02 – Ricerche sulla vita tra morte e nuova nascita – II

O.O. 140 – Ricerche occulte sulla vita fra morte e nuova nascita – 27.10.1912


 

SECONDA CONFERENZA

 

La nostra trattazione ci ha condotto fino al momento in cui

la coscienza dei defunti rimane viva solo grazie al ricordo del mistero del Golgota.

• Fino a quel punto tutta la vita era ricordo del tempo trascorso sulla Terra,

ripercorso non attraverso i sensi ma attraverso visioni.

• Anche le realtà del mondo spirituale potevano allora venir percepite solo attraverso visioni.

• Gradualmente diventa sempre più difficile per l’anima conservare i ricordi del tempo terreno,

l’oblio si stende sempre più su tutte le esperienze.

 

Se nel tempo fra morte e nuova nascita si incontra ad esempio qualcuno conosciuto in precedenza, all’inizio lo si riconosce con facilità, man mano sempre più a fatica, più tardi ci si può ricordare del rapporto con lui solo ricollegandosi al mistero del Golgota. Quanto più se ne è compenetrati, tanto più facilmente si riconosce quel che ci sta intorno.

 

Raggiunto il punto in cui si ha bisogno di ricordare il mistero del Golgota per conservare la memoria,

sopraggiunge un nuovo, grande cambiamento.

Non siamo cioè più in grado di mantenere in noi le visioni precedenti.

 

Possiamo parlare fino ad allora dello splendore astrale dei colori,

possiamo dire di vedere, nel mondo in cui viviamo,

colori astrali ed esseri intorno a noi, sia pure in visioni, in immagini.

• Ma in quel momento che, come ho detto, sta in mezzo fra morte e rinascita,

si staccano da noi le visioni e i ricordi, direi quasi come squame;

perdiamo la connessione con loro, si sciolgono del tutto dal nostro essere.

• Per caratterizzare con più precisione tale momento, è bene accennare a qualcosa

che ad una prima comprensione risulterà sconvolgente.

 

Ci si sente a quel punto sottratti alla Terra, lontana sotto di noi, e si sa che nella nostra vita nel mondo spirituale si è giunti al Sole. Come durante la vita sulla Terra ci si sentiva uniti ad essa, così ora ci si sente uniti al Sole e all’intero sistema planetario.

Per questo il nostro moderno occultismo dà un valore tanto grande al comprendere come il Cristo quale essere solare sia venuto fra noi, perché è necessario capire come tramite il mistero del Golgota Egli ci accompagni sino al Sole.

 

L’occultismo moderno ci dice che il Cristo è un essere solare che ci riconduce al Sole.

Ed ecco quel che ci può sconvolgere: se infatti è necessario capire il nostro legame con il Cristo,

vi è qualcosa d’altro che va compreso.

 

Ora ha inizio il tempo in cui, avendolo dinanzi come un essere reale,

si impara a conoscere colui che si è sempre indicato come Lucifero.

• Sul Sole ora ci si sente non in una luce che fluisce fisicamente, ma in una pura luce spirituale.

• Da allora in poi non si percepisce più Lucifero come prima, quale essere ostile,

ma in misura sempre maggiore come un essere del tutto giustificato nel mondo.

Si avverte ora la necessità, nell’ulteriore corso della vita dopo la morte,

di considerare Lucifero e l’entità del Cristo come due potenze una accanto all’altra, ugualmente giustificate.

 

Per quanto singolare possa apparire si giunge a riconoscere in quel momento

che Cristo e Lucifero hanno la stessa importanza; e a vedere questi due potenti esseri come fratelli.

Come ciò sia da spiegare deriva da quel che ancora si sperimenterà nella vita dopo la morte.

 

Prendendo il quadro che ho spesso tracciato della vita di Saturno, Sole e Luna si avrà il percorso che dopo la morte si attraversa realmente nello spirito. È singolare però che non si viva la successione degli stati cosmici – Saturno, Sole, Luna – ma si attraversi prima l’esistenza lunare, poi quella del Sole e infine quella di Saturno. Rileggendo attentamente la descrizione che ne diedi nel libro Dalla cronaca dell’akasha e procedendo a ritroso dalla Luna, si avrà l’universo che l’anima attraversa lungo il cammino che percorre dopo la morte. Si rimane colpiti, guardando le cose in certo qual modo dal mondo spirituale, che si abbia una sorta di reminiscenza dell’esistenza prenatale. Nel mondo di cui stiamo parlando è tuttavia più significativo l’elemento morale per il percorso che ancora ci attende. Come viene descritto nella Cronaca dell’akasha, si perde via via l’interesse che prima e fino a quel punto era molto forte per ciò che è sperimentabile sulla Terra.

 

Viene meno l’interesse per le singole persone con cui si ebbero rapporti, svanisce l’interessamento per le singole cose.

Si sa che i ricordi che ora si conservano sono soltanto portati dal Cristo:

Egli ci accompagna e grazie a ciò possiamo avere dei ricordi.

• Se il Cristo non ci accompagnasse svanirebbe il ricordo della vita terrena;

solo l’esperienza di essere congiunti al Cristo ci collega alla Terra, dopo il momento che abbiamo indicato.

 

Grazie alla nostra nuova vita nel mondo spirituale acquistiamo poi

un interesse completamente nuovo verso Lucifero ed il suo mondo;

troviamo che, divenuti liberi da interessi terreni, possiamo porci di fronte a lui senza danno.

• Facciamo la straordinaria scoperta che Lucifero agisce su di noi in modo dannoso

solo se siamo legati all’elemento terreno.

• Adesso egli si mostra addirittura come l’entità

che può chiarirci quel che dobbiamo attraversare nel mondo dello spirito, e rimaniamo più a lungo in tale esperienza,

perché ci possa dare ciò che è da conquistare in quella regione del mondo spirituale.

 

Forse è ancora uno shock dire ciò che si prova solo in modo soggettivo, ma quando viene espresso qualcosa che di primo acchito può sconvolgere, si tratta magari della cosa più comprensibile.

 

Trascorso qualche tempo ci sentiamo poi come abitanti di Marte.

Dopo esserci sentiti abitanti del Sole, a poco a poco ci rendiamo conto

che, come in precedenza abbiamo lasciato laggiù la Terra, ora lasciamo il Sole dietro di noi

e per quel che riguarda la nostra realtà nel cosmo ci sentiamo abitanti di Marte.

 

Per la vita che ora attraversiamo

• ci pare che il Cristo ci abbia dato tutto quel che appartiene al passato

• e che Lucifero ci prepari per la prossima reincarnazione.

 

Se attraversiamo coscientemente la vita su Marte

e se più tardi sulla Terra potremo rammentarcene grazie all’iniziazione,

scopriremo come tutto ciò che portiamo in noi

attraverso l’immenso spazio cosmico e non come esperienza terrena,

quel che abbiamo non dalla Terra, ci viene dato da Lucifero.

I nostri precedenti interessi umani diventano ora sempre più cosmici.

 

Mentre sulla Terra accoglievamo

quel che ci offrivano il minerale, la pianta, l’animale, l’aria e l’acqua, i monti e le vallate,

da questo momento accogliamo le esperienze del cosmo, quanto ci giunge dal cosmo.

• Ha inizio quella forma del percepire che è sempre stata indicata – e ben poco compresa – come musica delle sfere.

 

Tutto quanto esiste viene percepito risuonanteci incontro dall’immensità del cosmo.

Risuona dal cosmo come un’armonia chiaramente udibile, non come suoni provenienti dal mondo fisico.

Si giunge ad una fase dell’esperienza in cui ci si sente come nel punto centrale del cosmo

e attraverso la musica delle sfere si percepiscono i fatti dell’universo echeggiare da ogni lato.

 

Ora lasciamo dietro di noi anche l’esistenza di Marte giungendo, come ci dice l’occultismo, alla vita di Giove.

Mentre la nostra vita prosegue, la musica delle sfere si fa sempre più intensa,

divenendo infine tanto forte da stordirci: viviamo come storditi entro la musica delle sfere.

Il corso successivo della vita ci porta, attraversata e poi abbandonata l’esistenza di Giove,

ai limiti estremi del nostro sistema solare: a Saturno.

 

Qui giunti facciamo un’esperienza morale assai importante:

• se il Cristo ci aveva conservato fino a quel momento il ricordo della nostra precedente condizione terrena,

in tal modo preservandoci dallo stato di angoscia della coscienza che veniva meno,

• ora ci accorgiamo, proprio nell’attuale situazione della nostra anima dopo la morte,

come fosse poco adeguato alle superiori esigenze morali quel che realizzammo sulla Terra,

come fosse poco adeguato alla maestà dell’intera esistenza cosmica.

• La vita che abbiamo lasciato dietro di noi ci colpisce come un rimprovero

e ci si presenta qualcosa di straordinario significato.

 

Come da un’indistinta oscurità notturna,

appare davanti all’anima l’intera somma della nostra vita

quale prese karmicamente forma nell’ultima incarnazione terrena.

 

Considerando l’attuale esistenza terrena, la nostra incarnazione attuale, l’abbiamo dinanzi come sta davanti all’anima nel punto dopo la morte che è stato indicato, ma sentiamo in modo acuto tutto quel che abbiamo da rimproverare a quell’incarnazione: la guardiamo in una prospettiva cosmica.

 

Da quel momento in poi

• né il principio cristico né quello luciferico possono tener desta la nostra coscienza,

• anzi sopraggiunge in tutti i casi un crepuscolo della coscienza,

a meno che prima, durante la vita, non sia avvenuta un’iniziazione.

 

Ha inizio una sorta di sonno spirituale, necessario alla vita umana

dopo che una qualche coscienza era stata presente fino a quel momento, tenuta desta da ciò che abbiamo descritto.

Tale sonno spirituale è ora legato a qualcosa d’altro.

 

Poiché l’essere umano non è più in grado di sentire, né di farsi rappresentazioni, possono agire su di lui tutti gli influssi cosmici, ad eccezione di quelli del sistema solare.

• Immaginando che l’intero sistema solare non ci sia e che esista solo quel che non ne fa parte, avremo gli effetti che ora si fanno sentire. Giungiamo così al punto dal quale ieri è partita la mia esposizione.

 

È ora importante indagare i nessi di questa seconda parte della vita fra morte e nuova nascita

con la vita embrionale umana.

Si sa che quest’ultima inizia da un piccolo germe a forma di sfera.

• Per l’osservazione occulta è straordinario come il germe umano in una fase del tutto iniziale

sia l’immagine speculare di ciò che l’uomo sperimenta dal cosmo nel modo prima descritto.

 

All’inizio della vita embrionale, l’embrione è in effetti un prodotto del cosmo,

un riflesso della vita cosmica, nella quale non è la vita del sistema solare a manifestarsi.

• In modo singolare tutto quel che si mostra nel germe durante la vita embrionale

appare come un escludere gli influssi cosmici e un accogliere gli influssi del sistema solare.

 

Solo in un periodo relativamente più tardo,

quando lo svolgersi della vita dopo la morte ha ripercorso il cammino attraverso gli stati di Saturno, Giove e Marte,

iniziano ad agire sull’embrione i cosiddetti influssi ereditari.

Si deve dunque dire che prepariamo la nostra vita germinale già in un’esistenza cosmica precedente la vita embrionale

e che la comprende in una specie di sonno cosmico.

 

Considerando i processi che hanno luogo nella vita embrionale durante questa specie di esistenza cosmica, di sonno cosmico, esaminando una dopo l’altra le fasi dell’embrione umano prima della nascita e vedendole ora in una rappresentazione grafica a specchio, avremo: nell’immagine speculare cioè si vedrebbero come anteriori gli stadi che nel germe si mostrano più tardi e quel che appare prima nella vita embrionale, risulterebbe successivo.

Così si otterrebbe un’immagine spirituale rispecchiante la vita embrionale a rovescio.

 

 

 

 

Disegnando la vita germinale in una direzione e per ogni suo stadio un’immagine speculare nell’altra direzione, appare sulla lavagna un’immagine col suo riflesso, e il punto da cui viene rispecchiata è il concepimento.

Dovrei allora tracciare il disegno in modo che l’una, la vita embrionale, risulti piccola e l’altra, la sua immagine speculare, si ingrandisca molto all’indietro; quel che infatti si sperimenta nei dieci mesi lunari prima della nascita era stato vissuto nel suo rispecchiamento per lunghi anni.

Prendiamo solo tutto quel che si sperimenta, secondo quanto ho detto, nel mondo spirituale fino alla nuova incarnazione.

 

Nella prima parte della vita dopo la morte si accoglie in sé l’eco della precedente vita terrena.

Nel secondo periodo fra morte e rinascita si ricercano esperienze nel cosmo.

 

Nello sperimentare fra morte e nuova nascita sono comprese molte cose, solo una non c’è: in effetti riviviamo tutto quel che abbiamo sperimentato dall’ultima incarnazione fino all’attuale, sentiamo l’esistenza del cosmo, ma in questo primo periodo non sperimentiamo ciò che va accadendo sulla Terra fra le due incarnazioni.

 

Fino all’esistenza sul Sole

siamo così presi dal ricordo di ciò che era prima della nostra morte,

che il nostro interesse viene del tutto distolto da quanto avviene sulla Terra.

• Viviamo con uomini che sono come noi nel mondo spirituale;

ci inseriamo nei rapporti che intrecciammo con loro già sulla Terra

e continuiamo a vivere in quei legami dando forma a quel che ne consegue.

• In questo tempo abbiamo scarso interesse, perché ne veniamo di continuo distolti,

per le persone che abbiamo ancora sulla terra.

• Solo quando esse ci cercano con tutta la loro anima,si crea un legame che ci unisce a loro.

 

Questo è un importantissimo elemento morale da prendere in considerazione in quanto getta luce sui legami fra i morti e coloro che sono ancora vivi.

• Chi è morto prima di noi, e che abbiamo del tutto dimenticato,

ha enormi difficoltà a raggiungerci nell’esistenza terrena.

• L’amore, la simpatia costante che conserviamo verso chi è morto offrono una via in tal senso

perché stabiliscono appunto un collegamento con l’esistenza terrena.

• In base a questo collegamento i defunti vivono con noi nel primo periodo dopo la morte.

 

È sorprendente come molte forme istintive di culto commemorativo dei defunti trovino conferma nel loro significato profondo grazie all’occultismo.

• I nostri morti ci raggiungono con più facilità

se qui sulla Terra possono trovare pensieri, sentimenti, sensazioni rivolti a loro.

 

Nella seconda parte della vita tra morte e rinascita si presenta tuttavia qualcosa di diverso.

• Siamo infatti talmente avviluppati nei nostri interessi cosmici

che in questo secondo periodo troviamo una connessione con la Terra solo con estrema difficoltà.

• All’infuori degli interessi cosmici ci preoccupiamo solo

di partecipare alla giusta costruzione del nostro karma successivo.

• Accanto alle impressioni del cosmo serbiamo quel che abbiamo per così dire da correggere karmicamente

e collaboriamo alla creazione di una prossima vita che possa contribuire a pareggiare i nostri debiti karmici.

 

Taluni affermano di non poter credere alla reincarnazione perché non vorrebbero tornare di nuovo ad una vita terrena. Un’obiezione che spesso viene fatta è ad esempio questa: non desidero più in assoluto tornare sulla Terrà. Lo dicono in molti. Considerare il tempo che abbiamo descritto tra morte e rinascita modifica radicalmente tale modo di vedere. In quel momento vogliamo anzi con tutte le nostre forze entrare di nuovo nella vita per correggere il nostro karma; solo che quando ci risvegliamo dal descritto sonno cosmico nel presente, dimentichiamo di aver voluto tornare a nascere. Quel che importa non è se durante l’esistenza fra nascita e morte vogliamo tornare di nuovo sulla Terra, ma se lo vogliamo fra morte e rinascita. E lo vogliamo. Dobbiamo appunto pensare che sotto molteplici aspetti, come abbiamo visto, la vita fra morte e rinascita è l’esatto contrario di quanto sperimentiamo qui, sulla Terra, fra nascita e morte.

• Proprio come nella vita fisica grazie al sonno ci rinvigoriamo e acquistiamo nuove forze,

• così col sonno cosmico acquisiamo nuove forze per la futura incarnazione.

 

Un’altra importante questione trova la sua risposta grazie ai fatti descritti. Molte volte vien chiesto perché, se ci si reincarna tanto spesso, si debba sempre ricominciare ad apprendere sin dall’infanzia e perché non si venga al mondo già con tutto quel che si deve imparare da bambini. Si risponde a questa domanda tenendo presente che (ad eccezione di quanto indicato, e cioè i nessi con la vita, gli uomini e l’intero karma) non si sono vissuti gli avvenimenti accaduti sulla Terra fra una nostra incarnazione e l’altra. Se ad esempio qualcuno, che si era incarnato sulla Terra prima dell’invenzione della stampa, si reincarna di nuovo oggi, non avrebbe vissuto tutta l’evoluzione avvenuta nel tempo fra l’invenzione della stampa e il momento attuale. In effetti, osservando con attenzione la storia della civiltà, si scopre che in ogni incarnazione si impara da bambini ciò che sulla Terra è avvenuto nel frattempo. Basta solo osservare quel che imparava nell’antica Roma un fanciullo di sei anni: era qualcosa di completamente diverso da quel che impara oggi un bambino della medesima età.

Fra due incarnazioni trascorre un tempo così lungo da modificare in modo radicale lo scenario della civiltà;

torniamo ad incarnarci solo dopo che le condizioni sulla Terra sono mutate tanto

da non mostrare quasi nessuna somiglianza con la vita dell’incarnazione precedente.

 

Quel che ho appena detto si riferisce alla vita media degli uomini. È appunto una media: dopo la morte per qualcuno la coscienza può ad esempio spegnersi prima e prima sopraggiungere il sonno, come si può desumere da alcuni fatti menzionati nella conferenza di ieri.

 

Per una legge cosmica il sonno che attraversiamo nel cosmo dopo la morte abbrevia il tempo:

chi prima raggiunge lo stato di incoscienza percorre più in fretta il tempo che trascorre per lui ad un ritmo più rapido

ed è meno lungo rispetto a chi estende ulteriormente la propria coscienza.

 

Indagando sulla vita umana fra morte e rinascita, si osserva

che uomini indifferenti allo spirito ritornano relativamente più presto.

• Se qualcuno vive solo per i piaceri e le passioni dei sensi, cioè per quel che nell’uomo si può definire animalesco,

per lui l’intervallo fra due incarnazioni sarà in proporzione più breve.

• Questo avviene perché per lui perdita di coscienza e stato di sonno giungono relativamente precoci,

ed egli attraversa in fretta la vita fra morte e rinascita.

• Inoltre ho descritto il fenomeno nella sua generalità,

considerando in prevalenza uomini vissuti fino ad un’età per così dire normale.

 

Vi è in fondo una grande differenza fra coloro che muoiono dopo i 35 anni e chi lascia prima questa vita. Solo chi nella sua esistenza terrena ha oltrepassato i 35 anni vive realmente in modo più o meno cosciente tutti gli stati che abbiamo descritto. Morendo in giovane età, sopraggiunge in effetti una specie di precoce fase di sonno fra morte e rinascita.

Se qualcuno obiettasse che morire giovani non dipende da noi e che quindi senza colpa si subisce un precoce sonno cosmico, tale obiezione non sarebbe corretta per la ragione che una morte precoce viene preparata già da precedenti motivi karmici, e perché un’ulteriore evoluzione può essere favorita da un precoce ritorno ai mondi cosmici.

Benché possa suonare strano ed anche inquietante, sappiamo da indagini del tutto obiettive sulla vita nel cosmo che da un certo punto in avanti l’uomo è un essere che si dilata in lontane sfere dell’universo, ed è esposto alle percezioni del cosmo, del macrocosmo.

 

• Come nel mezzo della sua esistenza fisica egli è in massimo grado coinvolto con la Terra,

• così lo è con l’esistenza cosmica a metà della vita fra morte e rinascita.

 

• Consideriamo come il bambino non viva ancora a pieno sulla Terra,

ma piuttosto dell’eredità che ha conservato dal passato: ora deve conquistarsi l’esistenza terrena.

• Esaminiamo adesso la vita umana dopo la morte: in un certo senso si vive con quel che si è portato dalla Terra

e si deve ora raggiungere la capacità di percepire nella vita del cosmo.

 

• A metà dell’esistenza fisica siamo tutti presi dalle condizioni terrene,

• a metà di quella fra morte e rinascita lo siamo dalle condizioni del cosmo.

 

• Quanto più ci si avvicina alla fine della vita sulla Terra

tanto più ci si ritira dai legami terreni nel loro aspetto fisico.

• Quanto più si oltrepassa la metà della vita fra morte e rinascita

tanto più ci si ritira dal cosmo e si tende nuovamente alla vita terrena.

 

Si tratta però di un’analogia che non va considerata come base della ricerca scientifico-spirituale. All’occultista si presenta una simile analogia solo quando confronta la ricerca occulta da lui svolta con i fatti esistenti. Nell’analogia vi è anche un’inesattezza: sarebbe infatti un errore definire infanzia il primo periodo dopo la morte, e vecchiaia il secondo.

 

• Nell’esistenza spirituale, cioè, all’inizio siamo dei vecchi,

e poi, nel secondo periodo, diventiamo bambini rispetto alla vita nello spirito la quale scorre in senso contrario.

• All’inizio portiamo con noi l’errore e le manchevolezze della vita fisica,

e li allontaniamo gradualmente da noi durante la vita nel cosmo.

 

Fui molto sorpreso di trovare nelle antiche tradizioni una traccia di tale esperienza – non voglio dire una conferma, ma una sorta di allusione ad essa.

 

Nella vita fisica sulla Terra diciamo: «Diventiamo vecchi».

Nella vita spirituale fra morte e rinascita dovremmo dire per essere corretti: «Diventiamo giovani».

Così, considerando l’esistenza spirituale, si potrebbe dire di qualcuno nato in una certa località:

«In quella tal località egli è diventato giovane».

 

È dunque singolare che nella seconda parte del Faust si trovino le parole: egli «divenne giovane nel Paese delle nebbie». Come mai Goethe usa l’espressione «divenir giovane» per «nascere»? Risalendo ancora più indietro, scopriremmo come vi sia stata una tradizione in grado di percepire che con la nascita spirituale si diventa giovani. Scopriamo soprattutto, come viene sempre sottolineato dal nostro occultismo, che tanto più indietro si risale nell’evoluzione tanto più si incontrano condizioni di chiaroveggenza. Ne troviamo conferme ovunque.

 

Prendiamo come esempio ciò cui ieri si è accennato. Dopo la morte ci stacchiamo pian piano dai legami terreni sperimentando nel corso della vita fra morte e rinascita le condizioni cosmiche in visioni che sostituiscono le percezioni sensorie; ho anche detto che su quel che sperimentiamo scende poi la luce delle gerarchie.

In realtà dopo la morte inizia una condizione che cercheremo ora di descrivere.

 

Immaginiamo che la nostra coscienza non sia in noi ma nell’ambiente esterno e la vita non più nel nostro corpo ma fuori di esso; allora da fuori avremmo la sensazione: questo è il mio occhio, il mio naso, la mia gamba. Dovremmo allora riferire a noi quel che sperimentiamo fuori di noi nell’elemento spirituale, e così pure dovremmo riferire a noi la vita di Dio, lasciando che in noi si rifletta.

Tale momento si presenta dopo la morte quando, con uno sguardo retrospettivo sull’uomo, vediamo rispecchiato in lui tutto quel che ci circonda: persino la divinità si riflette in lui.

Sarebbe perciò troppo azzardato accettare quale conoscenza le parole del poeta, che la vita dopo la morte è un riflesso del divino?

 

Tutti conoscono bene il passo in cui Dante dice

che in un determinato momento della vita spirituale si vede Dio come uomo.

Certo talvolta indicazioni di questo genere possono apparire infondate, o addirittura un gioco.

Tuttavia chi osservi l’umanità nei suoi nessi profondi non le considererà più come un gioco.

Nei grandi poeti infatti rivivono ancora echi di un’antica conoscenza chiaroveggente,

echi che grazie all’iniziazione si rinnovano e si elevano a umana conoscenza.

 

La mia esposizione si proponeva di indicare alcuni fatti relativi alle ultime ricerche da me svolte sulla vita fra morte e nuova nascita, e vorrei concludere con la speranza di poter ritornare su tale argomento in un tempo non troppo lontano.