Primo ritmo

Possano udirlo gli uomini


 

Rudolf Steiner diede inizio alla descrizione del primo ritmo con la lettura

delle tre parti microcosmiche della meditazione della Pietra di Fondazione,

che caratterizzano l’essere fisico-animico-spirituale dell’uomo incarnato sulla terra

come pure il suo cammino di evoluzione spirituale.

 

• E durante la lettura egli rilevò ancora una volta

che «le parole udite provengono dalla Parola universale» per cui,

esse dovrebbero essere accolte nella loro articolazione ritmica dall’anima umana

in modo tale «che non possano lasciarci».

 

• Con ciò egli diede l’indicazione di come lavorare con questo e con i successivi ritmi.

Che le parole della meditazione della Pietra di Fondazione

con il tempo divengano parte inseparabile dell’anima

e la riempiano con il suono della «Parola universale sarebbe la mèta di questo lavoro.

 

Nella prima parte del ritmo di questo giorno, Rudolf Steiner menzionò anzitutto i tre tipi di attività dell’anima

che collegano l’uomo in triplice modo con il principio spirituale ovunque presente nel mondo e in sé stesso.

Dopodiché, come seconda parte del ritmo, egli aggiunse le righe inerenti alle parti microcosmiche della meditazione,

che si riferiscono al divenire dell’io umano dal passato attraverso il presente verso il futuro.

Con ciò, egli fece presente che l’appello all’anima dell’uomo, rivolto all’inizio di ciascuna delle tre parti,

va inteso come «un appello dell’anima dell’uomo a se stessa».

 

Qui sorge una sorta di contraddizione. Poiché, all’inizio del suo commento al ritmo, Rudolf Steiner parlò del fatto che tutte queste parole (anche l’appello all’anima dell’uomo) provengono dalla Parola universale.

Ma questa apparente contraddizione ci viene svelata proprio dal mistero dell’essere spirituale che in queste parole si rivolge all’anima dell’uomo e il quale è quest’anima stessa e nel contempo il portatore delle forze della Parola universale. Questo essere è l’Anthropos-Sofia.

 

In una conferenza del 3 febbraio 1913 Rudolf Steiner descrisse in modo approfondito come questo essere gerarchico nell’epoca dell’anima cosciente attraversò l’umanità e poi con l’inizio della nuova epoca luminosa (dopo la fine del Kali Yuga nell’anno 1899) apparve dinanzi ad essa nell’antroposofia, fondata all’inizio del XX secolo. Egli illustrò questo processo nel seguente modo:

«Essa si staccherà di nuovo, ma prenderà con sé ciò che è l’uomo. E si porrà [dinanzi ad esso] | oggettivamente. Ora non solo come ‘Sofia’, bensì come «Antroposofia», come quella Sofia, la quale dopo avere attraversato l’anima dell’uomo, ha accolto questo essere dell’uomo, d’ora in poi continua a portarlo in sé e si pone dinanzi all’uomo che riconosce, come allora la Sofia, l’essere oggettivo che ha vissuto con i greci… Infatti, questo è l’essere dell’Antroposofia, il suo essere proprio consiste in ciò che è l’essere dell’uomo»

(L’essere dell’Antroposofia, 1998).

 

Ne consegue, che l’Anthropos-Sofia è l’unico essere nei mondi superiori,

il quale appartenendo al mondo delle gerarchie e per cui partecipando alle azioni della Parola universale,

nel contempo, dopo avere attraversato l’umanità,

porta in sé anche l’essere spirituale (l’io superiore) di ogni singolo uomo.

 

Del fatto, che nel nostro tempo sia proprio Anthropos-Sofia a richiamare l’uomo alla vera autoconoscenza, parlò Rudolf Steiner in modo particolarmente imponente in una conferenza del 18 novembre 1923 all’Aia, una conferenza tenuta proprio nel momento in cui egli stesso prese la decisione di tenere il Convegno di Natale:

«E riusciremo già a percepire qualcosa che con l’Antroposofia bussa alla porta del nostro cuore dicendo: «Fammi entrare, poiché io sono te stesso; io sono il tuo vero essere umano» (O.O. 231).

 

Quella, che in novembre del 1923 era ancora una parola impercettibile, accessibile solo all’orecchio spirituale chiaro-udente, solo un mese e mezzo più tardi risuonò, quale possente appello all’autoconoscenza: «Anima dell’uomo!», rivolto a tutti i soci della Società Antroposofica di nuova fondazione.

E poiché Rudolf Steiner nei giorni successivi iniziò ogni ritmo con questo triplice appello (leggendo le parti microcosmiche della meditazione), ne consegue, che Anthropos-Sofia, quale concreto essere era presente in modo soprasensibile durante l’intero Convegno di Natale, dall’inizio alla fine.13

 

Ciò viene inoltre rafforzato dal dato di fatto, che Rudolf Steiner, come abbiamo visto, non solo il giorno della Posa della Pietra di Fondazione si rivolse due volte a questo essere e lo chiamò con il suo nome, ma pose anche l’intero Convegno di Natale sotto il segno del rinnovamento dell’«antico motto del l misteri: ‘Conosci te stesso’» e questo nel triplice aspetto «secondo spirito, anima e corpo», che doveva trovare il suo rinnovamento nella triplice configurazione della meditazione della Pietra di Fondazione.

Questo appello al rinnovamento del principio di autoconoscenza che risuonò possente già all’inizio del Convegno di Natale «dai segni del tempo», vale a dire dalla sfera di Michele, corrisponde esattamente a quanto Rudolf Steiner dieci anni prima nella citata conferenza aveva espresso di Anthropos-Sofia:

«E questo è l’essere della sua azione: l’uomo riceve nella teosofia e nell’Antroposofia ciò che egli stesso è, e deve porlo dinanzi a sé, perché deve esercitare l’autoconoscenza».14

 

Così Sofia e Michele agirono insieme nel Convegno di Natale e parteciparono in modo soprasensibile alla fondazione dei Nuovi Misteri sulla terra.

Per poter comprendere meglio il collegamento di questo primo ritmo con la vita dell’anima dopo la morte, dobbiamo avvicinarci alle parole chiave espresse da Rudolf Steiner nel suo commento al ritmo.

 

Egli rilevò anzitutto che questo ritmo (come pure tutti gli altri)

non è un ritmo terrestre, ma proviene da un «ritmo universale»,

il quale, con il suo battito pulsante riempie l’intero universo spirituale.

• Sulla terra l’uomo vive nell’ambito di ritmi terrestri.

Egli entra nell’ambito del ritmo universale solo con l’iniziazione o nel momento della morte.

• Poiché, con il corpo fisico si stacca anche il vero e proprio portatore di tutti i ritmi terrestri percepibili con i sensi.

Da questo momento l’anima e lo spirito dell’uomo, liberati dagli involucri corporei,

entrano in questa sfera del «ritmo universale».15

 

Un’altra particolarità che incontra l’anima del defunto, quando ha oltrepassato la soglia del mondo spirituale

consiste nel fatto, che ora le leggi naturali e le leggi morali non sono più separate fra di loro, come nel mondo terrestre,

ma esse diventano un’unità inseparabile.

«Il mondo delle leggi naturali e il mondo della regolarità morale

si compenetrano quando si entra in questo mondo spirituale» (O.O. 144, 4.2.1913).

• Con altre parole: Nel mondo spirituale

le leggi morali rivestono lo stesso ruolo delle leggi naturali nel mondo materiale

ed esse agiscono con la stessa necessità come le leggi naturali nel mondo materiale.

 

È per questo che Rudolf Steiner nel suo commento al ritmo di questo giorno parlò del «sentire morale», che dobbiamo adottare nell’esperienza interiore meditativa di ciò che in questo ritmo «sorge» da «ha la sua esistenza» a «congiungono» a «donano».

 

Ma non è solo il mondo spirituale esteriore ,

che d’ora in poi circonda l’uomo, ad assumere un carattere «morale», la stessa cosa avviene anche con l’uomo stesso.

Egli diviene la rivelazione vivente del proprio essere morale,

l’espressione immaginativa di ciò che egli stesso ha raggiunto sulla terra nella sua evoluzione morale.

«Dopo la morte l’uomo porta con sé la sua fisionomia morale-spirituale

e quella figura spirituale è l’espressione dell’uomo morale-spirituale»  (o.o.231, 14.11.1923).

 

Quanto così si manifesta immaginativamente nell’intera apparizione dell’uomo subito dopo la morte, viene ad espressione nel ritmo di questo giorno nelle tre parole «erweset» (esistenza), «vereinen» (congiungono), «schenken» (donano) e indica l’essere dell’evoluzione morale non solo del singolo uomo, ma anche dell’umanità in globale.

Così

• la parola «erweset» (esistenza) parla della storia precristiana (del vecchio testamento) dell’umanità, quando questa era ancora dipendente dalle potenze divino-spirituali che guidavano l’evoluzione della terra. Gli ultimi residui di questa antichissima epoca sono rappresentati da tutte le forme di leggi, comandamenti e altre regolamentazioni, che stabiliscono la vita morale dall’esterno.

 

Con la venuta sulla terra del Cristo, questa situazione ha subito un cambiamento fondamentale.

«Un comandamento nuovo vi do: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi,

affinché anche voi vi amiate fra di voi», dice il Cristo (Gv 13, 34).

 

Nessuna legge antica, bensì l’amore verso il Cristo, risvegliato nell’anima dell’uomo e l’amore verso il prossimo diventa il fondamento del nuovo ordine mondiale (del nuovo testamento).

Ma un simile amore può nascere nell’uomo solo mediante una libera e cosciente unione con l’essere del Cristo, come esso dal Mistero del Golgota vive nell’evoluzione terrestre.

 

• La parola «vereinen» (congiungono) indica tale disposizione completamente nuova dell’anima dell’uomo.

• La parola «schenken» (donano) infine guida il nostro sguardo verso il futuro apocalittico,

quando l’umanità avrà raggiunto il grado evolutivo morale-spirituale,

in cui si schiuderà ad essa la possibilità di collaborare coscientemente con le gerarchie superiori

in nome dell’adempimento delle «eterne mete degli Dei», le mete dell’intera evoluzione della terra.

 

Accogliere la «luce dell’essere universale» delle gerarchie superiori nel proprio io individuale divenuto libero,

quale fondamento per un comune operare con esse all’edificazione di un nuovo cosmo morale (vedi O.O. 13 e 0.0. 104):

è questa l’elevata meta dell’evoluzione morale-spirituale dell’uomo.

Ogni uomo nella sua vita interiore porta in sé qualcosa dei tre gradi citati.

 

Molto in noi appartiene ancora all’uomo del vecchio testamento;

lavorando su noi stessi, creiamo gradualmente in noi accanto a questo uomo,

il secondo uomo del nuovo testamento; in singoli momenti della nostra vita infine, finora ancora molto rari,

possiamo compiere azioni che appartengono al terzo grado e precedono già oggi la futura epoca spirituale.16

Ma ciò che soprattutto diviene visibile nella nostra «fisionomia morale-spirituale» dopo la morte,

sono i risultati del nostro «sorgere» morale durante la nostra ultima vita terrena

da «ha la sua esistenza» a «congiungono», a «donano».

 

Nel ritmo di questo giorno Rudolf Steiner collega la percezione oggettiva del proprio essere morale,

la prima esperienza dell’anima dopo la morte,

con il processo del divenire dell’io individuale nel passato, nel presente e nel futuro.

 

In un primo momento viene indicato come questo dimorava nel grembo del Padre

o «nell’imperante essere creatore del mondo»; poi il nostro sguardo si rivolge al Mistero del Golgota,

il punto centrale storico-spirituale di tutte le «azioni del divenire universale»,

mediante il quale «l’io proprio» dell’uomo ha la possibilità di accogliere in sé le forze dell’«io universale»

e di realizzare così il più alto principio di tutti i veri misteri cristiani,

il principio che viene ad espressione nelle parole dell’apostolo Paolo:

«Non io, ma il Cristo in me» (Ga 2, 20; traduzione di Rudolf Steiner).

 

Infine si presenta dinanzi a noi il più alto ideale dell’evoluzione terrestre:

la partecipazione dell’io dell’uomo, quale parte costitutiva della decima gerarchia,

all’azione creativa dell’intero cosmo gerarchico:

 

Dove le eterne mete degli Dei

Luce dell’essere universale

All’io proprio

Perché possa volere in libertà

Donano.

 

Così il principio del divenire dell’io umano,

che costituisce il punto centrale del moderno cammino di iniziazione cristiano-rosicruciano,

si trova al centro di questo (e del successivo) ritmo.

La descrizione del processo evolutivo tripartito dell’io individuale, anche se in forma inespressa,

contiene già il seme di ciò che nelle seconde parti macrocosmiche della meditazione

è dato in forma dei tre motti rosicruciani, che indicano la provenienza dell’io dell’uomo dal Dio-Padre,

il suo superamento della morte mediante il Dio-Figlio in seguito alla sua unione con l’io universale del Cristo

e la cosciente unione con la sfera dello spirito (resurrezione)

nell’accogliere in sé la luce universale delle «eterne mete degli Dei» delle gerarchie.

 

Nelle sue conferenze, Rudolf Steiner illustrò più volte

tre esperienze che si verificano non appena l’anima ha oltrepassato la porta della morte.

• Abbiamo in primo luogo l’istante stesso della morte, che viene sperimentato dall’anima,

quando l’anima guarda ad esso dal mondo spirituale

come «all’evento più meraviglioso, più bello, più grandioso, più stupendo

al quale il defunto possa in assoluto volgere lo sguardo» (O.O. 157, 2.3.1915).

 

Tale esperienza è fondata dal fatto che la morte per l’anima da quel lato

diviene la prima anticipazione del mistero della resurrezione.

«E questa resurrezione dello spirito, con lo spogliarsi del fisico,

è un evento che si presenta sempre fra morte e nuova nascita» (ibidem).

 

L’anima sperimenta per così dire in anticipazione microcosmica ciò che avvenne nella resurrezione del Cristo

in tutta la perfezione e sublimità in modo macrocosmico mediante la sua unione con le forze del Dio-Padre.17

Questa costante retrospettiva rivolta all’istante della morte

è per l’anima il processo del «ricordare nello spirito», che permette ad essa

di conservare la coscienza del suo io terrestre nei mondi superiori.18

«Infatti, la morte è appunto ciò, da cui abbiamo la nostra coscienza dell’io dopo la morte…

Infatti, da questa morte ci fluisce… la forza, di cui abbiamo bisogno

per sentirci come io [nel mondo spirituale]» (O.0.157a, 16.11.1915).

 

• La seconda esperienza dopo la morte consiste nella retrospettiva della vita terrena passata

in un possente panorama eterico dalla durata di tre giorni.

Qui; il tempo diviene veramente spazio, il passato diviene presente e il ricordo percezione diretta (il riflettere).

• Tutti gli eventi della vita passata si presentano dinanzi all’anima nel loro significato interiore spirituale.

Perciò la migliore definizione per questo stato è «riflettere nello spirito».

E anche esso si riferisce direttamente al destino della coscienza dell’io umano nell’esistenza dopo la morte.

 

– Se lo sguardo rivolto all’istante della morte diviene il punto di partenza

per il risveglio della coscienza dell’io nel mondo spirituale,

– la percezione del panorama della vita rende possibile, come un involucro materno,

la sua crescita e il suo rinvigorirsi, lo dota di forze necessarie per l’ulteriore cammino spirituale:

«Questo io viene rinvigorito e rafforzato mentre dopo la morte sperimentiamo

i primi giorni, in cui ci troviamo ancora nel corpo eterico», così lo illustrò Rudolf Steiner.

 

• Solo dopo essersi spento il panorama eterico

in connessione al graduale distaccarsi del corpo eterico dall’anima, nella condizione dopo la morte,

l’uomo ha la possibilità di fare un’esperienza di immenso significato,

egli può sperimentare come il suo corpo eterico, divenuto autonomo

viene compenetrato dalla forza del Cristo.

 

Dal Mistero del Golgota questo avviene con ogni corpo eterico,

dipendentemente tuttavia dall’evoluzione spirituale dell’uomo,

nell’uno in misura più elevata, nell’altro in misura più esigua.

La cosciente percezione di questo processo dipende invece direttamente

dal fatto, che l’uomo durante la sua vita terrena abbia o non abbia trovato un vero rapporto con il Mistero del Golgota.

 

• Nel primo caso (come avviene nei ritmi del Convegno di Natale) l’uomo dopo la morte vede:

«Il corpo eterico viene staccato dall’anima come una specie di secondo cadavere,

eppure in un certo modo esso viene conservato mediante l’impulso del Cristo,

rimasto dal Mistero del Golgota [nella sfera terrestre], esso non si dissolve, viene conservato» (0.0. 175, 24.4.1917).

• E se l’uomo dopo la morte viene reso degno di una tale contemplazione,

allora essa esercita un’influenza decisiva sull’intero successivo passaggio nei mondi superiori.

• Poiché allora dalla propria esperienza egli sa:

«Intorno a noi c’è un mondo spirituale e la resurrezione ha avuto un risultato!» (ibidem)

 

Questa fondamentale esperienza dell’anima dopo il suo passaggio attraverso la porta della morte,

può essere caratterizzata nel miglior modo come «vedere nello spirito».19

• Sperimentando l’uomo in questo modo la «resurrezione» del proprio corpo eterico

in seguito alla sua compenetrazione della forza del Cristo,

egli raggiunge il terzo grado nel processo di formazione della sua coscienza dell’io dopo la morte.

 

• Nel primo grado avviene il risveglio della sua coscienza dell’io;

• nel secondo grado il rinvigorimento di essa e il suo ulteriore sviluppo;

• e nel terzo grado l’uomo consegue la sicurezza interiore,

che il suo io è indistruttibile, che grazie al Mistero del Golgota

ed il riversarsi delle forze di resurrezione nell’evoluzione terrestre,

esso è divenuto eterno e che egli, mediante la sua unione con il Cristo,

può conservarlo durante l’intero ulteriore passaggio nel mondo spirituale fino alla Mezzanotte cosmica.

 

Questo ci fa anche comprendere il perché Rudolf Steiner proprio in questo ritmo iniziale, connesso alle primissime esperienze dell’anima dopo la morte, svela dinanzi a noi il mistero dell’io dell’uomo nel suo collegamento con il mistero del Cristo quale io universale.

 

Ciò è fondato sul fatto, che l’uomo moderno può conservare la coscienza del suo io individuale anche dopo la morte

solo mediante l’unione con la «sostanzialità del Cristo» sulla terra.

• Poiché, in seguito al forte sviluppo della coscienza dell’io nel mondo fisico,

l’uomo perde sempre di più la facoltà di conservarla anche nel mondo spirituale.

«Questo essere compenetrati dalla sostanzialità del Cristo è ciò che ci dà la possibilità,

nel trapasso dalla vita fisica alla morte, di conservare il ricordo del nostro io

fino alla Mezzanotte cosmica…L’impulso che emana dalla forza del Cristo giunge fin lì,

e quindi non perdiamo noi stessi [nel mondo spirituale]» (O.O. 153,13.4.1914).

 

E poiché questo primo ritmo fu direttamente preceduto dal ritmo della Posa della Pietra di Fondazione, quale ritmo del Mistero del Golgota, mediante il quale l’uomo ha la possibilità di unirsi coscientemente con l’essere interiore di esso (la possibilità di accogliere in sé la «sostanzialità del Cristo»), la sua prima esperienza, puramente spirituale dopo la morte, sarà il mistero del divenire spirituale dell’io dell’uomo svelato nel ritmo di questo giorno. Per cui possiamo anche comprendere le parole di Rudolf Steiner nel commento in cui il «sorgere» da «ha la sua esistenza» a «congiungono», a «donano» poi passa al «sentimento morale», come un riferimento ai tre gradi dell’evoluzione della coscienza dell’io dopo la morte collegata al mistero del Cristo.

 

Infatti,

• nel divampare di tale coscienza, in seguito al ricordo dell’istante della morte,

per la prima volta l’uomo diviene cosciente, che ora

non ha più la sua «esistenza» nel mondo terrestre, bensì nel mondo spirituale;

• poi, nella percezione del panorama eterico della vita passata,

che a poco a poco si diffonde nel macrocosmo, egli acquisisce la coscienza

di essere «congiunto» con l’intero mondo spirituale che lo circonda;

• infine egli sperimenta il vedere la «resurrezione» del suo corpo eterico,

e questo è solo possibile con il «dono» del Cristo all’uomo delle sue forze,20

che gli permettono di sperimentarsi nel mondo soprasensibile come spirito fra spiriti.

 

È per questo motivo, che in conclusione del suo commento,

Rudolf Steiner si riferì ancora una volta alla prima parte del ritmo, che si rivolge ai tre tipi di attività interiore:

il ricordare, il riflettere e il vedere nello spirito.

• Infatti, l’uomo stesso diventa spirito dopo la morte

e questo è il messaggio più importante che gli porta il «mondo spirituale» nel ritmo di questo giorno.

• Ma l’uomo deve prepararsi già qui sulla terra alla percezione di questa verità del proprio essere:

• «L’uomo è spirito. E il suo mondo è il mondo degli spiriti» (0.0. 26, corsivo di R. Steiner).

 

Soltanto se l’uomo nel cammino di autoconoscenza sperimenta questa verità, egli sarà in grado di afferrare veramente la sua unione con Sofia, Michele e l’essere del Cristo, poiché queste sono entità spirituali.

E questo, a sua volta, in ogni istante della nostra vita, può condurci «a elevare i nostri cuori» con le forze della Sofia, «a illuminare il nostro pensare» con le forze di Michele e «a porre le ali e l’entusiasmo al nostro volere» con le forze del Cristo, vale a dire alla realizzazione delle parole con le quali Rudolf Steiner concluse il suo commento al ritmo di questo giorno.21

 

 


 

Note:

13 – Qui si intende soprattutto durante la sua parte cultica.

14 – Nella stessa conferenza Rudolf Steiner ripetè tale dato di fatto, quando disse che l’uomo «riconoscerà in essa [nell’Antroposofia] l’immagine riflessa del suo essere, porrà questa dinanzi a se stesso, come risultato della vera autoconoscenza nell’Antroposofia».

15 – Il perpetuo inno di lode (canto) delle gerarchie dinanzi al trono di Dio, di cui parla la tradizione clericale, è un quadro immaginativo di questo ritmo universale.

16 – Questo fa anche comprendere meglio la venuta sulla terra di Anthropos- Sofia, il cui compito è aiutare l’uomo a raggiungere questi tre gradi.

17 – È per questo che una volta Rudolf Steiner disse, che nelle parole di commiato del Cristo, a dire il vero ovunque, al posto della parola «morte» dovrebbe essere indicato il nome del Padre. Vedi Friedrich Rittelmeyer, Meine Lebensbegegnung mit Rudolf Steiner (Il mio incontro con Rudolf Steiner), come pure O.O. 112, 6.7.1909.

18 – Che qui sia inteso il ricordo dell’«io» è illustrato dalle successive parole di Rudolf Steiner.

19 – In quanto le tre esperienze in questo grado della vita dopo la morte si accostano all’anima dall’esterno, il verbo «esercita» nei relativi versi del ritmo è omesso.

20 – In realtà le forze del Cristo stanno dietro a tutte e tre le citate esperienze dell’anima dopo la morte. Divengono però visibili soltanto nel terzo grado della «risurrezione» del corpo eterico quando questo si riempie con la «luce dell’essere universale» del Cristo.

21 – Un ulteriore significato della triplicità delle forze dell’anima, del cuore (sentire), pensare e volere, espressa alla fine di questo ritmo, è connesso alla loro separazione nel mondo spirituale subito dopo il passaggio della soglia della morte.