Tentativi per risolvere secondo realtà le questioni e necessità sociali imposte dalla vita

O.O. 23 – I punti essenziali della questione sociale – II


 

1. Quel che di caratteristico ha condotto, nei tempi moderni, appunto alla forma particolare della questione sociale, può essere espresso cosi: la vita economica sostenuta dalla tecnica, il capitalismo moderno, hanno agito con una certa necessità naturale e portato la società contemporanea a un certo ordinamento interiore. Mentre l’attenzione umana andava concentrandosi sulle conquiste della tecnica e del capitalismo, essa era distolta da altri campi ed da altri rami dell’organismo sociale. Ma la coscienza umana deve assegnare anche a questi la loro giusta azione, se si vuole che l’organismo sociale possa svilupparsi in modo sano.

 

2. Per esporre chiaramente quel che vuol essere caratterizzato qui come impulso motore verso un’osservazione esauriente, complessiva della questione sociale, mi sia lecito prendere le mosse da una similitudine. Ma si tenga presente che questa va intesa appunto solo come una similitudine, la quale tuttavia può aiutare la nostra comprensione a mettersi nella direzione necessaria per poterci formare delle rappresentazioni sul risanamento dell’organismo sociale.

 

3. Chi da questo punto di vista contempla il più complicato organismo naturale, l’organismo umano, deve rilevare che esso palesa la sussistenza di tre sistemi, operanti l’uno accanto all’altro, ciascuno però con una certa autonomia rispetto agli altri. Questi tre sistemi operanti l’uno accanto all’altro si possono qualificare a un dipresso come segue. Nell’organismo naturale dell’uomo uno dei tre campi è costituito da quel sistema che comprende in se la vita dei nervi e degli organi sensori. Si potrebbe anche chiamarlo organismo della testa, dato che in questa importantissima parte dell’organismo la vita dei nervi e dei sensi ha, in certo modo, il suo centro.

 

4. Come secondo sistema dell’organismo umano va considerato, se si vuole acquistare una vera comprensione di esso, quello che vorrei chiamare il sistema ritmico, consistente nella respirazione, nella circolazione del sangue, e in tutto quanto si esprime in processi ritmici dell’organismo umano.

 

5. Come terzo sistema, va considerato tutto il complesso di organi e di attività connessi col vero e proprio ricambio della materia.

 

6. In questi tre sistemi si contiene tutto quanto e necessario, se organizzato con reciprocità d’azione, al sano funzionamento complessivo dell’organismo umano (l’articolazione qui intesa non riguarda le parti del corpo spazialmente delimitate, ma le attività – funzioni – dell’organismo. Il termine “organismo del capo” si può usare in questo senso solo tenendo presente che nel capo ha il suo centro in prima linea la vita dei nervi e dei sensi. Naturalmente però esistono nel capo anche le attività del ritmo e del ricambio, come nelle altre parti esiste l’attività nervo-sensoriale. E nondimeno i tre generi di attività sono nettamente distinti tra loro nella loro natura essenziale).

 

7. In pieno accordo con quanto già oggi può dire l’indagine scientifica naturale, ho tentato di descrivere questa triplice organizzazione dell’essere naturale umano nel mio libro “Enigmi dell’anima” (l’argomento è trattato nella sesta appendice del libro citato, intitolata “Le connessioni fisiche e spirituali dell’entità umana”), per ora molto sommariamente. Sono certo che la biologia, la fisiologia e tutta la scienza naturale concernente l’uomo, saranno portate a riconoscere, in un futuro molto prossimo, come questi tre sistemi: della testa, della circolazione (o del petto) e del ricambio, mantengano il funzionamento generale dell’organismo umano perché operano con una certa autonomia, senza che vi sia un assoluto accentramento nell’organismo umano; e perché ciascuno di questi tre sistemi abbia un rapporto speciale, per se stante, col mondo esterno; il sistema della testa, per mezzo degli organi di senso; il sistema della circolazione o ritmico, per mezzo della respirazione; e, il sistema del ricambio mediante gli organi della nutrizione e del movimento.

 

8. I metodi delle scienze naturali non sono ancora abbastanza avanzati da portare a un riconoscimento generale, anche negli ambienti scientifici, nella misura che sarebbe desiderabile per il progresso della conoscenza, quanto ho qui accennato e che, partendo dai fondamenti scientifico spirituali, ho cercato di applicare alle scienze naturali. Ciò significa, però, che le nostre abitudini di pensiero, tutto il nostro modo di rappresentarci il mondo, non sono ancora interamente adeguati a quanto, ad esempio, nell’organismo umano si presenta come l’intima essenza, dell’opera, di natura. Si potrebbe rispondere: “Ebbene, la scienza naturale può attendere! Essa si avvicinerà a poco a poco ai suoi ideali e arriverà anche a riconoscere e ad appropriarsi una tale maniera d’indagine”. Ma riguardo alla considerazione, e specialmente all’azione, dell’organismo sociale non si può aspettare.

 

In questo campo occorre che non soltanto in qualche specialista, ma in ogni attività interiore umana (poiché ogni attività interiore umana partecipa all’attività pro organismo sociale), esista almeno una conoscenza istintiva di ciò che ad esso è necessario. Un sano pensare e sentire, un sano desiderare e volere rispetto all’assetto dell’organismo sociale, può svolgersi soltanto se ci si renda chiaramente conto, sia pure in modo più o meno istintivo, che questo organismo, affinché possa essere sano, va articolato in tre sistemi al pari dell’organismo umano naturale.

 

9. Orbene, da quando Schaffle ha scritto il suo libro sulla struttura dell’organismo sociale si è tentato di ricercare delle analogie fra l’organizzazione di un essere naturale, diciamo, dell’uomo, e la società umana come tale. Si è voluto stabilire che cosa sia, nell’organismo sociale, la cellula, che cosa l’aggregato di cellule, i tessuti ecc. È comparso anzi di recente un libro di Merey, “Weltmutation”, nel quale certe leggi e certi fenomeni naturali sono semplicemente applicati all’organismo della società umana. Quanto qui si vuole esporre non ha assolutamente nulla a che fare con un simile giocherellare con le analogie. E chi credesse che anche in questa trattazione ci si voglia baloccare in tal modo con delle analogie tra l’organismo naturale e quello sociale, mostrerebbe soltanto di non essere penetrato nello spirito di quel che si è inteso dire. Poiché qui, lungi dal voler trapiantare nell’organismo sociale qualche verità inerente a fatti scientifici, si vuole una cosa del tutto diversa, e cioè che dallo studio dell’organismo naturale il pensare ed il sentire umani imparino ad avvertire ciò che ha possibilità di vita, per poi essere in grado di applicare questo modo di sentire all’organismo sociale. Se, come spesso accade, si trasporta semplicemente nell’organismo sociale quanto si crede di aver imparato nei riguardi dell’organismo naturale, si dimostra soltanto di non volersi conquistare da sé e indipendentemente la capacità di considerare l’organismo sociale investigando le sue proprie leggi, come si sa di dover fare per comprendere l’organismo naturale. Dal momento in cui, come lo scienziato della natura studia l’organismo naturale, ci si ponga obiettivamente e autonomamente di fronte all’organismo per scoprire le sue proprie leggi particolari, ogni gioco di analogie cessa di fronte alla serietà dell’osservazione.

 

10. Si potrebbe anche pensare che a base di questa nostra concezione stia la credenza che l’organismo sociale debba essere “costruito” secondo un’astratta teoria copiata dalla scienza naturale. Ma ciò è quanto mai lontano dalla verità. A tutt’altro s’intende accennare. La crisi storica attuale dell’umanità esige che in ogni singolo individuo umano nascano certi sentimenti, e che lo stimolo a questi sentimenti sia dato dall’educazione e dalla scuola allo stesso modo in cui si insegnano le quattro operazioni aritmetiche. In avvenire ciò che produsse inconsapevolmente le vecchie forme di organismo sociale, non sarà più valido. Fra gli impulsi evolutivi che d’ora in avanti vogliono entrare come elementi nuovi nella vita umana vi è questo: che i detti sentimenti siano richiesti da ogni singolo individuo allo stesso modo in cui da tempo si richiede un certo grado d’istruzione. Ciò che d’ora in poi si esigerà dagli uomini è che imparino a sentire sanamente come devono operare le forze dell’organismo sociale, affinché questo si dimostri vitale. Si dovrà acquisire il sentimento che il voler prender posto in questo organismo senza tali sentimenti è insano, è antisociale.

 

11. Si sente dire oggi che la “socializzazione” è una necessità dei tempi. Ma la socializzazione non sarà un processo di risanamento, bensì una cura ciarlatanesca e magari anche un processo distruttivo per l’organismo sociale, se non si richiama nel cuore e nell’anima degli uomini la conoscenza, almeno istintiva, della necessità della triarticolazione dell’organismo sociale. Questo, se deve operare sanamente, deve sviluppare in sé tre strutture diverse, secondo le leggi che sono proprie a ciascuna.

 

12. Una di queste è la vita economica, Cominciamo da questa perché è evidente che con la tecnica e il capitalismo essa si è fatta predominante in tutta la moderna società umana. La vita economica deve essere nell’organismo sociale una struttura relativamente autonoma, come lo è il sistema neurosensoriale nell’organismo umano. La vita economica comprende tutto quel che riguarda la produzione, la circolazione e il consumo delle merci.

 

13. Come seconda struttura dell’organismo sociale va considerata la vita del diritto pubblico, la vita politica, quella che nel senso dell’antico Stato politico, poteva essere designata come la vera e propria vita statale. Mentre la vita economica comprende tutto quanto l’uomo ricava dalla natura e dalla propria produzione, cioè le merci, la loro circolazione ed il loro consumo, questa seconda struttura dell’organismo sociale può abbracciare soltanto quel che sorge da substrati puramente umani e riguarda i rapporti tra uomo e uomo. Per la conoscenza delle tre strutture dell’organismo sociale è essenziale approfondire la differenza tra il sistema del diritto pubblico, che può contemplare solo relazioni tra uomo e uomo poggianti su profondi sostrati umani, ed il sistema economico che ha solo a che fare con la produzione, la circolazione e il consumo di merci. Nella vita occorre fare questa distinzione col sentimento affinché, come conseguenza, la vita economica si scinda da quella politica, così come nell’organismo naturale dell’uomo l’attività polmonare d’inspirazione ed espirazione dell’aria esterna si scinde dai processi della vita neurosensoriale.

 

14. Come terza struttura che, altrettanto autonoma, va posta accanto alle altre due, occorre comprendere nell’organismo sociale quel che riguarda la vita spirituale; o meglio, dato che forse l’espressione “vita spirituale” o tutto quanto vi si riferisce non è mai molto preciso: tutto quanto poggia sulle doti naturali del singolo individuo umano, e che deve entrare nell’organismo sociale sulle basi di tali sue facoltà naturali, sia spirituali, che fisiche. La prima struttura, il sistema economico, ha a che fare con tutto quel che deve esistere affinché l’uomo possa regolare il rapporto della sua vita materiale col mondo esterno. La seconda struttura ha a che fare con quel che deve esistere nell’organismo sociale per regolare i rapporti tra uomo e uomo. La terza struttura ha a che fare con quel che deve germogliare da ogni singola individualità umana per poi inserirsi nell’organismo sociale.

 

15. Come è vero che la tecnica moderna e il moderno capitalismo hanno dato l’impronta alla nostra vita sociale, così è necessario che le ferite ad essa inferte da quella parte siano risanate col mettere l’uomo e la vita collettiva umana in un giusto rapporto con le tre strutture dell’organismo sociale. Ai nostri tempi la vita economica ha, semplicemente per forza propria, preso forme ben determinate. Per la sua attività unilaterale si è inserita nella vita umana con una potenza tutta speciale. Le altre due strutture della vita sociale non sono state finora in grado di farsi valere giustamente nell’organismo sociale, secondo le leggi loro proprie, in modo altrettanto ovvio. Per esse occorre che gli uomini, mossi dai sentimenti sopra accennati, intraprendano l’articolazione della struttura sociale, ciascuno al suo posto, cioè al posto nel quale si trova. Riguardo ai tentativi che qui si propongono per la soluzione delle questioni sociali, ogni singolo individuo ha, nel presente e nell’avvenire, il suo proprio compito sociale.

 

16. Quel che costituisce la prima parte dell’organismo sociale – la vita economica – si basa innanzitutto sul fondamento della natura, così come il singolo individuo, in rapporto a ciò che da sé può divenire mediante l’istruzione, l’educazione, la vita, dipende dall’attitudine del suo organismo spirituale e corporeo. Questo fondamento di natura è quello che da’ la sua impronta alla vita economica e con ciò a tutto l’organismo sociale. Ma questo fondamento naturale esiste e non può essere creato nelle sue radici da alcuna organizzazione sociale né da alcuna socializzazione. Esso va posto a base dell’organismo sociale così come all’educazione dell’uomo va posta a base l’attitudine che lui ha nei diversi campi, la sua capacità naturale del corpo e della mente. Ogni socializzazione, ogni tentativo di dare una configurazione economica alla vita collettiva umana deve tener conto del fondamento naturale, dato che a base di ogni commercio e di ogni genere di lavoro umano, come anche di ogni vita spirituale, c’è, come primo elemento originario, ciò che lega l’uomo a una parte determinata della natura. La connessione dell’organismo sociale col fondamento che la natura pone, dovrebbe essere considerata così come, rispetto all’apprendimento, si dovrebbero considerare le condizioni delle attitudini naturali di ogni singolo individuo. Per chiarire questo concetto si può ricorrere all’esempio di un caso estremo. Si pensi, ad esempio, a certe parti della terra in cui le banane offrono un facile mezzo di nutrizione; lì, per la vita collettiva umana, si considera quel genere di lavoro necessario per portare le banane dal loro luogo d’origine ad un altro luogo determinato, e farne un genere di consumo. Se si confronta il lavoro che si richiede per rendere le banane un genere di consumo per la società umana, col lavoro indispensabile nei paesi d’Europa per fare del frumento un genere di consumo, si trova che il lavoro richiesto dalle banane è per lo meno trecento volte minore di quello che si richiede per il frumento.

 

17. Certamente questo è un caso estremo per le sue proporzioni; ma simili differenze, rispetto alla quantità necessaria di lavoro in rapporto al fondamento naturale, si riscontrano anche nei generi di produzione di qualsiasi organismo sociale d’Europa. Non con la differenza radicale che si è vista fra le banane ed il frumento, ma la differenza c’è. È dunque insito nell’organismo economico che, dal rapporto dell’uomo col fondamento naturale della sua economia, sia condizionata la misura di lavoro ch’egli deve portare nel processo economico. Valga, ad esempio, il rapporto seguente. In Germania, in paesi di media produttività, la produzione di frumento è tale da dare in raccolta circa da sette ad otto volte la semina; nel Cile la stessa media raggiunge le dodici volte, nel Messico del Nord le diciassette volte, nel Perù le venti, ecc. (Cfr. Jentsch: “Volkswirtschaftslehre”, pag, 64).

 

18. Tutto questo complesso di processi, che cominciano col rapporto dell’uomo con la natura e proseguono in tutto ciò che l’uomo può fare per trasformare i prodotti della natura e per portarli fino allo stadio di generi di consumo, tutto questo lavorio, e soltanto esso, costituisce la parte economica di un sano organismo sociale. Questa parte economica sta all’organismo sociale così come il sistema della testa sta all’organismo umano nel suo insieme (da cui dipendono le attitudini individuali). Così come questo sistema della testa dipende da quello del cuore e da quello dei polmoni, allo stesso modo il sistema economico dipende dal lavoro dell’uomo. Come però la testa non può di per sé regolare la respirazione, così il sistema del lavoro umano non dovrebbe essere regolato dalle stesse forze operanti nella vita economica.

 

19. L’uomo si inserisce nella vita economica per soddisfare i propri interessi. Questi hanno il loro fondamento nei bisogni della sua attività interiore e del suo spirito. Come agli interessi possa essere corrisposto nel modo più soddisfacente in seno all’organismo sociale, affinché tramite esso il singolo individuo pervenga alla migliore soddisfazione del proprio interesse e possa anche collocarsi nel modo più vantaggioso entro l’economia, è una questione che va risolta praticamente con provvedimenti dell’organismo economico. Il che può verificarsi solo se gli interessi possano farsi liberamente valere e se sorga pure la volontà e la possibilità di fare ciò che è necessario alla loro soddisfazione. L’origine degli interessi sta al di fuori dei limiti della vita economica. Si formano con lo svolgersi dell’essere umano, animico e naturale. È compito della vita economica prendere i provvedimenti atti a soddisfarli. Questi provvedimenti non possono riguardare altro che la produzione e lo scambio delle merci, cioè la produzione di beni che ricevono il loro valore dal bisogno dell’uomo. La merce infatti riceve il suo valore da chi la consuma. Dal fatto che la merce riceve il suo valore dal consumatore, deriva che essa è collocata nell’organismo sociale in modo del tutto diverso da altre cose che hanno valore per l’uomo quale appartenente a questo organismo. Chi consideri senza preconcetti la vita economica, di cui fanno parte la produzione, lo scambio e il consumo delle merci, riconosce – non per via di mera speculazione – l’essenziale differenza fra il rapporto da uomo a uomo, nella misura in cui l’uno produce merci per l’altro, e quello che si fonda sui diritti degli esseri umani come tali. Da tale considerazione si arriverà alla pratica esigenza che nell’organismo sociale tutto ciò che è diritto sia del tutto separato dalla vita economica. Dalle attività che gli uomini devono svolgere nell’ambito degli ordinamenti riguardanti la produzione e lo scambio di merci, non possono derivare in modo immediato gli impulsi migliori per i rapporti di giustizia che devono esistere fra loro. Negli ordinamenti economici l’uomo si rivolge all’uomo, perché l’uno serve agli interessi dell’altro; negli ordinamenti della giustizia il rapporto che passa fra un uomo e l’altro è fondamentalmente diverso.

 

20. Si potrebbe credere che per realizzare questa distinzione richiesta dalla vita sia già sufficiente che negli ordinamenti della vita economica stessa si provveda anche ai diritti che devono esistere nei reciproci rapporti degli uomini che vi partecipano. Ma una tale credenza non ha le sue radici nella realtà della vita. L’uomo può sentire vitalmente il vero rapporto di giustizia che deve sussistere fra lui e gli altri uomini solo se lo sperimenta, non sul terreno economico, ma su un terreno del tutto separato da quello. Nel sano organismo sociale si deve perciò svolgere, accanto alla vita economica e indipendentemente da essa, una vita in cui siano stabiliti e regolati i diritti tra uomo e uomo. La vita giuridica è però quella propriamente politica, statale. Se sono gli uomini a portare gli interessi a cui devono servire nella loro vita economica, dentro la legislazione e l’amministrazione statale della giustizia, allora i diritti che ne nascono rispecchiano tali interessi economici. Se è invece lo Stato a provvedere alla vita economica, perde l’attitudine a regolare i diritti degli uomini; perché in tal caso le sue norme e le sue istituzioni dovranno servire al bisogno umano di merci, e con ciò saranno distolte dagli impulsi diretti verso la giustizia.

 

21. Il sano organismo sociale esige, come sua seconda struttura, uno Stato politico autonomo, accanto all’organizzazione economica. Nell’organizzazione economica, pure essa autonoma, gli uomini, con le forze della vita economica, provvederanno a quegli ordinamenti che rispondono, nel migliore modo possibile, alla produzione e allo scambio di merci. Invece nell’organizzazione statale politica saranno stabilite disposizioni che valgano a orientare i rapporti vicendevoli tra uomini e gruppi di uomini in modo corrispondente alla coscienza umana della giustizia.

 

22. Il punto di vista qui prospettato sulla necessità di una totale separazione dello Stato politico dal campo economico risiede nella vita reale dell’uomo; non così il punto di vista di chi vuole riunire l’una funzione all’altra. Gli uomini che si trovano in mezzo alla vita economica, hanno naturalmente anch’essi il senso della giustizia, ma cureranno la legislazione e l’amministrazione della giustizia ispirandosi soltanto a tale coscienza e non agli interessi economici, dovendo giudicare in uno Stato di diritto che, in quanto tale, non abbia alcuna ingerenza nella vita economica. Questo Stato di diritto avrà un suo proprio corpo legislativo ed un suo proprio corpo amministrativo, ambedue organizzati secondo i principi fondamentali dettati dalla coscienza dei diritti umani del nuovo tempo. Il sistema economico genererà i suoi organi legislativi ed amministrativi dagli impulsi della vita economica. Il necessario rapporto tra le direzioni dei corpi giuridico ed economico si svolgerà press’a poco come al presente si svolgono i rapporti fra i governi di Stati sovrani. Con questa articolazione, ciò che si svolge in uno di tali corpi, potrà esercitare la dovuta azione su ciò che si forma nell’altro. Tale azione è invece impedita se l’uno vuole svolgere in se stesso, ciò che gli deve provenire dall’altro.

 

23. Come la vita economica è soggetta da un lato alle condizioni naturali (clima, natura del suolo, ricchezza del sottosuolo ecc.), così, dall’altro, dipende dai rapporti di diritto che lo Stato crea fra persone e gruppi di persone dediti all’economia.

Tramite lo Stato sono designati i limiti di ciò che l’attività della vita economica può e deve abbracciare. Così come la natura crea condizioni prime poste fuori dalla sfera economica e che l’uomo accetta come qualcosa di dato sulle cui basi soltanto egli può costruire la sua vita economica, allo stesso modo, tutto ciò che nel dominio economico stabilisce un rapporto di diritto da uomo a uomo, nel sano organismo sociale va regolato dallo Stato politico che, al pari del fondamento naturale, si svolge come qualcosa di autonomo, di fronte alla vita economica.

 

24. Nell’organismo sociale che si è formato nel divenire storico dell’umanità e che, col dominio delle macchine e con la moderna forma economica del capitalismo, ha dato la sua impronta al movimento sociale, la vita economica abbraccia più di quello che in un organismo sociale sano dovrebbe abbracciare. Oggi nel giro economico, in cui dovrebbero circolare solamente merci, circolano pure diritti ed energia umana di lavoro. Cosi accade che nell’organizzazione economica, che si basa sulla divisione del lavoro, presentemente si possano scambiare non solo merci contro merci, ma, per lo stesso processo economico, anche merci contro lavoro e merci contro diritti (chiamo merce qualsiasi cosa che mediante l’attività umana sia divenuta tale che, dovunque sia avviata dagli uomini, va verso il suo consumo. Questa definizione può sembrare disadatta o insufficiente a qualche economista, ma può servire benissimo a far capire ciò che deve far parte della vita economica; in un’esposizione fatta per servire la vita, non importa dare definizioni derivate da una teoria, bensì idee che raffigurino quel che nella realtà ha una parte vitale. La parola “merce”, usata nel senso detto sopra, accenna a qualcosa che l’uomo sperimenta. Qualsiasi altro concetto di “merce”, o tralascia o aggiunge qualcosa, così che il concetto non copre totalmente i processi della vita nella loro vera realtà). Se qualcuno compera un fondo, l’acquisto va visto come uno scambio del fondo contro merce (rappresentata da denaro d’acquisto). Il fondo stesso però nella vita economica non fa la parte di una merce. Tale fondo sta nell’organismo sociale grazie al diritto che l’uomo ha di usufruirne ma è qualcosa di essenzialmente diverso dal rapporto che un produttore di merce ha con la merce stessa. La natura del rapporto che il produttore di merci ha con le merci è tale che non invade il campo delle relazioni – di tutt’altra specie – che si stabiliscono tra uomo e uomo per il fatto che a un individuo spetta l’uso esclusivo di un fondo. Il proprietario del fondo sottopone alla sua dipendenza altre persone che per il proprio sostentamento si impiegano su quel fondo, o che vi devono abitare. Invece in un effettivo scambio di merce, che si produce o che si consuma, non si stabilisce nessuna analoga dipendenza da uomo a uomo.

 

25. A chi esamini questa circostanza senza preconcetti appare chiaro che essa deve pur trovare la sua espressione istituzionale in un sano organismo sociale. Finché nella vita economica si scambiano merci contro merci, la loro valutazione resta indipendente dal rapporto giuridico fra persone e gruppi di persone. Appena però si scambiano merci contro diritti, si tocca il rapporto stesso di giustizia, non lo scambio come tale, che è l’elemento necessario alla vita dell’organismo sociale che si fonda sulla divisione del lavoro; ma si tratta di questo: che nello scambio di diritto contro merce, il diritto stesso, sorgendo nella vita economica, diventa merce. Ciò si potrà evitare solo se nell’organismo sociale vi siano da un lato disposizioni aventi per scopo solo di effettuare nel migliore dei modi il giro delle merci e, dall’altro, ve ne siano altre che regolino i diritti vigenti nello scambio mercatorio tra le persone che producono, commerciano e consumano. Questi diritti non si differenziano per la loro natura da altri che devono sussistere tra persona e persona nei rapporti del tutto indipendenti dallo scambio di merci. Se nella vendita di una merce io danneggio o reco vantaggio ai miei simili, quel danno o quel vantaggio appartiene allo stesso campo della vita sociale a cui appartiene un danno e un utile (per negligenza o per attività) che non abbia la sua espressione immediata in uno scambio di merci.

 

26. Nella condotta di vita del singolo individuo confluiscono assieme gli effetti provenienti dalle istituzioni che difendono i diritti, e gli effetti provenienti dall’attività puramente economica; nel sano organismo sociale tali effetti devono derivare da due diverse direzioni. Nell’organizzazione economica quel che deve suggerire alle personalità dirigenti i dovuti punti di vista è la competenza acquistata con l’educazione ad un dato ramo dell’economia, e quella dell’esperienza fatta in questo ramo. Nell’organizzazione della giustizia è realizzato, dalla legge e dall’amministrazione, ciò che il senso della giustizia esige, come rapporto vicendevole di singoli uomini, o di gruppi di persone. L’organizzazione economica farà raggruppare persone che hanno interessi comuni di professione o di consumo, o bisogni comuni sotto altri riguardi, in associazioni che, nel reciproco movimento di scambio, attivino tutto il complesso economico. Questa organizzazione si costruirà su basi associative e sul rapporto reciproco delle associazioni, che svolgeranno un’attività puramente economica. La base giuridica su cui esse operano verrà a loro dall’organizzazione giuridica. Quando simili associazioni economiche potranno far valere i loro interessi economici nei corpi rappresentativi ed amministrativi dell’organizzazione economica, esse non svilupperanno più l’impulso a inframmettersi nella direzione legislativa o amministrativa dello Stato politico (per esempio, come lega degli agricoltori, come partito industriale, come democrazia sociale economica) per cercarvi ciò che non è loro possibile ottenere in seno alla vita economica. E quando lo Stato politico non s’immischierà in nessuno dei rami economici, creerà soltanto provvedimenti sorgenti dal senso di giustizia degli uomini che ne fanno parte. Anche se, come è naturale, nella rappresentanza dello Stato politico si trovano le stesse persone impegnate nella vita economica, data la radicale separazione della vita economica da quella politica, non si potrà verificare un’influenza della prima sulla seconda, che danneggi la salute dell’organismo sociale, come può accadere se l’organizzazione politica stessa dello Stato si occupa dei diversi rami della vita economica e se i rappresentanti della vita economica votano le leggi ispirandosi ai propri interessi economici.

 

27 Un esempio tipico di mescolanza della vita economica con quella politica offriva il governo dell’Austria con la costituzione che si era data tra il ‘6o e il ‘70 del secolo XIX. I rappresentanti del Consiglio Imperiale (“Reichsrat”) erano scelti dai quattro rami della vita economica e cioè: dai grandi proprietari terrieri, dalle Camere di commercio, dalle città (mercati e centri industriali) e dai comuni rurali. Si vede che, in tale composizione della rappresentanza dello Stato, non si pensava in prima linea ad altro se non che la vita politica dovesse risultare dalla valorizzazione dei rapporti economici. Certo è che al recente crollo dell’Austria hanno contribuito in modo notevole le forze, tra loro in lotta, delle sue nazionalità. Ma è altrettanto certo che un’organizzazione politica, che avesse potuto svolgere la sua attività accanto a quella economica, avrebbe potuto sviluppare, dalla coscienza della giustizia, una conformazione dell’organismo sociale, in cui la convivenza dei popoli sarebbe stata possibile.

 

28. L’uomo odierno interessato alla vita pubblica rivolge ordinariamente lo sguardo a cose che andrebbero considerate solo in seconda linea. Ciò avviene perché la sua abitudine di pensiero lo porta a vedere l’organismo sociale come una istituzione unitaria. Per una istituzione così strutturata non si può però trovare un sistema di elezione conveniente, dato in ogni sistema di elezione gli interessi economici e gli impulsi della giustizia non possono che disturbarsi nei corpi rappresentativi. E ciò che proviene per la vita sociale da questo perturbamento non può che portare a sconvolgimenti della compagine sociale. È necessario che oggi la vita pubblica si sforzi in prima linea di raggiungere la meta di una decisa separazione della vita economica dall’organizzazione politica. Nell’adattarsi a questa separazione le organizzazioni che devono separarsi troveranno nelle loro proprie basi le modalità più adeguate per le elezioni dei loro legislatori e amministratori. In ciò che al presente urge verso una soluzione vengono perciò in secondo piano le questioni delle modalità elettive, nonostante la loro capitale importanza. Dove persistono ancora le vecchie condizioni si dovrebbe operare partendo da lì. Dove invece l’ordine antico è già scomparso o è in procinto di dissolversi, i singoli individui ed i corpi esistenti dovrebbero tentare l’iniziativa di un rinnovamento che s’incammini nella direzione designata. Volere effettuare dall’oggi al domani un cambiamento della vita pubblica è considerato chimerico anche dai socialisti ragionevoli. Essi aspettano il risanamento, come essi lo intendono, da un cambiamento graduale, in accordo con la realtà dei fatti. Che però adesso le forze dell’evoluzione storica dell’umanità rendano necessaria una ragionevole volontà verso un rinnovamento sociale, possono insegnarlo luminosamente i fatti ad ogni mente spregiudicata.

 

29. Chi ritiene “praticamente fattibile” solo ciò a cui si è abituato a pensare in un ristretto orizzonte di vita, vedrà come “non pratico” quanto si prospetta qui. Se costui non è capace di convertirsi e nonostante ciò abbia un’influenza su qualsiasi ramo della vita, non coopererà al risanamento, ma a un ulteriore peggioramento dell’organismo sociale, come hanno fatto le persone del suo modo di vedere e sentire nel prodursi delle presenti condizioni.

 

30. Alla tendenza presa dalle classi dirigenti dell’umanità, che aveva portato a trasferire certi rami della vita economica (poste, ferrovie, ecc.) nell’orbita dello Stato, deve sostituirsi il distacco sempre più completo di ogni azienda economica dalla sfera dello Stato politico. Pensatori che credono di trovarsi con la loro volontà nella direttiva di un sano organismo sociale traggono l’estrema conseguenza degli sforzi di statizzazione effettuati dalle sfere finora dominanti. Essi chiedono la socializzazione di tutti i mezzi della vita economica in quanto sono mezzi di produzione. Un sano sviluppo darà alla vita economica la sua indipendenza, ed allo Stato politico la capacità di agire, mediante l’ordinamento legale, sui corpi economici in modo che l’individuo non senta la sua incorporazione nell’organismo sociale in opposizione alla sua coscienza di giustizia.

 

31. Si può riconoscere come i pensieri qui svolti abbiano il loro fondamento nella vita reale dell’umanità, quando si rivolga lo sguardo al lavoro che l’uomo compie con la sua forza fisica a favore dell’organismo sociale. Nella forma economica capitalistica questo lavoro si è incorporato nell’organismo sociale in modo che il padrone lo compera dall’operaio come una merce. Si effettua così uno scambio tra il denaro (come rappresentativo di merci) e il lavoro. Ma un tale scambio non può proprio effettuarsi in realtà, anche se in apparenza sembra che si effettui (è senz’altro possibile che nella vita certi processi siano non solo spiegati in senso falso, ma anche compiuti in senso falso. Denaro e lavoro non sono valori che si possano tra loro scambiare; solo denaro e prodotto del lavoro possono lo sono. Quindi se io do’ del denaro per del lavoro, “faccio” qualcosa che è falso; creo un processo apparente, illusorio. Perché in verità posso solo dare denaro per un prodotto di lavoro). In realtà il datore di lavoro riceve dall’operaio merci, che possono essere prodotte solo se l’operaio per la loro produzione fornisce la sua mano d’opera. Dell’equivalente di queste merci l’operaio riceve una parte, il padrone l’altra. La produzione si effettua grazie alla collaborazione dell’operaio e del padrone. Soltanto il prodotto del lavoro comune entra nel giro della vita economica. Per la produzione della merce occorre un rapporto di diritto fra lavoratore e datore di lavoro. Questo però può essere trasformato dall’economia capitalistica in un rapporto determinato dalla superiorità economica del datore di lavoro rispetto all’operaio. Nel sano organismo sociale deve riuscire palese che il lavoro non può essere pagato, perché al lavoro non può essere attribuito un valore economico rispetto ad una merce. Un valore può averlo soltanto la merce prodotta dal lavoro rispetto ad altre merci. La maniera e la misura in cui un uomo deve lavorare per la sussistenza dell’organismo sociale, vanno regolate secondo la sua capacità e secondo ciò che è condizione di un’esistenza degna dell’uomo. Il che può avvenire soltanto, se questo regolamento è emanato dallo Stato politico indipendentemente dalle amministrazioni della vita economica.

 

32. Mediante una simile norma è creata per le merci una base di valutazione confrontabile con l’altra, dovuta alle condizioni naturali. Come il valore di una merce aumenta di fronte a quello di un’altra perché l’acquisto delle materie prime è per quella più difficile che per questa, così il valore delle merci deve dipendere dalla qualità e dalla quantità di lavoro da dedicarsi, secondo l’ordinamento dei diritti, alla produzione delle merci stesse (un tale rapporto del lavoro con l’ordinamento giuridico obbligherà le associazioni attive nella vita economica a tener conto di “ciò che è giusto” come di un necessario “presupposto”. In tal modo però si consegue che l’organismo economico sia dipendente dall’uomo e non l’uomo dall’ordinamento economico).

 

33. In tal modo la vita economica è sottoposta da due parti alle sue necessarie condizioni: da parte del fondamento di natura, che l’umanità può prendere com’è dato, e da parte del fondamento del diritto, che, sorgendo dal senso di giustizia, va creato sul terreno dello Stato di diritto, indipendente dalla vita economica.

 

34. È facile scorgere come in tale indirizzo dell’organismo sociale il benessere economico scemerà o aumenterà a seconda della quantità di lavoro che la coscienza sociale consentirà di applicare. Una tale dipendenza del benessere economico è necessaria nel sano organismo sociale. Essa sola può impedire che dalla vita economica l’uomo sia logorato così da non sentire più la sua esistenza come degna dell’uomo, sentimento che, veramente, è la causa di tutte le perturbazioni dell’organismo sociale.

 

35. Vi è una possibilità di non diminuire in misura troppo forte la prosperità dell’economia nazionale da parte del diritto, analoga alla possibilità di miglioramento del fondamento naturale. Un terreno poco produttivo si può rendere più fertile con espedienti tecnici; cosi, per ovviare a una troppo accentuata diminuzione della prosperità, si può modificare la qualità e la quantità del lavoro. Ma tale modificazione non deve derivare direttamente dalla vita economica, bensì dalla comprensione che si sviluppa sul terreno della vita giuridica, indipendente dalla vita economica.

 

36. In tutto ciò che è prodotto nell’organizzazione della vita sociale mediante la vita economica e la coscienza del diritto, opera inoltre ciò che deriva da una terza sorgente, e cioè dalle attitudini individuali di ogni singolo uomo. Questo campo abbraccia tutto, dalle più elevate prestazioni spirituali a quello che, nell’opera dell’uomo, proviene dalla migliore o peggiore sua capacità fisica per prestazioni utili all’organismo sociale. Ciò che sgorga da questa sorgente deve penetrare nel sano organismo sociale in tutt’altra maniera da come vi penetra quanto avviene nello scambio delle merci, e quanto può provenire dalla vita statale. Non vi è altra possibilità di far sì che questo contributo vi affluisca in maniera sana, se non facendolo dipendere dalla libera ricettività degli uomini e dagli impulsi che derivano dalle attitudini individuali stesse. Se le prestazioni umane derivanti da tali attitudini sono influenzate artificialmente dalla vita economica o all’organizzazione statale, si toglie ad esse, in massima parte, il fondamento della loro propria vita, che può consistere soltanto nella forza che devono sviluppare da se stesse. Se l’accoglimento di simili prestazioni è direttamente condizionato dalla vita economica, o organizzato da parte statale, ne resta paralizzata la libera ricettività degli uomini, che è la sola condizione per cui esse affluiscono in forma sana nell’organismo sociale. La vita spirituale, con la quale nella vita umana si collega per innumerevoli fili anche lo sviluppo delle altre attitudini individuali, avrà una sana possibilità di sviluppo soltanto se ogni produzione poggi sui suoi propri impulsi e sia in un rapporto di piena comprensione con gli uomini che ne ricevono le prestazioni.

 

37. Quella che è indicata qui come sana condizione di sviluppo della vita spirituale non è attualmente riconosciuta perché la giusta visione è offuscata a causa della fusione di una gran parte di questa vita con quella dello Stato politico, fusione che si è prodotta nel corso degli ultimi secoli e alla quale ci siamo assuefatti. Si parla, è vero, di “libertà della scienza e dell’insegnamento”, ma si considera naturale che lo Stato politico amministri la “libera scienza” e il “libero insegnamento”. Non si avverte come questo Stato metta così la vita spirituale in dipendenza dei suoi bisogni statali. Si pensa: lo Stato crea i posti nei quali si impartisce l’insegnamento, ma poi coloro che coprono questi posti possono svolgere “liberamente” la vita spirituale. Abituati a un tale modo di pensare, non si tiene conto di quanto il contenuto della vita spirituale sia strettamente legato con l’intima natura umana in cui si svolge; e di come questo svolgimento possa essere libero solo se non sia inserito nell’organismo sociale da altri impulsi che non siano quelli derivanti dalla vita stessa dello spirito. Il fatto è che, per la fusione con la vita dello Stato, non solo l’amministrazione della scienza e della parte della vita spirituale che vi è connessa, hanno ricevuto l’impronta dello Stato, ma l’ha ricevuta altresì la sostanza medesima. Certamente ciò che si produce in matematica o in fisica non può subire un’influenza immediata da parte dello Stato. Ma si pensi alla storia e alle scienze umane. Non sono state forse un riflesso di ciò che, per i bisogni della vita politica, è risultato dalla connessione dei loro rappresentanti con la vita dello Stato? Appunto per questo loro carattere, gli attuali concetti di colorito scientifico, dominanti la vita spirituale, hanno agito sul proletariato come un’ideologia. Il proletariato ha osservato come ai pensieri umani sia impresso, dai bisogni della vita dello Stato, un dato carattere che corrisponde agli interessi delle classi dirigenti. Il pensiero proletario ravvisò un riflesso degli interessi materiali e della lotta d’interessi, e ciò generò in esso la convinzione che tutta la vita spirituale non sia altro che ideologia, non sia altro che un riflesso dell’organizzazione economica.

 

38. Una tale opinione inaridente la vita spirituale dell’uomo scompare se si può far sorgere il sentimento che nel campo spirituale domina una realtà che va al di là della vita materiale esteriore, e porta in se stessa il suo contenuto. Ma è impossibile che si formi questo sentimento se la vita spirituale non è liberamente svolta e regolata nell’organismo sociale dai suoi propri impulsi. Solo nell’ambito di una tale direzione, gli uomini fattivi della vita spirituale possono avere la forza di dare alla vita spirituale la dovuta importanza nell’organismo sociale. Arte, scienza, filosofia, e tutto ciò che a queste si connette, abbisognano di tale posizione indipendente nella società umana. La libertà dell’una non può prosperare senza la libertà dell’altra, dato che nella vita spirituale tutto è collegato. Anche se la matematica e la fisica, nel loro contenuto, non sono direttamente influenzabili dai bisogni dello Stato, ciò che si ricava da queste, il modo in cui gli uomini pensano il loro valore, l’effetto che l’occuparsene può avere su tutto il resto della vita spirituale, e molto altro ancora, è assoggettato ai bisogni dello Stato, se esso regola i diversi rami della vita spirituale. Altro è se il maestro che svolge la sua azione nei primi gradi della scuola segue gli impulsi della vita politica, o se li riceve da una vita spirituale che poggi su se stessa. Anche in questo campo il socialismo ha solo ricevuto in eredità, dalle sfere dirigenti, abitudini di pensiero e consuetudini. Esso considera come suo ideale il ripetere la vita spirituale dalle istituzioni sociali fondate sulla vita economica. Seguendo questo ideale potrebbe soltanto continuare sulla via che ha portato al deprezzamento della vita spirituale. Ha sviluppato unilateralmente un sentimento giusto chiedendo di far della religione un affare privato, perché nel sano organismo sociale tutta la vita spirituale dev’essere, nel senso qui indicato, un “affare privato” di fronte allo Stato e all’economia. Ma il socialismo, nell’assegnare alla religione un campo privato d’azione, non parte dal concetto che nell’organismo sociale sia data così al patrimonio spirituale una posizione in cui possa svilupparsi in maniera più desiderabile e più elevata di quella che può conseguire sotto l’influenza dello Stato. Crede che l’organismo sociale debba, coi suoi mezzi, coltivare soltanto quanto è per sé bisogno di vita, e che non lo sia il bene spirituale religioso. Estromesso così unilateralmente dalla vita pubblica un ramo della vita spirituale, non può prosperare se il resto dei beni spirituali è inceppato. La vita religiosa dell’umanità moderna, in unione con tutta la vita spirituale liberata, svilupperà la sua forza sostenitrice per l’anima umana.

 

39. Non solo la produzione deve avere la propria base nel libero bisogno dell’anima, ma anche l’accoglienza di vita spirituale da parte dell’umanità. Insegnanti, artisti e simili, che nella loro posizione sociale siano solo in diretta connessione con una legislazione e con un’amministrazione sorgenti dalla stessa vita spirituale, e che siano sostenuti solo da impulsi derivanti dalla medesima, potranno, per la qualità della loro attività, sviluppare ricettività per le loro prestazioni in persone che saranno preservate dal dover soggiacere alla mera costrizione del lavoro, ed avranno dal diritto – dallo Stato politico reso autonomo – anche quei riposi che svegliano la comprensione dei beni spirituali. A tal proposito, coloro che si credono “pratici della vita” potranno pensare che se lo Stato provvede a quei riposi, e se la frequenza scolastica è rimessa alla libera comprensione dei singoli, gli uomini passeranno il tempo del loro riposo all’osteria, e che si ricadrà nell’analfabetismo. Aspettino tali “pessimisti”, e vedranno cosa avverrà quando il mondo non sia più sotto la loro influenza, che troppo spesso è determinata da quel tal sentimento che sommessamente ricorda loro come essi impiegano gli ozi e di che cosa essi ebbero bisogno per acquisire un po’ di “istruzione”. Sulla forza infiammatrice che una vita spirituale realmente indipendente ha nell’organismo sociale, costoro non possono contare, perché, cosi inceppata, quella vita spirituale non ha mai potuto esercitare su di loro una simile forza d’accensione.

 

40. Come lo Stato politico, così la vita economica, riceveranno l’afflusso di vita spirituale di cui abbisognano, dall’organismo spirituale che da se stesso si governa. Anche la preparazione pratica per la vita economica potrà sviluppare tutta la sua efficienza solo mediante la libera cooperazione della vita economica con l’organismo spirituale. Uomini adeguatamente preparati vivificheranno le esperienze che possono fare nel campo economico, con la forza che viene loro da beni dello spirito non più inceppati. Altri che hanno già avuto esperienza dalla vita economica, troveranno il passaggio all’organizzazione spirituale e vi agiranno fruttuosamente su ciò che in tal modo va fecondato.

 

41. Nel campo dello Stato politico si formeranno, grazie a questa libera azione di valori spirituali, le sane concezioni che sono necessarie. Per influsso di queste, chi lavora manualmente potrà avere un senso di soddisfazione circa la funzione del suo lavoro nell’organismo sociale. Comprenderà che, senza una direzione che organizzi il lavoro manuale in corrispondenza del suo fine, l’organismo sociale non lo può sostenere. Potrà allora sentire la connessione del suo lavoro con le forze organizzatrici derivanti dallo sviluppo delle capacità umane individuali. Sul terreno dello Stato politico acquisterà i diritti che gli assicurano la partecipazione al provento delle merci che produce, e, d’altro canto, liberamente concederà ai valori spirituali che gli si offrono, tutto l’interesse che ne renderà possibile l’esistenza. Nel campo della vita spirituale sorgerà la possibilità che i suoi produttori possano anche vivere dei frutti del loro lavoro. Quanto ciascuno fa per sé nel campo della vita spirituale sarà suo intimo affare privato; mentre quanto uno è in grado di fare per l’organismo sociale potrà contare sul libero compenso da parte di coloro per i quali il bene spirituale è un bisogno. Chi non troverà nell’organizzazione spirituale un compenso sufficiente dovrà passare nel campo dello Stato politico o in quello della vita economica.

 

42. Nella vita economica fluiscono le idee tecniche derivanti dalla vita spirituale. Esse nascono dalla vita spirituale, anche quando provengono direttamente da persone appartenenti al campo politico o economico. Dalla vita spirituale derivano tutte le idee e le energie organizzatrici che fecondano la vita economica e la vita politica. Il compenso per questo contributo ad ambedue i campi della vita sociale sarà dato dalla libera comprensione di quelli che di questo contributo hanno bisogno, o sarà stabilito secondo norme di diritto, che saranno elaborate nel campo dello Stato politico. Quanto occorre poi allo Stato politico stesso per il suo mantenimento, sarà fornito mediante un diritto d’imposta. Questo dovrà risultare dall’armonizzazione delle esigenze del diritto con quelle della vita economica.

 

43. Accanto al campo politico e a quello economico deve, nel sano organismo sociale, agire in modo autonomo quello spirituale. Verso questa triarticolazione dell’organismo sociale si volgono le forze evolutive della nuova umanità. Finché la vita sociale si è lasciata guidare sostanzialmente da forze istintive di una grande parte dell’umanità, non ha potuto sorgere l’impulso verso questa ben determinata articolazione. Ciò che in fondo scaturì sempre da tre sorgenti distinte cooperava confusamente in una certa ottusità della vita sociale. Il nuovo tempo esige che l’uomo prenda posizione in modo consapevole entro l’organismo sociale. Questa consapevolezza può dare una sana conformazione alla condotta e a tutta la vita dell’uomo soltanto se è orientata da tre parti. A questo orientamento tende l’umanità moderna nelle profondità incoscienti dell’anima, e ciò che si manifesta come movimento sociale non è se non il confuso riflesso di questa tendenza.

 

44. Al termine del secolo diciottesimo, da condizioni fondamentali diverse da quelle in cui oggi viviamo, sorse, da substrati profondi della natura umana, l’aspirazione verso una nuova costituzione dell’organismo sociale. Si proclamarono allora, come segnacolo di questa nuova organizzazione, le tre parole: FRATELLANZA, UGUAGLIANZA, LIBERTÀ. Orbene: chi si interessa della reale evoluzione umana con animo spregiudicato e con sano sentimento umano, non può naturalmente fare a meno di provare simpatia per tutto ciò a cui alludono queste parole. Vi furono tuttavia acuti pensatori che, nel corso del secolo diciannovesimo, si diedero la pena di dimostrare come sia impossibile realizzare in un organismo sociale unitario queste idee di fratellanza, uguaglianza e libertà. Essi credettero di riconoscere che, se questi tre impulsi si realizzassero, dovrebbero necessariamente trovarsi in reciproca contraddizione nell’organismo sociale. È stato dimostrato con acume, per esempio, come sia impossibile che, realizzandosi l’impulso dell’eguaglianza, possa realizzarsi anche quello della libertà che pure ha le sue basi in ogni essere umano. Si deve convenire con quelli che rilevano tale contraddizione, e pur tuttavia, per un generale sentimento umano, non si può fare a meno di provare simpatia verso ciascuno dei tre predetti ideali.

 

43. Questa contraddizione sorge per il fatto che il vero significato sociale di questi tre ideali emerge esclusivamente dal riconoscimento della necessaria triarticolazione dell’organismo sociale. Queste tre parti non si devono riunire e accentrare in un astratto e teorico parlamento o in altra unità consimile. Devono essere una realtà vivente. Ciascuna di esse deve essere accentrata in sé. Soltanto dalla loro azione parallela e comune potrà poi risultare l’unità dell’organismo sociale complessivo. Nella vita reale concorre a formare l’unità appunto ciò che apparentemente si contraddice. Perciò si arriverà ad una comprensione della vita dell’organismo sociale, quando si sarà in grado di vedere quale debba essere, conformemente alla realtà, la struttura di questo organismo sociale, in rapporto a fratellanza, uguaglianza e libertà. Si riconoscerà allora che la cooperazione degli uomini nella vita economica deve fondarsi su quella fratellanza che sorge dalle associazioni; nella seconda parte, il sistema del diritto pubblico, che concerne i rapporti puramente umani da persona a persona, si tratterà di mirare alla realizzazione dell’idea di eguaglianza. E nel campo spirituale, che sta nell’organismo sociale in una relativa indipendenza si mirerà a realizzare l’impulso della libertà. Considerati sotto questo punto di vista, questi tre ideali manifestano il loro effettivo valore. Non si possono però realizzare in una vita sociale caotica, ma soltanto in un organismo sociale sano, triarticolato nel modo che si è detto. Non già una forma sociale astrattamente accentrata può realizzare tutti insieme gli ideali di libertà, di uguaglianza e di fraternità; bensì ciascuna delle tre parti dell’organismo sociale può attingere la sua forza da uno di questi impulsi. E allora potrà cooperare con le altre parti in maniera feconda.

 

46. Coloro che sullo scorcio del secolo diciottesimo sollevarono l’esigenza della realizzazione delle tre idee di libertà, di eguaglianza e di fraternità, come pure quelli che più tardi la rinnovarono, sentirono oscuramente dove tendano le forze evolutive dell’umanità moderna; ma nello stesso tempo non seppero superare la loro fede nello Stato unitario. Per lo Stato unitario le loro idee sono una contraddizione. Essi accettavano ciò che era contraddittorio, perché nel fondo subcosciente della loro anima agiva l’impulso verso la triarticolazione dell’organismo sociale, per la quale soltanto la trinità delle loro idee può assurgere ad una più elevata unità. Con chiara eloquenza gli attuali fatti sociali esigono che le forze evolutive, che nel divenire della nuova umanità urgono verso questa triarticolazione, siano trasformate in volontà sociale cosciente.