Aspetti caratteristici dei sintomi storici moderni

O.O. 185 – Lo studio dei sintomi storici – 20.10.1918


 

Sommario: Aspetti caratteristici dei sintomi storici moderni

L’epoca delle macchine. Colonialismo e anima cosciente. Osservazione della natura ed esperimento. Tecnica e morte. Parlamentarismo e individuo. La morte nella civiltà russa. Impulsi soprasensibili nella storia. Medicina e sintomatologia.

 

Abbiamo esaminato alcune fra le forze che si manifestano come sintomi e che giocano nell’evoluzione della storia moderna; naturalmente ne abbiamo visto soltanto alcune, perché avrebbe richiesto troppo tempo esaminare tutte le forze attive nella storia, d’altronde infinitamente numerose quando si entri nei particolari. Sarebbe ugualmente troppo lungo studiare a fondo anche soltanto le più importanti e, d’altra parte, è stato espresso il desiderio di prendere in considerazione alcuni speciali impulsi che assumono il carattere di sintomi. Potremo farlo in seguito, un giorno della prossima settimana, e studiare quei sintomi che si riferiscono specialmente alla Svizzera. Vedremo cioè di fare un quadro della storia svizzera.

 

Oggi cercheremo invece di progredire nelle considerazioni che abbiamo iniziato. Ieri ho dato un’immagine, per quanto limitata, del modo in cui uno dei più importanti sintomi della storia moderna, il socialismo, s’inserisce nell’evoluzione più recente. Per molte persone, interessate a conoscere i motivi reali dell’evoluzione, il movimento socialistico ha eclissato ogni altra cosa; né essi sono riusciti ad annettere una qualche importanza ad altri fattori. Costoro cioè non hanno posto la dovuta attenzione alla notevole influenza di un quid che si sottrae all’osservazione: anche quando cercavano realmente nuovi motivi, non badavano ad influssi aventi carattere spirituale. D’altronde, se si vogliono appurare gli impulsi sintomatici dell’epoca nostra, in primo luogo sono da prendere meno in considerazione quelle persone che, secondo quanto ho detto ieri, si sono accorte meno degli, altri dell’evoluzione più recente, quella del secolo XIX, e soprattutto quella del primo scorcio del secolo XX, tutti gli appartenenti cioè alle categorie meno interessate agli impulsi della nostra epoca. Gli storici, appartenenti ai vecchi ceti, si sono limitati ad indicare sempre la genealogia delle case regnanti, la storia delle guerre, o al massimo qualche spunto che si potesse segnalare nel loro quadro complessivo. Sono state scritte anche storie della civiltà, ma anch’esse, da quella di Buckle sino a quella di Ratzel, si sono mantenute piuttosto lontane dalle forze realmente attive. Accanto a tutto ciò, si andava invece formando nel proletariato un nuovo desiderio di cultura nella direzione ieri indicata, un desiderio di cultura sempre più diffuso e basato sui tre principi che ieri abbiamo esaminato. Però nel proletariato non esisteva alcun desiderio di spingere lo sguardo entro i più sottili rapporti del divenire storico e, di conseguenza, fino ad oggi non è emersa a sufficienza l’importanza storica del modo di pensare scientifico, considerato come sintomo storico.

 

Naturalmente si può parlare del modo di pensare scientifico, in relazione al suo contenuto, oppure in rapporto alla trasformazione avvenuta nel pensiero moderno, ma è anche importante che si parli di come il pensiero scientifico sia divenuto un sintomo storico, pari agli altri fin qui enumerati: l’impulso nazionale, l’accumularsi di problemi politici insolubili, eccetera. In realtà, dall’inizio dell’epoca dell’anima cosciente, il modo di pensare scientifico si è diffuso in cerchie sempre più vaste. È del tutto errato credere che pensi scientificamente soltanto chi abbia qualche conoscenza scientifica. Vero è invece il contrario. Gli scienziati cioè pensano scientificamente, secondo le tendenze della scienza attuale, perché oggi la gran massa dell’umanità civile tende in questa direzione, perché così si pensa nell’agire quotidiano, perché così pensa il contadino che lavora sui campi, l’operaio nella fabbrica, intento alla produzione, o il finanziere quando intraprende le sue operazioni. Dappertutto vi è pensiero scientifico, e di conseguenza anche la scienza naturale ha sempre più accettato questa forma di pensiero. Bisogna rettificare un’idea che gli uomini credono esatta: si deve cioè non guardare alla forma di pensiero degli scienziati, o addirittura del visionario monista, ma piuttosto osservare come pensa il grosso pubblico. Perché infatti l’opposizione contro l’impulso universale cattolico romano non viene dalla scienza naturale, ma dal pensiero comune dell’umanità civile, formato sul modello dell’ordine naturale. Questo impulso va considerato come sintomo, in rapporto alla rimanente evoluzione umana dell’epoca moderna.

 

Partendo da un punto di vista del tutto ingiustificato, la storia dei manuali scolastici stabilisce che l’evo moderno inizia con la scoperta dell’America e con l’invenzione della polvere da sparo, della stampa e di altre cose del genere. Chi però considera il corso della storia moderna, di fronte a sintomi, come la scoperta dell’America, l’invenzione della stampa, eccetera, arriva alla conclusione che essi condussero sì gli uomini per il vasto mondo in lunghi viaggi di scoperta, o resero certo molto popolare, diffondendolo, l’antico sapere posseduto dall’umanità, ma che in sostanza, essi non modificarono gran che il contenuto della civiltà europea nei secoli immediatamente successivi alla loro apparizione. Si arriva così alla conclusione che i vecchi impulsi politici, rinnovatisi nei diversi paesi, ma rimasti pur sempre gli stessi nel senso indicato ieri e l’altro ieri, non erano affatto in grado di trarre una qualsiasi rilevante conseguenza dai viaggi di esplorazione : al massimo essi diedero la possibilità di fare delle conquiste nei paesi scoperti, esattamente allo stesso modo come prima se ne facevano altrove, e di prendere dell’oro dalle nuove terre con la conseguenza di ottenere qualche arricchimento, oppure, nel campo della stampa, d’introdurre in misura sempre maggiore la censura sulla stessa. Ma le vecchie forze politiche non seppero trarre alcun impulso efficace dagli avvenimenti da cui di solito si fa iniziare la storia moderna. Soltanto dall’unione fra il modo di pensare scientifico, dopo che questo ebbe portato a qualche risultato, e le nuove invenzioni e scoperte fatte senza che la moderna scienza naturale fosse in essa intervenuta, derivò qualche importante impulso per l’epoca moderna. Certo non si può pensare che gli sforzi di colonizzazione fatti dai diversi paesi nell’epoca moderna avrebbero potuto avvenire senza le conquiste della nuova scienza naturale, perché infatti soltanto la trasformazione della scienza in tecnica portò alla moderna colonizzazione. Soltanto i risultati della scienza portarono alla conquista di tutta la terra, nel modo come questa fu compiuta nel corso della colonizzazione moderna. Perciò la colonizzazione, in sostanza, iniziò soltanto nel secolo XVIII, vale a dire quando la scienza cominciò a dare dei risultati tecnici.

 

A questo punto, quando cioè la scienza dà dei risultati tecnici, incomincia l’epoca delle macchine e anche un nuovo periodo per la colonizzazione, le cui forze si espandono a poco a poco su tutta la terra. Con ciò inizia ad agire un impulso straordinariamente importante per l’evoluzione moderna dell’anima cosciente. Infatti, comprendendo queste nuove condizioni, si vede che gli impulsi, i moti e gli sforzi insiti nella colonizzazione, che si va diffondendo su tutta la terra, appartengono proprio all’epoca dell’anima cosciente che, come noto, avrà termine nel quarto millennio e che, prima di dar luogo all’epoca del sé spirituale, darà un’altra conformazione alla umanità su tutta la terra. Questa configurazione sarà il risultato degli sforzi di colonizzazione. Nell’epoca dell’anima cosciente si hanno uomini cosiddetti civili, altamente civili, e uomini del tutto selvaggi… talmente selvaggi che Rousseau s’innamorò del loro stato e formulò una teoria sull’ideale dell’uomo selvaggio. Questa differenziazione fra gli uomini cesserà nel corso dell’epoca dell’anima cosciente, anche se non è il caso di occuparsi oggi dei particolari circa il modo in cui ciò avverrà.

 

Fa parte comunque degli impulsi dell’anima cosciente di far cessare fra gli uomini la differenziazione proveniente dal passato.

Sapendolo, guerre come quella combattuta fra gli stati del sud e quelli del nord in America, o altre guerre del genere, si pongono nel loro giusto nesso nell’ambito della storia moderna; guardando le cose in questo modo, vedendo l’importanza della colonizzazione per l’epoca dell’anima cosciente, si afferra il significato di alcuni sintomi che affiorano in questo settore. Gli sforzi fatti per la colonizzazione non sarebbero stati neppure immaginabili se l’umanità non avesse incominciato a pensare scientificamente, t proprio il modo di pensare scientifico che bisogna considerare attentamente se si vuole penetrare la vera realtà dell’evoluzione umana dal punto di vista del quinto periodo di civiltà, quello dell’anima cosciente. Il modo di pensare scientifico moderno ha la caratteristica, e ne ho già parlato qui a sufficienza, di afferrare la realtà soltanto nei suoi aspetti morti, spettrali, di occuparsi soltanto di cose prive di vita. Occorre essere ben d’accordo su questo fatto importante. Il pensiero scientifico moderno tende in tutti i campi a passare dall’osservazione all’esperimento. Corre una notevole differenza fra l’osservazione della natura e la conoscenza comprovata dall’esperimento. A parte qualche differenza, in ogni epoca si è sempre osservata la natura; ma, osservando la natura, l’uomo resta collegato con essa, vi s’immedesima, vive la vita stessa della natura; allora avviene però il fatto caratteristico che, in un certo senso, l’uomo resta stordito da questa sua convivenza con la natura. Non è cioè possibile vivere nella natura ed in pari tempo conoscere, nel senso moderno dell’anima cosciente; non è possibile fare le due cose, come non si può contemporaneamente dormire e star svegli. Se si vuol vivere assieme alla natura, occorre in un certo senso lasciarsi stordire dalla natura medesima. Di conseguenza nemmeno l’osservazione della natura può penetrarne i segreti, perché appunto l’uomo, nell’osservarla, viene un poco addormentato e stordito; i segreti della natura restano quindi al di fuori della sua conoscenza. Per penetrarli invece, egli deve svegliarsi elevandosi al soprasensibile. Dato che non è possibile arrivare all’anima cosciente senza essere del tutto desti, la scienza moderna tende istintivamente a svincolarsi a poco a poco dall’osservazione diretta e a conseguire dei risultati mediante la sperimentazione. Anche nei campi della biologia e dell’antropologia si tende a passare alla sperimentazione. Ma quando si sperimenta, la cosa più importante è che si deve predisporre l’esperimento stesso e stabilire l’ordine di osservazione. Se per esempio si fanno degli esperimenti di embriologia, la disposizione dei fenomeni non resta determinata dalla natura, ma dall’intelletto, dalla ragione umana, da ciò che, come ho detto, si allontana dalla natura per trovarsi proprio nell’intimo dell’uomo. Noi uccidiamo cioè la natura, quando cerchiamo di conoscerla mediante l’esperimento. D’altra parte, però, possiamo applicare tecnicamente soltanto quanto riusciamo a conseguire attraverso gli esperimenti. La conoscenza della natura si presta all’applicazione tecnica soltanto se passata attraverso il vaglio dell’esperimento. La conoscenza della natura, che un tempo veniva usata per la vita sociale, non era ancora tecnica, t impossibile parlare di tecnica finché non si applichi il puro e semplice risultato di un esperimento nell’ordinamento sociale, o comunque al servizio della vita sociale.

 

In questo modo però l’umanità moderna, sotto forma di tecnica, immette nell’ordinamento sociale i risultati della scienza sperimentale, vale a dire qualcosa di morto. Essenziale in tutto ciò è che introduciamo qualcosa di morto nei nostri sforzi di colonizzazione, nella costruzione delle macchine per l’industria, e non soltanto in questi casi, ma anche nell’inserire gli operai medesimi in quel determinato ordine sociale legato alle macchine. Immettiamo qualcosa di morto nella storia moderna estendendo la nostra economia finanziaria sopra territori grandi o piccoli; qualcosa di morto quando cerchiamo di costruire un ordine sociale secondo il modello della moderna scienza naturale, come l’umanità moderna istintivamente ha fatto; e in generale immettiamo qualcosa di morto nella convivenza umana, quando vi inseriamo la scienza naturale. Sempre qualcosa di morto, che uccide se stesso. Ecco un altro sintomo dei più importanti. Possiamo enunciare i più sinceri ed onesti proponimenti — e non mi riferisco ora a declamazioni retoriche a proposito delle grandi conquiste del nostro tempo e di tutto quanto la scienza ha raggiunto per trasformarlo in tecnica e trasfonderlo nella vita sociale; ma con questo noi diciamo soltanto delle mezze verità, perché tutte queste conquiste hanno la caratteristica di immettere un elemento morto, incapace di sviluppo autonomo, nella vita moderna. Quanto di grandioso è stato immesso nell’evoluzione della moderna umanità civile a partire dal secolo XV è tale che, lasciato a se medesimo, conduce soltanto alla morte. D’altra parte così doveva essere, ed è quindi lecito chiedersi come mai sia apparsa la tecnica moderna se essa, come è e come deve essere, è soltanto un germe di morte. In effetti la tecnica moderna non è apparsa nel corso del tempo soltanto per dare spettacolo agli uomini con le sue macchine e le sue industrie, ma per una ragione del tutto diversa, vale a dire proprio per il suo carattere che conduce alla morte, perché soltanto se l’uomo è inserito in una civiltà meccanica, morta, potrà sviluppare, per contraccolpo, l’anima cosciente. Sin tanto che l’uomo viveva in comunione con la natura, e le macchine ancora non esistevano, egli era passibile di una certa azione di suggestione perché, fino ad un certo grado, restava stordito dalla natura stessa. Non era possibile divenire del tutto indipendenti, quando non si era ancora immersi nelle cose morte. Una coscienza che poggia su se stessa e un elemento di morte sono intimamente affini fra di loro, come ho già cercato di chiarire nei modi più diversi. Ho già spesso ripetuto che quando si pensa e si conosce, queste attività non sono legate alle forze di crescita dell’uomo, ma proprio a quelle di distruzione dell’organismo; ho spesso ripetuto che i processi di morte e di distruzione dell’organismo ci rendono capaci di pensare in modo autocosciente. Se non potessimo sviluppare nel nostro cervello processi di distruzione e di decomposizione non potremmo essere uomini intelligenti, ma soltanto esseri vacillanti, addormentati o sognanti. Noi siamo intelligenti grazie ai processi di distruzione che hanno luogo nel cervello. L’epoca dell’anima cosciente deve dare all’uomo l’occasione di sperimentare i medesimi processi di distruzione anche nell’ambiente che lo circonda. Non in seguito all’introduzione di processi vitali di crescita divenne grande il pensiero autocosciente, ma piuttosto l’interiorità umana e il pensiero autocosciente divennero grandi perché nella tecnica, nell’industria e nei moderni rapporti finanziari furono immessi processi di morte, come era richiesto per lo sviluppo dell’anima cosciente.

 

Lo stesso avviene anche in altri campi. Prendiamo per esempio gli impulsi che abbiamo sin qui ricordati, e chiediamoci come si manifesti l’individuo autocosciente in Inghilterra, dove, attraverso i secoli, abbiamo visto il parlamentarismo formarsi in un determinato modo. Ebbene, l’individuo vuole emanciparsi, vuole poggiare su se medesimo; il che significa che, pur immettendosi nella società, l’individuo tende anche a farsi valere come personalità; il parlamentarismo è soltanto un modo, un’occasione di emergere per l’individuo. Però, mentre chi partecipa alla vita parlamentare si fa valere, egli annienta la sua personalità nel momento in cui la sua volontà partecipa ad una votazione. L’individuo cessa di esistere quando la sua volontà diviene voto. Rettamente studiata, la maturazione del sistema parlamentare nella storia inglese nel corso dei secoli, dalla guerra civile del secolo XV in poi, non ha in sostanza altro significato. All’inizio di questa vita parlamentare, di queste tendenze al parlamentarismo, troviamo i più diversi ceti che non vogliono contare soltanto come tali, ma esprimersi anche in un voto; i singoli ceti, nel manifestarsi come tali, vogliono parlare e possono anche farlo, ma i singoli individui non ne sono soddisfatti e vogliono anche votare. Nel far questo, e mentre ancora si sta parlando, con l’intendimento però di arrivare ad una votazione, si uccide quanto vive nell’anima. Ogni forma parlamentare cioè sfocia nel livellamento completo dell’umanità; si parte dall’affermazione della personalità e si finisce nel dissolvimento della personalità medesima; in questo campo non esiste altra possibilità al di fuori della tendenza che si manifesta prima nell’affermazione e poi nel dissolvimento della personalità, è un circolo chiuso, come la vita stessa dell’uomo, che inizia con la nascita e termina con la morte; con la differenza che nella vita umana i due fenomeni avvengono in tempi diversi, mentre nella storia la nascita e la morte s’intersecano, sono frammischiate tra di loro. Ecco una cosa da tener presente.

 

Quanto ho detto non va considerato come una critica del sistema parlamentare. Prenderla per tale equivarrebbe ad insinuare che io abbia sostenuto: « la nascita dell’uomo non ha significato perché egli deve poi morire, e dato che deve morire, non dovrebbe neppure nascere; non si dovrebbe chiedere all’universo l’assurdità di far nascere gli uomini quando poi li fa morire ». Allo stesso modo non è giusto attribuirmi l’affermazione che il sistema parlamentare sia un’assurdità perché, sorto per un impulso individuale, arriva invece ad annullare l’individuo. Passo piuttosto dall’astrazione teorica alla vita immediata, e pongo il sistema parlamentare fra quanto è caratteristico di ogni vita: la nascita e la morte; lo indico, cioè, come cosa appartenente alla realtà, ma in pari tempo rilevo in esso l’elemento caratteristico di tutti gli altri fenomeni esteriori di questo genere nell’epoca dell’anima cosciente; perché tutti i fenomeni di quest’epoca sono legati a nascita e morte, come ho appunto mostrato.

 

Nel ristretto cerchio delle logge occulte del mondo di lingua inglese si è spessissimo ripetuto che non doveva esser chiarito al mondo il mistero della nascita e della morte, perché spiegarlo significava anche render comprensibile la nostra epoca, significava divulgare una conoscenza che quelle logge volevano invece conservare per sé medesime. Come prima regola venne quindi stabilito di non parlare mai, nella vita esterna, del mistero della nascita e della morte che si nasconde in tutto, principalmente nei fenomeni storici. Ma con questo s’imprime nella vita moderna un tragico marchio, e la si obbliga a poco a poco a far qualcosa cui essa non si rassegna facilmente: la vita moderna è cioè costretta a distogliere l’attenzione dai risultati del lavoro per guardare invece al lavoro stesso. Bisogna aver gioia nel lavoro, pur riconoscendo che quanto si produce esteriormente col lavoro, in questa nostra epoca, lo si produce per la morte e non per la nascita. E se non si vuol lavorare per la morte, non si può lavorare in senso moderno, perché oggi il lavoro è tutto imperniato sulle macchine. E chi non desidera questo stato di cose, vuole semplicemente ritornare ad epoche precedenti.

 

Passando alla storia francese, si vede come ivi si cerchi di arrivare all’emancipazione della personalità verso l’interiorità, il che porta a quel terribile innalzamento della personalità che si manifesta nel periodo conclusivo della rivoluzione e nel sorgere del fenomeno napoleonico.

 

E in Italia? da dove attinge l’Italia moderna la forza impulsiva con la quale l’elemento nazionale s’impone fino a chiamarsi « sacro egoismo »? Bisogna spesso cercare in profondità le ragioni degli avvenimenti del mondo, e se si risale a quel decisivo momento della storia, precedente l’inizio dell’epoca dell’anima cosciente, si vede che la forza dell’Italia moderna, nei suoi diversi aspetti, proviene da quanto il papato romano ha immesso nell’anima italiana. L’importanza del papato per l’Italia risiede proprio nel fatto che esso ha instillato la sua essenza nell’anima italiana, anche se, come spesso avviene agli apprendisti stregoni, ne è risultato proprio quanto non si voleva, cioè il distacco dell’Italia moderna dal papato stesso. Spesso l’intenzione cozza coi risultati ottenuti. Le forze di sentimento e di entusiasmo, e non di pensiero, esistenti pure in Garibaldi, sono residui del vecchio entusiasmo cattolico che, invertendo la direzione, s’è rivolto contro il cattolicesimo.

 

Si potrà comprendere la nostra epoca soltanto afferrando queste cose nei loro giusti rapporti. In Europa si presentano dunque i diversi avvenimenti sintomatici dei quali si è parlato, mentre sullo sfondo, verso oriente, appare la nazione russa, composta dai residui della struttura religiosa bizantina, dagli impulsi di sangue normanni e slavi e dalle influenze asiatiche, riversatesi nei modi più vari sull’Europa orientale. Questi tre elementi sono però improduttivi, non promanano dall’anima russa stessa e non ne caratterizzano la vita. Si tenga presente che l’elemento bizantino rappresenta il maggiore, il massimo contrasto pensabile di fronte all’emancipazione dell’individuo. Per esempio Pobjodonosev è una personalità notevole ed in genere non abbastanza valutata dell’evo moderno; egli però viveva completamente immerso nell’elemento bizantino e desiderava proprio il contrario di quanto l’epoca dell’anima cosciente vuole e suscita nell’uomo, conformemente alla natura di questo. Se anche l’elemento bizantino si fosse maggiormente diffuso nel mondo ortodosso russo, se anche questa forma di morte avesse maggiormente eliminato ogni elemento individuale, ne sarebbe ugualmente risultata la massima spinta verso l’emancipazione dell’individuo. Se si osserva la storia moderna russa, e se in essa fosse possibile leggere quanto invece è sempre stato proibito dire, si avrebbe la vera storia russa, il suo vero elemento determinante. Se si legge invece quanto i ceti dominanti hanno concesso di registrare come storia, si rileva l’elemento esiziale che si diffonde su tutta la vita russa e che appare di tanto più caratteristico in quanto la vita russa è massimamente protesa verso l’avvenire. Proprio perché nella vita russa si trovano i germi per l’evoluzione del sé spirituale, proprio per questo, fino ad ora, vi sono in essa continui elementi di morte e di decomposizione nei suoi avvenimenti esteriori; elementi necessari però dato che, affinché possa svilupparsi una vita spirituale, questa ha bisogno della morte come suo fondamento.

 

Bisogna ammettere la fondatezza di questi fenomeni per l’evoluzione dell’epoca dell’anima cosciente, altrimenti non si penetrerà mai nelle reali necessità del presente; non ci si potrà fare un’immagine della furia distruggitrice passata sull’umanità, se non si saprà che in questi ultimi quattro anni si sono riuniti, come in un grande riepilogo, tutti gli elementi di morte che incombevano sopra la vita umana sin dall’inizio dell’epoca dell’anima cosciente, t caratteristico che proprio la natura esiziale del modo di pensare scientifico abbia agito in modo singolare per una delle personalità più profetiche dell’epoca moderna. Questo piccolo e sintomatico episodio sarà sempre memorabile nell’evoluzione storica moderna: a Weimar nel 1830, Soret visitò Goethe, e questi lo ricevette con una certa eccitazione nel comportamento, non però passionale, e gli disse: « Allora, il movimento è finalmente iniziato, tutto è in fiamme! ». Goethe aggiunse qualche altra frase ancora, per cui Soret pensò che egli parlasse della rivoluzione scoppiata a Parigi nel 1830 e rispose di conseguenza. Goethe però non parlava affatto della rivoluzione e disse a Soret che non intendeva affatto parlare della rivoluzione, per lui non particolarmente importante. Importante era invece la discussione che si teneva all’Accademia di Parigi fra Cuvier e Geoffroy de Saint-Hilaire. Il primo era il rappresentante della vecchia concezione naturalistica che soltanto catalogava tutti gli esseri viventi, di quella concezione cioè che conduce alla tecnica; Geoffroy de Saint-Hilaire invece immetteva vita nel corso della vita stessa, e Goethe vedeva in lui l’iniziatore del pensiero scientifico moderno che non vuole limitarsi alle concezioni di Copernico, Keplero e Galileo. Il rappresentante di queste ultime era Cuvier, mentre Geoffroy de Saint-Hilaire era l’esponente di quell’indirizzo scientifico che introduce la mobilità della vita nella concezione della natura. Perciò Goethe vedeva il sorgere duna nuova epoca nel fatto che Geoffroy de Saint-Hilaire costruisse col suo pensiero una concezione scientifica che, se effettivamente sviluppata, doveva portare ad una spiegazione soprasensibile della natura, una concezione cioè che non può che sfociare verso conoscenze soprasensibili e chiaroveggenti. Per Goethe quindi questa era la rivoluzione, e non gli avvenimenti politici di Parigi. In tal modo Goethe dimostra di essere uno degli spiriti più profetici del suo tempo e di sentire quali fossero i problemi dell’epoca moderna.

 

Nella nostra epoca bisogna avere il coraggio di capire realmente le condizioni esistenti, coraggio che in epoche precedenti ancora non era necessario, dato che soltanto ora è importante sviluppare l’anima cosciente. Effettivamente in passato non era ancora importante lo sviluppo dell’anima cosciente, ma dato che ora invece esso lo è bisogna esser ben desti per tutto quanto l’uomo sviluppa per la vita sociale, perché non vi si possono più immettere i vecchi istinti. Soprattutto non si possono immettere nella vita sociale i portati della scienza naturale, perché essi sono cosa morta, non possono ravvivare la vita, ma soltanto infarcirla di prodotti esiziali e condurre a situazioni simili a quelle verificatesi negli ultimi quattro anni.

 

Nella nostra epoca altre cose diventano invece importanti. Fra l’altro, gli uomini devono anche dormire. Quando sono svegli, gli uomini hanno la loro normale libera volontà, che essi possono applicare alle cose di ogni genere che vengono loro incontro per via arimanica e luciferica, allo scopo di sviluppare forze di giudizio. Ma quando ci si addormenta, cessa questa libera, questa cosiddetta libera volontà. Certo dormendo si continua a pensare anche senza saperlo, e non per questo il pensiero è meno efficace, certo non si cessa dal pensare nell’addormentarsi, si pensa anzi sino al momento del risveglio, ma ci si dimentica di tutto proprio in quel momento. Appunto per questo non si conosce la potenza dei pensieri che passano attraverso l’anima umana durante il sonno. Teniamo ora presente che nell’epoca dell’anima cosciente gli spiriti divini hanno abbandonato l’anima umana durante il sonno, mentre in epoche precedenti, dal momento dell’addormentarsi fino al risveglio, essi instillavano nell’anima quanto desideravano. L’uomo non sarebbe potuto divenire libero se essi avessero continuato ad agire in tal modo, ma proprio per questo egli è ora accessibile ad ogni altro influsso, dal momento dell’addormentarsi sino al risveglio. La scienza, e quanto da essa deriva, può a malapena esser sufficiente per la veglia o per vivere, ma non per il sonno o per la morte. Infatti si può pensare scientificamente soltanto durante la veglia. Nel momento di addormentarsi, e quando si dorme, il pensiero scientifico ha più o meno lo stesso valore che avrebbe l’insistere a parlar francese in un paese in cui nessuno capisce quella lingua. Nel sonno acquista significato soltanto il linguaggio che si può acquisire mediante la conoscenza soprasensibile, che proviene dal mondo soprasensibile. Questa forma di conoscenza deve prendere il posto di quanto gli spiriti divini un tempo immettevano negli istinti umani. Il significato dell’epoca dell’anima cosciente è che l’uomo deve salire a impulsi soprasensibili e arrivare in tal modo alla conoscenza. Se si crede che tutti i risultati che la nostra epoca ha raggiunto e raggiunge senza impulsi soprasensibili siano vitali anziché apportatori di morte, si soggiace alla medesima illusione di chi credesse che oggi una donna possa partorire senza prima aver concepito. Oggi una donna resta sterile e muore senza discendenti se non viene fecondata. La civiltà moderna, come si è sviluppata nel periodo scientifico dall’inizio del. secolo XV, con tutte le sue grandissime conquiste, resta sterile e morta, se da ora in avanti non verrà fecondata dagli impulsi del mondo soprasensibile. S’introduca pure nell’epoca dell’anima cosciente la democrazia, il parlamentarismo, la tecnica, la finanza moderna, l’industria moderna, s’introduca in tutto il mondo il principio della nazionalità ed ogni altro impulso o principio che ora gli uomini pongono a base del cosiddetto nuovo ordinamento del mondo e dei quali essi parlano come ubriachi che non sanno di che cosa parlino; si favorirà soltanto la morte, se tutte queste cose non verranno fecondate dagli impulsi del mondo soprasensibile. Le nostre opere, altrimenti apportatrici di morte in tutti i campi, acquisteranno un valore soltanto se sapremo fecondarle mediante le conquiste del mondo soprasensibile. Si arreca solo morte alla umanità, se essa non saprà fecondare le sue opere con gli impulsi dello spirito.

 

Consideriamo ora in tutta serietà il quadro che ci si presenta proprio da una trattazione sintomatologica della storia dell’epoca moderna, consideriamo il fatto che a cominciare dal secolo XV s’inseriscono nell’evoluzione umana le cose che l’umanità considera come le sue massime conquiste: la scienza moderna, la sociologia, la vita tecnica, l’industria e la finanza moderna. Tutte cose che entrano nell’evoluzione umana, ma sono apportatrici di morte se non vengono fecondate dal soprasensibile; tutte cose che sono in grado di condurre la umanità al raggiungimento delle sue mète soltanto se verranno fecondate dal soprasensibile. Allora esse saranno utili, mentre non lo sono di per se stesse. Nulla è buono come tale di quanto l’umanità moderna, con una certa esaltazione e una certa superbia, considera sue massime conquiste; lo diverrà soltanto se sarà pervaso dallo spirito. È questa un’affermazione che non viene esposta arbitrariamente, ma che risulta dalla medesima evoluzione storica moderna, se essa viene esaminata dal punto di vista dei sintomi. È giunto il tempo nel quale noi dobbiamo sviluppare la coscienza, ma dobbiamo anche sapere che cosa dobbiamo attenderci da essa. Nel momento in cui, sia pure incoscientemente, diventiamo dogmatici nel nostro intimo, non possiamo sviluppare la coscienza. Come ho già avuto occasione di ripetere anche poco tempo fa, devo di nuovo ricordare il seguente esempio: qualche tempo fa ebbi occasione di tenere, in una certa città, delle conferenze sulla Bibbia e sulla saggezza, e fra il pubblico si trovavano anche due preti cattolici; dato che non avevo detto nulla di specialmente contestabile da parte cattolica e poiché non erano gesuiti, il cui compito è di studiare tutto accuratamente e di occuparsi di ogni cosa, i due preti, di media levatura, vennero a dirmi che la Chiesa aveva il purgatorio, e io avevo parlato di un simile periodo di prove dopo la morte, che la Chiesa aveva il paradiso, e io avevo parlato di un’ esperienza spirituale contro la quale in sostanza non si poteva aver molto da obiettare. Se fossero penetrati più a fondo nelle cose avrebbero certo avuto molte obiezioni, ma dopo aver ascoltato una sola conferenza non potevano naturalmente ancora avanzarle. Secondo loro la differenza tra loro e me sarebbe consistita soltanto nel fatto che io parlavo per un certo strato della popolazione, che vi si è preparato ed ha acquisito determinate rappresentazioni, mentre loro parlavano per tutti gli uomini e dovevano quindi usare parole adatte a tutti. Secondo loro, appunto questo sarebbe stato il nocciolo della questione: parlare a tutti gli uomini. Risposi: « Reverendi, il punto della questione non è quello che voi ora toccate. Non dubito che voi stimiate di parlare per tutti gli uomini e che quindi i vostri discorsi siano fatti come se voi parlaste per tutti; si tratta però di un’opinione soggettiva, dell’opinione che di regola occorre avere per giustificare davanti a se stessi il proprio discorso. Non importa quindi essere dell’opinione di parlare per tutti gli uomini o non esserlo, ma guardare i fatti e la realtà. Non chiedo cioè le ragioni teoriche e logiche secondo le quali io non parlerei per tutti gli uomini, mentre voi lo fate; in questo campo vi sarebbe molto da dire a vostro favore, ma io guardo i fatti e domando se oggi tutti quelli per i quali voi credete di parlare vengono ancora in chiesa. Questa è la realtà ». – Naturalmente non potevano rispondere che oggi ancora tutti andavano in chiesa. – E continuai: « Io guardo alla realtà e parlo per chi resta lontano dalla chiesa, ed ha ugualmente il diritto di esser guidato al Cristo. Io parlo per costoro. Vedo che esistono uomini disposti ad ascoltare in un modo e nell’altro, il che è pure una realtà. Essa conta e non le opinioni soggettive ».

 

È soprattutto sano imparare a formarsi un’opinione basandosi sulla realtà e non sulla propria soggettività, perché appunto nell’epoca dell’anima cosciente nulla è più pericoloso che preferire di abbandonarsi ad opinioni soggettive. Per sviluppare l’anima cosciente non dobbiamo diventare, nell’inconscio, dei dogmatici, ma dobbiamo invece farci dettare dal mondo dei fatti i motivi delle nostre azioni e del nostro pensare. Nella nostra epoca esiste una contrapposizione fondamentale fra l’accoglimento di ciò che si ritiene giusto e vero, da un lato, e la realtà dei fatti, dall’altro, una lotta che si svolge nascosta sotto la superficie della storia, il che è particolarmente importante per la comprensione della storia medesima. Infatti non si arriverà mai ad afferrarla rettamente, e non s’imparerà in pari tempo a riconoscerla come la vera e grande maestra della vita. Non bisogna cioè portare nella storia i fatti come si vorrebbe che essi fossero, ma si deve realmente lasciar parlare la storia medesima. A quest’ultimo proposito, negli ultimi quattro anni si è molto disimparato, ed oggi il fatto come tale quasi più non parla, mentre si afferma soltanto quanto si opina essere il fatto. Ancora per molto tempo non si apprenderà a lasciar parlare i fatti, ma per altrettanto tempo non si perverrà a quella forza che davvero guida l’umanità ad una schietta comprensione della realtà, la qual cosa, unita alla conquista di una posizione spregiudicata di fronte alla realtà, è specialmente importante in tutti i campi della vita, appunto nell’epoca dell’anima cosciente. Se mi è consentita quest’aggiunta, che cosa si richiede per passare a poco a poco dai sintomi della storia alla realtà? Ne parleremo anche nelle prossime conferenze, ma comunque è necessario che proprio nella nostra epoca si diriga lo sguardo a quanto, dal mondo soprasensibile, ridà all’uomo la capacità di essere produttivo. Abbiamo infatti visto che l’esaurirsi di ogni produttività è la caratteristica di tutti i fenomeni moderni. L’uomo deve aprire i suoi sensi al mondo soprasensibile, affinché nel suo io possa penetrare quanto prepara il sé spirituale; altrimenti egli si precluderebbe del tutto la possibilità di arrivare al sé spirituale. Questo significa che l’uomo deve fare la conoscenza della pura spiritualità, che sola può penetrare nell’intimo della sua anima. Se egli sarà allora disposto a guardare nell’intimo della sua anima alla luce di un’intelligente osservazione sintomatologica della storia, potrà anche comprendere senza pregiudizi le cose che ora non sono essenziali, centrali, ma piuttosto periferiche.

 

L’uomo oggi sperimenta già la contrapposizione fra centro animico e periferia esteriore, e in quanto egli s’immedesima sempre più in se stesso, spiritualmente e psichicamente, egli si colloca nel centro, dove deve accogliere quegli impulsi che ho caratterizzato come impulsi storici. E se apprenderà a percepire la realtà storica, riuscirà pure a tendere ad una sempre maggiore spiritualità. In tal caso acquisterà anche un senso per tendere verso il polo opposto, verso la periferia, acquisterà un senso per ciò che tende al polo opposto, cioè per la sua parte corporea. Come la storia dovrà trovare la strada, mediante la sintomatologia, verso l’interiorità, allo stesso modo la medicina, per esempio, l’igiene e l’organizzazione sanitaria dovranno trovare la strada verso la sintomatologia, verso ciò ch’è esteriore, cioè fin dentro i ritmi cosmici.

 

Proprio come la storia moderna penetra poco nelle vere realtà, altrettanto poco la medicina, l’igiene e l’organizzazione sanitaria moderne penetrano nei sintomi esteriori. Ho ripetuto che i singoli non si possono aiutare l’un l’altro, anche se considerano i problemi con la massima profondità, perché oggi appunto questi dipendono da persone che tendono verso una direzione errata, mentre invece dovrebbero essere affidati alla responsabilità di chi tende verso la giusta direzione. Certo i fatti esterni sono altrettanto veri, come vere possono essere le descrizioni di Giacomo I, alle quali ho accennato in precedenza. Così sono pure veri i fatti, quali la relazione di questa o quella specie di bacilli, per esempio, con la forma d’influenza, oggi tanto diffusa. Ma per esempio, se è vero che per la diffusione di una determinata malattia epidemica i ratti ne sono i portatori (faccio soltanto un ragionamento ipotetico), non si può dire peraltro che quella malattia provenga dai ratti, anche se ci si è sempre immaginati che i ratti diffondessero la malattia stessa. I bacilli per se stessi non hanno naturalmente nulla a che fare con tutto ciò che è malattia. Come dietro i sintomi storici si nascondono avvenimenti spirituali e animici, allo stesso modo, anche per queste manifestazioni, avviene che dietro ai sintomi della corporeità materiale si nascondano avvenimenti cosmici. In altre manifestazioni il caso può essere diverso, ma in questo è specialmente importante il corso ritmico degli avvenimenti cosmici, ed esso deve venir studiato. Occorre chiedersi: in quale costellazione cosmica si viveva nell’ultimo decennio del secolo scorso, quando apparve l’influenza nella sua forma più blanda? in quale costellazione cosmica viviamo oggi? come si compie il ritmo cosmico perché la blanda forma di allora si sia trasformata in quella più acuta di questi anni? Come occorre ricercare un ritmo dietro la serie dei sintomi storici, così bisogna ricercare un certo ritmo dietro l’apparizione di determinate epidemie.

 

Sulla terra vi sono località nelle quali basta accendere un pezzetto di carta perché dal suolo sorgano ogni sorta di vapori; così è per esempio nelle solfatare in Italia. Ciò dimostra che si possono compiere certi gesti sulla terra in conseguenza dei quali essa fa seguire determinati effetti, per naturale connessione. Ebbene, se si considera il fatto che il sole manda tutti i giorni i suoi raggi a cadere sulla terra, è forse da escludersi che sul sole medesimo accada qualcosa che ha importanza per quanto emana dalla terra ed è in relazione alla vita dell’uomo? qualche cosa che si configura in modo diverso a seconda delle varie zone terrestri? E al riguardo, crediamo davvero di poter conoscere qualche cosa prima di deciderci a passare ad una vera cosmologia basata sulle conoscenze animiche e spirituali? Certamente è stata considerata, una pazzia – e in un certo senso lo è – l’opinione che la disposizione degli uomini alla guerra sia in rapporto ai cicli delle macchie solari. Esiste però un punto in cui nemmeno questo è pura follia, quando cioè si pensa che l’insorgere di certi impulsi patologici nella vita stessa dei temperamenti si riallaccia ad avvenimenti cosmici, come l’apparizione ritmica delle macchie solari. Che poi avvenga che esseri piccoli o piccolissimi, quali ratti o bacilli, portino effettivamente da un uomo all’altro quanto è in rapporto col cosmo, questo è un fatto secondario e non il principale; potrà magari essere facilmente provato, e quindi trova, naturalmente, un gran pubblico, ma non è la cosa principale. E soprattutto non si arriva al nòcciolo del problema se non si ha la volontà di studiare realmente anche i sintomi periferici. Non credo perciò che sarà possibile avere più ragionevoli concezioni in campo storico se non se ne studieranno i sintomi sulla base della conoscenza soprasensibile, così necessaria per l’umanità moderna; ma devo anche aggiungere che si arriverà a buoni risultati nel campo dell’igiene, della medicina e della organizzazione sanitaria soltanto se in questo campo verranno studiati i sintomi, non dico storici, ma cosmologici, perché infatti le malattie esistenti sulla terra ci sono inviate dal cielo. Certo non bisogna vivere nel pregiudizio proprio dell’umanità moderna la quale si è resa tutto molto comodo affermando: Dio è in ogni luogo. Poiché in questo modo, riconoscendo cioè Dio nello svolgersi della storia, l’umanità moderna non è in grado di spiegare tutti gli svariati processi storici che agiscono in senso ritardatore o dannoso. Quando poi arrivano degli anni, come questi ultimi quattro, la storia con il suo Dio, il suo unico Dio, diventa molto ma molto sospetta, perché si verifica che questo Dio tenda stranamente a moltiplicarsi; ogni popolo allora difende il suo Dio, ma in questo modo irrita gli altri. Quando poi si passa alla cosmologia, ma si resta in pari tempo all’unicità di Dio, si deve concludere che questo Dio diffonde pure le malattie. Se invece si arriva alla concezione di una trinità composta da Dio, Lucifero e Arimane, e la si riconosce nel mondo soprasensibile dietro ogni avvenimento storico, dietro ogni sintomo storico, la si riconosce anche nell’universo cosmico, allora non è più necessario risalire al buon Dio quando si afferma che le malattie ci sono inviate dal cielo in collaborazione con la terra, allo stesso modo come s’innalzano dei vapori di zolfo accendendo della carta sopra un terreno solforoso. Ma la verità potrà essere di aiuto soltanto se, nell’epoca dell’anima cosciente, gli uomini la riconosceranno. Tutto s’impernia quindi in un solo principio: cercare la verità.