da quelle che furono seguite finora; e non perché una vana superbia ci porti a credere che proprio a noi tocchi inaugurare una pedagogia nuova e universale, ma perché la scienza dello spirito antroposofica c’insegna che l’evoluzione umana si svolge attraverso epoche diverse, ciascuna delle quali impone all’uomo nuove conquiste. Diversa fu la missione della prima epoca postatlantica da quella delle epoche che seguirono, fino alla quinta, nella quale oggi viviamo; e il compito, che l’umanità ha da assolvere in una data epoca, le viene chiaramente a coscienza solo qualche tempo dopo l’inizio di tale epoca.

 

L’epoca in cui viviamo attualmente cominciò alla metà del secolo XV;

solo oggi, dai sostrati spirituali, sorge in certo modo

la conoscenza di ciò che in quest’epoca è da farsi nei riguardi dell’educazione umana.

Finora gli uomini, anche quando si sono posti i problemi pedagogici con la miglior volontà del mondo,

lavorarono sempre ancora coi metodi dell’educazione antica,

della quarta epoca postatlantica dell’evoluzione.

 

Molto dipenderà dal fatto che noi, sin dall’inizio, impariamo a comprendere che dobbiamo dare al nostro lavoro un determinato indirizzo adatto all’epoca nostra; non già perché esso debba avere un valore universale per tutta l’evoluzione umana, ma perché è quello precisamente richiesto da quest’epoca. Il materialismo ha fra l’altro portato alla conseguenza che gli uomini non avessero consapevolezza dei compiti specifici di una determinata epoca; ed è invece importantissimo che, come prima cosa, ci rendiamo chiaramente conto di questa verità: ogni epoca ha i suoi compiti particolari da assolvere.

 

I fanciulli che vi verranno affidati avranno già raggiunto una certa età; non dimenticate perciò che, prima che voi ne assumiate l’educazione e l’istruzione, essi saranno per lo più passati per l’educazione, e forse spesso per la diseducazione, da parte dei loro genitori.

 

La nostra mèta non si raggiungerà, se non quando l’umanità sarà tanto progredita

che anche i genitori si saranno persuasi che all’umanità attuale

sono imposti determinati compiti già per il primissimo periodo dell’educazione.

 

Tuttavia quando i fanciulli ci saranno affidati nella scuola,

avremo ancora la possibilità di correggere molti errori commessi durante la prima età.

Dovremo compenetrarci con forza della coscienza

sulla quale vogliamo fondare il nostro insegnamento e la nostra istruzione.

• Dedicandoci al nostro lavoro, non dimentichiamo che

tutta la cultura contemporanea, fino alla sfera più spirituale,

è basata sull’egoismo dell’umanità, è indirizzata verso l’egoismo degli uomini.

 

Si guardi ad esempio un problema che afferra l’uomo fin nel profondo, il problema dell’immortalità. Osserviamo oggettivamente la sfera spirituale a cui si dedica l’uomo di oggi, osserviamo l’ambito religioso, e domandiamoci se la nostra cultura odierna, proprio nella sfera religiosa, non sia indirizzata verso l’egoismo umano.

È tipico proprio nella predicazione religiosa del nostro tempo che il predicatore cerchi di rivolgersi all’egoismo umano. Prendiamo ad esempio ciò che ci coinvolge fin nel profondo: la questione dell’immortalità, e consideriamo come oggi quasi tutto, persino nella predicazione, sia orientato in modo da coinvolgere l’uomo, accontentando il suo egoismo nei confronti del soprasensibile. Per egoismo prova il desiderio di non attraversare la porta della morte privo del proprio essere, ma vuole conservare il suo io. A tale egoismo, per quanto raffinato, fa appello oggi, in larga misura, anche ogni confessione religiosa, nei riguardi dell’immortalità, parlando agli uomini in modo da far dimenticare per lo più uno dei termini della vita umana, per mettere in rilievo l’altro, concentrando cioè l’attenzione sulla fine della nostra esistenza, la morte, affinché si dimentichi la nascita. Anche se queste cose non vengono così chiaramente espresse, pure nel fondo esistono.

 

• Noi viviamo in tempi in cui questo appello all’egoismo umano deve venir combattuto in ogni sfera,

se gli uomini non vogliono precipitare sempre più lungo la china per la quale stanno scendendo.

Dovremo sempre più diventare coscienti

dell’altro termine dell’esistenza terrena entro l’evoluzione umana, cioè della nascita;

dovremo accogliere nella nostra coscienza il fatto

che, tra la morte e una nuova nascita, l’uomo passa per un lungo periodo di sviluppo

e che, giunto a un certo momento di tale sviluppo, egli, in certo qual modo, muore per il mondo spirituale,

perché non può vivere più oltre in quelle condizioni, senza passare a un’altra forma di esistenza.

• Egli assume quest’ultima rivestendosi di un corpo eterico e di un corpo fisico.

Ciò che deve conseguire rivestendosi di un corpo eterico e di uno fisico,

non lo raggiungerebbe continuando un’evoluzione che proceda linearmente entro il mondo spirituale.

 

Sebbene dunque, dalla sua nascita in poi, noi non possiamo scorgere il bambino se non con gli occhi fisici, dobbiamo però renderci conto che anche questo non è che una continuazione; e,

• oltre a considerare ciò che dell’esistenza umana si svolge dopo la morte,

cioè la continuazione spirituale della vita fisica,

diverremo coscienti del fatto

• che la vita fisica quaggiù è una continuazione della vita spirituale,

• e che, con l’educazione, abbiamo da proseguire

ciò che entità superiori hanno compiuto sino allora senza l’opera nostra.

 

• Solo la consapevolezza che la nostra azione sull’essere umano in formazione dev’essere il proseguimento di ciò che entità superiori hanno fatto prima della nascita, darà alla nostra opera educativa l’intonazione giusta.

• Oggi, mentre nei loro pensieri e sentimenti, gli uomini hanno perduto l’unione coi mondi spirituali, viene posta spesso, in senso astratto, una domanda la quale, di fronte a una concezione spirituale del mondo, non ha veramente senso; la domanda: come si deve dirigere la cosiddetta educazione prenatale?

• Questo è un modo astratto di porre delle domande, a proposito del quale ho dato una volta un esempio”’, per mostrare che quando si prendono le cose in modo concreto, in certi campi non si possono proseguire le proprie domande arbitrariamente fino all’infinito.

Ho detto: sopra una strada vediamo dei solchi, e domandiamo: da che cosa provengono? Si risponde: da una carrozza passata per di qua. – Perché passava di qua la carrozza? – Perché coloro che vi stavano seduti volevano raggiungere un dato luogo. – Perché volevano raggiungere quel luogo? –

 

• Nella realtà bisogna a un certo punto smettere di domandare.

Solo se si resta nell’astrazione si può continuare a girare all’infinito la ruota delle interrogazioni.

Il pensare concreto a un certo punto si ferma,

il pensare astratto continua a girare all’infinito la ruota delle domande,

anche quando riguardano sfere non così vicine a noi.

 

Gli uomini, pensando sull’educazione, pongono il problema dell’educazione prenatale.

• Ma prima della nascita l’essere umano

è ancora sotto la protezione di esseri che stanno al di sopra del fisico,

e a loro dobbiamo lasciare il singolo rapporto diretto tra il mondo e l’individuo umano.

• Perciò l’educazione prenatale non ha ancora nessun compito riguardo al bambino stesso,

e può essere solo una conseguenza inconscia di come si comportano i genitori e specialmente la madre.

 

Se la madre, fino al momento della nascita del bambino, si comporta in modo da portare a espressione in se stessa ciò che è moralmente e intellettualmente giusto, trasmetterà direttamente al bambino quello che lei compie in una continua autoeducazione.

• Quanto meno si pensa a educare direttamente il bambino prima che egli venga alla luce del sole, e quanto più si pensa invece a condurre se stessi in maniera moralmente giusta, tanto meglio sarà per la creatura.

 

L’educazione può cominciare solamente dopo che il bambino si è veramente inserito nell’ordine cosmico del piano fisico, e cioè quando comincia a respirare l’aria esterna.

Quando poi il bambino ha fatto il suo ingresso nel mondo fisico, dobbiamo sapere che cosa gli è accaduto nel passaggio da un piano spirituale a uno fisico.

• Anzitutto dobbiamo sapere che l’essere umano si compone realmente di due parti.

 

Prima che egli scenda sulla terra fisica,

si stabilisce un legame tra il suo spirito e la sua anima;

• per spirito intendiamo un quid che oggi è ancora totalmente nascosto nel mondo fisico

e che l’antroposofia chiama: uomo spirituale, spirito vitale, sé spirituale.

 

Queste tre parti costitutive dell’uomo esistono, in certo modo, nella sfera soprasensibile

verso la quale ora dobbiamo cercare di aprirci un varco nel nostro lavoro;

e, nel periodo tra la morte e una nuova nascita, noi siamo già in un certo rapporto con esse.

• La forza che emana da questa triade compenetra l’anima dell’uomo sotto tre aspetti:

l’anima cosciente, l’anima razionale e l’anima senziente.

 

Se poteste scorgere l’essere umano che si appresta a discendere nel mondo fisico, dopo aver attraversato l’esistenza tra la morte e una nuova nascita, riscontrereste l’elemento spirituale or ora caratterizzato, collegato con quello animico.

 

L’uomo, in certo modo, discende come anima-spirito, o spirito-anima,

da una sfera superiore, nell’esistenza terrena di cui si riveste.

Di questo altro elemento costitutivo che si unisce a ciò che abbiamo descritto, possiamo dire:

qui sulla terra all’anima-spirito viene portato incontro ciò che si è formato secondo i processi dell’eredità fisica.

 

L’anima-spirito, o spirito-anima, entra in contatto con il corpo solido, con il corpo fisico,

in modo da formare due triadi.

Nello spirito-anima, o anima-spirito,

l’uomo-spirito, lo spirito vitale e il sé spirituale sono uniti all’elemento animico

costituito da anima cosciente, anima razionale o affettiva e anima senziente.

 

Queste tre anime sono congiunte tra loro e, nella discesa sul piano fisico, devono unirsi

col corpo astrale o corpo senziente, col corpo eterico e col corpo fisico.

Ma questi, a loro volta, sono congiunti, prima nel corpo della madre e poi nel mondo fisico,

coi tre regni del mondo fisico: il regno minerale, il regno vegetale e il regno animale.

Sicché anche qui sono unite due triadi.

 

• Se guardate spassionatamente il bambino appena disceso in questo mondo, vi accorgerete che in lui l’anima-spirito o lo spirito-anima non è ancora veramente congiunto alla corporeità fisica, solida.

E’ missione dell’educazione, intesa in senso spirituale, far incontrare armonicamente queste due parti costitutive dell’essere umano, metterle d’accordo. Al momento della nascita non lo sono ancora. Il compito dell’educatore, e anche dell’insegnante, sta appunto nell’armonizzare i due elementi.

 

 

Entriamo ora un po’ nei particolari più concreti di tale armonizzazione.

• Fra tutti i rapporti che l’uomo ha col mondo esterno, il più importante è quello che riguarda la respirazione,

che inizia proprio al momento in cui entriamo nel mondo fisico.

La respirazione che si compie entro il seno materno è ancora soltanto una preparazione,

e non mette l’essere umano in pieno contatto col mondo esterno.

• Ciò che si può chiamare respirazione nel senso vero,

comincia soltanto dopo che il corpo materno è stato abbandonato,

e questa respirazione ha un’immensa importanza per l’essere umano,

perché vi è contenuto l’intero sistema triarticolato dell’uomo fisico.

 

Dei tre sistemi che costituiscono l’uomo fisico, consideriamo anzitutto quello del ricambio.

Esso è strettamente legato da un lato alla respirazione;

e questa, per quanto riguarda il ricambio, è connessa a sua volta con la circolazione del sangue.

Quest’ultima accoglie entro il corpo umano le sostanze del mondo esterno introdotte per altra via,

sicché la respirazione, pur avendo funzioni sue proprie, è ugualmente legata, da un lato, col sistema del ricambio.

D’altro canto essa è pure legata con la vita neuro-sensoria dell’uomo.

 

Quando inspiriamo, esercitiamo continuamente una pressione sul liquido cefalorachidiano, che si riversa allora nel cervello; quando espiriamo, facciamo ridiscendere quel liquido dal cervello nel corpo. Con ciò trasmettiamo al cervello il ritmo della respirazione; sicché questa, congiunta da un lato al sistema del ricambio, dall’altro è congiunta al sistema neuro-sensorio.

La respirazione è dunque l’intermediario più importante

tra l’uomo che entra nel mondo esteriore fisico, e quest’ultimo.

• Tuttavia dobbiamo essere coscienti che, all’inizio della vita, non si stabilisce immediatamente la giusta armonia tra il processo dei nervi e dei sensi e quello della respirazione; questa non si svolge ancora nel modo adeguato al mantenimento della vita fisica, e soprattutto del sistema neuro-sensorio.

 

Se osserviamo il bambino, dobbiamo dire riguardo al suo essere:

• egli non ha ancora imparato a respirare in modo che il respiro sostenga giustamente il processo neuro-sensorio.

Troviamo qui una sottile caratteristica di quanto va fatto per il bambino.

 

Prima di tutto dobbiamo comprendere l’essere umano dal punto di vista di un’antropologia antroposofica, e perciò le misure più importanti da prendersi nell’educazione consisteranno nell’osservazione di tutto ciò che organizza nel giusto modo il processo respiratorio nel processo neuro-sensorio.

In senso superiore il bambino ha da imparare ad accogliere nel suo spirito ciò che gli viene donato in quanto nasce quaggiù per respirare.

Come vedete, questo lato dell’educazione tenderà verso l’animico-spirituale perché, armonizzando la respirazione col processo neuro-sensorio, attiriamo l’animico-spirituale entro la vita fisica del bambino.

 

Detto sommariamente:

• il bambino non è ancora capace di respirare interiormente nel giusto modo,

e l’educazione dovrà consistere nell’insegnarglielo.

 

• Ma c’è un’altra cosa di cui il bambino non è ancora capace, e a cui bisogna provvedere se vogliamo che si stabilisca l’armonia tra queste due parti: tra il corpo fisico da un lato, e l’anima-spirito dall’altro.

Ciò che il bambino, all’inizio della sua esistenza, ancora non sa fare nel modo giusto (avrete notato spesso che quel che spiritualmente dobbiamo accentuare sembra in contraddizione con l’ordinamento esteriore del mondo) è alternare sonno e veglia in modo adeguato all’essere umano.

Osservando superficialmente, si potrà certo dire: il bambino è capacissimo di dormire, anzi, dorme assai più dell’adulto poiché entra nella vita quasi dormendo. È vero, ma non è ancora in grado di compiere ciò che sta interiormente alla base del sonno e della veglia.

 

Il bambino sperimenta ogni sorta di cose sul piano fisico: adopera le sue membra, mangia, beve, respira.

Ma pur compiendo tutte queste funzioni, quando passa dallo stato di veglia allo stato di sonno,

egli non può trasportare nel mondo spirituale, e lì elaborare

(per poi riportare sul piano fisico il risultato di tale elaborazione)

tutto ciò che sperimenta quaggiù, che vede con gli occhi, ode con le orecchie,

fa con le sue manine, con le sue gambette.

 

Il suo sonno è caratterizzato appunto dal fatto di essere diverso da quello dell’adulto,

il quale elabora e trasforma ciò che sperimenta durante la veglia. Il bambino, no.

Quando dorme, egli s’immerge ancora talmente nell’ordine generale del mondo,

che non è capace d’introdurvi le esperienze fatte nel mondo esteriore fisico.

 

A questo deve venir portato da una giusta educazione, in modo che le esperienze fatte sul piano fisico possano essere introdotte in ciò che lo spirito-anima, o anima-spirito, compie durante il sonno.

Come educatori e insegnanti noi non possiamo apportare al bambino nulla dei mondi superiori, poiché gli apporti provenienti dai mondi superiori s’introducono nell’uomo nel periodo dall’addormentarsi al risveglio.

Noi possiamo soltanto sfruttare il tempo che il bambino passa sul piano fisico in modo che, gradualmente, egli possa trasportare nel mondo spirituale ciò che noi facciamo per lui, e che, grazie a ciò, la forza ch’egli attinge nel mondo spirituale possa a sua volta rifluire nel mondo fisico e fare di lui nell’esistenza fisica un essere umano nel senso migliore della parola.

 

Così, per cominciare, ogni attività educativa verrà diretta verso una sfera molto elevata,

cioè all’insegnamento   • della giusta respirazione    •  e del giusto ritmo nell’alternarsi di sonno e veglia.

 

Va da sé che per educare e istruire, apprenderemo regole di condotta che non mirano direttamente a un allenamento del respiro o del sonno; tutto ciò resterà, per così dire, nello sfondo.

Quelle che apprenderemo saranno regole concrete; ma dovremo soprattutto essere coscienti fino in fondo di ciò che facciamo. Così, quando insegneremo a un fanciullo questa o quella materia, dovremo essere coscienti di agire, in un caso, piuttosto nel senso di far penetrare l’anima-spirito entro il corpo fisico, nell’altro, di far penetrare la vita del corpo fisico nell’anima-spirito.

 

Non sottovalutate l’importanza di ciò che abbiamo detto fin qui, perché

non potete essere buoni educatori e insegnanti

• se guardate soltanto a quello che fate,    •  e non badate  m o l t o   p i ù   a quello che siete.

 

La scienza dello spirito antroposofica ci porta a riconoscere tutto il valore del fatto che l’uomo

• non agisce nel mondo soltanto per quello che fa,  •  bensì prima di tutto, per quello che egli è.

 

Passa una grande differenza se in una classe entra il maestro A, oppure il maestro B;

e questa differenza non dipende solo dall’essere l’uno molto più abile dell’altro

nell’applicare gli espedienti pedagogici esteriori;

la differenza essenziale, quella che veramente opera nell’insegnamento,

sta nella direzione che il maestro imprime ai suoi pensieri durante tutta la giornata,

e porta con sé quando entra nella classe.

 

Tutt’altra sarà l’azione esercitata sugli allievi

• da un maestro che si occupi molto dell’uomo in via di divenire,

• in confronto a quella che potrà esercitare uno che non ci pensi mai e non ne sappia niente.

 

Infatti, che cosa avviene dal momento in cui voi coltivate siffatti pensieri, vale a dire quando cominciate a sapere quale importanza cosmica abbiano il processo della respirazione e la sua trasformazione grazie all’educazione, e quale importanza cosmica abbia il ritmo tra lo stato di sonno e lo stato di veglia?

Dal momento che formate pensieri di questo genere, qualcosa in voi entra in lotta contro ciò che è soltanto spirito personale, attenua le istanze che ne stanno alla base, cancella ciò che in così larga misura ci invade perché siamo uomini fisici.

 

E se, dopo aver superato tutto ciò, fate il vostro ingresso nell’aula in cui vi attendono i vostri scolari, avverrà che,

in virtù di forze interiori, tra voi e loro si stabilirà un rapporto.

Da principio, potrà anche darsi che i fatti esteriori non corrispondano a ciò che vi dico; potrà darsi che nella vostra scolaresca vi siano monelli o monelle che al vostro ingresso scoppino a ridere. Ma voi dovrete essere così fortificati dai pensieri che vogliamo coltivare, che non baderete più che tanto a quelle risate, e le prenderete semplicemente (anche se vi causeranno una sorpresa spiacevole) come prendereste un acquazzone mentre siete usciti senza ombrello. Certo è una sorpresa spiacevole. D’abitudine facciamo una differenza tra il venir derisi e l’essere colti senza ombrello dalla pioggia. Dobbiamo coltivare pensieri talmente forti che questa differenza non venga fatta e che l’essere derisi sia accettato come una pioggia improvvisa.

 

Se vi sarete compenetrati di tali pensieri e avrete in essi la giusta fiducia, avverrà indubbiamente che, per quante risate vi abbiano accolto da principio, forse dopo otto o quindici giorni o dopo un tempo ancora maggiore, riuscirete a stabilire con i vostri scolari il rapporto desiderato. Anche contro eventuali resistenze dobbiamo stabilire tale rapporto, grazie a ciò che facciamo di noi stessi.

 

Prima di ogni altra cosa dobbiamo riconoscere che

il nostro primo lavoro pedagogico dev’essere quello di fare qualcosa di noi stessi,

affinché una corrente di pensiero, un rapporto spirituale interiore, regni tra il maestro e i fanciulli,

e che, entrando in classe, noi pensiamo soprattutto a questo rapporto,

più che alle parole da dire, agli ammonimenti da impartire, o alle nostre capacità d’insegnanti.

 

Queste sono tutte esteriorità che certamente dovremo coltivare, ma che non coltiveremo bene senza quel rapporto fondamentale tra i pensieri di cui saremo pervasi e i fatti che durante l’insegnamento dovranno prodursi nel corpo e nell’anima dei nostri allievi.

 

Tutto il nostro atteggiamento d’insegnanti resterebbe manchevole, se non portassimo in noi la coscienza che, nascendo, l’uomo ha ricevuto la possibilità di compiere quaggiù ciò che non gli era possibile compiere nei mondi spirituali.

Noi dovremo educare e insegnare e dare anzitutto al respiro la giusta armonia col mondo spirituale. Nel mondo spirituale l’uomo non poteva compiere, allo stesso modo come nel mondo fisico, il ritmo alterno tra veglia e sonno.

Per mezzo dell’educazione e dell’insegnamento, dobbiamo regolare questo ritmo in modo che nell’uomo venga giustamente inserita la parte fisico-corporea in quella animico- spirituale.

E’ ovvio che ciò non potrà starci dinanzi come un’astrazione da applicare direttamente nell’insegnamento, ma dovrà guidarci come l’idea dell’entità umana da portare in noi.

 

Queste erano le cose che volevo dire nell’introduzione di oggi.

Domani inizieremo a occuparci dell’aspetto pedagogico vero e proprio.