Il corso dell’anno come respiro della sostanza animico-spirituale della Terra.

O.O. 223 – Il corso dell’anno come respiro della Terra e le quattro grandi festività – 01.04.1923


 

Sommario: L’essenza del pensiero pasquale. Paolo. Il corso dell’anno come respiro della sostanza animico-spirituale della Terra. Il Natale come trattenimento del respiro. I misteri ctonici. Le forze lunari. L’azione delle forze arimaniche. L’espirazione a San Giovanni. Misteri sopraterreni e sotterranei. Pasqua e il mistero del Golgota. Il pensiero di San Giovanni, polo opposto a quello del Natale. Il pensiero di Michele, polo opposto a quello della Pasqua. La festa di Michele nell’autunno.

 

Basandomi sull’aspetto esoterico del pensiero pasquale, e riallacciandomi in qualche modo al corso della natura e a ciò che la compenetra spiritualmente, ieri ho cercato di mostrare come fra le festività dell’anno si abbia per così dire da inserire una festa d’autunno, una festa di Michele, che più o meno dovrebbe cadere nell’equinozio dell’autunno, così come il Natale cade nel solstizio d’inverno, la Pasqua nell’equinozio di primavera e la festa di San Giovanni nel solstizio estivo.

 

In modo adeguato al nostro tempo, oggi vorrei cercare di avvicinarmi di più al pensiero e al sentimento della Pasqua, al fine di poter esporre domani tutto il senso del nostro studio.

Quando oggi festeggiamo la Pasqua, e osserviamo la coscienza dell’umanità contemporanea, se siamo sinceri con noi stessi dobbiamo ammettere quanto poco vero sia il pensiero pasquale per una gran parte dell’umanità. Da che cosa dipende, infatti, la verità del pensiero pasquale? Dipende dalla possibilità di potervi congiungere il pensiero che l’entità del Cristo sia passata per la morte, la abbia vinta e sia risorta, e che, dopo aver sofferto la morte ed essere risorta, si sia anzitutto legata con l’umanità in modo da poter ancora fare rivelazioni agli Apostoli, ai suoi discepoli.

 

Il pensiero della resurrezione è via via sempre più sbiadito. Era ancora vivo agli albori del cristianesimo, tanto che da allora ci risuonano le parole di Paolo: «Se poi Cristo non è risorto, vana è dunque la nostra predicazione e vana è pure la vostra fede». Paolo collegò appunto il cristianesimo al pensiero della Pasqua, vale a dire al pensiero della resurrezione.

Per gli uomini istruiti del nostro tempo la resurrezione è considerata un miracolo ed è quindi esclusa come tale dalla realtà, da ciò che viene ritenuto reale. Per coloro dunque che più non comprendono il pensiero della resurrezione, la festività della Pasqua corrisponde in effetti soltanto a un’antica consuetudine, come anche le altre feste cristiane.

 

Nel corso degli anni lo abbiamo già ricordato dai più diversi punti di vista. Sarà necessario che l’umanità riacquisti una conoscenza del mondo spirituale, per comprendere eventi che non rientrano nel novero della realtà sensibile. Fra quei fatti vi è anche ciò che si collega con il pensiero della resurrezione. Allora potrà di nuovo davvero vivere il pensiero della Pasqua. Per una generazione di uomini che pone la resurrezione nel novero dei miracoli irreali, il pensiero della Pasqua non può essere vivo. Esso sorse in un’epoca dell’umanità in cui vi erano ancora resti dell’antica e originaria conoscenza umana del mondo spirituale.

 

Sappiamo che all’inizio dell’evoluzione terrena gli uomini avevano un’istintiva chiaroveggenza, grazie alla quale potevano guardare nel mondo spirituale e rilevare che per loro esso valeva quanto il mondo fisico-sensibile. Quell’originaria e istintiva chiaroveggenza è scomparsa. Ne esistevano ancora gli ultimi resti nei primi tre secoli dell’evoluzione cristiana; in quei secoli quindi vi era ancora posto per una certa comprensione del pensiero pasquale, basata su antiche convinzioni umane. Tale comprensione, come tante volte abbiamo detto, si indebolì nel quarto secolo, quando cominciò a diffondersi l’idea, che poi si consolidò a partire dal primo terzo del secolo quindicesimo, secondo cui la vita umana consiste di idee astratte e morte. In tali pensieri astratti, nei quali doveva poi crescere la scienza, doveva anzitutto morire anche il pensiero della Pasqua.

 

Oggi è giunto il tempo in cui il pensiero della Pasqua deve risvegliarsi alla vita; per farlo, deve appunto passare dallo stato della morte a quello della vita. Caratteristico della vita è produrre da sé altra vita. Quando nei primi secoli della cristianità si diffuse il pensiero pasquale, le anime erano ancora abbastanza recettive per sperimentare interiormente la grandiosità della sepoltura del Cristo e dell’entità che risorge dal sepolcro, da allora in poi legata all’umanità. Le anime potevano interiormente sperimentare con vigore ciò che si presentava loro in quella poderosa immagine. Quell’esperienza interiore era una realtà nella vita dell’anima umana, una realtà che veniva veramente afferrata come solitamente il mondo sensibile esteriore afferra i sensi. Gli uomini sentivano di esser diventati diversi, dopo aver sperimentato la morte e la resurrezione di Cristo. Da quell’immagine si sentivano trasformati nell’anima, come di solito ci si sente trasformati a seguito di accadimenti fisici nel corso della propria vita terrena.

 

L’uomo si trasforma attorno ai sette anni con il cambio dei denti; si trasforma attorno ai quattordici, quindici anni con la pubertà: sono trasformazioni nel corpo. Con la visione del pensiero pasquale i primi cristiani si sentirono trasformati nell’intimo dell’anima, si sentirono come tratti fuori da un certo stadio del loro essere uomini e posti in un altro stadio.

 

Nel corso del tempo il pensiero della Pasqua perse questa sua forza, questa sua potenza. La può riacquistare se la resurrezione, che non può esser compresa secondo le leggi della natura, riacquisterà una realtà nell’ambito di una scienza dello spirito che appunto comprenda lo spirito. Si potrà comunque acquisire una realtà per ciò che va compreso spiritualmente, se lo spirito non verrà afferrato solo in pensieri astratti, ma in relazioni vitali con il mondo che si presenta ai sensi.

 

Chi vuole fissare lo spirito solo nella sua astrazione, chi ad esempio dice che lo spirito non va trascinato nel mondo fisico-sensibile, dovrebbe nello stesso modo anche muovere dal pensiero che l’entità divina verrebbe deturpata, se si pensasse che essa abbia creato il mondo. Il divino viene appunto compreso nella sua grandezza e potenza soltanto se non lo si pone al di là della sfera sensibile, ma se gli si attribuisce la forza di operarvi e di compenetrala creativamente. Si sminuisce la divinità, se la si vuole in qualche modo presentare soltanto in astratte altezze, in un paese di sogni. Non si vivrà mai in realtà spirituali, se si afferra lo spirito solo astrattamente, se non lo si mette in relazione con tutto il corso del mondo che ci si presenta.

 

Nella vita terrena lo svolgersi del mondo ci viene anzitutto incontro con la vita stessa che comprende un certo numero di anni, i quali presentano con ritmo regolare il ritorno di determinati eventi, come ieri ho appunto accennato. Dopo un anno ritorniamo più o meno alle stesse condizioni atmosferiche, alle stesse posizioni solari, e così via. Il corso dell’anno è qualcosa che si inserisce ritmicamente nella nostra vita terrena. Ieri abbiamo visto che esso comporta un’espirazione e un’inspirazione animico-spirituale fatta della Terra stessa. Se di nuovo ci portiamo davanti all’anima i quattro momenti principali del processo respiratorio della Terra, come abbiamo fatto ieri, dobbiamo dire che la festività natalizia ci presenta il trattenimento interiore del respiro della Terra. La Terra ha del tutto assorbito la sua parte animico-spirituale. Nelle sue profondità riposa tutto ciò che la Terra aveva dispiegato nel periodo estivo per farlo stimolare dal cosmo. Tutto ciò che si è aperto e si è dato alle forze cosmiche durante l’estate viene riassorbito dalla Terra, e nel periodo natalizio riposa nelle sue profondità. L’uomo non vive nelle profondità della Terra, ma sulla sua superfìcie; neppure con l’anima e lo spirito vive nel profondo della Terra, ma in effetti in ciò che la circonda. Anche con l’anima e lo spirito l’uomo vive nell’atmosfera che si muove attorno alla Terra.

 

Di conseguenza tutta la scienza esoterica da sempre riconosce l’essenzialità della Terra nel periodo del solstizio invernale, nel periodo del Natale, come qualcosa di nascosto, come qualcosa che non può essere visto con le normali forze conoscitive umane, come qualcosa che rientra nel campo dei misteri esoterici.

In tutti i tempi più antichi, in cui anche vi era qualcosa di simile alle nostre attuali festività natalizie, si stimava che quel che avveniva nella Terra nel periodo natalizio poteva venir compreso soltanto con l’iniziazione alla conoscenza dei misteri, ai misteri ctonici, come si chiamavano ancora in Grecia. Con questa iniziazione alla conoscenza dei misteri, l’uomo per così dire si estraniava talmente dall’atmosfera della Terra nella quale viveva con la propria coscienza usuale, che si immergeva in qualcosa in cui fisicamente non poteva immergersi; si immergeva nella sfera animico-spirituale, e così apprendeva che cosa la Terra diviene durante il pieno inverno, quando assorbe il proprio elemento animico-spirituale.

Con l’iniziazione a quei misteri l’uomo apprendeva che nel solstizio d’inverno la Terra è specialmente sensibile per essere compenetrata dalle forze della Luna. Se posso esprimermi in senso moderno, questo era il segreto natalizio degli antichi misteri: che appunto nel periodo natalizio si apprendesse come la Terra, per il fatto di essere compenetrata dal proprio elemento animico-spirituale, fosse nel suo interno specialmente sensibile all’attività delle forze lunari.

 

Ad esempio, in certi più antichi tempi non si aveva fiducia nella conoscenza medica di chi non fosse iniziato ai misteri dell’inverno, di chi non capisse come la Terra, quando tratteneva il respiro, fosse nel suo interno specialmente recettiva all’attività delle forze lunari, come in quel periodo soprattutto le piante fossero compenetrate di forze salutari, come in quel periodo la Terra facesse qualcosa di totalmente diverso non solo per il mondo vegetale, ma anche per quello degli animali inferiori.

 

L’iniziazione natalizia era sentita come una discesa nelle profondità della Terra, e le si collegava anche qualcosa d’altro; le si collegava qualcosa che in un certo senso era sentito come un pericolo per l’essere umano.

All’incirca ci si diceva: se veramente si guarda con amore ciò che come forza lunare vive nella Terra nel tempo natalizio, colmando di ciò la propria coscienza, si arriva a una specie di stato di coscienza nel quale si deve essere interiormente molto forti per far fronte all’urto delle potenze arimaniche che giungono da ogni lato, e che appunto vivono nella Terra avendo accolto l’attività delle forze lunari.

Ciò che permetteva all’uomo di sopportare la durata dell’esistenza terrena, era visibile solo nelle forze che egli sviluppava nel proprio elemento animico-spirituale per vincere la resistenza delle forze avverse.

 

Qualche tempo dopo le feste dei misteri natalizi i maestri raccoglievano i loro discepoli e, come in una specie di rivelazione, dicevano: certo, con l’iniziazione si può vedere in piena coscienza ciò che opera nella Terra nel solstizio invernale; quando però arriva la primavera col fiorente mondo vegetale, sale dalle profondità della Terra l’azione delle potenze arimaniche e compenetra tutto ciò che cresce e germoglia, e anche l’uomo stesso.

Nei tempi in cui all’uomo erano ancora date forze divine, come appunto avveniva ai primordi della Terra, grazie appunto a quell’originaria eredità divina gli uomini potevano resistere all’attacco delle potenze arimaniche che si riversavano sull’umanità nel periodo lunare invernale. Gli iniziati dicevano però anche ai discepoli che sarebbe venuto un tempo in cui gli uomini sarebbero diventati sordi allo spirito a causa delle forze della Luna che la Terra assorbe d’inverno.

Con il crescere e il germogliare in primavera, ci sarebbe stato come una specie di inebriamento dell’umanità nei confronti dello spirito, e l’umanità avrebbe perso la consapevolezza dell’esistenza della sfera spirituale. Se non avesse trovato la possibilità di resistere alle forze inebrianti, l’umanità sarebbe dovuta decadere, avrebbe dovuto cedere alla Terra e non si sarebbe potuta sviluppare insieme ad essa verso futuri e superiori stadi evolutivi.

 

In colori oscuri gli iniziati dipingevano l’epoca che per l’umanità sarebbe cominciata col secolo XV, quando essa certo sarebbe diventata grande grazie ai pensieri astratti e morti, ma avrebbe potuto riacquistare lo spirito solo sviluppando nuove forze spirituali per vincere la forza inebriante che sale dalla Terra.

 

Con questi pensieri ci poniamo più o meno nella relazione che intercorre tra il corso naturale dell’anno e quel che vive nello spirito, riconciliamo ciò che altrimenti sarebbe astratto, e che potrebbe solo essere pensato, con il corso naturale e sensibile che ci viene incontro, ad esempio, nei periodi dell’anno.

 

Contrapposto al mistero natalizio è il mistero di San Giovanni, al tempo del solstizio d’estate.

Ora la Terra ha del tutto espirato ed ha affidato la sua parte animico-spirituale alle potenze cosmiche extraterrestri, acquisendo tutto ciò che è appunto extraterrestre. Come già per il mistero natalizio, gli antichi iniziati dicevano che per penetrare i misteri di San Giovanni, ossia i misteri dei cieli, era necessario acquisire l’iniziazione. (Naturalmente i termini sono moderni, ma per questi misteri si sono sempre avute anche le forme antiche.)

 

L’uomo fa parte dell’ambiente terreno; come tale non fa parte né dell’interno della Terra, né dei suoi cieli.

Per questo doveva essere iniziato ai misteri sotterranei per poter conoscere quelli sopraterreni.

 

Per poter in qualche modo tenere in equilibrio la sfera sotterranea con quella sopraterrena,

si guardava al mistero della Pasqua e al mistero autunnale di Michele

che però, come ho detto, acquisterà un giusto significato solo in futuro.

 

Il mistero pasquale si presentò nella sua piena grandezza nell’evoluzione dell’umanità attraverso il mistero del Golgota e, come ho detto, fu compreso nel tempo in cui esistevano ancora i resti dell’antica chiaroveggenza. Gli uomini allora potevano ancora elevare la loro anima al Cristo risorto. Quindi il mistero della Pasqua non fu intessuto in un culto iniziatico, ma divenne un culto per tutta l’umanità.

Il mistero della Pasqua fu poi inserito nella celebrazione della Messa. Col ritirarsi dell’antica primitiva chiaroveggenza si perse anche la comprensione del mistero pasquale. Si comincia a discutere di qualcosa solo quando non la si comprende più; tutte le discussioni iniziate dopo i primi secoli cristiani circa il modo in cui deve esser colto il pensiero pasquale, hanno origine dal fatto che non se ne ha più la diretta ed elementare comprensione.

 

Abbiamo potuto spesso applicare anche al pensiero pasquale quel che ci dà la scienza dello spirito antroposofica. L’essenziale è che essa indica di nuovo forme di vita che non si esauriscono fra la nascita e la morte nel mondo fisico, e applica l’indagine spirituale anche all’ambito sensibile, rendendo comprensibile il modo in cui il Cristo poteva comunicare con i suoi discepoli anche dopo che il corpo fisico si era polverizzato. Alla luce della scienza dello spirito riacquista vivezza il pensiero della resurrezione; direi però che esso viene compreso appieno solo collegandolo col suo polo opposto.

 

Che cosa significa, infatti, il pensiero della resurrezione?

L’entità del Cristo discese dalle altezze spirituali, entrò nel corpo di Gesù, visse sulla Terra nel corpo di Gesù, per così dire portò forze extraterrene nella sfera terrestre; avendole qui portate, dal momento del mistero del Golgota quelle forze extraterrene furono legate con le forze dell’evoluzione dell’umanità.

 

• Da allora va sentito nell’ambito dell’evoluzione dell’umanità

ciò che nei tempi antichi gli uomini potevano vedere soltanto nelle lontananze dell’universo.

Dopo la resurrezione il Cristo si è legato all’umanità; da allora non vive soltanto in altezze sopraterrene,

ma entro l’esistenza terrena, vive nell’evoluzione, nella corrente evolutiva dell’umanità.

 

Questo evento non va visto soltanto in una prospettiva terrena, ma anche sopraterrena.

Bisogna considerare che il Cristo non soltanto è disceso dai mondi celesti sulla Terra per divenire uomo, come dono agli uomini, ma si deve vedere l’evento del Cristo anche nel senso che Egli per discendere sulla Terra si allontana dal mondo spirituale.

Gli uomini videro per così dire arrivare il Cristo nella loro sfera. Gli dèi videro il Cristo abbandonare il mondo celeste e immergersi nell’umanità. Agli uomini il Cristo apparve; per un certo mondo spirituale Egli scomparve.

Passando attraverso la resurrezione, Egli apparve a certe entità spirituali extraterrene come una stella luminosa che ora brilla loro dalla Terra verso il mondo spirituale. Entità spirituali descrivono il mistero del Golgota dicendo che dalla Terra una stella cominciò a brillare nel regno spirituale.

Che il Cristo fosse disceso in un corpo umano e avesse entro un corpo umano sperimentato la morte, fu sentito come qualcosa di oltremodo essenziale per il mondo spirituale. Sperimentando la morte in un corpo umano, immediatamente dopo quella morte Egli potè intraprendere qualcosa che gli dèi, suoi compagni spirituali di un tempo, non avevano potuto intraprendere.

 

Essi avevano contro di sé, come mondo avverso, ciò che anche nei tempi più antichi si chiamava inferno. L’azione di quelle entità spirituali aveva il suo limite alle porte dell’inferno. Quelle entità agivano sugli uomini.

Le forze dell’uomo però emergevano fin nell’inferno, e ciò non era altro che l’inconscio emergere dell’uomo entro le forze arimaniche al tempo dell’inverno e fino alla loro salita in primavera.

Gli esseri divino-spirituali sentivano ciò come un mondo loro contrapposto; lo vedevano salire dalla Terra e lo sentivano come un mondo oltremodo difficile; erano però in contatto con quel mondo solo indirettamente attraverso gli uomini, lo potevano per così dire solo osservare.

Poiché il Cristo era disceso sulla Terra ed era lui stesso diventato uomo, poteva ora discendere nel regno delle forze arimaniche e vincerle, cosa che appunto negli articoli di fede viene espressa con la discesa all’inferno.

 

Abbiamo così l’altro polo della resurrezione. Per l’umanità, Cristo discese dalle altezze divine, assunse la figura umana e fu in grado di scendere realmente nel regno ai cui pericoli è esposto l’uomo, nel regno in cui un tempo gli dèi, che non si erano esposti alla morte umana, non potevano scendere. Così a modo suo Egli conseguì la vittoria sulla morte, e con ciò, come altro polo della discesa nell’inferno, si ebbe la salita nel mondo spirituale, pur rimanendo Egli sulla Terra: il Cristo infatti si era così unito con l’umanità da scendere nell’inferno cui l’umanità è esposta.

Durante l’inverno e la primavera Egli potè conquistare per gli uomini ciò che dalle regioni extraterrene agisce dal tempo di San Giovanni fino all’autunno. Nel pensiero della Pasqua vediamo così riunite la discesa nella regione infernale e, attraverso quella discesa, la conquista della regione celeste per l’ulteriore evoluzione dell’umanità.

 

Tutto ciò rientra in una giusta comprensione del pensiero pasquale. Ma che cosa sarebbe il pensiero pasquale, se non potesse diventare vivente? In tempi antichi era possibile collegare il giusto sentimento al pensiero del solstizio invernale, solo perché dall’altra parte si aveva il pensiero di San Giovanni.

Disegnandolo schematicamente, se si aveva la Terra con le forze invernali nascoste profondamente al suo interno (arancione nel disegno di sinistra), la controparte era ciò che nell’estate si trova nell’atmosfera sopraterrena (arancione nel disegno di destra); entrambe erano afferrabili solo con l’iniziazione, ma collegate con ciò che era presente nell’atmosfera terrestre (verde nel disegno di destra).

 

 

Il Natale chiama San Giovanni, San Giovanni chiama il Natale. L’uomo si irrigidirebbe sotto le potenze arimaniche, se non potesse esporsi alle liberanti potenze luciferiche che danno di nuovo ali al pensiero, affinché non irrigidisca, ma possa di nuovo disgelarsi sotto l’azione della luce.

 

Nella sua evoluzione l’umanità aveva a tutta prima soltanto un polo, quello pasquale, ed esso si è paralizzato.

La festa della Pasqua non ha più la sua vitalità interiore. La riacquisterà, se si riuscirà a pensare alla festa pasquale in modo da poter dire: grazie a ciò che si esprime simbolicamente con la discesa all’inferno (e che in realtà può venir inteso come resurrezione) all’uomo fu dato un contrappeso per ciò che doveva venire, per la paralisi di ogni visione spirituale, per il morire nella vita terrena. Profeticamente il Cristo Gesù volle prevenire ciò che doveva presentarsi: ossia che l’uomo, durante la sua vita sulla Terra fra nascita e morte, dimenticasse lo spirito, il mondo superiore, e per così dire morisse allo spirito sopraterreno. A questo morire dell’uomo nella vita terrena si contrappone il pensiero pasquale della vittoria della vita sopraterrena su quella terrena.

 

• Da un lato vediamo dunque che l’uomo discende dalla vita preterrena in quella terrena, e che nel tempo che è cominciato con la prima metà del secolo XV egli dimenticherà nella vita terrena sempre più la sua origine sopraterrena, per così dire morirà rispetto alla sua anima nella vita terrena.

• Dall’altro lato c’è però un Essere spirituale-celeste che discese in un corpo umano e che con la sua azione, che ebbe effetto dai cieli sulla Terra, inserì mediante la resurrezione la sfera sopraterrena-spirituale fra gli uomini della Terra. Per ricordarcene, abbiamo la festa della Pasqua che presenta all’umanità l’immagine della sepoltura e della resurrezione del Cristo Gesù.

 

Il pensiero pasquale ricorda che Egli fu deposto nel sepolcro e poi risorse; questo propone il pensiero pasquale, nella sua cosmica saggezza: ▸″Guarda a te, uomo, tu discendi da mondi sopraterreni, ti minaccia il pericolo di morire rispetto alla tua anima, nella vita terrena. Viene però il Cristo che ti mostra come la sfera sopraterrena-spirituale, da cui anche tu discendi, vinca la morte. Tutto ciò ti sta davanti nella più grande delle immagini che possa mai esser stata proposta all’umanità: la sepoltura e la resurrezione del Cristo Gesù. Egli fu deposto nel sepolcro, ne risorse e apparve a coloro che poterono vederlo″.

 

Con le forze dell’anima paralizzate, però, questa immagine non può più divenire vivente. Come può ancora ritornare viva, con le forze paralizzate dell’anima odierna? Grazie a una fede tradizionale si può ancora guardare quel che offre la festa della Pasqua: la grandiosa immagine della sepoltura e della resurrezione. Con l’interiore forza dell’anima però non si riesce più da se stessi a collegarsi al pensiero della Pasqua, al pensiero della sepoltura e della resurrezione. Vi si può collegare qualcosa partendo dalla conoscenza spirituale. Si dovrà riconoscere che è possibile acquisire una conoscenza spirituale per comprendere quel pensiero. Poniamocelo quindi di fronte, per poterlo inscrivere a fondo nell’anima!

 

Il pensiero pasquale: • Egli fu deposto nel sepolcro, ed è risorto.

Poniamoci ora di fronte l’altro pensiero che deve poter arrivare all’umanità:

• Egli è risorto, dunque può essere deposto nel sepolcro.

 

• Il pensiero pasquale è: Egli fu deposto nel sepolcro ed è risorto.

• Il pensiero della festa di Michele è invece: Egli è risorto, dunque può essere deposto nel sepolcro.

 

Il primo pensiero, quello pasquale, si riferisce al Cristo;

il secondo pensiero si riferisce all’uomo,

all’uomo che appunto comprende la forza del pensiero della Pasqua:

dopo essere entrato nella vita terrena del presente, dove il suo elemento animico-spirituale si spegne,

egli, grazie alla conoscenza spirituale, può risuscitare la propria anima,

e così divenire vivo fra la nascita e la morte, interiormente vivo nella vita terrena.

 

Con la scienza dello spirito l’uomo deve comprendere questo interiore risorgere, questo interiore divenir desto;

allora potrà esser deposto nel sepolcro.

Sarà deposto nel sepolcro perché altrimenti cederebbe alle forze arimaniche

che agiscono entro la sfera terrena nel periodo del solstizio invernale.

 

• La festa che porta il pensiero: “Egli è risorto, dunque può esser deposto nel sepolcro”, deve invece cadere nel tempo in cui le foglie cominciano a ingiallire e a cadere dagli alberi, quando i frutti maturano, quando il Sole ha acquistato la forza di far maturare e anche appassire, e riporta all’interno della Terra ciò che in primavera era pieno di vigore e di forze di crescita, e cioè quando ciò che si evolve nella Terra inizia ad essere simbolo del sepolcro.

 

Se poniamo la festa della Pasqua nel tempo in cui la vita comincia a crescere e a germogliare, in cui le forze della crescita raggiungono la loro massima altezza, dobbiamo porre l’altra festa (quella che afferma: Egli è risorto, dunque può esser sepolto) nel tempo in cui la natura comincia ad appassire, in cui in essa si diffonde un’atmosfera sepolcrale, in cui all’anima umana può presentarsi il simbolo del sepolcro.

Nell’uomo si risveglia allora il pensiero di Michele, che però non si presta alla contemplazione come avveniva per il pensiero della Pasqua nei primi secoli cristiani. In quei primi secoli si guardava al Cristo deposto nel sepolcro e poi risorto. Nella contemplazione, l’anima si riempiva di forze, era rafforzata.

 

• Nel pensiero della festa dell’equinozio d’autunno

l’anima deve sentire la propria forza, non appellandosi all’osservazione, ma alla propria volontà:

accogli in te il pensiero di Michele, vincitore delle potenze arimaniche, il pensiero che ti dà la forza

di acquisire sulla Terra la conoscenza spirituale, affinché tu possa vincere le potenze della morte.

 

• Come il pensiero della Pasqua si presta alla contemplazione,

• quest’altro pensiero si rivolge alle forze della volontà;

accogliere la forza di Michele significa accogliere la forza della conoscenza spirituale nelle forze di volontà.

 

Così il pensiero pasquale può diventar vivo, può esser direttamente portato nella sfera umana animico-spirituale; e, come si sentiva il pensiero di San Giovanni quale polo opposto del pensiero del Natale, così si sentirà il pensiero di Michele, il pensiero della festa di Michele in autunno quale polo opposto del pensiero della Pasqua.

Come il pensiero natalizio, grazie alla sua interiore vivezza, dopo una metà dell’anno porta al pensiero di San Giovanni, così il pensiero pasquale porta a quello di Michele. L’umanità deve all’uopo acquisire una maturità esoterica, anche qui non pensando in astratto, ma così in concreto da poter tornare ad essere creatrice di festività; potrà così collegare di nuovo qualcosa di spirituale al corso dei fenomeni sensibili.

 

I nostri pensieri rimangono tutti astratti. Possono diventare quanto più possibile grandiosi e spirituali, ma se rimangono astratti non potranno compenetrare la vita. Proprio oggi che l’umanità arriva a pensare di fissare astrattamente la Pasqua in un giorno qualsiasi e non più in base alle costellazioni stellari, oggi che la conoscenza superiore è oscurata e non si vede più il nesso fra problemi morali spirituali e forze fisico-naturali, proprio oggi occorre risvegliare di nuovo la forza nell’uomo, in modo da collegare qualcosa di spirituale direttamente ai fenomeni sensibili del mondo.

 

Qual era infatti la forza spirituale dell’uomo, capace di stabilire festività nel corso dell’anno in base ai fenomeni stessi dell’anno? Era la forza spirituale originaria. Oggi gli uomini possono continuare a festeggiare qualcosa secondo le antiche usanze tradizionali, ma l’umanità deve riacquisire la forza esoterica in modo da poter inscrivere da sé qualcosa nella natura, secondo il corso naturale. Deve poter trovare la possibilità di afferrare il pensiero autunnale di Michele come fiore del pensiero pasquale.

Mentre il pensiero pasquale è il risultato del fiorire sensibile, il fiore del pensiero pasquale, ossia il pensiero di Michele, deve poter esser posto come il risultato dell’appassire fisico nel corso dell’anno.

 

Gli uomini devono reimparare a unire nel pensiero lo spirito e il corso della natura.

Oggi non soltanto è ammesso occuparsi di pensieri esoterici: è necessario operare esotericamente.

Sarà però possibile solo se si sarà in grado di formulare i propri pensieri in modo concreto e vivo, così che non ci si isoli da tutti gli avvenimenti per poter riflettere, ma si pensi in accordo col corso degli eventi, con l’appassire delle foglie e il maturare dei frutti, in senso micheliano, come in senso pasquale si era in grado di pensare in accordo con le piante che spuntano e germogliano e i fiori che sbocciano.

 

Quando si imparerà a pensare secondo il corso dell’anno,

ai pensieri si mescoleranno le forze che permetteranno di nuovo di dialogare

con le forze divino-spirituali che si manifestano nelle stelle.

 

• Dalle stelle gli uomini avevano appreso la forza per stabilire festività che avessero una validità umana,

e ora devono stabilirle in base alla loro interiore forza esoterica.

Potranno allora dialogare con gli dèi e collegare l’esistenza umana con l’esistenza degli dèi,

con le piante che maturano e appassiscono, con la Terra morente,

avendo trovato il giusto e interiore modo di stabilire le festività.

 

Allora si avrà di nuovo anche il giusto pensiero pasquale,

quando sarà così vivo da far scaturire da sé il pensiero di Michele.