Antiche esperienze del corso dell’anno

O.O. 223 – Il corso dell’anno come respiro della Terra e le quattro grandi festività – 02.04.1923


 

Sommario: Antiche esperienze del corso dell’anno. Medioevo: pensiero di Pasqua, sepoltura e resurrezione. Scolastica: Tommaso d’Aquino e Alberto Magno. Scienza moderna derivata dalla Scolastica. Avvenire: rinnovamento della vita sociale grazie al pensiero di Michele. Gli esseri elementari nel corso dell’anno. L’impulso della triarticolazione come impulso spirituale naturale.

 

Non dobbiamo sottovalutare l’importanza che ha per l’umanità il prestare tutta la propria attenzione a una festività dell’anno. Anche se nel nostro tempo le festività religiose sono diventate soprattutto un’abitudine, non fu sempre così: vi furono tempi in cui gli uomini legavano la loro coscienza al corso di tutto l’anno, in cui sentivano il corso del tempo dal principio dell’anno e si dicevano che di volta in volta vi era una certa intensità di freddo e di caldo, determinate condizioni di tempo atmosferico e maggiore o minore crescita delle piante e degli animali.

Gli uomini partecipavano così man mano alle modificazioni della natura, alle sue metamorfosi. Vivevano in modo da legare la loro coscienza con i fenomeni della natura, orientando per così dire la coscienza secondo determinate festività: ad esempio, all’inizio dell’anno, andando verso la Pasqua, avevano sensazioni legate al terminare dell’inverno, e in autunno, avviandosi al Natale, sensazioni legate alla natura che appassiva. Le anime erano quindi riempite da quelle sensazioni, che si manifestavano appunto a seconda del modo particolare in cui erano sperimentate le diverse festività.

 

Si sperimentava così il corso dell’anno, ed era in sostanza uno spiritualizzare ciò che si aveva intorno, che non solo si vedeva e si udiva, ma si sperimentava con tutto il proprio essere. Si sperimentava il corso dell’anno come lo scorrere di una vita organica, più o meno come nell’essere umano quando è bambino le manifestazioni dell’anima sono messe in relazione con i movimenti maldestri e con l’imperfetto modo di parlare. Come determinate esperienze animiche sono correlate al cambio dei denti, e altre alle successive trasformazioni del corpo, cosi si vedeva l’operare e il tessere dello spirito nelle modificazioni delle condizioni naturali. Era un crescere e un diminuire.

 

Tutto ciò dipende dal modo in cui ci si sente nel mondo in quanto uomini terreni. Così si può dire: quando all’inizio del nostro conteggio del tempo si cominciò a celebrare il ricordo dell’evento del Golgota, che poi divenne la festa di Pasqua, quando la festa della Pasqua era sentita viva nel corso dell’anno, e si sperimentava il corso dell’anno nel modo che ho appena indicato, in sostanza gli uomini sentivano la propria vita dedita al mondo esterno fisico-spirituale. Sentivano che per rendere completa la propria vita avevano bisogno di guardare la grandiosa immagine dell’evento del Golgota, della sepoltura e della resurrezione.

 

Colmando così la coscienza, per gli uomini sorgono ispirazioni. Non ne sono sempre coscienti, ma è un segreto dell’evoluzione dell’umanità il fatto che da tali atteggiamenti religiosi nei confronti dei fenomeni del mondo derivano ispirazioni per tutta la vita. Anzitutto ci deve essere chiaro che in una certa epoca, nel medioevo, chi orientava la vita spirituale erano i sacerdoti, i quali avevano anche il compito di fissare e regolare la celebrazione delle festività. I sacerdoti erano coloro che, di fronte agli altri, all’umanità laica, stabilivano le feste e anche il loro contenuto. I sacerdoti sentivano dunque in modo speciale il contenuto delle feste. Tutto lo stato animico che si orientava in modo che tali feste agissero ispirando, si manifestava poi nel complesso della vita animica.

 

Nel medioevo non ci sarebbe stata quella che poi si chiamò Scolastica, la filosofia di Tommaso d’Aquino, di Alberto Magno e di altri, se questa filosofia, con la sua concezione del mondo e le relative conseguenze sociali, non fosse stata ispirata dal più importante pensiero della Chiesa, dal pensiero pasquale. Nella visione del Cristo che discende sulla Terra e, quale essere umano, vi conduce una temporanea vita per poi attraversare la resurrezione, era stato dato l’impulso animico che portò a stabilire il caratteristico rapporto fra fede e conoscenza, fra conoscenza e rivelazione che appunto è tipico della Scolastica. Che l’uomo, a partire da se stesso, potesse arrivare a conoscere solo il mondo sensibile, e dovesse acquisire con la rivelazione tutto ciò che riguarda il mondo soprasensibile, era stato in sostanza stabilito dal pensiero della Pasqua che si collegava con il pensiero del Natale.

 

Se oggi il mondo di idee della scienza è in effetti del tutto derivato dalla Scolastica, come spesso ripeto, allora si deve dire: senza che l’attuale conoscenza scientifica lo sappia, essa è in sostanza l’impronta esatta del pensiero pasquale che dominava nei tempi più antichi del medioevo e che poi venne in qualche modo diminuito nell’evoluzione spirituale umana nel più tardo medioevo e nell’epoca moderna.

Vediamo come la scienza svolga in idee ciò che oggi è largamente diffuso e domina tutta la nostra cultura, vediamo come la scienza usi le proprie idee: le applica alla natura morta e crede di non potersi elevare al di sopra di essa. Tutto ciò è un risultato dell’ispirazione derivata dalla contemplazione della sepoltura.

Quando poi alla contemplazione della sepoltura si potè aggiungere la contemplazione della resurrezione, si aggiunse anche la manifestazione della sfera soprasensibile alla mera conoscenza dei sensi.

Quando infine si ebbe sempre più l’idea che la resurrezione fosse un miracolo inspiegabile e perciò inaccettabile, si eliminò la rivelazione, e quindi il mondo soprasensibile. L’attuale concezione scientifica è, per così dire, ispirata solo dalla contemplazione del Venerdì Santo e non dalla contemplazione della domenica pasquale.

 

Occorre tener presente questa interiore connessione: ispirato è sempre ciò che riguardo alla natura viene sperimentato nell’ambito delle festività. Occorre sempre tener presente il nesso fra ciò che è ispirato e ciò che si manifesta in tutto quanto concerne la vita umana. Rendendosi conto dell’intimo nesso esistente tra questo immedesimarsi nel corso dell’anno e ciò che gli uomini pensano, sentono e vogliono, si comprenderà anche l’importanza che avrebbe, ad esempio, riuscire a realizzare la festa autunnale di Michele sulla base di sostrati spirituali ed esoterici, rendendola qualcosa che trapassi nella coscienza umana e la ispiri.

Se il pensiero della Pasqua assumesse la sua colorazione, in modo che al pensiero: “Egli è stato deposto nel sepolcro ed è risorto”, si aggiungesse l’altro pensiero umano: “Egli è risorto, dunque può venir deposto nel sepolcro senza perire”, se questo pensiero di Michele potesse divenire vivo, un evento del genere avrebbe appunto un enorme significato per tutto il pensare, il sentire e il volere degli uomini! Come si inserirebbe in tutto il processo sociale dell’umanità!

 

Tutto ciò che gli uomini sperano per un rinnovamento della vita sociale non verrà da tutte le discussioni e da tutte le istituzioni che si riferiscono alla sfera esteriore sensibile; potrà realizzarsi solo se l’umanità sarà attraversata, afferrata da un potente pensiero ispirativo, grazie al quale la sfera morale-spirituale sia di nuovo direttamente sentita, percepita in connessione con quella naturale e sensibile.

Direi che oggi gli uomini cercano la luce solare come fanno i lombrichi sotto il terreno, mentre per trovarla si deve salire in superfìcie. Con tutte le discussioni e i pensieri riformatori di oggi nulla si fa in realtà; è possibile ottenere qualcosa solo da un poderoso impulso di pensiero che sia tratto dallo spirito. Ci deve esser chiaro che appunto il pensiero pasquale avrà la sua nuova sfumatura quando sarà completato dal pensiero di Michele.

 

 

image9                                                                                       rosso

 

 

Esaminiamo più da vicino il pensiero micheliano. Volgendo lo sguardo al pensiero della Pasqua, rileviamo che essa cade nel periodo della germogliante e germinante vita primaverile. In quel periodo la Terra espira le sue forze animiche, affinché esse si compenetrino con l’astralità esistente attorno alla Terra, ossia con le forze cosmiche extraterrene. La Terra espira la sua anima. Che cosa significa?

Significa che determinate entità elementari che stanno attorno alla Terra allo stesso modo dell’aria o delle forze di crescita delle piante, collegano il proprio essere con l’anima espirata della Terra, nelle zone in cui vi è appunto la primavera. Quegli esseri nuotano e si intessono con l’anima espirata della Terra. Si disindividualizzano, perdono la loro individualità, si dissolvono nella sfera animica terrestre. In primavera, proprio nel periodo della Pasqua si vedono numerosi esseri elementari che, dall’ultimo stadio della loro esistenza individuale, conservato durante l’inverno, nuotano come in nuvole e si dissolvono nella sfera animica terrestre.

 

Durante l’inverno gli esseri elementari erano inseriti nell’anima della Terra e vi si erano individualizzati (nel disegno precedente, il verde nel giallo). Prima del periodo pasquale hanno ancora una certa individualità, per così dire volano e ondeggiano quali esseri individuali. Nel periodo della Pasqua si riuniscono in nuvole e formano una massa comune entro l’anima della Terra (verde nel giallo nel disegno). Questi esseri elementari perdono così fino a un certo grado la loro coscienza, entrano in una specie di stato di sonno. Certi animali cadono in un letargo invernale; gli esseri elementari hanno un sonno estivo che raggiunge il culmine nel periodo di San Giovanni, quando essi dormono del tutto. Ricominciano poi a individualizzarsi, e li si vede già chiaramente come esseri particolari durante l’inspirazione della Terra al tempo di Michele, alla fine di settembre.

 

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                                                                                    rosso

 

L’uomo ora ha bisogno di questi esseri elementari; non ne è cosciente, ma ha bisogno di unirsi a loro per poter preparare il proprio avvenire. Potrebbe unirsi con loro se attorno a una festività che cadesse alla fine di settembre, con una speciale interiore vivacità sentisse come la natura si modifichi proprio verso l’autunno; se potesse sentire come la vita animale e vegetale si ritiri, come certi animali si apprestino a cercare per l’inverno un luogo protetto, come le foglie delle piante arrivino ai loro colori autunnali, come tutta la natura appassisca. Certo la primavera è bella, e sentirne la bellezza, la vita che cresce e sboccia è una bella prerogativa dell’anima umana. Anche però poter sentire, quando le foglie sbiadiscono, come esse assumano il loro colore autunnale, poter sentire, quando gli animali si rintanano, come nella sfera sensibile che deperisce sorga l’elemento animico-spirituale scintillante e splendente, come con l’ingiallire delle foglie vi sia un tramonto della vita germogliante e crescente, e che tutto ingiallisce affinché lo spirito possa vivere, poter sentire come nella caduta delle foglie vi sia il salire dello spirito, come lo spirito sia la contromanifestazione dello spegnersi della sfera dei sensi: questa è la sensazione che dovrebbe animare lo spirito umano nel periodo autunnale. Allora esso si prepara nel modo giusto al periodo natalizio.

 

Dobbiamo essere compenetrati dalla verità presa dalla scienza dello spirito antroposofica, per cui appunto la vita spirituale umana sulla Terra è collegata con la vita fisica che deperisce. Pensando, distruggiamo la materia fisica dei nostri nervi. Il pensiero si forma sulla base della materia che si distrugge. Il formarsi dei pensieri in se stessi, il brillare delle idee nella nostra anima e il sentirci affini in tutto il nostro organismo con le foglie che ingialliscono, col fogliame delle piante che appassisce, col seccarsi delle piante, tutto il sentirsi affine dell’essere spirituale umano con la spiritualità della natura, tutto può darci l’impulso a rafforzare la nostra volontà, l’impulso che ci porta a compenetrare la volontà con la spiritualità.

 

Proprio facendo compenetrare la nostra volontà con la spiritualità, diventiamo compagni dell’attività di Michele sulla Terra. Sentendoci in questo modo verso l’autunno uniti alla natura, e portando a espressione il vivere con la natura in una festività, si può realmente sentire il completamento dell’atmosfera pasquale. Ci diventa però chiaro anche qualcos’altro. Quel che oggi si pensa, si sente e si vuole è ispirato dall’atmosfera unilaterale della Pasqua, che per di più è come paralizzata. L’atmosfera pasquale è in sostanza il risultato della vita nascente e germogliarne, che fa tutto confluire in una sorta di unità panteistica. L’uomo è dedito all’unità della natura e all’unità del mondo in generale; oggi lo è anche la struttura della nostra vita culturale. Si vuole tutto ricondurre a un’unità: ci si ritiene seguaci dello spirito tutto o seguaci della natura tutta, e quindi si è monisti spiritualisti o monisti materialisti. Tutto è riassunto in un’indeterminata unità. Questa è in sostanza l’atmosfera primaverile.

 

Osservando l’atmosfera autunnale, con lo spirito che sale e tende alla libertà (giallo nel disegno che segue), con l’elemento dei sensi che scende e appassisce (rosso), si vede come si manifestino l’elemento spirituale e l’elemento sensibile.

 

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La pianta che germoglia in primavera ha insito in sé, nel suo germogliare e nel suo crescere, l’elemento spirituale. Lo spirituale è mischiato con la parte sensibile, è in effetti un’unità.

La pianta che appassisce lascia cadere le foglie, e lo spirito sale; si ha dunque lo spirito, invisibile e soprasensibile, e la materia che cade. E come se, avendo un recipiente con del liquido omogeneo nel quale viene sciolto qualcosa, mediante un processo qualsiasi si ottenesse che dal liquido qualcosa si depositi, precipiti nel fondo. Si sono così separate le due cose che erano unite tra loro e ne formavano una sola.

 

La primavera è adatta a intessere tutto, a mescolare tutto in un’indifferenziata, indeterminata unità.

Se invece si osserva nel modo giusto l’autunno, se lo si mette nel giusto contrasto con la primavera, si può rilevare come lo spirito operi da una parte e la sfera fisica-materiale da un’altra.

 

Naturalmente non si deve propendere unilateralmente per nessuna delle due parti. Il pensiero pasquale certo non perde di valore, se vi si aggiunge il pensiero di Michele. Direi che da una parte si ha il pensiero pasquale in cui tutto si presenta in una specie di miscela panteistica, in un’unità. Dall’altra parte si ha una differenziazione, che però non avviene in modo irregolare, caotico. Vi è senz’altro una regolarità.

Si pensi allo svolgimento ciclico: connessione-miscelazione-unificazione, poi uno stato intermedio in cui avviene la differenziazione, la completa differenziazione; poi di nuovo lo sciogliersi delle differenze in un’unità, e così via.

Oltre a questi due stati, ve ne è anche un terzo: il ritmo fra il momento differenziato e quello indifferenziato, per così dire fra l’inspirazione del differenziato e di nuovo l’espirazione.

 

• Vediamo un ritmo, uno stato intermedio, uno stato fisico-materiale e uno spirituale;

un’azione congiunta fra fisico-materiale e spirituale: qualcosa di animico.

• Si impara a vedere nel suo corso la natura attraverso l’originaria triade: materiale, spirituale, animica.

 

Importante è che non si rimanga fermi a un generico stato sognante in cui ricondurre il tutto a una unità. Così facendo, che si tratti di un’unità spirituale o di un’unità materiale, tutto è ricondotto alla indeterminatezza della notte cosmica. Di notte tutti i gatti sono grigi; nel monismo spirituale tutte le idee sono grigie, nel monismo materiale pure. Sono solo sensazioni diverse; non è ciò che è importante per una concezione superiore.

È importante invece che l’essere umano si colleghi col corso dell’universo, in modo che sia in grado di seguire il passaggio vivente dall’unità alla triade e di ritornare dalla triade all’unità.

 

Se dunque possiamo completare in questo modo il pensiero della Pasqua con quello di Michele, se possiamo sentire giustamente la triade originaria in tutto l’esistente, la accoglieremo in tutto il nostro atteggiamento animico. Saremo allora in grado di riconoscere che in realtà tutta la vita consiste nell’attivare e nel compenetrarsi delle triadi originarie.

Quando la festa di Michele ci avrà dato l’ispirazione per una visione come quella che ci ispirò la Pasqua unilaterale, avremo un’ispirazione, un impulso naturale-spirituale capace di inserire la triarticolazione, l’impulso della triarticolazione in ogni elemento di vita che vada osservato ed elaborato. Realizzarlo, dipende in sostanza dal riuscire a trasformare di nuovo le forze decadenti, insite nell’evoluzione umana, in forze di progresso.

 

Quando si parlò dell’impulso della triarticolazione nella vita sociale, fu per così dire una prova per vedere se il pensiero di Michele fosse già abbastanza forte, fosse sentito come impulso sgorgato direttamente dalle forze formatrici del tempo. Fu una prova dell’anima umana, vedere se il pensiero di Michele fosse abbastanza forte in un certo numero di persone. La prova diede un risultato negativo. Il pensiero di Michele non era ancora abbastanza forte, pur in un piccolo numero di persone, per essere sentito realmente in tutta la sua forza formatrice del tempo.

Quasi non sarà possibile legare le anime umane, per nuove fasi di ascesa, alle forze formatrici cosmiche originarie, come invece è necessario, se non si riuscirà a compenetrare con tale ispirazione una festività di Michele, se cioè dalle profondità della vita esoterica non potrà sorgere un nuovo impulso.

 

Se anziché soci passivi nella Società Antroposofica vi fossero anche solo pochi soci attivi, sarebbe possibile riflettere sulla base di questi pensieri. È essenziale che nell’ambito della Società Antroposofica si manifestino iniziative tali per cui i soci diano in effetti valore al partecipare a quel che avviene, che cioè i soci indirizzino le loro forze animiche a ciò che si presenta, senza però che l’attività della propria anima sia legata agli impulsi correnti del tempo.

Naturalmente, con la consistenza attuale del movimento antroposofico di tutto ciò non è possibile parlare, non è possibile considerare lo svolgimento di quanto è, per così dire, un impulso esoterico. Si deve però comprendere come proceda in effetti l’evoluzione dell’umanità, e come da ciò che si dice con parole superficiali non possano sorgere le grandi forze portanti dell’evoluzione dell’umanità; forze che, invece, possono giungere da ambiti del tutto diversi.

 

Tempi antichi lo hanno sempre saputo sulla base di un’umana chiaroveggenza originaria; in quei tempi, per esempio, non si insegnava ai giovani che esistono chissà quanti elementi chimici, e che, se se ne scopre un altro, dai settantacinque si arriva ai settantasei, e che se se ne scopre ancora un altro si arriva ai settantasette, senza poter prevedere quanti ancora se ne scopriranno, e così sempre avanti. In ciò che viene così indicato dai numeri non vi è una interiore essenzialità, ed è così in ogni campo. Chi sarebbe oggi interessato a trovare nel sistema vegetale una forma qualsiasi di triade? Si scoprono ordini e ordini, specie e specie, li si conta come si conterebbero i fagioli o i sassolini. Però, l’azione dei numeri nel mondo è tale che si basa su un’essenzialità, e questa essenzialità appunto va studiata.

 

Si pensi quanto poco tempo è passato da quando la conoscenza della sostanza era ricondotta alla triade di sfera salina, mercuriale e fosforica, considerata come una triade di forze originarie, e come tutto quel che era singolo dovesse appunto essere rapportato a una delle forze originarie del tre.

È ancora diverso se si guarda a tempi più lontani, nei quali del resto era più facile arrivare a qualcosa del genere anche grazie alla condizione culturale umana; le civiltà orientali infatti erano più orientate verso le zone calde, dove tutto ciò era più facile all’antica chiaroveggenza elementare. Oggi nelle zone temperate è senza dubbio possibile arrivare per queste cose tramite una chiaroveggenza libera ed esatta; si vuole però tornare alle antiche civiltà! Allora non si distinguevano primavera, estate, autunno e inverno. Distinguere le quattro stagioni sarebbe stato un traviamento, perché appunto si avrebbe avuto il quattro, cioè un semplice mettere in fila. Pensare il corso dell’anno dominato dal quattro, sarebbe stato del tutto impossibile, ad esempio, nell’antica civiltà dell’India, perché nel quattro nulla vi è delle strutture originarie di ogni agire.

 

Quando scrissi il libro Teosofia, non potei semplicemente elencare: corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e io, come è possibile riassumerli quando la sequenza è chiara, quando è interiormente afferrata; dovetti ordinarli secondo il tre; corpo fisico, corpo eterico, corpo senziente: una prima triade. Poi un’altra triade connessa con la prima: anima senziente, anima razionale e anima cosciente; e poi connessa a questa ancora un’altra triade: sé spirituale, spirito vitale, uomo spirituale; tre volte tre fra loro intrecciati (vedi schema seguente), che di conseguenza diventano sette. Nel sette è però intrecciato il tre per tre. Se ora si guarda allo stadio attuale dell’evoluzione dell’umanità, compare il quattro, che in sostanza è un numero secondario.

 

Se però si vuol vedere l’attività interiore, ciò che si dà forma, occorre guardare la formazione nel senso della triade. Perciò l’antica concezione indiana conosceva: la stagione calda, che comprendeva più o meno i nostri mesi da aprile a luglio, la stagione umida, che comprendeva più o meno i nostri mesi da agosto a novembre, e la stagione fredda, con i nostri mesi da dicembre a marzo; i limiti non erano stabiliti rigidamente secondo i mesi, ma erano solo approssimativi; si possono pensare anche spostati. Il corso dell’anno era comunque pensato secondo la triade.

 

 

Anche l’atteggiamento animico umano era in genere compenetrato dalla disposizione ad osservare l’originaria triade in tutto il tessere ed agire dell’uomo; quindi anche tutta l’attività umana, tutte le strutture erano intessute dalla triade. Si può ben dire che avere idee pulite, anche riguardo alla vita culturale, alla vita giuridica e alla vita sociale ed economica, è possibile solo se si penetra a fondo questo ritmo ternario dell’agire universale, che deve compenetrare anche l’attività umana.

 

Oggi occuparsi di queste cose è considerato una sorta di superstizione, mentre è considerato alta saggezza enumerare semplicemente: uno, e poi ancora uno, due, tre e così via. La natura però non funziona così. Se la propria concezione si limita a osservare ciò in cui tutto si intesse, ad esempio solo la primavera, che va certo guardata per tutto quanto vi si intesse, non si arriva al ritmo ternario. Seguendo invece il corso di tutto l’anno, osservando come il tre si articoli, come lo spirito e la vita fisico-materiale esistano come dualità e come l’elemento ritmico del reciproco intessersi si inserisca come terzo, si percepisce allora il tre nell’uno, l’uno nel tre; si impara a vedere come l’uomo stesso si possa inserire nell’attività universale: dal tre all’uno, dall’uno al tre.

 

Tutto ciò diverrà atteggiamento animico umano che compenetra mondi e che con i mondi si allea, quando il pensiero di Michele potrà risvegliarsi come un pensiero di festa, in modo che alla festa della Pasqua sia realmente messa a lato nella seconda metà di settembre una festa di Michele, quando al pensiero della resurrezione di Dio dopo la morte potrà essere aggiunto il pensiero della resurrezione dell’uomo prima della morte, ottenuto grazie alla forza di Michele.

 

Così, dalla resurrezione di Cristo l’uomo troverà la forza di morire in Cristo,

vale a dire di accogliere durante la vita terrena nella propria anima il Cristo risorto,

affinché possa morire in lui, vivendo.

 

Tale intima coscienza potrebbe derivare dall’ispirazione che viene da un culto micheliano. Ci si può benissimo render conto di come il nostro tempo materialistico, che equivale in tutto e per tutto a un periodo diventato gretto, sia lontano da tutto ciò. Certo, nulla ci si può attendere da qualcosa che rimanga morto, astratto. Se però avverrà qualcosa con lo stesso entusiasmo con cui un tempo si introducevano festività, quando si aveva la forza di celebrarle, allora ciò agirà come ispirazione. Ispirerà anche tutta la nostra vita culturale e tutta la nostra vita sociale.

 

Vi sarà allora nella vita ciò di cui abbiamo bisogno:

• non uno spirito astratto da un lato, e una natura priva di spirito dall’altro,

• ma una natura spiritualizzata e uno spirito naturalmente capace di dare forma, i quali sono un’unità

e potranno anche intessere di nuovo in un tutt’uno religione, scienza e arte,

poiché in esse comprenderanno la triade nel senso del pensiero di Michele;

potranno cosi giustamente riunirsi nel pensiero della Pasqua, nella prassi antroposofìca,

che può operare, e che di nuovo può differenziare, secondo religione, arte e conoscenza.

 

Così in effetti l’impulso antroposofìco consisterebbe nel sentire l’unità di scienza, religione e arte nel periodo pasquale, nel sentire al tempo di Michele come le tre (che hanno una madre, la Pasqua) diventino sorelle, stiano una accanto all’altra e si completino a vicenda. Il pensiero di Michele festeggiato in modo vivo nel corso dell’anno potrebbe ispirare tutta la vita umana.

 

• Almeno, per ora, in una prospettiva conoscitiva ci si dovrebbe compenetrare di queste cose,

che senz’altro fanno parte di un reale esoterismo.

• Se potesse anche venire il tempo in cui vi fossero personalità attive,

tutto ciò potrebbe diventare realmente un impulso che, da solo e unicamente, data la situazione dell’umanità,

potrebbe ristabilire forze di crescita al posto di quelle di declino.