La tentazione nel deserto e la tentazione nel paradiso

Il figlio dell’uomo


 

La tentazione del Cristo nel deserto

fu un avvenimento della massima portata per l’intero destino della umanità terrestre.

Infatti esso avvenne nel nome dell’umanità e per la salvezza dell’umanità.

 

Il Cristo Gesù, nel momento della tentazione,

era tuttavia rimesso alla usuale coscienza diurna, propria dell’umanità,

e aveva di fronte le entità tentatrici di tutta l’umanità,

che volevano tentarlo con le tentazioni efficaci sulla stessa.

 

La visione di questi fatti – e di quanto è stato esposto in rapporto ad essi nelle precedenti considerazioni – può già dare una sensazione della portata dell’avvenimento della tentazione, ma tale sensazione può assurgere ad un senso di assoluta serietà, se si compie un passo ulteriore nella conoscenza del significato dell’avvenimento.

 

A questo passo ulteriore ci si sente spinti dal confrontare l’organismo generale della composizione dell’Antico Testamento con quello del Nuovo Testamento. Si troverà allora che i due organismi compositivi mostrano in modo sorprendente tratti comuni.

 

• Così l’Antico Testamento inizia con la descrizione dell’opera dei sei giorni e del suo coronamento,

la creazione dell’uomo, del vecchio Adamo;

• il Nuovo Testamento inizia parimenti con la descrizione della nascita e del divenire dell’Uomo nuovo,

del nuovo Adamo.

• Come l’Antico Testamento descrive quindi la tentazione nel giardino dell’Eden,

• così anche il Nuovo Testamento descrive, subito dopo il battesimo nel Giordano,

ossia dopo la nascita del nuovo Adamo, la scena della tentazione nel deserto.

 

Se al nuovo Adamo viene attribuito un valore karmico relativo all’intera umanità, almeno pari a quello del vecchio Adamo, anche alla tentazione del nuovo Adamo bisogna attribuire la stessa portata di quella che fu propria della tentazione nell’Eden.

Già con questa semplice considerazione si viene condotti a riconoscere il fatto storico universale che la tentazione nel deserto rappresenta, per il destino dell’umanità, l’esatto contrapposto alla tentazione nel giardino dell’Eden.

 

• Come alla prima tentazione nell’Eden conseguì il peccato originale dell’umanità,

con le tante e decisive trasformazioni nella coscienza e nella organizzazione dell’uomo,

• così la tentazione nel deserto ebbe conseguenze decisive in quanto a trasformazioni nella coscienza

e organizzazione dell’uomo, non però nella direzione di una ‘caduta’, ma in quella di una riascesa.

 

Consideriamo ora più da vicino i due avvenimenti. Nella descrizione dell’Antico Testamento la tentazione è rivolta dapprima a Eva, vale a dire all’elemento animico astrale dell’essere umano. Traducendo la cosa nel linguaggio del pensiero odierno, la tentazione si presenta mediante le seguenti esortazioni e promesse:

 

“Guarda la vita della tua anima, essa si dispiega intorno a te in immagini intessute dalle forze del mondo. In realtà tu sei nulla, un vero nulla: solo se assumi le variegate correnti del mondo, i ‘frutti degli alberi’ che ti stanno intorno, sperimenti in te la vita, non però la vita tua, ma la vita del mondo. Gustando i frutti dell’albero della gioia, ti colmerai di gioia, ma non è la tua gioia, è semplicemente la gioia del mondo che si riversa in te. Non sperimenti nulla di te, sei solo uno scenario in cui agiscono le forze del mondo. Lo stesso accade, se gusti il frutto dell’albero della speranza: non sei tu a sperare, ma sono le speranze del mondo a risplendere in te – tu del pari sei priva di speranza, come eri priva di gioia. Tale resterai – un semplice specchio della vita animica degli dèi – se non assumi in te il frutto dell’albero della distinzione del bene e del male, dell’albero in cui scorre non solo il succo della vita animica degli dèi, ma anche quello della vita animica del serpente, il quale possiede la forza di negare i propositi degli dèi. Assaggia il frutto di quest’albero, e avrai una vita propria, potrai decidere, così come decidono gli dèi! Allora diverrai come un dio!”

 

Eva mangiò dall’albero della conoscenza del bene e del male.

Come una conseguenza di questa tentazione, si presenta al Cristo la prima tentazione nel deserto. Anche qui è fatto appello all’amore di sé; solo che ora l’offerta non riguarda più la libertà Interiore dell’autocoscienza, bensì ‘tutti i regni del mondo’, quale possesso dell’anima soggiornante nella solitudine del deserto. Ora questa tentazione si confronta con l’umana capacità di discernimento del bene e del male, sviluppatasi appunto in seguito alla tentazione nel giardino dell’Eden e in grado di riconoscere il male come male. Il Cristo Gesù però respinge la volontà di potenza, ponendo al suo posto la capacità di volere coscientemente con il medesimo atteggiamento di devozione verso la Divinità, presente in modo inconscio prima della Caduta. La devozione paradisiaca, cessata nell’Eden per colpa della tentazione, viene ora ristabilita dal Cristo Gesù.

 

La tentazione nel giardino dell’Eden non termina tuttavia con l’assunzione del frutto della conoscenza da parte di Eva: essa lo porge all’uomo, che ne assume anch’egli. É questa la seconda parte del dramma primordiale dell’umanità: l’organizzazione dell’Io viene disposta ad assumere l’egoismo già prima assunto dall’organizzazione astrale.

L’Io, che indugiava per così dire ‘sul pinnacolo del tempio’ in una visione riflettente della sfera zodiacale, ‘cadde’ in quel momento dalla sua altezza nella profondità della fluttuante natura astrale, ormai permeata di istinti egoistici.

 

Solo con il soggiacere del principio dell’Io all’egoismo dell’astrale si ebbe il peccato originale,

e di conseguenza l’egoismo penetrò nel sangue, divenendo così ereditario.

Passando per l’organizzazione dell’Io, l’egoismo, presente dapprima nell’astrale, scese nel sangue.

Dopo aver raggiunto il sangue esso divenne una prerogativa di tutte le generazioni successive.

 

• La tentazione di gettarsi ‘dal pinnacolo del tempio’ nelle profondità dell’istinto, si presenta pure al Cristo Gesù.

Ma Egli la supera, attribuendo solo alla chiara luce della coscienza

la legittimità di essere teatro dell’unione dell’umano con il sovraumano.

• Come conseguenza dell’assunzione dell’egoismo da parte dell’astrale

e della caduta del principio dell’Io nell’astrale stesso, subentrò quel mutamento nell’organizzazione umana,

cui alludono le parole della Bibbia: “E i loro occhi si aprirono …”

 

Questo mutamento consistè nella capacità di percepire il mondo esterno. La nuova capacità percettiva sorse tuttavia al prezzo di un oscuramento dell’uomo stesso, mentre il mondo esterno si faceva più chiaro. In precedenza l’uomo era ricolmo, a partire dal suo interno, di luce cosmica, che egli irradiava all’esterno. In tal modo il mondo esterno era oscurato dalla luce irradiata dall’uomo, risultando così impercepibile, similmente a come durante il giorno la luce solare rende invisibili le stelle.

 

• Con l’assunzione dell’egoismo l’uomo non fu più permeabile alla luce spirituale del cosmo;

l’egoismo incorporatosi in lui costituiva ora un ostacolo per quella luce.

Così l’uomo, al posto dei raggi luminosi di un tempo, iniziò a proiettare un’ombra verso l’esterno.

Era quest’ombra a rendere possibile la percezione del mondo esterno.

Gli occhi dell’uomo si aprirono per il mondo esteriore, mentre si oscurava quello interiore.

 

Con ciò fu creato il presupposto per un’ulteriore tentazione. Questa comparve molto più tardi nell’uomo: solo durante il periodo evolutivo di Atlantide il mondo esteriore divenne veicolo della tentazione arimanica. In precedenza il mondo esteriore era propriamente l’oggetto e la vittima dei desideri e delle brame dell’uomo; a partire dal periodo atlantideo fu invece l’uomo ad essere vittima del mondo esterno.

La storia drammatica della corrente delle tentazioni materialistiche, presentatasi al Cristo Gesù nell’intervallo a “mutare le pietre in pane”, ebbe inizio nell’epoca atlantidea. La sua origine potenziale è però già da ricercarsi nel periodo lemurico – e precisamente nel cambiamento avvenuto nell’uomo, allorché gli si aprirono gli occhi per il mondo esterno.

Infatti la minima percezione della realtà minerale – seppur sotto forma di vapori minerali – fu la condizione di base per il dominio che questa realtà minerale avrebbe esercitato su quanto è vivente e animato. Tale dominio aveva raggiunto uno sviluppo enorme già quando il Cristo Gesù fu tentato nel deserto.

Esso continuò ad agire anche dopo la tentazione, poiché la necessità della sua esistenza fu riconosciuta tramite le parole di Cristo: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Per questo motivo esso continua ad esistere, offrendo il campo di battaglia per gli esseri buoni e cattivi fino al più remoto futuro.