Abramo, Isacco e Giacobbe / L’esperienza della Trinità

L’aurora della rivelazione


 

Le tre forze fondamentali della vita dell’anima umana – pensare, sentire e volere

sono, al pari delle sostanze del corpo umano, radicate nel cosmo.

Come non si può pensare la vita del corpo senza la luce, l’aria e il cibo, fornitegli dall’ambiente extraumano,

così non si può pensare la vita dell’anima senza un afflusso di forze dall’ambiente spirituale sovrumano,

le cui sorgenti sono designate col nome di ‘Padre’, ‘Figlio’ e ‘Spirito Santo’.

 

Se si priva il corpo umano di luce, aria e cibo, esso perisce. Se si priva l’anima umana del pensare, del sentire e del volere cosmici, essa si dissecca come un ramo spezzato. Come infatti il sistema nervoso ha bisogno di luce, il sistema ritmico di aria e il sistema digestivo di cibo, così il pensare, il sentire e il volere hanno bisogno della luce dello Spirito, dell’amore del Figlio e della forza del Padre.

 

La Pietra di fondazione posta da Rudolf Steiner come base spirituale della auspicata vita della Società Antroposofica, è effettivamente un mezzo per rafforzare, riscaldare e illuminare le forze fondamentali dell’anima. Per il suo contenuto, per la scelta delle parole e per il ritmo in cui si articola, essa costituisce un mezzo più che mai efficace per connettere l’anima con lo spirito cosmico che la illumina, la vivifica e la rafforza. Il triangolo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo nel quadrato dei quattro punti cardinali è una figura spirituale, che può condurre ai più importanti risultati nella conoscenza sovrasensibile, anche a quelli comprovanti la verità di ciò che segue.

 

L’uomo è connesso con la spiritualità cosmica in tre modi diversi.

Finché egli rimane interiormente unito con la trinità dello spirito, la vita della sua anima conserva la propria armonia. Se però il suo rapporto con lo spirituale diventa unilaterale, egli si espone ad alcuni pericoli.

Se, ad esempio, tende in modo esclusivo verso lo Spirito Santo, corre il rischio di cadere in balia del falso spirito, di Lucifero. Si può comprendere ciò, considerando il carattere fondamentale dell’esperienza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

 

Il carattere fondamentale dell’esperienza dello Spirito Santo è la gioia, l’esperienza della gioia nella libertà. Nel cristianesimo tradizionale questa esperienza era detta “letizia nello Spirito Santo”. L’espressione è del tutto appropriata, poiché l’esperienza dello Spirito è sempre accompagnata da un sentimento di gioia. È un’esperienza beatificante di libertà.

Il Figlio è sperimentato come modello dell’intera umanità. Tale esperienza non è di gioia ma di stimolo della coscienza morale [Gewissen]. Essa include sempre un’esortazione all’azione. Un impulso ad agire è ciò che fluisce nell’anima dall’esperienza del Figlio.

Il Padre non viene sperimentato né nella gioia né nell’impulso all’azione, bensì nella più profonda contrizione dell’anima.

 

Si conosce il Padre, in quanto si sperimenta il proprio nulla, provando nel proprio intimo uno sconvolgimento tale, da desiderare di essere annichilito sulla soglia della dimensione in cui sì percepisce il respiro del Padre. L’esperienza del Padre è perciò un riconciliarsi con la morte. Ci si riconcilia con la realtà della morte, in quanto si sa, che il Padre esiste. Lacrime di commossa contrizione sono il frutto dell’esperienza del Padre. Esse sono sempre un segno del fatto che un tenue alito del respiro del Padre ha sfiorato l’anima umana.

 

L’uomo, tuttavia, può diventare unilaterale nel proprio anelito. Ciò si ha, ad esempio, quando egli, invece di anelare allo Spirito Santo, anela alla gioia dello Spirito Santo. Un simile anelito è di natura luciferica.

Cercare la gioia dello Spirito, anziché lo Spirito come tale, è una tentazione luciferica. Questo accadde, ad esempio, nella vita spirituale dell’antica civiltà indiana. L’antica civiltà indiana aveva la disposizione a elevarsi fino alla conoscenza del Padre, ma non l’attuò, in quanto predilesse un’esperienza unilaterale dello Spirito. Diventò quindi luciferica, rendendo necessario il sorgere della civiltà persiana. Così ebbe inizio il karma delle civiltà postatlantiche.

 

L’unilateralità nell’esperienza del Figlio conduce ad uno stato d’animo, che può essere caratterizzato all’incirca nel modo seguente. Il mondo dell’azione è la terra. L’errore, la sofferenza, il male non dominano in cielo, ma sulla terra, ed è perciò sulla terra che vanno combattuti con l’azione. Nel mondo spirituale agiscono le Gerarchie: là le azioni dell’uomo sono di scarsa importanza, ma sulla terra sono decisive. Nel mondo spirituale tutto è in ordine, ed è perciò al mondo fisico che va rivolta interamente l’attenzione.

Una mancanza di interesse verso il mondo spirituale e un concentrarsi esclusivo sul mondo dei sensi, sono le conseguenze di una tendenza unilaterale verso il principio del Figlio. Il risultato può essere un soccombere agli allettamenti di Arimane.

 

L’accentuazione unilaterale del principio del Padre non conduce, nell’epoca odierna, sotto il dominio di alcuna potenza spirituale avversaria. Nell’epoca odierna solo lo pseudo-Spirito e lo pseudo-Figlio, cioè Lucifero e Arimane, agiscono come anticristo.

Nel futuro karmico, tuttavia, un uomo che nel presente coltivi un atteggiamento fatalistico, cadrà in balia di una terza potenza avversaria.

 

Il fatalismo è infatti il frutto di una tendenza unilaterale verso il principio del Padre.

Esso è l’espressione di una completa passività interiore nei confronti del mondo. Questa passività diverrà in futuro un pericolo tremendo, quando anche lo pseudo-Padre avrà iniziato ad operare nel mondo. Verrà un tempo in cui Asura farà la sua comparsa quale karma di Arimane, come già aveva fatto la sua Arimane quale karma di Lucifero.

 

I tre pericoli dell’unilateralità spirituale possono essere evitati, solo considerando la Divinità come Triunità. La Trinità dell’eterno Bene è un’unità, e come tale deve pensarla l’anima umana. Se l’anima smembra tale unità, cade in balia della trinità del male.

Nel tempo, tuttavia, l’uomo è sempre in una certa misura unilaterale. È vero che nel divenire complessivo questa unilateralità viene compensata, ma in una determinata epoca egli accentua sempre il rapporto con una delle tre Persone della divina Trinità. Compaiono allora certe inclinazioni dell’anima che – nel caso si lasci loro libero corso – possono sfociare nelle aberrazioni sopra descritte.

 

Per capire le figure di Abramo, Isacco e Giacobbe occorre tenere presente tanto l’aspetto regolare, quanto quello irregolare del rapporto con la Trinità. Queste tre figure, infatti, da cui diparte la corrente della trasmissione ereditaria e del karma di Israele, la quale conduce alla nascita del Messia, rappresentano il triplice intervento divino in questa stessa corrente.

Il mistero della vita e del destino di questi tre personaggi è il mistero della partecipazione delle forze del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo a quell’opera di occultismo eugenetico, che nei Vangeli di Matteo e di Luca è riassunta nelle tavole genealogiche dei due bambini Gesù.

 

I profondi impulsi spirituali operanti attraverso le generazioni degli antenati dei due bambini Gesù, compaiono per la prima volta nei tre patriarchi. Compaiono appunto in tre patriarchi, poiché tre sono gli impulsi spirituali, la cui cooperazione preparò l’avvento di Cristo sulla terra.

Questi tre impulsi hanno radici nel ciclo, sono l’espressione della divina Trinità.

Per questo motivo abbiamo dovuto considerare la luce e l’ombra dell’esperienza della Trinità nell’anima umana, al fine di poter comprendere le figure di Abramo, Isacco e Giacobbe, non solo dal punto di vista biografico, come personalità, o da quello storico, ma anche da un punto di vista cosmico.