Le forze della terra e del cosmo.

O.O. 327 – Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura – 10.06.1924


 

Sommario: Il terreno agricolo quale organo reale. L’individualità di un’azienda agricola. Reciproche azioni viventi. Elementi costatici riflessi. L’intima vitalità delle sostanze. Chimismo cosmico. La corrente cosmica verso l’alto. L’immediato terrestre. Il calore dei fiori e delle radici. La forza di cristallizzazione. L’individualità vivente nel tempo. Il caos dei semi. La formazione naturale del. l’humus. Gli elementi di base della crescita vegetale. L’elemento solare. La grande trasformazione all’interno della natura. Analisi cosmica qualitativa. Forma e colore nella figura degli animali. Struttura e consistenza della loro sostanza.

Nelle prime conferenze cercheremo di raccogliere le conoscenze relative alle condizioni di prosperità dell’agricoltura, conoscenze che si rendono necessarie per poter poi trarre le conseguenze veramente pratiche che devono realizzarsi nell’applicazione diretta e che solo nella pratica hanno il loro significato. Già dalle prime conferenze dovremo così considerare come si formino i prodotti dell’agricoltura, e come essi vivano nell’intero contesto del mondo. Un’azienda agricola al realista nel miglior senso della parola se può venir concepita come una specie di individualità a sé stante, come un’individualità conchiusa in sé stessa. Ogni azienda dovrebbe avvicinarsi nella massima misura possibile a questa condizione. In senso assoluto ciò non potrà essere raggiunto, ma l’azienda deve cercare di avvicinarsi il più possibile alla condizione di essere un’individualità conchiusa in sé stessa. Ciò significa che si deve avere la possibilità di trovare in seno all’azienda quanto è necessario per il suo funzionamento, compreso naturalmente il relativo bestiame. Quindi il concime e le altre cose del genere che arrivano nell’azienda dall’esterno, in un’azienda ideale dovrebbero già essere considerati come un rimedio per un’azienda malata.

 

Un’azienda agricola sana dovrebbe poter generare in te stessa tutto quanto essa richiede; vedremo in seguito perché questo è il processo naturale. Finché non si guardano le cose nella loro essenza e realtà, ma solo materialmente dall’esterno, è giustificato chiedersi se non sia indifferente prendere il letame dall’azienda del vicino invece che dalla propria. Come ho già detto, l’autosufficienza non si può realizzare in senso stretto, ma occorre comunque avere il concetto della necessaria autosufficienza di un’azienda, se si vuol procedere su basi reali.

 

Che questa esigenza abbia una certa giustificazione risulterà chiaro osservando da un lato il terreno dal quale germogliano i prodotti agricoli, e dall’altro ciò che da fuori agisce sulla terra stessa. Di quel che agisce sulla terra dall’esterno oggi si parla per lo più in modo assai astratto. Certo si sa che la luce e il calore del sole, con i relativi fenomeni meteorologici, hanno un certo influsso sulla formazione del terreno su cui cresceranno i prodotti, ma la concezione odierna non è in grado di dire come le cose stiano realmente, perché non penetra nella realtà, nei fatti veri e propri. Oggi noi prenderemo le mosse da una prospettiva che mostri come a base dell’agricoltura si abbia il terreno agricolo; più avanti seguiremo anche altre prospettive.

 

Il terreno agricolo, che segno qui nello schema con una riga trasversale (si veda il disegno seguente) viene d’abitudine considerato come qualcosa di solo minerale nel quale, o perché si forma dell’humus o perché vi si apporta del concime, si aggiunge qualcosa di organico; ma che il terreno come tale abbia in sé una certa vita, che sia per se stesso già qualcosa di vegetale e che in esso vi siano attive persino forze astrali, sono cose che oggi non vengono prese in considerazione, e tanto meno accettate. Se poi si dice che inoltre l’intera vita del terreno, in una misura che vorrei dire molto fine, è assolutamente diversa in estate e in inverno, si vengono a toccare sfere di immenso valore per la pratica, oggi però del tutto ignorate. Partendo dal terreno, è necessario rendersi conto che esso è una specie di organo in seno all’organismo che si mostra nei fenomeni di crescita della natura, là dove tali fenomeni esistono.

 

 

Il suolo è un vero e proprio organo che, volendo, si può paragonare al diaframma dell’organismo umano, ce ne possiamo fare un’immagine esatta, anche solo approssimativa perché dovrà servirci soltanto per chiarimento, se diciamo che al di sopra del diaframma umano troviamo certi organi, anzitutto la testa e i processi di respirazione e circolazione che ad essa provvedono, e che al di sotto vi sono altri organi. Se per questo aspetto continuiamo quindi il paragone fra il suolo e il diaframma umano, possiamo dire che al di sotto del suolo si trova la testa dell’individualità che possiamo considerare in questo caso, e che noi con tutti gli animali ci muoviamo nell’addome di tale individualità. Quel che è al di sopra del suolo corrisponde a ciò che è parte dell’intestino dell’individualità agricola (per dargli appunto un nome). Quando camminiamo su un terreno agricolo ci muoviamo propriamente nel ventre dell’azienda agricola; anche le piante crescono nel ventre dell’azienda. Abbiamo quindi a che fare con una individualità che sta con la testa in giù e che vediamo rettamente soltanto se la consideriamo in questo modo, anche in relazione con l’uomo. Nel corso di queste conferenze vedremo che per gli animali le cose stanno un po’ diversamente. Ma perché dico che l’individualità dell’azienda agricola è con la testa in giù?

 

Lo dico perché tutto quanto è direttamente vicino al suolo, l’aria, i vapori e perfino il calore, tutto ciò in cui viviamo e respiriamo anche noi, tutto ciò che fornisce a noi e alle piante il calore esterno, corrisponde in effetti nell’uomo agli organi addominali. Invece tutto quel che si svolge all’interno del suolo, sotto la superficie della terra, agisce sulla crescita vegetale globale nello stesso modo in cui agisce la testa nel nostro organismo, in particolare nell’infanzia, ma anche durante l’intera vita. Esiste una continua azione reciproca vivente fra ciò che sta sopra e sotto il suolo: l’azione di ciò che opera al di sopra del suolo nello stesso tempo dipende direttamente da Luna, Mercurio, e Venere, e si tratta di un’azione che va vista come localizzata; questi pianeti interni favoriscono e modificano l’azione solare in modo da agire su tutto ciò che si sviluppa al di sopra del suolo: invece i pianeti esterni, cioè quelli che sono al di là del sole, agiscono su quanto si sviluppa al di sotto del suolo, e appoggiano l’azione solare esercitata dal basso. Per la crescita delle nostre piante noi dobbiamo in sostanza cercare sotto la terra l’attività del cielo lontano, e sopra la terra quella della periferia più vicina.

 

Ma tutto quel che agisce dagli spazi cosmici sulla crescita delle piante non agisce direttamente, non agisce per irradiazione diretta; agisce dopo esser stato prima accolto dalla terra e poi di nuovo riflesso verso l’alto. Quindi ciò che dal suolo arriva di benefico o di dannoso per la crescita delle piante non è altro che azione cosmica irraggiata di riflesso. Ciò che agisce direttamente nell’aria e nell’acqua che sono sopra la terra, cioè l’irradiazione diretta, viene immagazzinato qui e agisce da qui. A questo è anche legata l’azione del suolo sulla crescita delle piante in relazione con la costituzione interna del suolo stesso. Estenderemo queste considerazioni anche agli animali.

 

Se prendiamo in esame il suolo, abbiamo in esso ancora tutti gli effetti che dipendono dalle più distanti lontananze del cosmo ancora legate all’azione terrestre. Si tratta degli elementi comunemente chiamati sabbie e rocce. La sabbia e le rocce impenetrabili all’acqua, di cui comunemente si dice che non contengono alcuna sostanza nutritiva, non sono però meno importanti per la crescita delle piante di quello che ancora consideriamo, in quanto esse dipendono dall’azione di forze cosmiche lontane. Per quanto sembri strano, attraverso la sabbia silicea giunge poi al suolo per agirvi, come azione riflessa, proprio ciò che possiamo indicare quale elemento eterico vitale del terreno, quale attività chimica del suolo. Come il suolo divenga Interiormente ricco di vita, come esso sviluppi il proprio chimismo, tutto ciò dipende dalla costituzione del suo componente sabbioso, Anche quel che le radici delle piante sperimentano al contatto del suolo dipende in gran parte da ciò che, in fatto di vita e di chimismo cosmici, viene trattenuto attraverso le rocce; il fenomeno può avvenire anche a una certa profondità. Quando si studia la crescita delle piante si dovrebbe quindi sempre conoscere la base geologica su cui essa avviene, e mai dimenticare che, coltivando piante di cui interessa in primo luogo la radice nel suo vero essere, non è possibile fare a meno di un terreno silicico, anche se compare soltanto in profondità.

 

Sotto forma di acido silicico e di altri composti, la silice (si deve dire grazie al cielo) costituisce il quarantasette o il quarantotto per cento della crosta terrestre; per i quantitativi che ci occorrono possiamo senz’altro fare assegnamento sulla presenza della silice. Il problema è però anche che ciò che in tal modo è legato alla radice attraverso la silice venga poi realmente convogliato verso l’alto attraverso la pianta; deve infatti scorrere verso l’alto, deve aver luogo una continua azione reciproca fra ciò che giunge dal cosmo attraverso la silice e ciò che, mi si scusi il termine, avviene sopra il suolo, nel “ventre” che deve rifornire la “testa”, perché deve venir rifornita dal cosmo. Ci deve sempre essere un’effettiva azione reciproca fra la “testa” e quanto si svolge al di sopra del suolo, nel “ventre”. Quel che dal basso viene trattenuto dal cosmo deve sempre poter scorrere verso l’alto, e affinché sia possibile il fluire verso l’alto abbiamo nel suolo l’argilla. Ogni sostanza argillosa è in realtà un mezzo per favorire le azioni delle entità cosmiche che nel terreno vanno dal basso verso l’alto.

 

Tutto questo ci servirà come direttiva quando passeremo al lato pratico e vorremo sapere come dobbiamo comportarci in un terreno argilloso o in un terreno siliceo, come possiamo coltivare questa o quella pianta su terreni argillosi o silicei. Prima bisogna però sapere che cosa avviene in tali terreni. Quel che oggi si dice comunemente dell’argilla, come la si debba trattare affinché dia un terreno capace di far crescere le piante, ha naturalmente la sua importanza, ma in un secondo tempo. In primo luogo si deve sapere che l’argilla promuove l’ascesa verso l’alto delle forze cosmiche.

 

Però non basta che ci sia questa corrente cosmica verso l’alto, deve intervenire anche un’altra corrente che vorrei chiamare terrestre; tutto ciò che nel ventre, per così dire, soggiace a una specie di digestione esteriore, tutto ciò che d’inverno e d’estate avviene nell’aria al di sopra del suolo e che per la crescita della pianta è una specie di digestione, tutto ciò che in questo modo subisce una specie di digestione, tutto deve arrivare al sottosuolo in modo che in effetti avvenga uno scambio. Le forze che si generano al di sopra del suolo ad opera dell’acqua e dell’aria, anche come fini sostanze omeopatiche, vengono ora attirate verso il suolo ad opera delle maggiori o minori quantità di calcio contenute nel terreno. Il contenuto di calcio del terreno, come pure la distribuzione di sostanze calcaree in dosi omeopatiche direttamente sopra il suolo aiutano a ricondurre verso il suolo le attività direttamente terrestri.

 

Si vedrà che queste cose avranno un aspetto diverso quando su di esse si avrà un’autentica scienza e non solo le chiacchiere scientifiche dei nostri tempi. Se ne potranno allora trarre indicazioni precise, e per esempio si potrà sapere che vi è un’enorme differenza fra il calore che vi è al di sopra del suolo, e quindi nella sfera di Sole, Venere, Mercurio e Luna, e quello che domina nel suolo sotto l’influenza di Giove, Saturno e Marte, Questi due tipi di calore, uno dei quali possiamo designare come calore dei fiori e delle foglie, e l’altro come calore proprio delle radici, sono del tutto diversi uno dall’altro; tanto diversi che possiamo designare come calore morto quello che vi è al di sopra del suolo, e come calore vivente quello che vi è al di sotto. Il calore sotto il suolo, particolarmente durante l’inverno, è in sé un fattore interiore di vita, qualcosa di vivente. Se lo stesso calore che agisce nella terra dovesse venir sperimentato in noi uomini, ne conseguirebbe che tutti diverremmo molto stupidi perché, per essere intelligenti, abbiamo bisogno di apportare al nostro corpo un calore morto. Però nel momento stesso in cui il calore esterno, grazie al contenuto di calcio del terreno, viene attirato nella terra, nel momento stesso in cui questo avviene anche per mezzo di altri processi relativi alla sostanza della terra, quando in generale il calore esterno si trasforma in calore interno, il calore entra in una certa condizione di leggera vitalità. Oggi si sa che vi è una differenza fra l’aria al di sopra del suolo e quella al di sotto, ma non si tien conto della differenza fra il calore sopra e sotto il suolo. Dell’aria sotto il suolo si sa che contiene più anidride carbonica, e di quella sopra il suolo che contiene più ossigeno, ma non si sa perché questo avvenga. Il motivo è che l’aria, quando viene assorbita dalla terra, si compenetra di leggera vitalità. Con il calore e l’aria avviene proprio così: essi si compenetrano leggermente di vitalità quando vengono accolti all’interno del suolo.

 

Il problema è diverso per l’acqua e gli elementi solidi terrestri. In seno alla terra essi diventano ancora più morti di quanto non lo siano quando sono sopra; perdono qualcosa della loro precedente vitalità, ma proprio per questo diventano atti ad accogliere forze cosmiche dai pianeti più lontani. Le sostanze minerali devono emanciparsi da ciò che esiste direttamente al di sopra del suolo, se si vuole che siano esposte alle forze cosmiche più lontane. Esse possono emanciparsi con più facilità dalla vicinanza della terra, ed entrare nella terra sotto l’influsso delle sfere cosmiche più lontane, si potrebbe dire fra il 15 gennaio e il 15 febbraio, cioè durante l’inverno nel nostro attuale periodo evolutivo. Simili cose verranno un giorno riconosciute come precise indicazioni. È il periodo nel quale in seno alla terra si sviluppa la massima forza formativa, la massima forza di cristallizzazione per le sostanze minerali, e avviene in pieno inverno perché allora l’interno della terra ha lo strano sentore di essere meno dipendente da se stesso nelle proprie masse minerali, e di essere invece esposto alle forze cristallizzanti che esistono nelle lontananze cosmiche.

 

Immaginiamo dunque la situazione: intorno alla fine di gennaio le sostanze minerali della terra hanno la massima nostalgia di venir cristallizzate, e quanto più profondamente ci si addentra nella terra, tanto più esse tendono ad assumere pura forma cristallina in tutta l’economia della natura. Per la crescita delle piante si ha invece la massima neutralità nei confronti dei minerali. Esse sono soprattutto rivolte verso se stesse in seno alla terra, e poco soggette alle sostanze minerali. Il contrario avviene un certo tempo prima o un certo tempo dopo, ma più particolarmente un certo tempo prima quando per così dire i minerali si preparano a penetrare nella forma, nell’elemento cristallino; essi hanno una particolare importanza per la crescita delle piante, perché irradiano forze che sono molto importanti a tale fine. Di conseguenza possiamo dire che press’a poco fra novembre e dicembre vi è un periodo in cui quel che succede sotto la superficie 48 del suolo diventa molto importante per la crescita delle piante. Si pone quindi il problema di come sia possibile sfruttare questa condizione per la crescita delle piante. Si vedrà che un giorno l’utilizzazione di queste conoscenze sarà molto importante per poter dirigere la crescita delle piante.

 

Vorrei subito far osservare che se abbiamo un terreno per se stesso incapace di portare verso l’alto ciò che nel periodo invernale deve agire in alto, è opportuno aggiungere allora argilla nella dose adeguata di cui dirò più tardi. Così si rende il terreno atto a condurre al di sopra del suolo la forza cristallizzante che si può osservare vedendo semplicemente la neve che cristallizza; tale forza di cristallizzazione diventa sempre più forte e intensa quanto più si penetra nelle profondità della terra; si utilizza così il processo, prima che esso giunga alla sua conclusione che avrà luogo appena in gennaio o in febbraio, e si porta in alto, al di sopra del suolo, quel che prima era in esso, sfruttandolo a vantaggio della crescita delle piante.

 

Da conoscenze in apparenza lontanissime si arriva così a ricavare indicazioni molto positive che aiutano in modo radicale, mentre altrimenti si annasperebbe in tentativi sterili. Dobbiamo renderci ben conto che, in unione a ciò che si svolge sotto il livello del suolo, il settore agricolo costituisce un’individualità che vive anche nel tempo; la vita della terra è particolarmente intensa proprio durante l’inverno, mentre in un certo senso muore nel periodo estivo.

 

Si tratta ora di comprendere una cosa di estrema importanza per la coltivazione del terreno; essa consiste, e l’ho spesso sottolineato fra antroposofi, nel sapere in quali circostanze lo spazio cosmico e le sue forze possano agire sulla terra. Per intenderci partiamo dalla formazione del seme; il seme, da cui si sviluppa l’embrione, è di solito considerato un complesso molecolare complicatissimo, e si dà grande importanza alla possibilità di afferrarlo nella sua complessa struttura molecolare. Si dice che le molecole hanno tutte una struttura che è semplice nelle molecole semplici e che diventa sempre più complicata, finché giunge alla complicatissima struttura della molecola proteica. Si rimane meravigliati e stupiti dinanzi a quella che si immagina essere la complicata struttura della molecola proteica nel seme, perché si fa il ragionamento che qui espongo.

 

Avendo una molecola proteica, essa deve essere senz’altro complicatissima, perché da tale complicata struttura dovrà sorgere il nuovo organismo il quale, anch’esso complicatissimo, era predisposto nel seme; di conseguenza la sostanza microscopica o ipermicroscopica del seme deve avere una struttura complicatissima. Fino a un certo punto è anche vero perché, mentre si forma la sostanza proteica terrestre, anche la struttura molecolare viene portata alla sua massima complicazione, ma mai potrebbe nascere un nuovo organismo datale struttura complicatissima, mai!

 

Nella pianta figlia, o nell’animale figlio, l’organismo non si origina infatti dal seme come prosecuzione del seme che si è formato dalla pianta madre o dall’animale progenitore. Proprio non è così. Avviene invece che, quando si è giunti alla massima complicazione strutturale, si ha un disfacimento e si arriva ad avere in ultimo un piccolo caos nel seme che era stato portato alla massima complicazione strutturale in seno all’elemento terrestre. Per così dire si ha un disfacimento in polvere cosmica; quando poi il seme si è disfatto in polvere cosmica e, giunto alla massima complicazione, è pervenuto a essere un piccolo caos, allora l’intero universo circostante comincia ad agire sul seme imprimendovisi, e costruisce dal piccolo caos ciò che dalle azioni cosmiche provenienti da ogni parte può esservi costruito. Così otteniamo nel seme un’immagine dell’universo stesso (si veda il disegno). Il processo terrestre di organizzazione nel seme viene sempre portato al suo estremo fino alla condizione di caos, e sempre nel caos del seme si forma il nuovo organismo con le forze dell’intero universo. Il vecchio organismo ha solo la tendenza a portare il seme in quella posizione cosmica, in virtù della sua affinità con essa, in modo che le giuste forze agiscano dalle giuste direzioni, e che da un tarassaco non nasca un crespino, ma appunto un tarassaco.

 

 

Quel che viene riprodotto in ogni singola pianto ò perii sempre l’immagine di qualche costellazione guarniva, è costrutto partendo dal cosmo; se quindi in generale vogliamo far agire le forze cosmiche in seno alla terra, dobbiamo fare in modo di portare l’elemento terrestre in una condizione di massimo caos. Quando vogliamo far agire il cosmo, dobbiamo sempre portare l’elemento terrestre in uno stato di massimo caos. Alla crescita delle piante provvede entro certi limiti la natura stessa, ma dato che ogni nuovo organismo viene edificato partendo dal cosmo necessario che noi conserviamo le forze cosmiche nell’organismo per tutto il tempo occorrente per giungere alla formazione del nuovo seme.

 

Se immaginiamo di aver messo nel terreno il seme di una pianta, in quel seme vi è l’impronta, lo stampo dell’intero cosmo, proveniente da una direzione qualsiasi. In quel seme viene ad agire una data costellazione grazie alla quale esso acquista la propria forma; nel momento in cui il seme è piantato nella sfera terrestre, la periferia della terra vi agisce fortemente; il seme tende allora a negare il cosmo e vorrebbe crescere in modo lussureggiante in tutte le direzioni, perché ciò che agisce al di sopra della terra non tende affatto a conservare la sua forma. È quindi necessario non solo favorire la caotizzazione nel seme, che deve venir condotto fino alla condizione di caos ma, quando si sviluppano già i primi accenni vegetali e le prime gemme, vi è anche la necessità di portare nella pianta l’elemento terrestre di fronte a quello cosmico che vive nel seme, quale forma della pianta. Nella sua crescita dobbiamo avvicinare la pianta alla terra. Possiamo arrivarvi se sappiamo portare entro la vita della pianta la vita già realmente presente nel suolo e non ancora arrivata allo stato di caotizzazione completa, non ancora giunta fino alla formazione dei semi, vale a dire la vita che in seno all’organizzazione vegetale si è fermata prima, senza giungere alla formazione del seme. Nelle regioni favorite dalla natura con una ricca formazione di humus, l’opera umana si trova molto facilitata, in quanto basta che l’uomo sostituisca artificialmente, soltanto in parte, la fecondità che la terra acquista con l’humus formatosi per via naturale.

 

Come si forma l’humus? Si forma perché quel che proviene dalla vita vegetale viene accolto nei processi della natura. Ciò che non è ancora giunto allo stato di caos, in certo modo respinge le forze cosmiche; se viene allora usato con l’intento di favorire la crescita dei vegetali, noi tratteniamo l’elemento propriamente terrestre nella pianta, e quello cosmico agisce soltanto nella corrente che torna poi fino al seme mentre l’elemento terrestre opera nello sviluppo delle foglie, dei fiori e così di seguito. L’elemento cosmico vi irraggia allora soltanto la sua azione. Il processo può venir seguito in modo molto preciso.

 

Immaginiamo una pianta che cresce dalle sue radici verso l’alto. All’apice dello stelo si forma il seme, mentre le foglie e i fiori si sviluppano in larghezza. Nelle foglie e nei fiori è terrestre quel che è legato alla figura e che è riempito con materia terrestre; il motivo per cui una foglia o un chicco acquistano volume e sostanzialità è quello di apportare alla pianta elementi terrestri, non ancora giunti allo stato di caos. Il seme sviluppa invece l’intera sua forza attraverso lo stelo, non in direzione orizzontale, ma verticale; esso compenetra e irraggia foglie e fiori con la forza del cosmo. Lo si può vedere direttamente.

 

 

Osserviamo le foglie verdi della figura nella loro forma, nella loro corpulenza, nel loro verde: portano le proprietà terrestri, ma non sarebbero verdi se in loro non fosse attiva la forza cosmica del sole; quando giungono al fiore e al suo colore, vi agisce non soltanto la forza cosmica del sole, ma anche l’aiuto portato alle forze solari dalle forze dei pianeti lontani: Marte, Giove e Saturno. Solo guardando così la crescita delle piante si può vedere per esempio nel rosso della rosa la forza di Marte.

 

Si guardi invece un girasole: esso non porta del tutte a buon diritto il nome del sole, ma è chiamato così soltanto per la sua forma, mentre per il suo giallo dovrebbe portare il nome di Giove, perché è la forza di Giove che appoggia la forza cosmica del sole per conferire ai fiori il bianco e il giallo. Avvicinandosi alla cicoria con i suoi fiori celesti, dobbiamo presentire nel colore azzurrognolo l’azione di Saturno che appoggia l’azione solare. Possiamo cioè vedere Marte nel fiore rosso, Giove in quello bianco o giallo, Saturno in quello azzurro, mentre nella foglia verde vediamo propriamente il Sole.

 

Quel che appare nel colore dei fiori agisce però come forza in modo particolare nella radice perché in essa, proprio nel suolo, agisce l’energia, la vita proveniente dai pianeti lontani. Se strappiamo una pianta dalla terra abbiamo in basso la radice che contiene l’elemento cosmico, mentre nel fiore si ha in massimo grado l’elemento terrestre che rivela l’elemento cosmico soltanto attraverso le sottili sfumature dei colori.

 

Il contrario avviene quando l’elemento terrestre deve vivere nella radice. Quando vive fortemente nella radice, esso si concentra nella forma perché la pianta la riceve da quel che può sorgere nella sfera terrestre; ciò che dilata la forma è terrestre. Quando la radice si divide, si ramifica in quanto radice, è l’elemento terrestre ad operare verso il basso, così come quello cosmico agisce verso l’alto nel formare i colori. Abbiamo dunque radici cosmiche nelle radici fatte tutte d’un pezzo, mentre nelle radici ramificate abbiamo l’azione dell’elemento terrestre nel suolo; allo stesso modo abbiamo nel colore un’azione verso l’alto dell’elemento cosmico, mentre quello solare sta in mezzo fra i due. L’elemento solare agisce prevalentemente nella foglia verde e opera nella relazione reciproca che si stabilisce tra fiori e radici, con quel che vi si connette. Quindi l’elemento solare va soprattutto messo in relazione, come membrana diaframmatica, con il suolo stesso, mentre l’elemento cosmico è lepre con l’interno stesso del suolo, e agisce da esso sulle parti superiori della pianta. Dal canto suo l’elemento terrestre, per quel tanto che è sopra il suolo, agisce esso pure in senso inverso, cioè verso il basso, e viene portato giù nella pianta con l’aiuto del calcio. Le piante nelle quali l’elemento terrestre viene fortemente convogliato fin nelle radici con l’aiuto del calcio, sono quelle le cui radici ramificano in tutte le direzioni, come avviene per le buone erbe foraggiere, come ad esempio il trifoglio spagnolo, ma non per le barbabietole. Volendo comprendere una pianta, possiamo veramente dire che già dalla forma e dalla colorazione dei fiori si deve riconoscere la misura in cui vi operano le forse comiche e quelle terrestri.

 

Supponiamo ora che con un sistema qualsiasi si riescano a trattenere nella pianta le forze cosmiche, a fermarle nella pianta; allora esse non si manifesteranno molto, non si mostreranno molto nell’infiorescenza, ma si manifesteranno negli steli. Secondo le indicazioni precedenti, in che cosa vive infitti l’elemento cosmico nella pianta? Vive nella silice, asserviamo per esempio l’equiseto: ha la caratteristica di attrarre a sé proprio l’elemento cosmico, di impregnarsi di silice, e contiene infatti silice per il novanta per cento. In questa pianta l’elemento cosmico è per così dire presente in massiccia sovrabbondanza, in medo che non si esprime nel fiore, ma nella crescita delle parti sottostanti.

 

Prendiamo un altro caso: supponiamo di voler trattenere nella radice di una pianta le forze che attraverso lo stelo vogliono arrivare fino alla foglia. Sia detto per inciso che nell’attuale epoca terrestre la cosa non ha più grande importanza perché, a seguito di varie circostanze, le specie vegetali hanno oggi caratteri stabili; ma in tempi anteriori al nostro, in tempi primordiali, la situazione era diversa e si poteva facilmente mutare una specie in un’altra. Erano tempi in cui il fenomeno aveva molta importanza; anche oggi ne ha certamente ancora perché si devono cercare le condizioni che favoriscono una determinata pianta.

 

Sorge ora la domanda di come si debba oggi osservare una pianta, volendo fare in modo che le forze cosmiche non passino tutte nell’infiorescenza e nella fruttificazione, ma rimangano in basso, che cioè le forze formative dello stelo e delle foglie vengano trattenute nella regione della radice. Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo coltivare la pianta in un terreno sabbioso perché nel terreno siliceo l’elemento cosmico viene trattenuto nel suolo, vi viene in un certo senso imprigionato. Per esempio la patata è una pianta nella quale dobbiamo cercare di trattenere nelle parti basse le forze che conducono al fiore (la patata è un tubero, e in esso vengono trattenute le forze che formano lo stelo e le foglie; non si tratta cioè di una radice ma di uno stelo rimasto indietro). La patata andrà messa di conseguenza in un terreno sabbioso, altrimenti non arriviamo a far sì che le forze cosmiche vi vengano trattenute.

 

Ne consegue che l’abc per giudicare l’intero processo di accrescimento della pianta sta nel saper sempre riconoscere che cosa in essa è cosmico e che cosa è terrestre, nel sapere come si possa rendere un terreno atto a condensare in sé le forze cosmiche e a trattenerle piuttosto nella radice o nelle foglie, oppure come si possano affinare tali forze cosmiche in modo che arrivino fino ai fiori, colorandoli, oppure giungano fino ai frutti per compenetrarli con un delicato sapore; avendo infatti albicocche o prugne di sapore delicato, in quel sapore, come anche nel colore dei fiori, si hanno le forze cosmiche arrivate su fino al frutto. Nella mela mangiamo veramente Giove, nella prugna mangiamo veramente Saturno. Se Fattuale umanità con le sue conoscenze, partendo dalle diverse ma in sostanza poche piante che erano presenti ai primordi della terra, si trovasse nella necessità di produrre la ricca varietà di specie dei nostri alberi da frutto, essa non arriverebbe molto lontano; tali specie furono infitti prodotte e tramandate da un tempo in cui un’originaria saggezza istintiva dell’umanità sapeva ancora qualcosa sul modo di produrre i diversi alberi da frutto dalle specie selvatiche allora esistenti. Se non avessimo già le specie dei nostri alberi da frutto e se non si tramandassero i relativi caratteri ereditariamente, con la nostra attuale saggezza saremmo al punto di partenza, ammesso il caso che dovessimo ripetere quei processi; in fitto di produzione di nuove specie di alberi da frutto combineremmo ben poco. Oggi si fa tutto attraverso tentativi sperimentali, non si penetra razionalmente nel processo stesso, Dobbiamo arrivare a questa penetrazione se vogliamo continuare ad essere produttivi sulla terra.

 

Furono molto giuste le parole del nostro amico Stegemann quando disse che si nota un costante scadere della qualità dei prodotti. Piaccia o no questa mia osservazione, vi è inclusa la trasformazione della psiche umana avvenuta negli scorsi decenni e che avverrà nei prossimi, e il fenomeno è collegato con la fine del kali-yuga nell’universo. Andiamo incontro anche a una grande trasformazione all’interno della natura. Quel che ci è stato tramandato dai tempi antichi, le disposizioni naturali e le conoscenze che abbiamo ereditate, i medicamenti chi abbiamo ricevuto dalla tradizione, tutto perde significato. Dobbiamo acquistarci nuove conoscenze per poter penetrare nell’intero contesto naturale di queste cose. L’umanità ha la scelta, o di tornare a imparare in tutti i campi, partendo dall’intero contesto naturale, dall’intero contesto cosmico, oppure quella di portare alla degenerazione, alla morte, sia la vita dell’uomo sia la natura. Come in tempi antichi non si poteva fare a meno di avere conoscenze che penetrassero realmente nell’intimo contesto della natura, così anche noi abbiamo oggi bisogno di conoscenze che ci facciano realmente penetrare in tale contesto.

 

L’uomo sa oggi alla meglio come si comporta l’aria sotto la superficie della terra (ne ho già parlato), ma non sa quasi nulla di come si comporti la luce sotto la superficie della terra; non sa affatto che la silice, la roccia cosmica, accoglie la luce in seno alla terra portandola ad agire, mentre invece quel che è affine all’elemento vivente terrestre, la formazione di humus, non accoglie la luce, non la porta ad agire nella terra, e svolge un’attività priva di luce. Ma queste sono cose che si devono penetrare e conoscere chiaramente.

 

Tutto quanto costituisce il manto vegetale della terra non è ancora tutto, perché di una determinata regione è parte anche uno specifico mondo animale. Facciamo per ora astrazione dall’uomo, e più avanti ne spiegheremo il perché. Non possiamo però fare astrazione dagli animali perché, strano a dirsi, la migliore analisi, che vorrei chiamare qualitativa cosmica, si compie da sé nella convivenza in una regione di un determinato manto vegetale con gli animali che vi prosperano. Abbiamo lo strano fatto, e gradirei proprio che fosse sottoposto a una verifica perché risulterebbe di sicuro una conferma, che se in un’azienda agricola si ha la giusta proporzione fra mucche, cavalli e altri animali, queste bestie messe insieme sono in grado di dare proprio la giusta quantità di letame necessaria all’azienda, la giusta aggiunta a quanto ha subito il processo di caotizzazione. Avendo la giusta proporzione fra cavalli, mucche e maiali, si hanno anche le giuste proporzioni nel letame. È così perché gli animali mangiano la giusta misura di quel che proviene dal mondo vegetale, perché essi si nutrono della giusta aliquota di ciò che la terra è in grado di dar loro. È questo il motivo per cui essi, nel corso dei loro processi organici, producono la quantità necessaria di letame da ridare alla terra. Naturalmente il fenomeno è vero in senso ideale, anche se non lo si può realizzare appieno, ma in realtà si deve proprio dire che il bisogno eventuale di utilizzare letame proveniente da un’altra azienda va considerato come un medicamento per un’agricoltura già malata. L’azienda è sana in quanto sia in grado di procurarsi il letame attingendo al proprio patrimonio zootecnico; il che richiede naturalmente che si sviluppi una vera scienza per sapere di quanti animali e di quali abbia bisogno una determinata azienda agricola.

 

Una tale scienza sorgerà da sé appena si saprà qualcosa delle intime forze che operano in questo settore. A quel che è stato detto a proposito della natura di “ventre” per ciò che si trova al di sopra del suolo, e della natura di “testa” per ciò che ne sta sotto, va aggiunta la comprensione per l’organismo animale. Sia riguardo alla propria forma e al proprio colore, sia riguardo alla consistenza e struttura della propria sostanza, l’organismo animale vive inserito nell’insieme dell’economia naturale in modo da avere, procedendo dalla parte anteriore verso quella posteriore, dal muso fino al cuore, le azioni di Saturno, Giove e Marte, nel cuore l’azione del Sole, e procedendo verso la ceda quelle di Venere, Mercurio e Luna (vedi il disegno). Chi si interessa di questa materia dovrebbe in futuro sviluppare le sue conoscenze in proposito osservando bene le forme.

 

Lo sviluppo della conoscenza basata sull’osservazione della forma ha un’enorme importanza. Si vada in un museo e si guardi con coscienza lo scheletro di un mammifero qualsiasi tenendo presente che nella formazione della testa sono soprattutto attive le irradiazioni solari che irraggiano direttamente in direzione del muso; si vedrà che anche in base ad altri fattori di cui pure parleremo, a seconda del modo in cui un animale si espone sole (un leone si espone diversamente da un cavallo) la testa e ciò che vi si connette avrà una diversa conformazione. Abbiamo dunque a che fare con la diretta irradiazione solare quando si tratta della parte anteriore dell’animale, e quindi della testa.

 

 

Teniamo ora presente che la luce solare arriva anche per altra via nello spazio che circonda la terra; è la luce riflessa dalla luna. Non abbiamo in questo caso davanti a noi soltanto la luce solare, ma anche quella riflessa dalla luna. La luce solare riflessa dalla luna è del tutto inattiva quando essa va a brillare sul capo di un animale; non vi ha alcun effetto. Questo vale soprattutto per la vita embrionale. Ma la luce riflessa dalla luna svolge il suo massimo effetto quando giunge sulla parte posteriore dell’animale. Osservando infatti la forma dello scheletro nella parte posteriore, con la sua particolare relazione con la forma della testa, si sviluppa un senso della forma per questa contrapposizione, per il modo particolare in cui sono inserite le cosce, per come si configura il corso della digestione, il tutto contrapposto a ciò che si viene formando in modo polare a partire dalla testa. Nelle immagini delle parti anteriori e posteriori dell’animale otterremo così la contrapposizione di sole e luna. Proseguendo l’osservazione, noteremo che l’azione del sole arriva fino al cuore e ivi si ferma; che per la formazione della testa e del sangue sono attivi Marte, Giove e Saturno; e che dopo il cuore, verso la parte posteriore, l’azione della luna viene appoggiata dalle azioni di Mercurio e di Venere; girando ora l’animale e immaginando di porlo nel terreno con la testa in giù e le parti posteriori erette verso l’alto, si otterrà l’immagine invisibile dell’individualità agricola.

 

Partendo dalla forma animale avremo allora la possibilità di trovare il nesso esistente fra il letame che l’animale fornisce e ciò di cui abbisogna la terra le cui piante vengono mangiate dall’animale. Si deve infatti sapere che, per esempio, le azioni cosmiche provenienti dall’interno del suolo e attive nella pianta devono in essa venir condotte verso l’alto. Se quindi una pianta è particolarmente ricca di forze cosmiche e viene ingerita da un animale che da parte sua, traendolo dal proprio organismo, fornisce un letame formatosi da quella pianta, l’animale fornirà un concime particolarmente indicato per il terreno su cui cresce quella pianta.

 

Guardando le cose con un corretto senso della forma si giunge a trovare tutto quanto è richiesto per l’individualità conchiusa in sé che è un’azienda agricola. Naturalmente si deve includere il patrimonio zootecnico.