L’entità di Jahvè e il suo significato nel divenire del mondo e dell’umanità / Jahvè nel divenire della Terra

L’aurora della rivelazione


 

Dai nessi precedenti si desume che Jahvè-Elohim è l’antagonista di Arimane nel cosmo extraterrestre.

Le conseguenze di questo antagonismo extraterrestre tornano a vantaggio della Terra e dell’umanità terrestre,

ma l’antagonismo come tale ha luogo fuori dal pianeta terrestre.

 

La Bibbia, tuttavia, parla spesso di un intervento diretto di Jahvè negli avvenimenti terreni. Egli si rivela attraverso le forze elementari della Terra, parla ai profeti, guida i destini delle nazioni. Questi fatti suggeriscono la domanda:

che ruolo svolge l’entità di Jahvè-Elohim nel divenire della Terra

– non indirettamente dalla Luna, ma con una partecipazione diretta, quale è descritta nella Bibbia?

 

Per rispondere a questa domanda

dobbiamo considerare il momento dell’evoluzione terrestre in cui è iniziato il karma dell’umanità.

Esso coincide con il ‘peccato originale’, ossia con l’inizio dell’intromissione luciferica nell’organizzazione umana.

• Tale Intromissione si manifestò nel fatto che il corpo astrale umano fu reso indipendente dalle Gerarchie spirituali.

Esso fu sciolto dal suo stretto legame con il mondo delle Gerarchie,

e da ciò ebbe origine il karma dell’umanità – non ancora dell’uomo individuale.

Questa indipendenza del corpo astrale dalle Gerarchie produsse infatti l’errore, la malattia e la morte.

 

Tale fu l’effetto dell’intromissione luciferica. Sua causa fu però un evento nel mondo delle Gerarchie, conosciuto tradizionalmente come la ‘caduta degli Angeli’. Questo evento può essere compreso interiormente rappresentandoselo come un conflitto tra amore pieno di saggezza e compassione emotiva.

 

Durante il ciclo di esistenza dell’antica Luna,

la Gerarchia degli Angeli era così strettamente legata ai corpi astrali umani,

da svolgere all’interno dell’organizzazione umana le funzioni dell’Io.

Durante la prima metà dell’evoluzione della Terra, tale Gerarchia

rinunciò però al proprio dominio sul corpo astrale umano, per fare posto all’Io dell’uomo.

 

Da quel momento gli Angeli ispirano l’Io dell’uomo, senza tuttavia interferire con la sua libertà. Sono custodi e consiglieri, mai padroni. Naturalmente è facile trovare fatti che ‘contraddicano’ questa verità – così come per altri pensieri e fatti sopra esposti. Ad esempio, può essere obiettato che in certi casi l’Angelo non solo ‘parla’, ma anche agisce. Vi sono casi in cui l’Angelo agisce così vigorosamente, che la sua influenza giunge fino al corpo fisico.

Non vi è nulla da obiettare contro questi fatti. Essi sono senz’altro veri. Per ciò che riguarda la loro comprensione, va detto però che, in quanto semplici ‘influenze’, gli Angeli se ne servono per accrescere il bene che è nell’uomo, senza per questo costringere l’uomo ad aderirvi. Essi mostrano il bene e, dopo che l’uomo lo ha scelto liberamente, conferiscono al bene stesso nuova forza. Sta all’uomo riconoscere il bene come tale; la magia del bene spetta invece all’Angelo, o a qualunque altro essere delle Gerarchie, sotto la cui protezione stia un uomo.

 

La Gerarchia degli Angeli rinunciò a quel tipo di legame con l’uomo, che esisteva nell’antica Luna.

Questa rinuncia deve essere considerata come un atto di sapiente amore, di amorevole previdenza.

Gli Angeli si ritrassero dall’uomo, per dare all’Io umano la possibilità di evolversi.

 

Una parte della Gerarchia degli Angeli agì però diversamente. Si tratta di Angeli intimoriti di fronte alle prove e ai pericoli che la libertà avrebbe comportato per l’uomo. Essi provarono sgomento per l’umanità e, mossi da compassione emotiva, assunsero nei suoi riguardi il ruolo di guide, per risparmiare ad essa le sofferenze cui sarebbe andata incontro.

Si ribellarono al decreto degli dèi superni, e intrapresero un cammino opposto a quello degli spiriti che agivano per il bene dell’umanità. Mentre infatti gli Angeli che servivano il vero progresso dell’umanità si ritirarono dall’uomo, rinunciando proprio al dominio su di lui, gli Angeli luciferici si immersero ancor più profondamente nell’organizzazione umana, per liberare l’uomo con la forza. Da allora ogni essere umano ha, oltre all’Angelo custode, un Angelo luciferico, il quale è così strettamente legato al suo corpo astrale, da poter essere anche chiamato ‘doppio luciferico’.

 

In conseguenza della ‘caduta degli Angeli’, ossia del processo mediante cui gli Angeli luciferici divennero doppi luciferici, avvenne l’emancipazione del corpo astrale umano dalla guida degli dèi, di cui si è detto. Ciò si manifestò come egoismo, una qualità che verso la fine dell’epoca lemurica, si impadronì dell’essere umano con l’immediatezza di una forza di natura.

 

L’umanità sarebbe soggiaciuta interamente a questo egoismo, se da parte delle Gerarchie del bene non fosse stata adottata una contromisura, consistente nella creazione – dalle profondità della natura fisico-eterica dell’uomo – di una corrente capace di contrastare l’egoismo che fluiva verso il basso dalle altezze della natura astrale-egoica dell’uomo stesso.

Nelle profondità del subconscio, fu immessa nell’uomo una forza che ripristinò l’equilibrio necessario all’evoluzione dell’Io libero. Se nell’uomo, infatti, non fosse stata immessa la forza elementare dell’amore, egli sarebbe rimasto interamente vittima della forza elementare dell’egoismo.

 

• In seguito all’impulso luciferico, l’uomo ricevette una forte tendenza all’autoaffermazione;

• in seguito all’impulso di Jahvè ricevette una tendenza altrettanto forte a volgersi al Tu, all’altro uomo.

Fu infatti Jahvè-Elohim a immettere nella natura terrena dell’uomo la capacità di amare.

In tal modo l’uomo conseguì la disposizione a vivere non solo per se stesso, ma anche per gli altri.

Per controbilanciare la tendenza luciferica all’ego,

sorse nell’uomo la tendenza al tu, la quale riceve impulso da Jahvè-Elohim.

 

Possiamo intuire quanto sarebbe diventato egoista l’uomo se marito e moglie, genitori e figli, fratelli e sorelle, e i parenti tra loro non si fossero amati gli uni gli altri, se cioè l’uomo – circondato da un’astratta ‘umanità’ – avesse avuto interesse solo per se stesso.

All’attività terrena di Jahvè-Elohim l’umanità è debitrice del fatto

che essa, già in tempi antichi, molto prima della venuta di Cristo, fosse capace di sacrificio.

Fu questo spirito a immettere nel sangue dell’uomo la capacità di amare.

 

• Sulla Terra, Jahvè-Elohim si oppone alla dispersione dell’umanità;

nel cosmo si oppone invece all’ottava sfera.

Dalla Luna contrasta Arimane, sulla Terra contrasta Lucifero.

 

Non si potrà mai comprendere lo spirito dell’Antico Testamento, se si disconosce il significato storico di Jahvè, quale antagonista di Lucifero sulla Terra. È proprio questo, infatti, a distinguere la Bibbia dai testi sacri delle altre civiltà – per esempio dai testi sacri dell’India – che cioè essa, nello stile, nella forma e nel contenuto è libera dall’influenza di Lucifero. Si confronti, ad esempio, la storia del re Davide contenuta nel libro dei Re, con i racconti della vita di Krishna o di Buddha, quali sono tramandati nella tradizione indiana.

La prima è una descrizione sobria e realistica su base spirituale, senza abbellimento della realtà terrena, e senza degradazione di quella divino-spirituale; la seconda è una descrizione in cui l’elemento umano terreno è presente solo quale mezzo accidentale per esprimere la realtà sovrumana e divina. Nella prima si tratta di descrivere i fatti spirituali e quelli esteriori; nella seconda, invece, di descrivere gli eventi sovrasensibili, per di più in modo fortemente stilizzato [stark àsthetisiert und stilisiert].

 

Anche nei contenuti la Bibbia si distingue dai testi religiosi orientali. Il carattere ascetico e di rinuncia al mondo, tipico sia dei testi orientali, che dell’antica letteratura ecclesiastica cristiana, è del tutto assente nella Bibbia. Nessun profeta, nessun eroe dell’Antico Testamento è un asceta nel senso orientale o cristiano-ecclesiastico. Alla mortificazione dei desideri non viene attribuito nella Bibbia alcun valore, ma piuttosto alla loro subordinazione a mete alte e lontane.

Certo anche nella Bibbia vi è una forma di ascetismo, ma si tratta di un ascetismo dell’anima, di natura puramente morale. Esso consiste nel subordinare le inclinazioni personali al richiamo del dovere. Paura, ira e pigrizia interiore dovevano essere vinte, per compiere azioni che favorissero l’adempimento della missione di Israele. Per questo, ad esempio, il popolo ebreo era un popolo pacifico. Odiava la guerra e aveva in orrore gli spargimenti di sangue. Tuttavia intraprese spietate guerre di sterminio contro i popoli che praticavano culti perversi. Trascendere gli interessi personali per amore delle necessità oggettive, questo è ascetismo nel senso della Bibbia.

 

Solo un tal genere di ascetismo è infatti privo di quella componente luciferica, presente invece nell’ascetismo in senso corrente. L’ascetismo, quale fu inteso in Europa durante il Medioevo, fu in realtà una premessa all’arimanizzazione dell’umanità europea. Se infatti il principio secondo cui ‘ogni uomo incline allo spirito dev’essere un asceta’, fosse stato condotto davvero alle sue estreme conseguenze, sarebbe avvenuto che le anime destinate ad incarnarsi, avrebbero trovato accoglienza solo in genitori di spiritualità mediocre, crescendo quindi in condizioni di ereditarietà e di educazione esiziali per la loro spiritualità.

L’arimanizzazione della nascita è il risultato inevitabile dell’ascetismo luciferico.

 

Il vero ascetismo cristiano va ricercato nella vicenda della stirpe del Graal, iniziata con Giuseppe di Arimatea

e conclusasi con Lohengrin, piuttosto che nelle celle dei monaci ed eremiti delle Chiese occidentale e orientale.

Parimenti l’ascetismo della Bibbia è superiore a quello contemplato nelle Upanishad o nei Purana.

Nell’ascetismo della Bibbia si rivela infatti lo spirito del portatore della Croce nel cosmo, di Jahvè-Elohim.

Non è dunque altro, sul piano interiore, che un portare la croce nella vita.

 

Subordinare la propria personalità alle disposizioni del karma, al dovere spirituale

– il che può essere fatto con la massima gioia –

in ciò consiste il portare la Croce, ossia l’impulso morale che è alla base dell’Antico Testamento.

 

Senza la comprensione di questo impulso morale, possibile grazie al riconoscimento della missione cosmica e terrena di Jahvè, la Bibbia è non solo un enigma, ma anche una pietra di scandalo per l’uomo moderno, nel cui subconscio risuonano ancora gli echi della concezione del mondo cattolico-ecclesiastica.

Contro di ciò si potrebbe facilmente obiettare che l’epoca dell’Antico Testamento è passata, e che dopo il Mistero del Golgota l’umanità è libera dai legami del sangue. L’impulso di Jahvè Operante nel sangue ha dunque lasciato il posto all’impulso puramente spirituale del Cristo.

 

Prima di sollevare questa obiezione, si dovrebbe però tener presente che l’impulso di Jahvè

non è in contrasto con l’impulso del Cristo, ma ne rappresenta una parte.

 

Come la luce bianca può dar luogo ai sette colori fondamentali, così l’impulso del Cristo si può manifestare in forma settemplice, per mezzo dei sette Elohim.

L’impulso di Jahvè è solo uno dei sette modi in cui si manifesta l’impulso del Cristo.

In seguito alla comparsa sulla terra della ‘pienezza’ – ossia degli altri sei modi di manifestazione –

in Cristo Gesù, avvenne che all’impulso di Jahvè-Elohim subentrarono gli altri sei.

La libertà dai legami del sangue non significa che il sangue diventi irrilevante, ma che esso sia reso veicolo

non solo dell’impulso di Jahvè, bensì dell’insieme dei sette Elohim, ossia dell’impulso complessivo del Cristo.

 

La libertà dai legami del sangue, quale fu sostenuta sul piano essoterico nel Medioevo, era una concezione luciferica; quale fu invece intesa sul piano esoterico, ad esempio nella corrente del Graal, era una concezione cristiana.

Nella corrente del Graal non si trattava infatti di strappare la vita dell’anima dal sangue, ma piuttosto di nobilitare il sangue, conformandolo non solo all’elemento dell’anima, ma anche a quello dello spirito. In tal modo i legami del sangue diventano l’espressione e l’impronta fedele dei legami karmici e spirituali.

 

La liberazione dai legami del sangue dopo il Mistero del Golgota, consiste appunto nel fatto che gli uomini non vengono più legati karmicamente mediante il sangue, ma piuttosto che vengono legati sul piano del sangue mediante i legami karmici.

E come in epoca precristiana un matrimonio estraneo alle relazioni di sangue era una grave colpa, così in futuro si riconoscerà sempre più che un matrimonio estraneo alle relazioni karmiche è non solo una mancanza sul piano morale, ma anche contro il ‘sangue’.

 

Nella sesta epoca di civiltà postatlantica un matrimonio nell’ambito di strette relazioni karmiche e spirituali costituirà la base di uno sviluppo nel corso delle generazioni, quanto lo era stato il matrimonio tra stretti consanguinei, ad esempio nei primordi della civiltà egizia.

 

Abbiamo considerato l’entità di Jahvè-Elohim quale portatore della Croce nel cosmo, e come colui che, nel cosmo si oppone all’ottava sfera, e sulla terra alla dispersione dell’umanità. Abbiamo così risposto alla questione relativa al rapporto di Jahvè con il Cristo, con le Gerarchie del bene e del male, con il cosmo e con la terra.

 

Abbiamo ancora, riguardo all’entità di Jahvè, una domanda cui rispondere, che è la seguente:

in quale rapporto sta Jahvè con la coscienza umana?

In altre parole: come fu conosciuto Jahvè nella coscienza umana?