Digressione sull’attività della natura: l’azione dello spirito nella natura.

O.O. 327 – Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura – 11.06.1924


 

Sommario: Significato e influsso dell’azoto nel complesso della protitiuoll9 agricola. Il comportamento dell’azoto nell’universo. L’azione dello zolfo. Lo zolfo, portatore dello spirito. Il significato del carbonio nell’universo. Il carbonio quale vettore di tutti i processi formativi nella natura. L’ossigeno sopra e sotto il livello del suolo. L’ossigeno portatore dell’etere vivente, L’azoto al di sopra e nel terreno. L’azoto, portatore della capacità di sensazione. L’idrogeno quale portatore di forze che si espandono nella immensità del cosmo. Le sostanze proteiche originarie e il caos del seme. Calcare e silice basi della crescita vegetale. Le Papilionacee. L’argilla.

 

Le forze della terra e del cosmo di cui ho parlato agiscono nell’ambito dell’agricoltura attraverso le sostanze della terra; nel corso dei prossimi giorni ci sarà possibile giungere a diversi punti di vista pratici, se oggi ci occuperemo con maggiore esattezza del problema di come agiscano, appunto attraverso le sostanze terrestri, le forze di cui abbiamo parlato finora. Dovremo perciò fare una digressione, per così dire, sull’attività della natura stessa.

 

Uno dei problemi più importanti che possano venir posti a proposito della produzione nel settore agricolo è quello del significato e dell’influsso dell’azoto in tutta la produzione. Proprio la questione dell’essere e dell’azione dell’azoto è purtroppo giunta oggi a una grande confusione. Dappertutto, in tutti i campi dove agisce l’azoto, il mondo vede appena gli effetti finali della sua azione, la parte più superficiale, ma non i nessi naturali in cui esso opera; né può essere diversamente, rimanendo fermi con l’osservazione a un solo settore della natura. Tali nessi risultano evidenti soltanto se li si guarda in vasti contesti naturali e si cerca di scoprire l’attività dell’azoto nell’universo. Come risulterà dalle ulteriori spiegazioni che darò, si potrà allora scoprire che l’azoto in quanto tale non svolge forse un compito talmente importante nella vita delle piante, se pure è necessario conoscerlo molto bene per capire la vita vegetale.

 

In quanto agisce nell’essere della natura, l’azoto ha per così dire quattro fratelli; anche di essi si deve imparare a conoscere il modo di agire, se si vuol comprendere il significato e le funzioni dell’azoto nella cosiddetta economia della natura. I quattro fratelli sono quelli ai quali esso è unito per costruire le proteine vegetali e animali, in un modo oggi ancora misterioso per la scienza ufficiale. I quattro fratelli sono: carbonio, ossigeno, idrogeno e zolfo.

 

Volendo conoscere l’intero significato della omologa proteica non è sufficiente menzionare fra i suoi componenti determinanti l’idrogeno, l’ossigeno, l’azoto e il carbonio, ma al deve aggiungere anche lo zolfo, sostanza attiva nelle proteine In modo particolarmente efficace, perché è l’elemento che nella sostanza proteica fa da tramite fra lo spirito che impregna II mondo in ogni parte, cioè fra le forze plasmatrici dello spirito, e il mondo fisico. Si può proprio dire che, volendo seguire nel mondo materiale le tracce intessute dallo spirito, si deve acuire l’attività dello zolfo. Anche se non è appariscente come quella di altre sostanze, l’attività dello zolfo è nondimeno del più alto significato, perché sulle vie dello zolfo lo spirito agisce nell’elemento fisico della natura; lo zolfo è veramente il portatore dello spirito. Il suo nome antico è sulphur, imparentato con phosphor (portatore di luce in greco), perché nei tempi antichi si vedeva nella luce, nella luce solare che si diffonde, l’elemento spirituale in espansione; di conseguenza le sostanze che avevano a che fare con l’azione della luce in seno alla materia, come per esempio lo zolfo e il fosforo, venivano chiamate portatrici di luce.

 

Proprio perché l’attività dello zolfo è così delicata nell’economia della natura, prendendo in considerazione gli altri quattro fratelli: carbonio, idrogeno, azoto e ossigeno, ci sarà più facile comprendere realmente che cosa rappresentino queste sostanze nel contesto del cosmo. Oggi il chimico sa ben poco di tali sostanze; ne conosce l’aspetto esteriore in laboratorio, ma non ne conosce affatto l’intimo significato nell’insieme delle attività cosmiche. La conoscenza che ha la chimica di queste sostanze non è molto maggiore di quella che si può avere di un uomo quando, passando per la strada, se ne è visto l’aspetto esteriore e lo si è magari anche fotografato di sfuggita, cercando poi di ricordarlo con l’aiuto della fotografia. Quel che fa la scienza di tali sostanze, delle quali per altro va conosciuta la profonda natura, non è molto di più di simili fuggevoli fotografie; non contiene molto di più quel che viene esposto in libri o in lezioni.

 

Cominciamo quindi col carbonio, il cui impiego nel mondo vegetale verrà poi da sé. Nei tempi moderni il carbonio è caduto molto in basso dalla sua posizione aristocratica di un tempo (e Dio sa che tale via è stata poi seguita da molte altre entità cosmiche) fino a giungere a una condizione davvero molto plebea. Oggi si considera il carbonio un combustibile per la stufa, oppure lo si considera sostanza che serve per scrivere: la grafite. Si apprezza ancora una particolare modificazione del carbonio nella forma aristocratica del diamante, ma non lo si può stimare troppo perché non lo si può comprare. È quindi molto modesto quello che oggi si può sapere del carbonio, rispetto al suo immenso significato nell’universo. Questo nero signore, trattandolo da signore, fino a poco tempo fa, fino a un paio di secoli fa, era considerato come qualcosa cui si dava un nome nobilissimo: lo si chiamava “pietra filosofale”.

 

Si è molto chiacchierato sul significato della pietra filosofale, ma non ne è risultato molto perché, quando gli alchimisti o gente del genere parlavano di pietra filosofale, essi si riferivano al carbonio nelle sue varie modificazioni e ne tenevano ben nascosto il nome soltanto perché, se non lo avessero fatto, chiunque avrebbe potuto venire in possesso della pietra filosofale. Ed era proprio carbonio. Perché mai proprio il carbonio?

 

Potremmo dare una risposta ricorrendo a un’antica concezione che, per altro, contiene anche quel che oggi si deve sapere del carbonio. Bisogna prescindere dalla forma frantumata del carbon fossile e anche della grafi te in cui esso ci appare in natura, dopo aver subito determinate trasformazioni; se lo consideriamo invece nella sua attività vivente, se consideriamo il modo in cui esso attraversa il corpo umano o animale, come costruisce il corpo della pianta partendo dalla sua natura, allora quel che di amorfo e informe ci si presenta nel carbone ci appare molo come l’ultimo gradino, il cadavere di ciò che il carbonio rappresenta in sostanza nell’economia della natura,

Il carbonio è realmente il portatore di ogni processo formativo in seno alla natura. Ovunque si debba dare una forma, sia essa di durata relativamente breve come nella pianta, sia essa in perenne mutamento come nell’animale, il carbonio è presente quale grande plasmatore che non porta in sé solo la sua nera sostanza ma che, mettendosi in piena attività o in intimo movimento, porta con sé le immagini formatrici cosmiche, le grandi immaginazioni cosmiche dalle quali deve aver origine tutto ciò che viene plasmato in natura. Nel carbonio vive un plasmatore occulto, un celato scultore che, nel costruire le svariate forme che si trovano in natura, si serve dello zolfo. Se vogliamo quindi seguire correttamente l’azione del carbonio nella natura, dobbiamo vedere come l’attività spirituale dell’universo, per così dire, si imbeva di zolfo, operando come plasmatrice e quindi, con l’aiuto del carbonio, costruisca la forma piuttosto solida della pianta, oppure la forma già morente nel nascere dell’uomo, il quale è uomo e non pianta proprio perché è in grado di annientare la forma appena nata, eliminando il carbonio legato l’ossigeno nell’anidride carbonica. Rimanendo nel corpo umano, il carbonio ci renderebbe troppo duri e rigidi e farebbe di noi delle specie di palme; vorrebbe proprio ridurvi e uno simile condizione, e proprio per questo interviene la respirazione disfacendo e strappando il carbonio dallo stato di solidità per unirlo all’ossigeno e convogliarlo verso l’esterno; in tal modo noi veniamo formati con la mobilità di cui abbiamo bisogno in quanto uomini.

 

Nella pianta il carbonio si trova invece trattenuto in una forma solida; anche nelle piante annuali esso è presente fino a un certo punto in questa forma. Per l’uomo un antico motto dice che il sangue è un succo molto peculiare; a ragione si deve dire infatti che nel sangue umano pulsa l’io e vi si esprime fisicamente; con maggiore precisione, sulla scia del carbonio lo spirito umano tesse, domina, dà forma e torna a scioglierla, sulla scia del carbonio inumidito di zolfo si muove nel sangue Turnano spirito, lo spirito che chiamiamo “io”; e come l’io, quale vero spirito dell’uomo, vive nel carbonio, così in un certo senso l’io cosmico, attraverso lo zolfo, vive nello spirito cosmico, nel carbonio continuamente in via di acquistare e perdere forma.

 

In epoche antiche della nostra evoluzione terrestre il carbonio fu l’elemento che soprattutto venne separato. Soltanto più tardi vi si aggiunse per esempio il calcio, che l’uomo utilizzò poi per crearsi una base più solida, una propria struttura più solida. Affinché possa essere mobile quel che vive nel carbonio, l’uomo crea con il suo scheletro calcareo un fondamento solido; lo stesso avviene per l’animale, almeno per quello superiore. Così l’uomo, nella formazione mobile del carbonio, si eleva al di sopra della semplice formazione minerale, al di sopra della solida formazione calcarea propria della terra; egli se ne incorpora anche una parte per avere in sé della terra solida. Nel calcare delle sue ossa egli accoglie in sé la terra solida.

 

Ci si può così render conto che alla base di ogni essere vivente sta una struttura più o meno solida, più o meno labile di carbonio, e sulla sua scia si muove lo spirito attraverso il mondo. Per rendere evidente la cosa mi sia concesso di fame un disegno schematico: da una parte tratteggio una struttura che lo spirito edifica con l’ausilio dello zolfo (azzurro). Si ha quindi o del carbonio in perenne trasformazione e in movimento nello zolfo in dosi finissime oppure, se si tratta di una pianta, si ha una struttura carbonica più o meno solidificata e unita a vari altri ingredienti e varie altre sostanze.

 

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Se osserviamo l’uomo o un altro essere vivente, come spesso abbiamo sottolineato nelle nostre riunioni, in quanto essere vivente egli deve venir compenetrato dalle forze eteriche che sono le reali portatrici della vita. La struttura carbonica di un essere vivente deve quindi a sua volta essere compenetrato dall’eterico in modo che esso vi si trattenga oppure in modo che, restando in movimento, vi aderisca più o meno labilmente. Possiamo quindi dire che un elemento eterico (verde) deve trovarsi presente ovunque vi sia questa struttura.

 

L’eterico è però qualcosa che, se dovesse rimanere semplicemente tale e isolato, non potrebbe esistere nel nostro mondo fisico terrestre; se non avesse un veicolo fisico guazzerebbe dappertutto come un nulla, non potrebbe afferrare quel che deve afferrare nel mondo fisico terrestre. Per tutto ciò che vi è sulla terra esiste cioè la peculiarità che lo spirito debba avere sempre un veicolo fisico. I materialisti si occupano poi soltanto di tali veicoli fisici e dimenticano lo spirito. Hanno in effetti sempre ragione, perché quel che di più diretto ci viene incontro è sempre il veicolo fisico, ma essi trascurano completamente che dappertutto un elemento spirituale deve sempre avere un veicolo fisico. Il veicolo fisico dello spirito attivo nell’eterico (possiamo dire che nell’eterico agisce la parte inferiore dello spirito), il veicolo fisico che viene impregnato dall’eterico in modo che l’etere si imbeva di zolfo e introduca nel fisico ciò che deve far penetrare nella struttura di quell’essere (non per la costruzione della struttura stessa, ma in un’eterna mobilità e vitalità), l’elemento fisico che, aiutato dallo zolfo, convoglia le azioni vitali altro non è che l’ossigeno. Perciò quel che ho disegnato in verde può anche venir pensato, considerandolo sotto l’aspetto fisico, come ossigeno e, attraverso di esso, come entità eterica ondeggiante, tessente e vibrante.

 

L’eterico si muove sulla via dell’ossigeno aiutato dallo zolfo. Soltanto così il processo di respirazione comincia ad acquistare un significato. Con la respirazione noi inspiriamo ossigeno. Il materialista odierno parla solo dell’ossigeno che compare nella provetta quando fa l’elettrolisi dell’acqua, ma in quell’ossigeno vive sempre l’elemento soprasensibile più basso, l’eterico, quando ancora non è stato ucciso, come è necessario che avvenga nell’aria che ci circonda. Nell’aria che respiriamo la vita dell’ossigeno è assente, e l’ossigeno è morto affinché noi non perdiamo coscienza, come avverrebbe se fosse vivente. Se un elemento vitale superiore penetra in noi, noi perdiamo coscienza. Perfino ogni crescita incontrollata, che avvenga in un posto del nostro organismo dove non dovrebbe essere, ci fa svenire, e anche peggio.

 

Se fossimo costretti a vivere in un’atmosfera vivente in cui ci fosse ossigeno compenetrato di vita, noi andremmo quindi in giro completamente annebbiati nella coscienza. L’ossigeno che ci circonda deve essere ossigeno morto; d’altro canto esso è fin dalla nascita il portatore della vita, dell’eterico. Anche in questo caso diventa subito il portatore della vita appena cessa il compito che gli viene assegnato per dover circondare esteriormente i sensi umani. Non appena l’ossigeno entra in noi con la respirazione, nella quale gli è dato di essere vivente, esso ridiventa subito vivente. In noi non abbiamo l’ossigeno uguale a quello che circola nell’atmosfera che ci attornia, ma ossigeno vivente; allo stesso modo l’ossigeno diventa vivente, sia pure di una vita meno intensa di quella che ha in seno all’organismo animale o umano, quando dall’atmosfera penetra nel suolo. Nel suolo esso ritorna vivente. L’ossigeno del sottosuolo non è però uguale a quello sopra il suolo.

 

È difficile intendersi su questi argomenti con i fisici e i chimici, perché i loro metodi portano di necessità a un’estrazione dell’ossigeno dalla sfera terrestre; essi hanno quindi sempre a che fare soltanto con ossigeno morto. Né può essere diversamente; così deve accadere a ogni scienza che si voglia appoggiare solo sul fisico: può comprendere solo i cadaveri. L’ossigeno è in realtà il veicolo dell’etere vivente che si impadronisce di lui e lo domina, servendosi dello zolfo.

 

In un certo modo ho posto ora una vicina all’altra, da un lato l’impalcatura carboniosa in cui mostra la sua azione la massima spiritualità accessibile sulla terra, l’io umano o la spiritualità cosmica che agisce nelle piante; dall’altro, se guardiamo il processo che avviene nell’uomo, abbiamo la respirazione e l’ossigeno vivente che in lui compare, l’ossigeno portatore dell’eterico. Abbiamo poi l’impalcatura di carbonio che sta dietro e che nell’uomo è in movimento. I processi devono riunirsi: l’ossigeno deve poter battere la via che gli è segnata dalla struttura di sostegno e seguire le linee, o qualcosa di analogo, tracciate dal carbonio, dallo spirito del carbonio. Dappertutto in natura l’eterico legato all’ossigeno deve poter trovare la via verso lo spirito legato al carbonio. Come avviene questo? Chi fa da tramite?

 

Fa da tramite l’azoto. L’azoto conduce la vita nella struttura incarnata nel carbonio. Dovunque appaia, l’azoto ha il compito di fare da tramite fra la vita e lo spirito che a tutta prima prende forma nell’elemento carbonioso. Il ponte fra ossigeno e carbonio viene gettato dappertutto dall’azoto, negli animali, nelle piante e persino nella terra; la spiritualità che agisce nell’azoto con l’aiuto dello zolfo è la stessa che usiamo indicare come elemento astrale. P. la spiritualità astrale nel corpo astrale dell’uomo, nell’involucro della terra, nella vita delle piante, degli animali e così via.

 

Spiritualmente parlando, abbiamo così inserito fra l’ossigeno e il carbonio l’elemento astrale che può esprimersi nel fisico perché utilizza l’azoto per poter agire fisicamente. Ovunque esista azoto si espande astralità. L’eterico vitale scorrerebbe dappertutto come instabile nuvola, ignorerebbe l’impalcatura carboniosa. Ovunque nel carbonio siano tracciate linee e vie, l’azoto trascina con sé l’ossigeno, l’astrale dell’azoto trascina l’eterico (giallo nel disegno di pag. 67). L’azoto è il grande facchino che conduce l’elemento vitale verso lo spirito. Perciò esso è nell’uomo l’elemento essenziale per la sfera animica, il mediatore fra la vita pura e semplice e lo spirito.

 

L’azoto è veramente qualcosa di meraviglioso. Seguendone le vie nell’organismo umano, lo troviamo come se costituisse un uomo completo. Esiste proprio un uomo fatto di azoto. Se lo potessimo rendere evidente, esso ci si presenterebbe come il più bello spettro che mai si possa vedere, perché imita in modo perfetto ciò che si trova nella struttura solida dell’uomo. D’altro canto esso si discioglie subito nella vita. Si penetra così nel processo respiratorio col quale l’uomo accoglie l’ossigeno, cioè la vita eterica, e subito interviene l’azoto interno che convoglia l’ossigeno ovunque vi sia carbonio, un elemento a struttura fluttuante e variante; lì esso conduce l’ossigeno, affinché possa prendere gli elementi carbonici e portarli verso l’esterno. L’azoto fa da intermediario affinché l’ossigeno divenga anidride carbonica, e questa sia poi espirata.

 

L’azoto ci circonda dappertutto; attorno a noi vi è soltanto poco ossigeno, veicolo della vita, mentre abbiamo una grande quantità di azoto, veicolo spirituale della sfera amale. Nell’aria che ci circonda abbiamo molto bisogno di ossigeno durante il giorno e anche di notte; sia di notte sia di giorno rispettiamo però assai poco l’azoto perché pensiamo di averne meno bisogno dell’aria che respiriamo. Tuttavia l’azoto è l’elemento che ha un rapporto spirituale con noi. Si può fare il seguente esperimento.

 

Si può mettere un uomo in un locale con un certo volume di aria, togliendo all’aria un certo quantitativo di noto, in modo da impoverire un po’ l’aria rispetto alla normale quantità di azoto contenuta nell’aria atmosferica. Conducendo con cura l’esperimento, il risultato sarà che l’azoto mancante nell’aria viene subito rimpiazzato dall’interno dell’organismo umano, se non lo è dall’esterno. L’uomo deve cioè cedere all’ambiente il proprio azoto, per riaverne nell’aria la giusta quantità che gli è abituale. Gli uomini sono sempre portati a ristabilire la giusta proporzione fra l’azoto circostante e tutto il nostro essere interiore, non sopportano affatto che l’azoto esterno diminuisca. Naturalmente sarebbe ancora sufficiente, perché in realtà non abbiamo bisogno di respirarlo; basterebbe ancora, ma il rapporto spirituale che esso comporta è compatibile solo con la proporzione quantitativa a cui siamo abituati nell’atmosfera.

 

Vediamo dunque che l’azoto svolge una potente funzione spirituale, e questo ci permetterà di avere ora l’idea che l’azoto deve essere necessario per la vita delle piante. Come la vediamo nel terreno, la pianta ha soltanto il suo corpo fisico e il suo corpo eterico; non ha cioè in sé il corpo astrale come lo ha l’animale. L’astralità deve però avvolgerla da ogni parte dall’esterno, perché la pianta non fiorirebbe se l’elemento astrale non la toccasse dall’esterno. Essa non lo accoglie in sé come fanno invece l’animale e l’uomo, ma ne deve essere toccata dall’esterno.

 

L’elemento astrale si trova dappertutto, e l’azoto, che ne è il portatore, si muove nell’aria in forma di cadavere, ma diventa subito vivente non appena penetra nel suolo, esattamente come fa l’ossigeno. Da tenere particolarmente presente in campo agricolo è che l’azoto nel terreno diventa non solo vivente ma, anche se oggi sembra paradossale a un cervello indurito dal materialismo, diventa anche sensitivo. Esso diventa realmente il veicolo di una sensitività misteriosa, diffusa per tutta la vita della terra, una sensitività che per esempio avverte se in una certa regione terrestre sussista o meno la giusta quantità di acqua, che sente simpatia se essa è in giusta proporzione o antipatia nel caso che l’acqua sia scarsa, che avverte simpatia se in un certo terreno vivono le piante ad esso adatte, e così via. L’azoto impregna così tutto con una specie di vita sensitiva.

 

Si può obiettare che di tutto quel che ho detto ieri e nelle conferenze precedenti su Saturno, Sole, Luna e così via, sul loro influsso sulla morfologia delle piante e sulla loro vita, nulla se ne sa. Certamente per la vita abituale si può dire che nulla se ne sa, ma l’azoto onnipresente lo sa, e con precisione. Esso non sorvola inconsciamente su quel che promana dalle stelle e agisce nella vita della terra e delle piante, ma ne è l’intermediario sensitivo, allo stesso modo in cui, nel sistema neuro-sensoriale umano, fa da tramite per la sensazione. L’azoto è veramente il portatore della sensazione.

 

Si acquista una visione dei sottili processi di vita nella natura se si tiene presente l’azoto che si muove dappertutto come si muovono le fluttuanti sensazioni, imparando quanta importanza abbia proprio il trattamento dell’azoto per la vita delle piante. Ne parleremo naturalmente in seguito in modo particolareggiato.

 

Prima dobbiamo trattare ancora un altro argomento. Da quel che precede risulta che la vita opera nell’ossigeno e in quanto vi si connette, e che essa si svolge in una cooperazione vivente fra ciò che dallo spirito assume figura strutturale nell’elemento carbonioso, e ciò che dalla sfera astrale, nell’elemento azotato, impregna la struttura di vita e di sensibilità.

 

Tutto questo opera però sulla terra in reciproca armonia solo perché si compenetra con qualcosa d’altro, cioè con qualcosa che stabilisce per il mondo fisico terrestre il legame con le lontananze cosmiche, perché per la nostra sfera terrestre non è possibile che la terra, quale corpo solido, si muova nell’universo staccata dal resto del mondo. Se lo facesse essa si troverebbe nella condizione di un uomo che, vivendo in una azienda agricola, voglia isolarsi senza badare a quel che cresce nei campi. Se è ragionevole non si comporterà così. Sui campi coltivati vi sono tante cose che poi ritroviamo nei nostri stomaci e che alla fine riprendono in qualche modo la via verso i campi. Noi uomini non possiamo immaginare di poterci isolare; siamo anzi uniti col nostro ambiente e in ultima analisi ne siamo parte. Come è parte di me il mio dito mignolo, così anche le cose che si trovano sparse attorno a me sono parte dell’uomo intero; deve stabilirsi un continuo ricambio materiale. Anche fra la terra, con tutti gli esseri che vi abitano, e l’intero universo deve esservi la stessa relazione; tutto quel che vive in forma fisica sulla terra deve poter essere ricondotto all’universo, in un certo sento deve poter essere purificato e sublimato nel cosmo.

 

Nel disegno che ho appena fatto abbiamo così in primo luogo quel che ho disegnato in azzurro, la struttura carboniosa, poi quello che si vede in verde, l’essere eterico dell’ossigeno. In direzione delle diverse linee abbiamo poi l’astrale (giallo) che si forma dappertutto a partire dall’ossigeno e attraverso l’azoto, costituendo il collegamento fra carbonio e ossigeno. Si potrebbe dunque indicare come nelle linee azzurre l’azoto si tiri dietro ciò che schematicamente è stato segnato con le linee verdi.

 

Tutta la struttura che si è formata quale fine disegno negli esseri viventi deve a sua volta poter scomparire di nuovo. Non deve scomparire lo spirito, ma ciò che esso ha costruito nel carbonio e per cui ha attratto la vita dall’ossigeno. Tutto ciò deve a sua volta scomparire, non svanendo semplicemente sulla terra, ma dileguandosi nel cosmo, nell’universo. Lo fa una sostanza che è molto affine all’elemento fisico e in pari tempo anche a quello spirituale: l’idrogeno del quale si può davvero dire che, sebbene sia quanto di più fine esista nel mondo fisico, tuttavia frantuma totalmente la sostanza fisica, per scomparire nell’universo indifferenziato, portatovi dallo zolfo.

 

Si potrebbe dire che in simili formazioni lo spirito sia diventato fisico, che viva nel corpo astralmente e nella sua immagine quale spirito, quale io. Vive in forma fisica, come spirito trasformato in elemento fisico, ma dopo un po’ di tempo non si trova bene in quella condizione, vuole dissolversi e, unendosi di nuovo con lo zolfo, richiede una sostanza in seno alla quale potersi liberare da ogni determinatezza e da ogni struttura, per passare nella condizione di indeterminatezza e di caos cosmico in cui nulla esista dell’una o dell’altra organizzazione. L’elemento materiale che è così vicino allo spirito da un lato e alla materia dall’altro è proprio l’idrogeno. Esso riconduce tutto l’elemento astrale organizzato e vivente nelle ampiezze del cosmo, trasformandolo in modo da poter essere accolto di nuovo dall’universo, come ho già descritto. L’idrogeno scioglie davvero ogni cosa.

 

Abbiamo così cinque sostanze che rappresentano in primo luogo tutto quanto vive e tesse negli esseri viventi, come pure in ciò che sembra morto, provvisoriamente morto; abbiamo cioè zolfo, carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. Ognuna di esse è in relazione con un elemento spirituale ben determinato, ed è qualcosa di ben diverso da quel che presenta la nostra chimica.

Essa parla soltanto dei cadaveri delle sostanze e non parla delle sostanze vere e proprie. Queste dovrebbero essere conosciute come enti viventi e senzienti; così proprio l’idrogeno, benché in apparenza il più leggero di tutti, con il più basso peso atomico, è fra di essi il meno spirituale.

 

Detto per inciso, perché sia possibile verificare che tutte queste cose non siano nebulose fantasticherie, che cosa facciamo veramente quando meditiamo? L’orientale ha risolto il problema a modo suo, e noi europei occidentali a modo nostro; noi facciamo una meditazione appoggiandoci solo in modo indiretto al processo respiratorio, perché viviamo e tessiamo nella concentrazione e nella meditazione stessa. Tutto ciò che facciamo dedicandoci a esercizi animici ha però ugualmente, sia pure in modo leggero e sottile, la sua controparte corporea; sia pure in modo sottile, e fino a un certo punto, con la meditazione si viene a modificare il processo respiratorio che è tanto strettamente unito con la vita umana. Meditando tratteniamo l’anidride carbonica in noi un po’ più di quanto non avvenga quando siamo nello stato normale di veglia. Sempre rimane in noi più anidride carbonica; non emettiamo tutta l’energia dell’anidride carbonica, come nella grossolana vita abituale, ma ne conserviamo qualcosa; non emettiamo tutta l’energia dell’anidride carbonica nello spazio pieno di azoto, ma ne tratteniamo una parte.

 

Se per esempio si batte con violenza la testa contro un tavolo, si diventa coscienti soltanto del proprio dolore, ma sfiorando appena lo stesso tavolo si diventa invece coscienti della superficie del tavolo, e così via. Lo stesso avviene quando si medita: si cresce a poco a poco sperimentando l’azoto circostanti, Questo è il reale processo nella meditazione: tutto diventa conoscenza, compreso quanto vive nell’azoto. Questi è un signore molto intelligente che informa su quel che fanno Mercurio, Venere e via dicendo, perché conosce queste cose in quanto le avverte.

 

Tutto ciò poggia su processi assolutamente reali, sono cose grazie alle quali (ne parlerò più tardi con maggiore precisione) in effetti lo spirito vissuto interiormente comincia ad acquistare un certo nesso con l’agricoltura. Si tratta di quel che stava a cuore al nostro caro amico Stegemann, a proposito dell’azione reciproca fra l’elemento spirituale-animico e ciò che ci circonda. Infatti non è per nulla male se chi conduce direttamente un’azienda agricola può anche meditare. Si rende così ricettivo, sempre più ricettivo alle rivelazioni dell’azoto. Si arriva così a condurre un’azienda con tutt’altro stile, con tutt’altro senso, quando ci si è resi ricettivi alle rivelazioni dell’azoto. Allora d’improvviso si arrivano a conoscere tante cose che emergono da sole e a conoscere molti segreti esistenti nei poderi e nelle aziende agricole.

 

Non per ripetere quel che ho detto un’ora fa, desidero fare una precisazione. Prendiamo per esempio un contadino che lo scienziato considera sprovveduto. Il contadino va in giro per il suo campo, e lo scienziato lo considera ignorante; in realtà non è così per il semplice motivo che il contadino, mi si scusi ma è così, in realtà è una persona che medita. Quel che medita nelle sue notti invernali è molto, moltissimo; fa proprio già qualcosa che è vera conoscenza spirituale. Soltanto non è capace di esprimerla in parole. Sono conoscenze che gli vengono d’improvviso, passeggiando attraverso i campi. Arriva a sapere qualcosa che egli verifica più tardi. L’ho sperimentato spesso durante la mia gioventù, quando vivevo in mezzo ai contadini, e almeno per quei tempi era così senz’altro.

 

È in effetti necessario rifarsi a questo genere di cose. Il mero intelletto non arriva molto in là, non ci conduce a queste profondità. Occorre veramente rifarsi a simili cose. Il vivere e il tessere della natura è così sottile che non se ne viene a capo con i grossolani concetti dell’intelletto. Nei tempi moderni la scienza ha ampiamente peccato in questa direzione, volendo cogliere le cose con grossolani concetti intellettuali, ma esse sono molto più fini.

 

Tutte le sostanze di cui ho parlato: zolfo, carbonio, ossigeno, azoto e idrogeno, sono riunite nelle proteine; possiamo così comprendere meglio la formazione del seme. Quando in qualche modo il carbonio, l’idrogeno e l’azoto compaiono nella foglia, nel fiore, nel calice e nelle radici, essi vi si trovano sempre combinati in qualche forma con altre sostanze, dipendono da queste; non sono indipendenti, e hanno due vie per liberarsi: possono farlo per mezzo dell’idrogeno che convoglia il tutto verso le lontananze cosmiche togliendo all’insieme le caratteristiche particolari e portandole in uno stato caotico generico, oppure, sempre per opera dello stesso idrogeno, le sostanze proteiche originarie vengono spinte verso la piccola formazione del seme e si rendono indipendenti in modo da diventare ricettive all’azione del cosmo. Nella piccola formazione del seme vi è il caos, come vi è il caos nel lontano universo. Perché nasca la nuova vita il caos del seme deve agire su quello dell’universo con un’azione reciproca.

 

Seguiamo ora come si svolga in seno alla natura l’azione di queste sostanze che in realtà sono semplicemente portatrici di spirito. L’ossigeno e l’azoto che agiscono nell’interno dell’uomo si comportano abbastanza ordinatamente; vi operano appunto le proprietà dell’ossigeno e dell’azoto. Con la scienza ordinaria non si arriva a riconoscerlo, perché il fenomeno sembra nascondersi all’interno della natura stessa, però le azioni dell’elemento carbonioso e dell’idrogeno non emergono altrettanto ordinatamente. Prendiamo ad esempio T elemento carbonioso nella sua attività, quando passa dal regno vegetale al regno animale e a quello umano. In questi ultimi esso deve anzitutto acquistare una provvisoria mobilità. Per formare la figura solida animale e umana, l’elemento carbonioso è contenuto nella struttura urna calcarea, situata molto in profondità, e anche in quella silicea che portiamo sempre in noi; sia nell’uomo sia nell’animale il carbonio maschera così fino a un certo punto la sua forza formativa. Esso si appoggia alla forza formativa del calcare e della silice. Il calcare gli dà la forza formativa propria dell’elemento terrestre, e la silice quella dell’elemento cosmico. Nell’uomo e nell’animale il carbonio non si presenta come l’unico attore della struttura, ma si appoggia a quel che formano il calcare e la silice.

 

Il calcare e la silice si trovano però anche alla base dell’accrescimento delle piante. Dobbiamo quindi sviluppare ora una conoscenza di che cosa si svolga ad opera del carbonio nei sistemi digestivo, respiratorio e circolatorio del corpo umano, nel loro rapporto con le strutture ossee e siliciche del corpo, vale a dire una conoscenza di che cosa si vedrebbe se potessimo vederle e per esempio farci mostrare dall’interno del processo circolatorio come la formazione carboniosa irraggi nel calcare e nella silice. E un colpo d’occhio che ci deve venire incontro quando osserviamo un tratto di terreno coperto di piante, sovrastante formazioni calcaree e siliciche. Nell’uomo il fenomeno non si può vedere direttamente, ma per il terreno si deve essere in grado di osservare come l’ossigeno venga captato dall’azoto e condotto giù verso il carbonio, verso quel carbonio che si appoggia al calcare e alla silice. Possiamo anche dire che l’ossigeno altro non faccia che attraversare il carbonio; in altri termini nel terreno deve venir convogliato ciò che vive nello spazio circostante e che è vivente in quanto elemento legato all’ossigeno; deve venir convogliato nella profondità del terreno con l’aiuto dell’azoto per potersi appoggiare alla silice, prendendo forma nel calcare.

 

Se si è abbastanza ricettivi questo processo può venir osservato nel modo più meraviglioso nelle papilionacee, nelle leguminose e in tutte le piante che l’agricoltura indica quali raccoglitrici di azoto, clic in effetti hanno il compito di raccoglierlo dall’atmosfera e trasmetterlo a ciò che vi è sotto la terra. Osservando le leguminose, si può dire che sotto il terreno vi è qualcosa che ha bisogno di azoto, così come i polmoni umani hanno bisogno di ossigeno. Quel che sotto la terra ha bisogno così dell’azoto è semplicemente il calcare. Il calcare che si trova nel terreno ha bisogno in realtà di una inspirazione fatta di azoto, così come i polmoni umani hanno bisogno (li ossigeno da inspirare. Per il terreno le leguminose sono quindi l’equivalente di ciò che avviene nelle nostre cellule epiteliali. Inspirando ai fa scendere qualcosa, e le leguminose sono le sole piante vile facciano altrettanto per il terreno. Tutte le altre piante non anno affini al processo dell’inspirazione, ma a quello dell’espirazione. Per la nostra osservazione l’intero mondo delle piante, considerato sotto l’aspetto dell’azoto, della respirazione dell’azoto, viene così a scindersi: quando troviamo leguminose abbiamo in un certo senso dinanzi a noi vie respiratorie, e quando troviamo altre piante abbiamo a che fare con altri organi che respirano in modo molto più misterioso e che svolgono in effetti altre funzioni.

 

Il nostro compito è di riconoscere reggere delle piante In modo che ogni specie sia collocata nell’intero organismo del mondo vegetale, così come ogni organo umano viene collocato nell’insieme dell’organismo umano. Dobbiamo arrivare a vedere le singole piante quali parti di un insieme organico, ed è mal che si arriva a comprendere proprio il grande significato delle leguminose. Vi si arriverà certo, si tratta di cosa note, ma è necessario conoscerle partendo da un sostrato spirituale, altrimenti si corre il grande rischio che in futuro, con l’inevitabile perdita del sapere tradizionale, nell’applicare nuovi criteri ci si muova su una strada falsa.

 

Si può osservare come operino le leguminose: hanno la tendenza a trattenere ciò che fruttifica piuttosto nella regione delle foglie, mentre nelle altre piante esso tende a formarsi verso l’alto. La leguminosa vorrebbe formare il frutto prima di fiorire.

 

Dappertutto nelle leguminose, nelle papilionacee, si ha l’impressione che esse vogliano produrre il frutto prima del fiore. È perché queste piante trattengono molto più in direzione terrestre le forze che si esplicano nell’azoto; conducono così gli elementi connessi con l’azoto verso il terreno, e li rendono più propensi a seguire la direzione terrestre di quanto non facciano altre piante presso le quali essi vengono condotti ad agire più distanziati dalla terra. Le leguminose hanno la tendenza a colorare le proprie foglie con un verde più scuro di quello abituale. Si nota pure una specie di atrofia del loro vero e proprio frutto, con una capacità germogliatrice di breve durata che viene presto perduta. Esse sono organizzate in modo da portare a completo sviluppo quel che la pianta deve all’inverno, non quello che deve all’estate. Si può quindi dire che in queste piante è sempre presente la tendenza ad attendere che venga l’inverno, ad aspettare che sopraggiunga l’inverno per quel che hanno da sviluppare; esse rallentano la loro crescita se trovano a sufficienza ciò di cui hanno bisogno, se trovano una sufficiente quantità di azoto nell’aria, così da poterlo convogliare in basso a modo loro.

 

Così si può osservare la vita e il divenire di quanto si svolge al di sopra e al di sotto della terra. Se a questo si aggiunge che il calcare ha fra l’altro una straordinaria affinità con il mondo delle brame umane, ci si rende conto come tutto acquisti organicamente vita. Già da quando si presenta come elemento, come calcio, il calcare non si dà pace finché non arriva a sentire se stesso, finché non diventa calce, finché non si lega con l’ossigeno. Ma anche così esso non trova ancora la sua pace, ma brama l’unione con diversi altri elementi, con ogni specie di acidi metallici, fino ai composti non più minerali del bitume. Attira ogni cosa e nel terreno sviluppa una vera e propria bramosia. Chi ha un senso per queste cose osserverà la differenza fra il calcio e le altre sostanze. Il calcio sembra volerci succhiare e svuotare; si ha la netta sensazione che esso sviluppi una natura di bramosia che opera ovunque sia presente, che attira verso di anche la pianta, perché tutto ciò che il calcio vorrebbe vive nell’elemento vegetale.

 

Quest’ultimo deve però essergli sottratto sempre di nuovo. Con che mezzo? Con quel nobilissimo elemento che non vuole nulla per sé.

Esiste un simile nobile elemento che non ha più alcun desiderio, che riposa semplicemente in sé: si tratta della silice che è giunta a riposare in se stessa. Si sbagliano gli uomini, se credono che E elemento siliceo si possa realmente vedere in ciò che sta loro davanti agli occhi in solidi contorni minerali. La silice è presente dappertutto in dosi omeopatiche e riposa in sé stessa, non ha desideri. Il calcare è avido di tutto, mentre la silice più nulla cerca; essa è come i nostri organi di senso i quali nulla percepiscono della loro natura, ma solo le cose esterne. La silice è l’esteriore e generale organo sensorio nella terra, il calcio ne è la generale bramosia esteriore, e l’argilla collega i due poli. L’argilla è relativamente più vicina all’elemento silicico, ma opera tuttavia da intermediaria in direzione del calcare.

 

Si dovrebbero una buona volta comprendere queste cose per poter giungere a una conoscenza senziente, Si dovrebbe tornare a poter sentire il calcare come un tipo avido, perché è proprio lui che tutto vorrebbe attirare a sé, mentre la silice potrebbe essere sentita come il nobile signore che sottrae al calcare tutto quanto gli è possibile per portarlo nell’atmosfera e configurare le forme delle piante. La silice vive come chi si chiude in un castello, per esempio nel caso della coda cavallina oppure come chi se ne sta dappertutto finemente suddiviso, spesso anche in dose omeopatica, e vi agisce sottraendo al calcare quello che gli va sottratto. Abbiamo dinanzi a noi di nuovo un intimo processo nell’economia della natura.

 

Il carbonio è l’elemento prettamente plasmatore in tutte le piante, il formatore delle strutture, ma nel corso dell’evoluzione terrestre esso ha avuto le sue difficoltà; il carbonio può dare forma a tutte le piante, se vi è acqua sotto di lui. Tutto sarebbe cresciuto, ma da sotto vi è il calcare a disturbarlo. Per questo esso si unisce alla silice, e così silice e carbonio, con l’argilla, arrivano assieme a dare le forme affinché sia vinta la resistenza del calcare. Come si inserisce una pianta in questo processo?

 

Sotto il terreno vi è l’elemento calcareo che con i suoi tentacoli vuole afferrare la pianta, e sopra vi è la silice che la vuole rendere così fine, slanciata e fibrosa come le piante acquatiche. Nel mezzo vi è il carbonio, il vero costruttore delle forme vegetali, che mette ordine nel tutto. Come il nostro corpo astrale crea ordine fra l’io e il corpo eterico, così nel mezzo di questo processo opera l’azoto quale portatore dell’elemento astrale, necessario rendersi conto di come l’azoto svolga le sue funzioni fra l’elemento calcareo, argilloso e silicico, in tutto quanto il calcio tende a portare verso il basso e la silice a irraggiare verso l’alto.

La domanda che nasce da tutto questo è come si possa inserire nel giusto modo l’azoto nel mondo vegetale. Ne tratteremo domani, passando poi al problema dei vari concimi.