Il mistero dello spirito


 

Emergono dalle opere di Rudolf Steiner, così ricche di contenuto conoscitivo e così piene di vita reale, come delle granitiche costruzioni di pensiero e noi intuiamo che esse formano gli stessi capisaldi spirituali dell’evoluzione umana. Una di queste costruzioni spirituali è indubbiamente quella che mostra il graduale sviluppo del pensiero umano da Aristotele fino ai giorni nostri.

Se vogliamo riassumere in pochissime parole il motivo conduttore di questa evoluzione come appare nelle opere del Dottore, possiamo dire:

 

• l’uomo ha sviluppato il suo pensiero a contatto con la realtà fisico-terrestre.

Questo pensiero è però anche atto a comprendere la realtà divino-spirituale del mondo.

 

Non possiamo a tutta prima nemmeno immaginare ciò che di spiritualmente sublime si cela dietro a queste semplici parole. Qui siamo in presenza di una delle più grandi rivelazioni del Dottore, qui vediamo la stessa essenza dell’antroposofia. Dobbiamo difatti ammettere che se quelle parole non sono vere, se il pensiero umano non è atto a comprendere la realtà divino-spirituale del mondo, allora l’insegnamento del Dottore è vano, l’antroposofia è una pazzia e gli sforzi di noi tutti non hanno senso né scopo e sappiamo che molti sono dell’opinione che a base dell’antroposofia sta, più che una comprensione di pensiero, la diretta esperienza dei mondi spirituali.

Questa opinione non corrisponde però al pensiero e all’insegnamento di Rudolf Steiner. Moltissimi uomini hanno, anche nel tempo nostro, dirette e personali esperienze dei mondi soprasensibili e sono semplicemente degli anormali.

 

Per l’uomo del nostro tempo

non è di speciale importanza l’esperienza diretta dei mondi soprasensibili,

ma la comprensione senza preconcetti dell’insegnamento degli Iniziati.

 

Questo ci riuscirà chiaro nel corso della nostra odierna trattazione.

 

Il pensiero umano è atto a comprendere l’essenza spirituale del mondo.

Ho detto che queste parole celano nella loro semplicità una delle più grandi rivelazioni di Rudolf Steiner. Ora dirò di più. Per quanto possiate cercare nel contenuto dottrinale sia dei saggi-iniziati orientali, sia dei filosofi-scienziati occidentali, non troverete mai nulla di simile. Troverete tanto qui che là solo delle concezioni che negano tale fatto. Questa è una verità che fu pronunciata per la prima volta da R. Steiner. Con ciò egli adempiva ad un mandato di Dio ed apriva all’umanità la via dell’avvenire.

 

Possiamo ora osservare che il pensiero umano fu potenziato al massimo grado durante il Medioevo per opera dei frati domenicani. Il pensiero scolastico è però ancora chiuso in se stesso e tratta di problemi teologici. Esso non s’occupa dei fatti e delle cose del mondo. Giordano Bruno e Tommaso Campanella appaiono perciò come due rivoluzionari dello spirito.

Questi due grandi geni levano di tanto in tanto gli occhi dai testi sacri della rivelazione e li volgono sulle meraviglie del mondo. Ne riportano l’impressione che il mondo sia ancor pur sempre un testo sacro e che la rivelazione di Dio possa ricercarsi anche nelle opere meravigliose della natura. Perciò vengono condannati come eretici.

Il loro sacrificio non resta però vano ed apre all’umanità un nuovo sterminato orizzonte. I tempi nuovi s’aprono con Galileo Galilei, il quale applica con arte da maestro il suo pensiero alla comprensione dei fenomeni del mondo. Troviamo nelle opere di Galileo una pagina di classica grandezza, quella in cui egli dà la spiegazione della luce cinerea della Luna. Osserviamo la semplice grandiosità del suo ragionamento: «La Luna non ha luce propria, perciò la luce cinerea non può aver origine dalla Luna stessa. Questa luce può quindi provenire o dal Sole o come riflesso indiretto dalla Terra. Non è pensabile che provenga dal Sole perché vediamo in modo chiaro la parte della Luna rischiarata dal Sole. Proviene quindi dalla Terra e precisamente da quella parte della Terra che in quel momento è illuminata dal Sole».

 

Sono passati secoli d’allora e la scienza non ha trovato alcuna migliore spiegazione per la luce cinerea della Luna. Per comprendere la grandezza di Galileo, pensiamo che anche noi abbiamo visto tante e tante volte la luce cinerea della Luna, abbiamo visto cioè come dentro alla falce lunare risplendente stesse un globo più scuro, e nella nostra mente non si è formato alcun pensiero.

 

Galileo invece osserva il fenomeno e ne trova la spiegazione per puro atto di pensiero. Noi abbiamo riportato il suo ragionamento in forma scheletrica, ma anche così possiamo vedere come esso proceda al pari di una proposizione teologica, nei modi consueti alla scolastica. Il pensiero moderno si è sviluppato nei conventi, anche se oggi viene applicato in tutt’altri campi della conoscenza.

 

Questo pensiero però, uscito dai conventi e messo sul banco di prova delle conoscenze naturali, è atto, se debitamente rinvigorito, ad afferrare il contenuto spirituale del mondo. E qui vorrei citare un’altra pagina classica. La troviamo nell’opera del Dottore Introduzione alla conoscenza soprasensibile. Un capitolo di quest’opera tratta del destino umano. Con la sola forza di pensiero viene cercato di accendere nell’anima umana la convinzione delle ripetute vite terrene e la comprensione della legge del karma. Naturalmente ci sono delle difficoltà enormi per comprendere la linea di pensiero seguita dal Dottore, ma solo a contatto con queste difficoltà l’anima si desta e si rinvigorisce.

 

Per comprendere lo spirito nella natura, è necessario che si muti l’atteggiamento dell’anima nei confronti delle apparenze sensibili.

Sappiamo che lo scienziato naturalista ricerca dovunque le cause dei fenomeni. Quando la causa è trovata e ad essa il pensiero ha congiunto una legge, si dice a ragione che si è pervenuti alla spiegazione del fenomeno. Così, ad esempio, abbiamo un seme, lo poniamo in terra e dopo qualche tempo vediamo sorgere una pianta. Il nostro pensiero tira un rapporto di causa ed effetto tra il seme e la pianta e nel seme troviamo la spiegazione della pianta e ce ne appaghiamo. Insomma quel pensiero che ha dato all’uomo la conoscenza del mondo fisico e il dominio sulle forze della natura, procede nel modo seguente: prima determina la causa particolare e poi si eleva alla legge generale del fenomeno. L’anima è posta così davanti a una polarità

 

 

In tal modo si è dentro come a un cerchio di ferro e non si riesce ad uscire dalla materialità.

Il pensiero che voglia arrivare alla spiritualità del mondo, deve battere altre strade.

 

Pensiamo ancora una volta al seme. Ecco, lo abbiamo qui in mano: è una chicco di grano. È inutile che lo consideriamo una causa. Causa di che? Possiamo ridurlo in polvere, analizzarlo, ma non vi troveremo assolutamente nulla che possa spiegare la futura configurazione fisica della pianta di frumento.

Eppure noi sappiamo con assoluta certezza che il seme è in modo misterioso il portatore di un elemento che non appartiene al mondo dei sensi. Se vi appartenesse, potremmo percepirlo o con i sensi o con gli strumenti. Questo elemento è di natura spirituale ed è tanto potente che riesce a portare a manifestazione fisica la pianta di frumento.

Ripeto: senza aver mai percepito questa occulta forza spirituale, noi sappiamo con assoluta certezza ch’essa esiste. Come e perché lo sappiamo? È il pensiero che ce lo dice; è il pensiero che ci porta all’infallibile convincimento dell’esistenza di una realtà che non cade e non cadrà mai sotto la nostra percezione sensoria.

 

Con il pensiero noi veniamo in ogni fenomeno fisico a contatto con la realtà spirituale del mondo.

 

Abbiamo scelto un esempio facile, ma importante, tanto è vero che lo troviamo nelle pagine di Rudolf Steiner. Esso indica la direzione in cui dobbiamo rivolgere i nostri sforzi. In ogni manifestazione del mondo fisico noi dobbiamo sentire la presenza dello spirito nascosto. Non dobbiamo però lasciarci trasportare dalle illusioni e dalle fantasticherie sentimentali. È solo il pensiero che deve dirci con chiarezza e con certezza: qui è presente la spiritualità.

 

Naturalmente non dobbiamo sperare che il nostro pensiero ci mostri subito dietro ogni fatto del mondo l’occulta essenza spirituale. Questa è una meta troppo alta per noi e verrà realizzata appena alla fine della nostra epoca post-Atlantidea. Noi dobbiamo piuttosto educare il pensiero in questa direzione. Abbiamo visto che lo scienziato materialista considera il mondo come causa dei fenomeni fisici e che perciò il pensiero gli appare come astrazione. Difatti il pensiero non può essere per lui che una superflua immagine mentale di quanto avviene nel mondo.

 

Noi dobbiamo invece volgere il nostro pensiero in un’altra direzione. Il mondo deve apparirci sempre più come effetto di occulte cause spirituali. E ciò non per partito preso, per presunzione infondata, per ingiustificabile preconcetto spirituale. Niente di tutto questo. È lo stesso pensiero che per virtù propria deve condurci gradatamente a tanto. Sempre meno il pensiero deve essere per noi un’astrazione, cioè una vuota immagine dei fatti fisico-sensibili. Sempre più esso deve diventare per noi una forza reale capace di metterci a contatto con il contenuto spirituale del mondo. La meta a cui dobbiamo tendere è la seguente:

 

 

Anche qui abbiamo una polarità, ma essa si ricongiunge nell’armonia dello spirito ed apre una via di conoscenza. Non siamo più in un cerchio chiuso come è il caso dello scienziato materialista il quale non riesce a stabilire un rapporto tra mondo e pensiero. Questo rapporto noi lo troviamo nella piena realtà dello spirito. Il pensiero tende difatti a trasformarsi per noi in un senso speciale dello spirito.

 

Vogliamo ora dare altri esempi per mostrare l’atteggiamento interiore che bisogna assumere per dirigere il pensiero verso questa meta.

Siamo qualche volta pervasi di meraviglia davanti alla vita piena di armonia e di saggezza che conducono certi animali, come per esempio le formiche, le api, i castori, ecc. Di fronte a fatti così meravigliosi non dobbiamo degradare il pensiero ricercando una spiegazione nella potenza dell’istinto, ecc. Rendiamoci conto che se facciamo ciò, ci condanniamo a cadere nell’astrazione. Istinto è difatti qui una mera parola, alla quale non sappiamo connettere alcun concetto preciso. Se ci asteniamo da spiegazioni astratte, è probabile che lentamente sorga in noi il senso della realtà. Forse non ci eleveremo subito all’idea di un’anima collettiva spirituale, ma certamente avremo il senso dell’azione di una potenza soprasensibile e la sentiremo come reale. Il che è l’essenziale: avere in noi sempre più la certezza dello spirito.

 

Anche di fronte alla così misteriosa migrazione degli uccelli, non dobbiamo a tutti i costi voler trovare una spiegazione razionale. Lasciamo piuttosto aperta la nostra anima a quello che vorrà ispirarci la stessa realtà.

Molte volte abbiamo avuto il modo di osservare come di notte i rumori si sentano meglio che di giorno. La scienza dice che durante la notte s’eleva l’umidità dell’aria e che perciò la trasmissione dei suoni avviene con maggior intensità. Noi dobbiamo astenerci però dal ricercare subito una spiegazione fisica del fatto. Viviamolo piuttosto nella nostra anima ed apriamoci all’idea che l’oscurità non è un niente, ma che essa ha una vita propria e manifesta potenza. Consideriamo come manifestazione di tale potenza anche la paura ritenuta irragionevole che delle tenebre hanno i bambini e certe persone sensibili. Cerchiamo di vivere sempre nei fatti, non nelle spiegazioni astratte. È certo che allora i fatti parleranno al nostro pensiero in modo giusto.

 

Il pensiero è dunque atto a suscitare in noi la comprensione e la convinzione assoluta dello spirito. È necessario mettere in rilievo il fatto che lo spirito che viene riconosciuto dal pensiero, continua poi a vivere in noi come certezza interiore. E avviene così che allora noi stessi ci riconosciamo come spirito, sentiamo di essere delle entità spirituali.

 

Il pensiero esercitato in modo che esso avverta dovunque nel mondo la presenza dello spirito,

dà nel contempo all’uomo la consapevolezza della sua entità eterna.

L’uomo comincia a considerare la sua esistenza esteriore come effetto del suo spirito.

 

Ora però dobbiamo porre un quesito molto importante. Quando il pensiero ci porta a riconoscere dovunque nel mondo la presenza dello spirito, a che cosa veramente perveniamo? Quale è il risultato che abbiamo così ottenuto? Abbiamo semplicemente in noi la convinzione astratta di uno spirito non sperimentabile direttamente?

In molte opere di Rudolf Steiner troviamo la giusta risposta a queste domande. R. Steiner ci dice difatti ripetutamente e dai più svariati punti di vista che lo spirito che ci viene incontro dalle manifestazioni della natura è lo Spirito Santo.

Il pensiero ci porta dunque non a una spiritualità indefinita, ma a una stessa forma d’essere della divinità.

 

Ora cercheremo di comprendere l’importanza di questo fatto. Abbiamo concluso la conferenza che apriva il passo a questa, citando alcuni brani del Dottore in cui ci vien posto in rilievo il fatto che è compito dell’uomo dell’epoca post-Atlantidea di riconoscere con il pensiero l’ordinamento divino del mondo e di assoggettarvisi liberamente. Ormai siamo in grado di comprendere il significato di queste parole, a cui possiamo anche dare il senso seguente.

È compito dell’umanità post-Atlantidea di pervenire alla conoscenza di quell’Essere divino che è lo Spirito Santo. Tutta l’evoluzione dell’epoca post-Atlantidea, che come sappiamo si svolge attraverso sette culture – l’indiana, la persiana, l’egiziana, la greco-latina, la nostra in corso e le future sesta e settima – è diretta dalle Entità Spirituali in questo senso. Il pensiero umano nel corso di questa evoluzione diviene sempre più potente e sempre più atto a penetrare nelle basi spirituali del mondo. Tutto ciò è nel vero senso della parola opera dello Spirito Santo.

 

• L’evoluzione post-Atlantidea si svolge sotto l’impulso dello Spirito Santo.

Questo è il carattere saliente della grande epoca in cui si svolge presentemente lo sforzo umano dell’ascesa spirituale.

• L’epoca passata invece, quella atlantica, fu una manifestazione del Padre.

Troverete il significato di tale fatto nelle opere del Dottore, laddove egli parla dell’essenza dei Misteri atlantici e delle forme antiche d’iniziazione.

• Nel futuro l’umanità vedrà la manifestazione del Figlio, del Cristo Risorto.

Oggi però non è ancora matura a tanto. Di fronte a una così elevata manifestazione della spiritualità divina, resterebbe semplicemente abbacinata.

 

Sappiamo, dalla lettura del Vangelo di S. Giovanni, che il Cristo Gesù, nell’accomiatarsi dai suoi discepoli, promise loro un Consolatore. Perché ciò? Perché Egli stava per elevarsi ad una sfera spirituale tanto alta da essere inaccessibile ad ogni essere umano. Nel Vangelo sta scritto: «Dove io vado, voi non potete venire. Ve ne mancano le forze».

Il Cristo pensa alla sua Ascensione celeste, al suo ritorno al Padre. All’Ascensione s’accompagna però la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo, la venuta del Consolatore promesso. Contempliamo con gli occhi dell’anima questo grandioso fatto divino pieno di significato:

• il Cristo si eleva a sfere inaccessibili,

• lo Spirito Santo discende tra gli uomini.

 

L’insegnamento del Dottore ci permette di accostarci con comprensione anche a questo profondo mistero dell’evoluzione umana. Mi riferisco in particolar modo a una conferenza di Rudolf Steiner tenuta a Dornach il 30 luglio 1922.

Una domanda preliminare ci servirà da guida: come giunge l’uomo alla coscienza?

Sappiamo che l’uomo è un’entità molto complessa. La base di questa entità è data da tre arti corporei: il corpo fisico, il corpo eterico, e il corpo astrale. Al di sopra, come separato, sta l’Io. E che cosa fa l’Io? Guarda giù, verso il corpo fisico, verso il corpo eterico, verso il corpo astrale. Questi tre arti fanno in un certo qual modo da specchio.

 

L’Io guarda in tre specchi diversi e vede tre immagini del suo essere.

• Queste tre immagini dell’Io sono l’anima senziente, l’anima razionale e l’anima cosciente.

 

 

Nelle tre anime vive la coscienza.

• Possiamo perciò dire che la coscienza nasce come riflesso dell’Io nella corporeità.

 

Perché questo avvenga è necessario che gli arti corporei vengano annullati e servano unicamente come specchio. Del resto ogni uomo può osservare che egli può mantenere la coscienza solo ponendo in oblio la sua corporeità. Se l’attività corporea prevale, come avviene in certi stati patologici, la coscienza viene sommersa. Dobbiamo dunque mettere in piena evidenza questo fatto della natura umana: l’Io può vivere nell’uomo solo a patto di annullare, ai fini della coscienza, la corporeità.

Nelle opere di Rudolf Steiner si possono trovare descritti perfino i sottili processi fisiologici sui quali si basa questo annullamento. Esprimendoci in termini piuttosto netti, possiamo dire: l’Io distrugge la corporeità.

 

Ora prospettiamoci il caso che un Io umano, costituito nel modo che qui sopra abbiamo esposto, venga a contatto con il principio cristico. Che cosa avverrebbe?

 

Il principio cristico è intanto costituito da un Io che è infinitamente superiore all’Io umano.

L’Io umano è un Io individuale, mentre l’Io cristico è un Io universale.

Questo Io non può scendere fino al punto di rispecchiarsi negli arti corporei

e di creare in questo rispecchiamento l’anima senziente, l’anima razionale e l’anima cosciente.

L’Io cristico sta per lo meno di tanto al di sopra del nostro Io, quanto questo sta al di sopra della corporeità.

E come l’Io inferiore si serve della corporeità unicamente come di uno specchio,

così l’Io superiore, cioè quello cristico, non considera l’Io inferiore altrimenti che un oggetto in cui riflettersi.

 

Abbiamo visto che, come conseguenza del riflesso dei tre arti corporei, il nostro Io inferiore si articola come fatto di coscienza in anima senziente, anima razionale e anima cosciente. Abbiamo dunque da considerare un Io inferiore diviso in tre immagini riflesse e sopra questo Io inferiore sta ora l’Io cristico superiore di natura superumana.

 

L’Io superiore si riflette in queste tre immagini dell’Io inferiore e suscita così tre aspetti più alti dell’essere umano,

che noi conosciamo con i nomi di Sé Spirituale, Spirito Vitale e Uomo Spirito.

 

 

È da tener presente che l’Io superiore è così potente che ciò che esso suscita in tal modo dall’Io inferiore

non è ora più una mera immagine, ma è una realtà spirituale, un modo d’essere dell’uomo futuro.

• L’anima senziente, l’anima razionale e l’anima cosciente sono immagini dell’Io inferiore.

• Il Sé Spirituale, lo Spirito Vitale e l’Uomo Spirito sono forme reali dell’Io superiore.

 

Dobbiamo giungere alla conclusione che se il principio cristico dell’Io superiore si congiungesse con l’Io inferiore verrebbero suscitati nell’uomo gli arti dell’avvenire. Solo che l’uomo non ne saprebbe assolutamente nulla. Perché? Perché la sua coscienza verrebbe annientata.

Proprio nel modo con cui l’Io inferiore, per venire a coscienza, distrugge la corporeità, l’Io superiore per realizzarsi distrugge le immagini riflesse dell’Io inferiore, cioè l’anima senziente, l’anima razionale e l’anima cosciente.

Ecco dunque perché l’umanità non è ancora matura per esperimentare una manifestazione del Cristo. Un incontro con il principio cristico non avrebbe altro risultato per l’uomo non preparato che l’annientamento dell’Io inferiore e della coscienza.

 

Il Cristo è asceso alle altezze spirituali, perché l’umanità non può sopportare ancora la sua manifestazione.

• Però ha mandato il Consolatore, lo Spirito di Verità, lo Spirito Santo, il quale è accessibile a tutti gli uomini.

 

È compito di ogni uomo della nostra epoca quello di aprire liberamente la sua anima alle influenze dello spirito. Può farlo in un solo modo, superando cioè con lo sforzo del pensiero l’opaca scorza materialistica e giungendo fino all’essenza spirituale delle cose.

 

Il pensiero deve rivelarci che il mondo nel quale viviamo

non è che l’espressione fisica di un ordinamento cosmico divino-spirituale.

 

La manifestazione dello spirito è negata alla nostra epoca. E tuttavia non possiamo dire che la nostra sia un’epoca desolata e buia. Non lo è, perché può conoscere la consolazione dello spirito.

 

Senza percepire direttamente i mondi dello spirito, l’uomo del tempo nostro può edificare nell’anima

il convincimento profondo o addirittura la certezza assoluta della loro esistenza. E ciò per opera del pensiero.

Il pensiero deve dirci: qui è presente lo spirito, anche se nessun senso può rivelarmelo.

 

Ora si potrebbe pensare che questo riconoscimento dello spirito per opera del pensiero sia di scarsa importanza e che comunque non porti alla realtà. Perciò molte anime anziché dedicarsi a uno strenuo lavoro di pensiero, forse troveranno più saggio sviluppare le facoltà della diretta veggenza spirituale. Un certo sentimento si fa valere difatti in molti uomini e fa dire loro: anziché sapere soltanto che lo spirito c’è, preferisco vederlo.

 

Non si vuole negare naturalmente che alcune anime umane, per disposizione interiore, siano destinate a dedicarsi allo sviluppo occulto e ad aspirare alla veggenza. Risvegliare le proprie facoltà latenti per oltrepassare la soglia del mondo spirituale, non significa in ultima analisi altro che prepararsi alla manifestazione del Cristo. Vorrei dire che questa è la missione di un gruppo di pionieri dell’umanità. È da notare però che

nessun uomo del nostro tempo perviene a una veggenza giusta e sana,

se prima non ha riconosciuto lo spirito con il pensiero.

 

Questo libero riconoscimento dello spirito per opera del pensiero è come abbiamo visto,

il compito principale dell’epoca post-Atlantidea.

 

Ora dobbiamo cercar di capire il significato di tale fatto.

Rudolf Steiner ci rivela un profondo mistero della Trinità divina.

Egli ci dice che il Padre e il Figlio sono Esseri divini che si manifestano,

mentre lo Spirito Santo non si manifesta.

Lo Spirito Santo è lo Spirito invisibile. Di esso si può dire soltanto che è, non come è.

 

• Da ciò possiamo capire che quando noi per mezzo del pensiero siamo giunti all’obiettivo riconoscimento dello spirito che opera nell’universo, abbiamo contemporaneamente toccato un’altra meta. Ormai siamo al cospetto di una Divinità originaria.

• Non vi è assolutamente altro modo per pervenire alla realtà dello Spirito Santo.

 

In questo particolare momento della nostra evoluzione

possiamo riconoscere lo Spirito Invisibile soltanto nel mondo dei sensi, per mezzo del pensiero chiarificato.

Ma ciò che così conquistiamo, s’unisce al nostro essere come un valore eterno.

Quando, attraverso la porta della conoscenza o quella della morte, entriamo nei mondi spirituali,

ci folgorano incontro le manifestazioni dello spirito e conosciamo il regno del Padre e il regno del Figlio.

Lo Spirito Santo non ci folgora però incontro, perché questo è un Dio che non si manifesta.

Esso rappresenta il modo d’essere invisibile della Divinità.

 

Le manifestazioni dello spirito avranno per noi un altro significato, se dalla Terra avremo riportato nella nostra anima la certezza incrollabile della spiritualità. Sulla Terra abbiamo trovato il Divino invisibile e nonostante la sua impercepibilità, abbiamo edificato nella nostra anima la certezza della sua esistenza. Ora portiamo con noi questa certezza nel mondo spirituale. Che cosa avviene?

Il mondo spirituale ci offre le sue manifestazioni e noi gli diamo in cambio la certezza della verità che ci siamo conquistata in Terra. Nasce così un meraviglioso completamento. Le manifestazioni dello spirito incontrano la certezza interiore e perciò non abbacinano ma diventano chiare e sostenibili. Da una parte sta dispiegato il mondo spirituale in tutto il suo fulgore e dall’altra, nell’intimo dell’anima, sorge lo stesso fondamento della realtà. Di fronte all’Essere divino che dice: «Ecco la mia manifestazione», l’anima ha la forza di rispondere: «Ti riconosco».

Sempre quando lo spirito viene riconosciuto, questo avviene per grazia dello Spirito Santo. Perciò nessuno potrebbe riconoscere una manifestazione dello spirito senza ricorrere all’aiuto del Consolatore.

 

Mentre per mezzo del pensiero chiarificato dal materialismo ci rendiamo sempre più ricettivi allo Spirito Invisibile, prepariamo contemporaneamente la nostra anima alla manifestazione dello Spirito Visibile.

Difatti quando per mezzo del pensiero abbiamo riconosciuto che il mondo è retto da un ordinamento divino, troviamo la necessità di inserire anche il nostro Io personale nell’ordine divino dell’universo.

Nel momento in cui realizziamo ciò, siamo maturi per ricevere la manifestazione del Cristo.

L’Io superiore non annienterà più il nostro Io inferiore, perché noi abbiamo fatto di questo un’immagine di quello.

E quando il Cristo ci comparirà dinanzi in tutta la sua gloria di Risorto e ci dirà: «Ecco la mia manifestazione!».

Noi, per la grazia dello spirito Santo, potremo sostenere la visione e dire: «Ti riconosciamo».

 

Oh, questo è certamente l’altissimo ideale al quale tutti aneliamo. Noi tutti viviamo nella speranza che un giorno seppure ancora tanto lontano l’anima nostra s’apra alla manifestazione del Risorto e dica: «Ti riconosco. Ti ho amato e ho sperato in te, in te ho avuto fede anche quando tu dimoravi in regioni inaccessibili. Ora sei qui e ti riconosco; ora so che il mio amore, la mia speranza e la mia fede erano veraci».

Ma affinché questo possa avvenire nel futuro, rivolgiamoci già oggi allo Spirito Invisibile, a quello spirito che dovunque opera nel mondo e che mai abbiamo visto, che mai abbiamo percepito, a quello spirito che non si apre ai sensi e non si rivela all’anima, e illuminati dallo Spirito Santo diciamo con profondo convincimento interiore: «Tu sei!»

 

Trieste, 21 settembre 1946