02 – Lo sviluppo della coscienza umana


 

Una delle conoscenze importanti dei tempi recenti è l’idea dell’evoluzione, cioè la cognizione che non è avvenuta una creazione conclusiva, bensì tutto è sorto seguendo una evoluzione, processo nel quale è ancora immerso tutto il creato.

Il mutamento dello sviluppo delle culture è accompagnato da un mutamento della forza di conoscenza umana. Ciò non contrasta col fatto che sulla Terra, presso i diversi popoli e razze, si possono ancora osservare differenti gradi di coscienza.

 

Ai primordi dell’umanità tutti gli uomini avevano una chiaroveggenza naturale, ovvero potevano percepire realtà soprasensibili e quindi osservare l’elemento animico e spirituale. Erano osservabili dall’uomo le connessioni soprasensibili tra esseri animici e spirituali. Queste costituivano dunque il patrimonio di esperienze direttamente vissute. Gradatamente la chiaroveggenza naturale si perse a favore di una capacità di percezione sensoriale sempre più delineata e precisa.

Ma con ciò scomparve anche la coscienza di un mondo soprasensibile animico-spirituale, che divenne prima una questione di fede, poi tradizione, ed infine gli si negò l’esistenza.

 

Quando nel periodo babilonese gli uomini indagavano la realtà del cielo, prendevano forma nelle loro anime delle immagini come quelle tramandate nei miti e nelle saghe. Essi le sperimentavano e le accoglievano come rivelazioni degli dèi. Solo gradatamente subentrarono alle immagini le idee, che l’uomo riceveva dal mondo come fossero percezioni. Ciò avveniva nel periodo greco.

Proprio in Platone e Aristotele si può osservare assai bene come le immagini-percezione evolvessero in pensieri-percezione. Tuttavia il Greco aveva sempre la consapevolezza che insieme alle percezioni sensibili riceveva dalla natura anche i pensieri. Come se «si pensasse» in lui. Pure Aristotele, considerato il fondatore del pensiero occidentale, sentiva in questo modo.

 

Solo nel Medioevo l’uomo ebbe la sensazione di generare lui stesso i pensieri.

Nella scolastica questa nuova forza di pensiero nell’uomo divenne una questione fondamentale

e portò alla lotta fra realisti e nominalisti.

 

• Il realismo, il cui principale rappresentante fu Tommaso d’Aquino,

scaturì dall’esperienza che i pensieri sono una realtà esistente

e vengono formati dall’uomo nella connessione con gli oggetti.

• Il nominalismo invece considerava pensieri e concetti

come qualcosa di arbitrariamente aggiunto dall’uomo;

perciò i pensieri erano solo nomi che l’uomo applicava alle cose.

 

L’ulteriore sviluppo condusse alla supremazia del modo di pensare nominalistico nell’ambito della vita spirituale dell’Occidente; in particolare attraverso la filosofia di Kant.

Nelle scienze naturali si giunse all’opinione che la realtà del mondo percettibile

sia di natura materiale, senza alcuna componente di pensiero (ideale) o spirituale.

 

Per la coscienza moderna i pensieri sono semplici designazioni; il loro rapporto con la realtà non è più intuìto e riconosciuto. Tale sviluppo ha raggiunto il suo culmine con la moderna logica, che enuncia i suoi principi senza alcuna considerazione della realtà.

Come abbiamo già esposto nell’introduzione,

conoscere significa aggiungere alla parziale realtà dell’esperienza sensoria i concetti tramite il pensare.

Riuscire a cogliere l’idea nella realtà è la base della scienza.

 

Le scienze naturali dovrebbero riesaminare le proprie abitudini di pensiero;

esse hanno bisogno di una più ampia teoria della conoscenza.