Il cammino di conoscenza dell’antroposofia

Che cosa è l’antroposofia


 

Nella sua opera fondamentale La filosofia della libertà,

Rudolf Steiner descrive il processo della conoscenza scientifica consistente in due lati:

• nelle percezioni sensorie provenienti dall’esterno

• e nei concetti che salgono dall’interiorità dell’anima umana.

Soltanto il loro collegamento per mezzo dell’io umano tramite l’attiva attività pensante crea una piena realtà.

In questa attività di collegamento dell’io tuttavia, i processi universali non vengono soltanto rispecchiati passivamente,

ma l’uomo stesso entra attivamente e in modo creativo nell’evoluzione del mondo.

 

Guardando attentamente al primo ambito, può essere constatato

che alle percezioni fondamentalmente non appartengono solo le impressioni del mondo dei sensi,

ma anche tutte le percezioni animiche che possono essere fatte in un’osservazione di se stessi:

ricordi, emozioni, simpatie, antipatie.

 

L’altro lato del processo di conoscenza, i concetti,

che preleva il pensare dalla vasta sfera delle idee con l’aiuto della facoltà dell’intuizione,

è contrassegnato dalla massima coscienza in un primo momento raggiungibile all’uomo.

• Infatti, solo nel pensare l’uomo terrestre è pienamente cosciente.

• Già nel sentire egli possiede una coscienza attenuata, paragonabile soltanto ai sogni.

• Nell’ambito della volontà invece, l’uomo dorme completamente.

Abitualmente quindi, l’attività che segue la nostra decisione di afferrare con la mano un oggetto e poi

si estende fino al movimento esteriore dei nostri muscoli non entra nella nostra coscienza.

 

Ai primi risultati dell’auto-osservazione appartiene inoltre la constatazione

che la chiarezza e la consapevolezza del pensare nel contempo sono collegate con il suo carattere d’ombra.

Basta volgere lo sguardo ad un bel paesaggio di montagna,

poi chiudere gli occhi e confrontare la vera visione con i propri pensieri su di essa.

 

Questo carattere d’ombra tuttavia, in origine non appartiene al nostro pensare,

esso nasce solo nella nostra incarnazione, nel collegarci con il corpo fisico o più precisamente con il cervello.

La connessione qui esistente viene anche confermata dal fatto che nel caso di un danno al cervello,

non è più possibile il normale pensare cosciente.

Il comune pensare dell’uomo si orienta quindi principalmente alle impressioni degli organi di senso.

 

Tuttavia, proprio per questo stretto collegamento con il corpo fisico e i suoi sensi

questo pensare non può mai entrare nel mondo spirituale.

• La causa sta nel fatto che nulla, che in qualche modo sia collegato al mondo fisico-sensibile,

è in grado di penetrare nella sfera del soprasensibile.

 

Un’altra esperienza che è possibile fare altrettanto sicuramente mediante l’auto-osservazione

e che troviamo motivata in modo esauriente ne La filosofia della libertà

è che il pensare in sé è un’attività soprasensibile che si svolge nell’uomo,

direttamente collegata all’esperienza interiore dell’io umano.

La domanda che qui nasce è la seguente:

• Perché durante la vita umana questa attività in sé soprasensibile è legata al cervello fisico?

 

Oppure nella formulazione di Rudolf Steiner:

▸ «Se nell’essere del pensare all’organizzazione umana non giunge alcuna partecipazione,

quale importanza ha questa organizzazione entro l’entità globale dell’uomo?» (O.O. 4, corsivo di Rudolf Steiner).

 

Ne La filosofia della libertà Rudolf Steiner risponde a questa domanda come segue:

▸ «Ora, ciò che avviene in questa organizzazione mediante il pensare

non ha di certo nulla a che fare con l’entità del pensare,

bensì con la nascita della   c o s c i e n z a   dell’io da questo pensare.

• Entro l’essere proprio del pensare si trova di certo l’”io” reale, ma   n o n   la coscienza dell’io» (ibidem).

 

E Rudolf Steiner continua a descrivere che

l’essere dell’«io» va afferrato soltanto entro il pensare,

• mentre la «coscienza dell’io» nasce mediante la collaborazione dell’organizzazione corporea.

Con ciò quest’ultima necessita il fondamento corporeo   s o l t a n t o   per il momento della sua nascita

e già   s u b i t o   d o p o   può esistere indipendentemente da questo.

• «Una volta nata, essa viene accolta nel pensare e divide d’ora in poi la sua entità spirituale» (ibidem).

 

Per illustrare il significato dell’organizzazione corporea nella nascita della «coscienza dell’io»

Rudolf Steiner usa spesso l’immagine di uno specchio.

• Come l’uomo lo usa per scoprire il colore dei suoi occhi o la forma del suo naso senza identificarsi con lo specchio,

• così l’io dell’uomo ha bisogno dello «specchio» del cervello umano

e nel senso più ampio dell’intero corpo con il sistema nervoso che lo compenetra,

per diventare cosciente di se stesso.

E alle più importanti condizioni di tale processo di rispecchiamento appartiene il fatto

che lo specchio stesso è un oggetto morto

e per cui riflette unicamente in modo più esatto ciò che si trova davanti ad esso

senza aggiungere nulla di proprio.

 

• La stessa cosa accade nella funzione riflettente del cervello umano.

È per questo che nel corpo umano esso porta la massima concentrazione delle forze di morte.

Anche nella fisiologia generale oggi si sa che tutte le forme dell’attività cosciente dell’uomo

sono accompagnate dal processo di morte dei nervi nel suo organismo, la cui conseguenza è anche la stanchezza serale.

Durante il sonno poi, queste cellule morte dei nervi, vengono maggiormente rinnovate.

 

Dalla fisiologia è anche noto che in seguito alla morte clinica dell’uomo, già cinque minuti dopo,

nel cervello subentrano i primi fenomeni di decadenza, perché questo non ha più irrorazione sanguigna

e non viene più provvisto dalle forze vitali derivanti dal rimanente organismo,

mentre in altre parti del corpo i processi vitali possono continuare ancora per settimane dopo la morte.

 

Soltanto in base alla più grande concentrazione di tali forze della morte

è il cervello ad essere adatto ad assumere il ruolo di uno specchio per la nascita della coscienza dell’io.

Infatti, affinché «sulla Terra possiamo appropriarci della coscienza dell’io,

il nostro corpo fisico deve essere un apparecchio riflettente con l’organizzazione del cervello» (0.0. 131, 11.10.1911).

 

Da quanto detto, consegue che le forze della morte che portiamo nella nostra organizzazione corporea,

sono assolutamente necessarie per la nascita della coscienza dell’io sulla Terra.

Di conseguenza può essere data anche la risposta alla domanda perché dobbiamo incarnarci in un corpo fisico:

è necessario per giungere ad una coscienza individuale dell’io, la quale unicamente ci rende essere umano.

 

Da questa originaria concatenazione di coscienza dell’io e cervello fisico,

nasce tuttavia il pericolo che a poco a poco l’uomo si abitui a pensare solo con il suo cervello,

vale a dire a ritenere come unica possibilità di apparizione il carattere morto, d’ombra dei suoi pensieri.

In questo caso l’uomo sulla Terra sviluppa una specie di coscienza

che entrando nel mondo spirituale si spegne immediatamente.

Infatti, con un pensare legato ancora al corpo fisico

e che di conseguenza può comprendere soltanto quanto percepito sensibilmente,

il mondo spirituale non può essere sperimentato coscientemente.

 

• L’uomo tuttavia ha assolutamente bisogno del suo pensare anche nel mondo spirituale

per poter essere pienamente cosciente.

• Ciò significa dunque che il pensare deve essere separato dall’organizzazione corporea

per poter entrare nel mondo spirituale come pensare libero dai sensi.

 

Rudolf Steiner indica la via a questa meta nella sua Filosofia della libertà.

Là egli parla della cosiddetta «condizione d’eccezione», in cui l’uomo

mediante il rafforzamento del proprio pensare, al cui sviluppo è attivo egli stesso,

rende questo pensare oggetto della sua percezione, congiungendo così in una unità

l’emergere del pensare e la sua osservazione entro lo stesso processo di pensiero.

 

La differenza di questo collegamento con tutti gli altri, in cui l’oggetto da osservare si trova al di fuori dell’uomo,

è che i qui entrambi gli elementi: il pensato e il percepito sono sostanzialmente uguali,

consistenti entrambi nell’essere del pensare stesso.

 

• In questo senso l’«osservazione del pensare è una specie di condizione d’eccezione» (pag. 33)

nella quale il pensare si regge solo su se stesso e non sull’organizzazione fisica del cervello,

raggiungendo così una pura attività libera dai sensi.

• Unicamente e soltanto con questo tipo di pensare, derivante dalla descritta condizione d’eccezione,

l’uomo può entrare nel mondo spirituale.

• E nel mondo spirituale stesso questo pensare diventa poi un nuovo organo di percezione

per i processi spirituali e per le entità che in questo primo grado di vita soprasensibile in forma di immaginazioni

si presentano nell’ambito della coscienza dell’uomo.

 

Nell’antroposofia si parla di tre gradi di conoscenza superiore.

Rudolf Steiner li nomina   • immaginazione,     • ispirazione     • e intuizione.

 

• Nel grado dell’immaginazione,

si percepiscono soltanto in forma di immagine gli aspetti esteriori delle entità spirituali.

• Nel grado dell’ispirazione

si sperimentano le loro azioni e i loro rapporti reciproci.

• E solo nel terzo grado, in quello più alto dell’intuizione

ci si collega con il loro mondo interiore tramite la congiunzione sostanziale d’essere con essere,

senza perdere il proprio io (vedi O.O. 12).

 

Se nel cammino descritto dall’immaginazione si vorrebbe progredire all’ispirazione,

è necessario liberare dai sensi, come nel primo grado il pensare, ora nel secondo grado anche il sentire,

in modo che, liberato da tutti gli influssi del corpo,

esso possa diventare un nuovo organo di percezione per le ispirazioni.1

Ciò avviene mediante gli esercizi meditativi, dati da Rudolf Steiner in molti dei suoi scritti

e in molte delle sue conferenze, ma soprattutto nel suo libro L’iniziazione (0.0. 10).

Con questo, il sentire divenuto indipendente dal corpo,

rimane di continuo compenetrato dal pensare reso prima da esso indipendente.

Infatti, solo con questa compenetrazione già nella vita comune

il sentire soltanto sognante può essere portato a piena coscienza

e così trasformato in un superiore organo di conoscenza.

 

Un simile processo avviene anche nel terzo grado, in quello dell’intuizione ora tuttavia con il volere dell’uomo.

Questo, mediante il pensare divenuto libero dal corpo, viene innalzato nella piena coscienza dell’uomo

e mediante i corrispondenti esercizi meditativi, trasformato in un organo di percezione ancora più elevato

che in seguito può sperimentare le intuizioni.

 

Qui, sul piano dell’intuizione l’uomo può raggiungere

• sia il vero essere del proprio io,

• come pure le entità spirituali tramite l’interiore fusione dell’essere con loro.

Così la conoscenza, in questo grado superiore porta il carattere della comunione spirituale.

 

Il fatto che questo cammino antroposofico sia la diretta continuazione de La filosofia della libertà

è testimoniato dalle seguenti parole di Rudolf Steiner:

▸«Se si cerca una concezione cosmica corrispondente a questa filosofia della libertà,

allora ciò che in essa si è fatto in ambito limitato, deve essere ampliato sviluppando i gradi della conoscenza:

la conoscenza oggettiva, l’immaginazione, l’ispirazione, l’intuizione» (O.O. 78, 3.9.1921).

 

Così nel senso dell’Antroposofia,

il pensare umano, mediante le meditazioni e altri esercizi spirituali dati da Rudolf Steiner,

si innalza ai gradi superiori della conoscenza per entrare in piena coscienza nel mondo soprasensibile,

unicamente nel quale può essere risolto l’enigma dell’uomo.

 

 


 

Note:

1 Vedi dettagli in: Carl Unger, Was ist Anthroposophie? (Che cosa è l’Antroposofia?), Dornach 1996.