La coscienza dell’io e il mistero del Golgota

Che cos’è l’antroposofia


 

Con quanto detto nel precedente capitolo è connesso un problema fondamentale.

• Se la coscienza dell’io può nascere soltanto in base al rispecchiamento dell’io nell’organizzazione corporea

e l’uomo abitualmente conosce soltanto questa coscienza dell’io che si regge sul corpo,

che cosa avviene con essa quando l’uomo nella morte deve lasciare il suo corpo fisico?

• La risposta è chiara: In questo caso egli perde ampiamente la sua coscienza dell’io.

 

Solo per quanto nell’esistenza dopo la morte l’uomo si ricorda ancora al momento della morte stessa,

vale a dire al momento dell’abbandono del suo corpo fisico e con ciò anche a esso stesso,

egli può mantenere qualcosa della sua coscienza dell’io nel mondo spirituale (vedi 0.0.168,24.10.1916).

 

Questa tragicità era pienamente cosciente soprattutto agli antichi greci: la chiarissima coscienza che sviluppavano soltanto nel corpo esplicando il pensare filosofico, non poteva essere portata nel post mortem perché là mancava il corpo come specchio. E quando nei Misteri, provvisti dal pensare libero dai sensi, essi abbandonavano il corpo avendo così delle percezioni coscienti nel mondo spirituale, ciò era possibile soltanto perché si rimaneva ancora collegati con il corpo mediante il sentire e il volere.

Quando però sulla via dei Misteri si giungeva al punto da rendere liberi dal corpo anche il sentire e soprattutto il volere, allora l’uomo nell’accedere al mondo spirituale non aveva più alcuna stabilità in sé e si dissolveva in esso come una singola goccia nell’oceano. Egli non era in grado di mantenere in esso la sua individualità o la sua coscienza dell’io. Infatti le forze di morte, di cui l’uomo aveva bisogno sulla Terra per la sua coscienza dell’io, egli non poteva portarle con sé nel mondo spirituale.

Così il greco dopo la sua morte

potè dimorare nel mondo spirituale solo con la coscienza attenuata e di conseguenza lo sperimentò ombroso.

 

Perciò nei mistici orientali sino ad oggi troviamo sempre di nuovo l’indicazione che l’ultima meta della loro evoluzione interiore è il raggiungimento del grande Samadhi (Nirvakalpasamadhi). Lo descrive per esempio lo Yogi Ramakrishna (1836-1886) che ha trascorso quasi un terzo della sua vita al di fuori del corpo nella condizione Samadhi, quale condizione del beato dissolversi dell’individualità umana nell’oceano della luce divina.

 

Il problema qui nascente può essere formulato nel seguente modo:

• Come si può rimanere un essere dotato dell’io anche dopo aver abbandonato nella morte il corpo fisico?

 

Infatti sulla Terra,

soltanto mediante la presenza nel suo corpo l’uomo raggiunge la piena coscienza dell’io,

ciò che tuttavia, finché l’uomo pensa soltanto con il suo cervello

è collegato alla forte sensazione che con la morte essa vada inevitabilmente perduta.

 

Quando si entra nel mondo spirituale e in esso si vorrebbe raggiungere l’immortalità dell’anima

– ciò che è collegato sempre con lo spegnersi del pensare corporeo –

si sperimenta invece il continuo pericolo di perdere la coscienza dell’io individuale come accade nel Samadhi orientale.

 

Sulla terra si vive come uomo dotato di io

senza la possibilità di portare con sé nel post mortem la propria coscienza dell’io

per il fatto che le forze di morte che la producono non possono essere portate con sé nel mondo spirituale.

 

E nel mondo spirituale la coscienza dell’io non si può sviluppare pienamente

perché là mancano le forze di morte o corporee necessarie.

 

Riassumendo, questo problema in un primo momento insolubile può essere caratterizzato anche così:

Sulla Terra l’io esiste senza immortalità

• e nel mondo spirituale è l’opposto: Là esiste l’immortalità dell’anima, ma senza la coscienza dell’io.

 

Questo fatto può essere descritto ancora in un altro modo.

Finché l’uomo dimora nel suo corpo fisico,

le sue tre parti costitutive animiche: il pensare, il sentire e il volere,

la cui unione nel mondo fisico costituisce il fondamento della sua coscienza dell’io,

vengono tenute insieme da questo corpo.

Quando l’uomo oltrepassa la soglia,

il pensare, il sentire e il volere si separano e perderebbero del tutto il loro collegamento

– ciò che corrisponderebbe al dissolversi di una goccia nell’oceano –

se ora non trovassero un nuovo sostegno perché il corpo fisico è stato abbandonato.

• Che cosa è questo nuovo sostegno?

 

In molte conferenze Rudolf Steiner ha parlato del fatto che l’umanità occidentale già nel XIX secolo,

come essenziale passo nella sua evoluzione,

ha oltrepassato inconsciamente la soglia del mondo spirituale (vedi per esempio O.O. 233a, 12.1.1924).

 

La conseguenza derivante è che in tutta la nostra vita

si mostrano sintomi collegati allo separarsi delle tre forze dell’anima

e questo può essere osservato sempre con maggiore frequenza

nei più diversi sintomi di malattia e di decadenza dell’odierna civiltà.

 

Nel suo libro L’iniziazione (0.0. 10) Rudolf Steiner descrive come mediante la conseguente disciplina,

l’io dell’uomo può essere rafforzato in modo tale da sviluppare le condizioni che gli permettono

di non sottostare a questi sintomi di decadenza e di conservare l’unione del pensare, sentire e volere

e quindi la sua coscienza dell’io anche nell’esistenza dopo la morte.

Se ora questa disciplina viene percorsa in modo sufficiente

essa conduce l’uomo all’incontro con il Grande Guardiano della soglia

e con ciò all’incontro con il Cristo stesso (vedi O.O. 13).

 

E adesso può essere data una risposta alla suddetta domanda:

Il nuovo sostegno per le forze dell’anima che si separano, viene trovato

sulla via che conduce l’uomo dal suo io comune, terreno, al suo Io superiore

e infine all’incontro con l’Io universale del Cristo.

 

O detto diversamente: l’uomo deve cercare di raggiungere già qui sulla Terra

almeno un rapporto iniziale con l’Io del Cristo e così anche con la sua azione nel Mistero del Golgota,

per poter mantenere la coscienza dell’io anche al di là della soglia.

• Infatti, soltanto mediante questa azione del Cristo

venne data sul piano storico-universale una volta e per tutto il futuro dell’evoluzione dell’umanità

la risposta alla decisiva domanda riguardo la sopravvivenza della Personalità umana anche dopo la morte.

E questo avvenne non in qualche modo teorico, bensì quale fatto cosmico-terrestre della resurrezione del Cristo-Gesù.

 

In molti punti della sua opera, Rudolf Steiner ha messo in rilievo che l’essere del cristianesimo contrariamente a tutte le altre religioni mondiali, consiste nel fatto che mediante esso non è venuta nel mondo una nuova manifestazione della saggezza, ma fu compiuta un’unica azione fisico-spirituale che ha dato il suo significato generale a tutta l’evoluzione della Terra.

Rudolf Steiner descrive la natura di questa azione come la creazione del «corpo incorruttibile» o «Fantoma» per mezzo della resurrezione del Cristo, «infatti, la cosa più importante [del cristianesimo] non è ciò che il Cristo ha insegnato, ma è ciò che Egli ha dato all’umanità.

La sua resurrezione è la nascita di una nuova parte costitutiva della natura umana:

di un corpo incorruttibile» (0.0. 131, 11.10.1911).

 

Anche l’apostolo Paolo indica questo tratto caratteristico del cristianesimo con le seguenti parole:

▸«Ma se il Cristo non è risorto, la vostra fede è vana» (Co 15,17).

 

In questo senso si può anche comprendere perché Rudolf Steiner caratterizza il cristianesimo come qualcosa che inizia sì come una religione, tuttavia secondo il suo essere più profondo è di più di qualsiasi religione:

▸«Al suo inizio il cristianesimo fu di certo religione, ma il cristianesimo è più grande di tutte le religioni.»

È «ancora più grande del principio religioso stesso» (O.O. 102, 24.3.1908).

 

La parola religione infatti, significa «ricollegamento» e questo corrisponde tuttavia soltanto alle religioni della saggezza poiché esse cercano di riallacciare l’umanità alla sua originaria sorgente nel mondo spirituale mediante nuove rivelazioni di saggezza. Per cui sono tutte rivolte al passato. Vogliono condurre gli uomini indietro nell’originario paradiso.

Nel cristianesimo invece, essenzialmente non si tratta nel modo più assoluto della saggezza, bensì di un’unica azione del Cristo nel Mistero del Golgota e delle sue conseguenze per l’intera evoluzione dell’umanità e della Terra.

Per cui il cristianesimo, compreso nel modo giusto, è qualcosa che si orienta del tutto nel futuro e perciò nel presente può essere soltanto apocalittico.

 

Ma in che cosa consiste questa azione del Cristo?

Rudolf Steiner la caratterizza dalle sorgenti della sua indagine spirituale nel centrale ciclo cristologico

«Da Gesù a Cristo».

 

Qui egli descrive come l’io dell’uomo,

la cui coscienza era legata sin dall’inizio alla funzione riflettente del corpo fisico,

sarebbe inarrestabilmente andato perduto con il tempo attraverso la graduale decadenza del corpo fisico.

Infatti, quale conseguenza del cosiddetto peccato originale

e la connessa penetrazione delle potenze luciferico-arimaniche nell’evoluzione umana,

il corpo fisico si indurì sempre di più e subì un crescente decadimento alla morte.

 

L’antico greco viveva questo processo ancora nel seguente modo:

▸«E mentre vide decomposta la forma del corpo fisico, egli era terrorizzato al pensiero che il suo io si assopiva; questo io che emerge solo dal riflettersi nella forma del corpo fisico.»

Per cui «per l’intera evoluzione dell’umanità» esisteva «il pericolo che la coscienza dell’io, la vera e propria conquista dell’evoluzione della Terra, andasse perduta» (0.0. 131, 11.10.1911).

E nella stessa conferenza viene inoltre descritto come senza il mantenimento di questa coscienza dell’io,

anche l’io dell’uomo stesso con il tempo andrebbe in rovina.

Rudolf Steiner potè perciò dire che ▸«dobbiamo considerare il Mistero del Golgota come qualcosa di reale, come qualcosa che è avvenuto e che doveva avvenire nell’evoluzione della Terra; esso infatti letteralmente la salvazione dell’io umano» (ibidem).

 

Con questo, l’io dell’uomo, quale conquista centrale dell’evoluzione terrestre,

non venne salvato solo per il periodo di vita nel corpo fisico, ma soprattutto anche per l’esistenza dopo la morte,

sì per l’intera vita nel mondo spirituale in assoluto.

In questo modo all’io stesso venne dato un carattere eterno.

Tuttavia a una condizione: che già qui sulla ferra esso trovi un cosciente rapporto con il Mistero del Golgota,

vale a dire con il corpo di resurrezione o Fantoma del Cristo.

 

Infatti, solo così l’uomo potrebbe portare con sé nel post mortem

una forma del corpo che rimane completamente esistente anche nel mondo spirituale,

servendo così l’uomo come «specchio» per il mantenimento della sua coscienza dell’io nell’ambito soprasensibile.

 

Nei tempi precristiani, una volta che la coscienza dell’io veniva raggiunta attraverso il corpo, era possibile portare con sé di essa nel post mortem solo per quello che si poteva ricordare dopo la morte, il momento della morte o la forma fisica rimasta. Ma già presto dopo la morte questo ricordo sbiadiva per l’anima e con ciò si assopiva allo stesso modo il sentimento dell’io, cosicché già poco dopo si poteva sperimentare il mondo spirituale soltanto come ombra.

A questo fatto, indicando anche le famose parole di Achille nell’«Odissea» di Omero: Meglio essere un mendicante nel mondo terreno che un re nel mondo delle ombre, si aggiunge che con il crescente deperimento del corpo fisico sulla Terra, la coscienza dell’io dopo la morte diventa sempre più debole e per cui, l’io dell’uomo con il tempo deve perdere definitivamente la sua immortalità come essere individuale.

 

• Così il problema dell’immortalità dell’io dopo la morte potè essere risolto soltanto per il fatto che

fu creato un corpo terreno che può esistere sia nell’ambito terrestre, sia nell’ambito soprasensibile,

per cui il mantenimento della coscienza dell’io umana è garantito allo stesso modo sulla Terra e nel mondo spirituale.

 

Questo corpo fisico-soprasensibile fu creato dal Cristo tramite la sua resurrezione.

Esso è l’incrollabile fondamento della salvazione dell’io individuale umano per l’intero futuro dell’evoluzione terrestre.

Per questo Rudolf Steiner in merito al futuro rapporto dell’uomo con il Cristo potè dire:

«Il Cristo mi dà la mia essenza umana questo sarà il sentimento fondamentale che compenetrerà l’anima»

(0.0.26, 9.11.1924).

 

Sin dall’inizio per l’Antroposofia hanno una centrale importanza

l’essere dell’io umano e l’ulteriore sviluppo della coscienza dell’io,

e per cui essa è congiunta inseparabilmente con il Mistero del Golgota

e le sue conseguenze per l’evoluzione dell’umanità.

 

Infatti, per l’Antroposofia la definitiva risoluzione dell’enigma dell’uomo

sta nel Mistero dell’io dell’uomo, che senza il Mistero del Golgota non può né esistere, né essere riconosciuto.

Per cui l’essere del Cristo e la sua unica azione sulla collina del Golgota stanno al centro della sua annunciazione.

 

Rudolf Steiner lo mette in rilievo con le seguenti parole:

▸ «Così per la concezione antroposofica del mondo nell’intero tableau della reincarnazione, dell’essere dell’uomo, dell’osservazione del cosmo e così via, si inserisce l’essere del Cristo come un punto centrale. E chi osserva nel giusto senso questa concezione del mondo antroposofica, dice a se stesso: Io posso osservare tutto ciò, ma comprenderlo posso soltanto quando per me l’intera immagine si rivolge come meta al grande punto focale, al Cristo» (O.O. 112, 30.6.1909).

 

Così oggi l’Antroposofia è la corrente centrale del cristianesimo esoterico. Essa è cristiana, non unicamente perché Rudolf Steiner ha tenuto molte conferenze su temi cristologici e ha dato moltissimo per la comprensione del Mistero del Golgota, dei Vangeli e dell’essere del Cristo nei suoi aspetti terrestri e cosmici, ma perché il metodo di ricerca e di conoscenza dell’Antroposofia stessa è cristiano, sia che si tratti di temi cristologici o di temi che sembrano essere molto distanti da essi.

 

Infatti, l’origine dell’Antroposofia sta nell’essere della resurrezione stessa.

• Per cui l’interiore processo di resurrezione nell’uomo

inizia già mediante l’intenso e vivente pensare i contenuti scientifico-spirituali.

• Poi, nell’estensione di questo processo all’ambito del sentire e infine del volere

(ciò che è possibile soltanto dopo l’accesso al discepolato),

inizia l’inserimento del Fantoma nell’essere dell’uomo

e ciò conduce al reale incontro con il Cristo nella sfera della resurrezione.

 

Anche tutte le fondazioni pratiche dell’Antroposofia (le cosiddette consorelle) sono nate da questa sorgente di conoscenza e di creazione. Che si tratti di una Scuola Waldorf o di una Banca antroposofica, della Medicina antroposofica o della Pedagogia Curativa, della nuova Arte dell’Euritmia e dell’Arte della Parola o del rinnovamento delle Arti formative, degli impulsi nei vari ambiti della scienza o della vita sociale dell’umanità (la triarticolazione dell’organismo sociale) – ovunque laddove vengono rinnovate e trasformate le varie direzioni della vita pratica nel senso dell’Antroposofia, in realtà si tratta della concreta applicazione delle forze di resurrezione.

Già nel suo metodo e per cui anche in tutti i risultati pratici da essa prodotti,

l’Antroposofia è una scienza della resurrezione.

• Essa è un cammino scientifico che conduce l’uomo moderno a riconoscere e a vivere la resurrezione.