03 – La direzione spirituale dell’umanità

O.O. 15 – Direzione spirituale dell’uomo e dell’umanità – III°


 

Secondo quanto ho esposto finora,

la direzione spirituale dell’evoluzione dell’umanità va attribuita alle entità

che attraversarono il loro stato umano

durante la precedente incarnazione del nostro pianeta, cioè durante l’antica Luna.

A questa direzione se ne contrappone un’altra che la ostacola,

pur favorendola anche, sotto certi aspetti, e quest’altra direzione viene esercitata dalle entità

che durante l’epoca lunare non condussero a termine la propria evoluzione.

 

Abbiamo così accennato alle entità-guida che si trovano immediatamente al disopra dell’uomo: sia a quelle che promuovono il progresso, sia anche a quelle che lo favoriscono mediante la creazione di ostacoli i quali accrescono, consolidano le forze scaturite dalle entità progressive, conferendo loro peso e carattere. Secondo l’esoterismo cristiano queste due classi di esseri sovrumani si possono chiamare angeli. Al di sopra di loro si elevano nei diversi ranghi delle gerarchie superiori gli arcangeli, le archai e così via, i quali tutti partecipano essi pure alla guida dell’umanità.

 

In seno alle classi di queste diverse entità esistono differentissime gradazioni di perfezione. Per esempio, nella categoria degli angeli all’inizio dell’attuale evoluzione terrestre esistono entità estremamente evolute e altre meno. Le prime sono progredite assai oltre lo sviluppo medio, previsto per loro durante l’evoluzione lunare. Fra queste e quelle che invece avevano raggiunto appena appena quello sviluppo minimo, quando l’evoluzione lunare terminò ed ebbe inizio quella terrestre, si trovano tutte le possibili gradazioni. A seconda di queste gradazioni avviene l’intervento delle rispettive entità nella guida dell’evoluzione terrestre dell’umanità. Così nella civiltà egizia esercitarono la direzione certe entità che sulla Luna avevano raggiunto un grado più alto di perfezione, in confronto a quello conseguito dalle entità che furono le guide della successiva civiltà greco-latina. E queste ultime, a loro volta, erano più perfette di quelle che guidano oggi l’umanità. Nel periodo egizio, e rispettivamente in quello greco, le entità che interverranno nella direzione più tardi si sono nel frattempo evolute, maturandosi così alla funzione di guida della civiltà ulteriormente progredita.

 

Dal momento della grande catastrofe atlantica si distinguono sette successivi periodi di civiltà:

la prima è l’antichissima civiltà paleo-indiana, a cui segue quella paleo-persiana la terza è l’egizio-caldaica; la quarta la greco-latina; la quinta è la nostra, che ebbe inizio gradualmente circa nel secolo dodicesimo, e che durerà ancora per molto tempo. E bensì vero che nel nostro tempo si vanno preparando già i primi eventi che ci porteranno nel sesto periodo post-atlantico, poiché le diverse civiltà hanno confini sfumati. Al sesto periodo farà poi sèguito il settimo. A un esame più accurato si rileva quanto segue, per ciò che riguarda la direzione dell’umanità. Solamente per il terzo periodo di civiltà, l’egizio-caldaico, gli angeli (le entità dhyaniche inferiori della mistica orientale) furono le guide, sino a un certo grado indipendenti, degli uomini. Già nel periodo paleo-persiano le cose erano andate diversamente. In quel tempo gli angeli erano sottoposti a una direzione superiore, in misura assai maggiore che nel periodo egizio: essi disponevano le cose in conformità agli impulsi della gerarchia immediatamente superiore, cosicché tutto stava bensì sotto la direzione degli angeli, ma questi a loro volta si conformavano alle direttive degli arcangeli.

 

E nel periodo paleo-indiano, nel quale la vita post-atlantica raggiunse delle altezze spirituali sinora ineguagliate, (altezze conseguite sotto la guida dai grandi maestri umani), gli arcangeli stessi stavano in modo simile sotto la guida delle archai, o principati.

Come paleo-persiana non s’intende qui la civiltà che la storia chiama persiana, bensì una civiltà asiatica preistorica (iranica), che si svolse nel territorio che più tardi fu quello dell’impero persiano.

 

Se pertanto si segue l’evoluzione dell’umanità, dal periodo indiano a quello persiano e a quello egizio-caldaico, si può riscontrare che certe entità delle gerarchie superiori si sono andate sempre più ritirando dalla diretta guida dell’umanità. E come stavano, a tale proposito, le cose nel quarto periodo, quello greco-latino? L’uomo era allora diventato, in un certo senso, del tutto autonomo. Le entità-guida sovrumane intervenivano bensì nel corso dell’evoluzione dell’umanità; ma il loro intervento si realizzava in modo che, per così dire, le redini erano il più possibile allentate, e che le guide spirituali ricevevano dalle azioni degli uomini non meno di quanto gli uomini da loro. Qui sta la ragione della caratteristica civiltà greca, del tutto « umana », nella quale l’uomo poggia interamente su se stesso.

 

Tutte le peculiarità del periodo greco e romano, nell’arte, nella vita dello Stato, sono da attribuirsi al fatto che l’uomo doveva realizzare pienamente se stesso, nel proprio carattere particolare. Se dunque consideriamo i tempi più antichi dell’evoluzione delle civiltà, troviamo delle entità-guida che avevano condotto a termine il proprio sviluppo fino al grado umano durante le passate incarnazioni planetarie. Il quarto periodo di civiltà postatlantica aveva più di ogni altro il fine di mettere l’uomo alla prova. Per questa ragione proprio durante quel periodo la direzione spirituale dell’umanità dovette organizzarsi in modo nuovo. Gli uomini d’oggi vivono nel quinto periodo di civiltà postatlantica. Le entità-guida di questo periodo appartengono alla medesima gerarchia che resse gli antichi egizi e i caldei. Effettivamente al tempo nostro ricominciano a operare le stesse entità che avevano esercitato la direzione in quei tempi. Abbiamo già ricordato che determinate entità erano rimaste indietro durante la civiltà egizio-caldaica e che le ritroviamo nelle tendenze e nei sentimenti materialistici dei giorni nostri.

 

Il progresso, sia delle entità propulsive, sia di quelle inibitrici che appartengono alla classe degli angeli, consiste in questo: che presso gli egizi e i caldei esse poterono essere guide grazie alle facoltà che si erano conquistate in tempi remotissimi; a loro volta progredirono ulteriormente per effetto della loro stessa attività di guide. Così gli angeli regolarmente progrediti assumono la direzione nel quinto periodo di civiltà postatlantica, dotati di facoltà da loro acquisite durante il terzo periodo, quello egizio- caldaico. Grazie a questo loro progresso esse acquistano ora delle facoltà del tutto speciali. Infatti si rendono idonee ad accogliere le forze che scaturiscono dall’essere più importante di tutta l’evoluzione della Terra. La forza del Cristo agisce su di loro. Questa forza infatti non opera solamente sul mondo fisico per mezzo di Gesù di Nazaret, bensì anche nei mondi spirituali, sugli esseri sovrumani. Il Cristo non esiste soltanto per la Terra, ma anche per quelle entità. Le stesse entità che guidarono la civiltà egizio-caldaica a quei tempi non si trovarono sotto la guida del Cristo: a questa guida esse si sottomisero solamente dopo il periodo egizio-caldaico. In questo sta il loro progresso, di modo che adesso esse dirigono il nostro quinto periodo postatlantico sotto l’influsso del Cristo: esse lo seguono nei mondi superiori. E le entità, di cui abbiamo detto che agiscono come forze ostacolatrici del progresso, sono rimaste indietro in quanto non si sono poste sotto la direzione del Cristo e continuano ad operare indipendentemente dal Cristo.

 

Per questa ragione nella civiltà umana si manifesterà sempre più distintamente quanto segue:

• esisterà una corrente materialistica, sottoposta agli spiriti egizio-caldaici ritardatari, che avrà appunto un carattere materialistico. Sotto questo influsso si trova la maggior parte di tutto ciò che in tutti i paesi possiamo chiamare l’odierna scienza materialistica.

• Ma accanto a quella si esplica pure un’altra corrente che tende a far sì che l’uomo, in ogni sua attività, finisca per scoprire ciò che possiamo chiamare il principio-Cristo. Oggi, ad esempio, esistono uomini che affermano che il nostro mondo è in ultima analisi costituito da atomi.

 

Chi ispira agli uomini i pensieri che il mondo sia costituito da atomi?

Sono le entità angeliche sovrumane che rimasero indietro nella loro evoluzione durante il periodo egizio-caldaiche.

Che cosa insegneranno ora le entità che durante l’antica civiltà egizio-caldaica raggiunsero la loro mèta

e che in quel tempo impararono a conoscere il Cristo?

 

Esse saranno in grado di ispirare agli uomini pensieri diversi da quello che esistono soltanto degli atomi materiali; infatti sapranno insegnare agli uomini che sin nelle minime particelle del mondo la sostanza è permeata dallo spirito del Cristo. Per quanto possa sembrare strano, in avvenire ci saranno dei fisici e dei chimici che non insegneranno la fisica e la chimica come lo si fa oggi, sotto l’influsso degli spiriti egizio-caldaici ritardatari; essi invece insegneranno che la materia è costituita nel modo come a poco a poco l’ha disposta il Cristo! Si troverà il Cristo sin dentro le leggi della fisica e della chimica. In avvenire si affermerà appunto una fisica spirituale e una chimica spirituale. Senza dubbio, oggi un’affermazione del genere deve apparire a molta gente una fantasticheria, se non qualcosa di peggio. Ma spesso ciò che sarà ragionevole nel futuro sembra follia nel tempo passato.

 

Per chi osservi con maggior precisione, già adesso sono rilevabili i fattori che intervengono in questo senso nell’evoluzione della civiltà umana. E tuttavia un osservatore di questo tipo è perfettamente consapevole delle obiezioni che a questa supposta follìa si possono muovere, con apparente ragione, dal punto di vista scientifico o filosofico dei giorni nostri.

Partendo da queste premesse si può anche comprendere in che cosa consista il vantaggio che hanno sugli uomini le entità guida sovrumane. Nell’epoca postatlantica gli uomini impararono a conoscere il Cristo durante il periodo greco-latino. Infatti è durante questo periodo che l’evento del Cristo si inserisce nell’evoluzione. Fu allora che gli uomini impararono a conoscere il Cristo. Le entità-guida sovrumane impararono a conoscerlo durante il periodo egizio-caldaico e fu allora che esse si elevarono fino a lui. Nel periodo greco-latino esse dovettero poi affidare gli uomini al loro proprio destino, per poi intervenire nuovamente più tardi nell’evoluzione dell’umanità. Se oggi ci si dedica allo studio della scienza dello spirito, ciò non significa altro che il riconoscimento del fatto che le entità sovrumane che hanno guidato l’umanità proseguono ora la loro direzione, in modo da trovarsi esse stesse sotto la guida del Cristo. E questo vale anche per altre entità.

 

Nel periodo paleo-persiano gli arcangeli partecipavano alla direzione dell’umanità.

Essi si erano sottoposti al Cristo ancora prima delle entità di rango inferiore.

 

Di Zaratustra si può affermare che egli indicò il Sole ai suoi seguaci e al suo popolo, dicendo pressappoco così: nel Sole vive il grande spirito Ahura Mazdao, che discenderà un giorno sulla Terra! Le entità della sfera degli arcangeli, che guidavano Zaratustra, gli indicarono infatti la grande guida solare che a quel tempo non era ancora discesa sulla Terra, ma aveva soltanto intrapreso quel cammino, per poi intervenire più tardi direttamente nell’evoluzione terrestre.

Quanto poi alle entità guide che ispirarono i grandi maestri dell’India, esse indicarono loro il Cristo del futuro: non bisogna infatti cadere nell’errore di ritenere che quei maestri non avessero un presagio del Cristo. Essi dicevano che il Cristo « era al di sopra della loro sfera », che essi « non potevano raggiungerlo ».

 

Come nel nostro quinto periodo postatlantico sono gli angeli a portare il Cristo giù, nel nostro sviluppo spirituale, così nel sesto periodo di civiltà avranno funzione di guida della civiltà le entità della classe degli arcangeli che avevano guidato la civiltà paleo-persiana. E alle archai, o spiriti dei primordi, che avevano guidato l’umanità durante il periodo paleoindiano, toccherà di dirigerla nuovamente, sotto la guida del Cristo, nel settimo periodo di civiltà postatlantica. Nel periodo greco-latino il Cristo era disceso dalle altezze spirituali, manifestandosi nel corpo di carne di Gesù di Nazaret. In quel punto egli discese fin giù nel mondo fisico.

 

Quando gli uomini avranno raggiunto una certa maturità, sarà possibile trovarlo i nella sfera immediatamente superiore a quella fisica. In avvenire, appunto, il Cristo non potrà venir trovato nel mondo fisico, bensì solamente nei mondi immediatamente superiori a quello. Infatti, gli uomini non saranno rimasti gli stessi: saranno diventati più maturi e troveranno il Cristo nel mondo spirituale, come lo trovò Paolo a Damasco, precorrendo a tale riguardo il futuro. E come ai nostri giorni guidano l’umanità gli stessi grandi maestri che già la guidarono durante la civiltà egizio-caldaica, così saranno quegli stessi a far ascendere gli uomini fino ad una visione del Cristo, uguale a quella avuta da Paolo. Essi mostreranno all’uomo come il Cristo non agisca solo sulla Terra, ma spiritualizzi l’intero sistema solare.

 

Anche i santi maestri dell’antica India, reincarnati, nel futuro settimo periodo di civiltà, annunceranno quel grande, possente spirito del quale allora avevano detto che si trovava al disopra della loro sfera: lo annunceranno come uno spirito che poteva essere intuito nell’unitario Brahman, in cui però solo attraverso il Cristo può penetrare il giusto contenuto. Così l’umanità verrà condotta di grado in grado, su verso il mondo spirituale.

 

La scienza che, sotto il segno della rosacroce, è penetrata nella nostra civiltà dal dodicesimo, tredicesimo secolo, e di cui è stata dimostrata la necessità a partire da quel momento, quella scienza insegna a parlare del Cristo come della guida anche delle gerarchie superiori, nella successione dei mondi. Ecco che cosa si può rilevare, se da questo punto di vista si considera più a fondo l’entità che visse in Palestina per compiere il mistero del Golgota.

 

Molte diverse concezioni del Cristo si sono avute nel passato e fino ai giorni nostri. Ecco per esempio l’idea che se ne erano fatta certi gnostici cristiani dei primi secoli. Essi dicevano: il Cristo, che visse in Palestina, non era per niente presente in un corpo fisico di carne; egli avrebbe avuto solo un corpo apparente, un corpo eterico divenuto fisicamente visibile.

Quindi anche la sua morte in croce non sarebbe stata una morte reale, bensì solo apparente, appunto perché era presente soltanto un corpo eterico. Più tardi ritroviamo fra i seguaci del cristianesimo le varie controversie, per esempio il conflitto tra gli ariani e gli atanasiani, ecc. e anche in questi casi le interpretazioni sulla natura del Cristo divergono quanto mai. Fino giorni nostri si hanno tra gli uomini le idee più diverse intorno Cristo.

 

La scienza dello spirito deve riconoscere nel Cristo una entità non soltanto terrestre, ma anche cosmica.

In un certo senso, l’uomo in genere è un essere cosmico.

Esso vive una duplice vita:

• una entro il corpo fisico, fra la nascita e la morte,

• e un’altra nei mondi spirituali, fra la morte e una nuova nascita.

 

Quando l’uomo è incarnato in un corpo fisico, egli vive in dipendenza dalla Terra,

poiché il corpo fisico è appunto condizionato dall’ambiente e dalle forze terrestri.

• Ma l’uomo non si limita ad accogliere in sé le sostanze e le forze della Terra:

egli è inserito nell’intero organismo terrestre fisico, gli appartiene.

• Quando invece è passato per la porta della morte, l’uomo non appartiene alle forze della Terra;

sarebbe tuttavia errato immaginarsi che allora non appartenga a nessun genere di forze:

egli allora è congiunto con le forze del sistema solare e degli altri sistemi stellari.

 

Fra la morte e una nuova nascita l’uomo vive nell’elemento cosmico,

come nel tempo fra la nascita e la morte vive nell’àmbito terrestre.

Fra la morte e la nuova nascita esso appartiene al cosmo,

come sulla Terra appartiene agli elementi aria, acqua, terra, ecc.

In quanto attraversa la vita fra morte e nuova nascita, egli penetra nella sfera d’azione cosmica.

 

Dai pianeti non giungono solamente le forze fisiche, di cui tratta l’astronomia,

come la forza di gravità e altre, bensì anche forze spirituali.

Con queste forze spirituali l’uomo è congiunto:

e precisamente ogni uomo in modo particolare, a seconda della sua individualità.

 

Se è nato in Europa, egli vive in una connessione diversa con le condizioni del calore, ecc. che se fosse nato, poniamo, in Australia.

Analogamente, nella vita fra morte e nuova nascita, vi è chi ha un rapporto più stretto con le forze di Giove, chi con quelle di Marte, chi con quelle dell’intero sistema planetario nel suo complesso, e così via. Sono queste forze a ricondurre poi di nuovo l’uomo sulla Terra. Così egli trascorre il tempo che precede una nascita stando in connessione con l’intero spazio stellare.

 

Dipende egualmente da questi particolari rapporti d’un uomo con il sistema cosmico il modo con cui si configurano le forze che lo indirizzano verso questa o quella coppia di genitori, verso questa o quella regione. L’impulso ad incarnarsi in un luogo piuttosto che in un altro, in questa o quella famiglia, entro questo popolo o in un altro, in un dato momento invece che in un altro, dipende appunto da come l’uomo si trova inserito nel cosmo prima della nascita.

In tempi più antichi esisteva nell’àmbito linguistico tedesco un’espressione oltremodo significativa per definire la nascita d’un uomo. Quando qualcuno nasceva, si diceva che egli era diventato giovane in questo o quel luogo. In questo modo di dire si riscontra un inconsapevole accenno al fatto che, nel tempo fra la morte e la nuova nascita, l’uomo continui dapprima a soggiacere alle forze che nella precedente incarnazione lo hanno reso vecchio e che poi si sostituiscano ad esse, ancora prima della nascita, altre forze che lo rendono nuovamente « giovane ».

Così ancora Goethe usa nel Faust l’espressione « divenuto giovane nel paese delle nebbie », dove « paese delle nebbie » è l’antico nome per la Germania medievale.

 

La possibilità di trarre l’oroscopo si fonda sulla verità che chi s’intende di queste cose è capace di decifrare le forze secondo le quali l’uomo penetra nell’esistenza fisica. A un uomo corrisponde un determinato oroscopo, perché in questo ultimo si esprimono le forze che lo hanno portato nell’esistenza. Così ad esempio se nell’oroscopo Marte si trova davanti all’Ariete, significa che certe forze dell’Ariete non vengono lasciate passare da Marte, che vengono attenuate. L’uomo viene dunque a collocarsi nell’esistenza fisica e l’oroscopo gli conferisce la direttiva, prima del suo ingresso nella vita terrestre. Un argomento come questo, che ai giorni nostri sembra tanto azzardato, non deve essere menzionato senza sottolineare che quasi tutto ciò che oggi si fa in questo campo è il più puro dilettantismo, una vera superstizione, e che la vera scienza di queste cose è andata in massima parte perduta. Non bisogna quindi giudicare le affermazioni di principio, che sono state qui sopra formulate, alla stregua di ciò che attualmente conduce un’ambigua esistenza col nome di astrologia.

Ciò che spinge gli uomini verso l’incarnazione fisica sono le forze attive nel mondo degli astri.

 

Quando la coscienza chiaroveggente osserva un uomo, essa può realmente percepire nella sua organizzazione il risultato del concorso di forze cosmiche. Vogliamo ora illustrare questo fatto in forma ipotetica, ma pienamente rispondente alle percezioni chiaroveggenti.

Se si estraesse un cervello umano e se ne esaminasse chiaroveggentemente la struttura, osservandone le singole parti e le propaggini che ne scaturiscono, si troverebbe che in ogni uomo il cervello è differente. Non esistono due uomini che abbiano un cervello identico. Vogliamo ora supporre che un siffatto cervello si possa fotografare in ogni sua struttura, in modo da avere una specie di semisfera di cui fossero visibili tutti i particolari: ebbene, questa immagine sarebbe diversa per ogni uomo. E se si fotografasse il cervello umano nel momento della nascita, e poi si fotografasse anche lo spazio celeste esattamente sovrastatile al luogo di nascita di quell’uomo, le due immagini si corrisponderebbero esattamente. Allo stesso modo come sono disposte certe parti nel cervello, così lo sono le stelle nell’immagine del cielo. L’uomo ha in sé un’immagine dello spazio celeste, e precisamente ognuno un’immagine diversa, a seconda del luogo e del momento della sua nascita.

Questo sta a indicare che l’uomo trae la sua origine dal mondo intero.

 

Tenendo conto di tutto questo, ci si può anche innalzare all’idea di come l’elemento macrocosmico si manifesti nel singolo uomo; e partendo da ciò, acquisire l’idea di come il macrocosmico si mostri nel Cristo. Se ci si raffigurasse che nel Cristo dopo il battesimo nel Giordano l’elemento macrocosmico sia vissuto come in un altro uomo, se ne avrebbe un concetto errato.

Si consideri prima di tutto Gesù di Nazaret, nel quale si verificarono delle condizioni di esistenza del tutto particolari.

All’inizio della nostra era nacquero due bambini Gesù: uno di loro discendeva dalla linea natanica della stirpe di Davide, l’altro dalla linea salomonica della medesima stirpe. Quei due bambini non nacquero esattamente nello stesso tempo, ma quasi.

 

Nel fanciullo Gesù salomonico, descritto dal Vangelo di Matteo, si incarnò la medesima individualità che nel passato era vissuta sulla Terra come Zaratustra: quindi nel fanciullo Gesù del Vangelo di Matteo ci si presenta il reincarnato Zaratustra, o Zoroastro. In questo fanciullo, come ce ne parla Matteo, cresce dunque fino all’età di dodici anni l’individualità di Zaratustra. A quel momento Zaratustra abbandona il corpo di quel fanciullo e si trasferisce nel corpo dell’altro fanciullo Gesù di cui ci narra il Vangelo di Luca. Ecco perché quest’ultimo bambino diventa improvvisamente tanto diverso da com’era prima. I genitori rimangono stupiti, quando lo ritrovano a Gerusalemme nel tempio, dopo che era penetrato in lui lo spirito di Zaratustra. Questo viene accennato dal fatto che il fanciullo, dopo essere stato smarrito e poi ritrovato nel tempio di Gerusalemme, parlava in modo che i suoi genitori non lo riconobbero: non lo riconobbero, in quanto essi appunto conoscevano il loro bambino (il bambino Gesù natanico) soltanto come era prima. Quando invece si mise a discorrere con i dottori della Legge, nel tempio, lo fece in quel modo, perché lo spirito di Zaratustra era penetrato in lui.

 

Fino al trentesimo anno lo spirito di Zaratustra visse nel giovane Gesù, nato dalla linea natanica della casa di Davide. In quest’altro corpo esso raggiunse una maturità ancora più alta. È inoltre da rilevare che una caratteristica di quest’altra corporeità, in cui ora viveva lo spirito di Zaratustra, era che nel suo corpo astrale il Buddha irradiava dai mondi spirituali i propri impulsi.

 

È giusto ciò che ritiene la tradizione orientale, che il Buddha sia nato come un « bodhisattva » e sia asceso alla dignità di Buddha soltanto durante la sua vita terrena, all’età di ventinove anni.

Quando il Gotama Buddha era un bambinello, giunse piangendo alla reggia del padre del Buddha il grande saggio indiano Asita. E piangeva perché, in quanto veggente, era in grado di sapere che quel giovanissimo principe sarebbe divenuto il Buddha, e che egli stesso, essendo già molto vecchio, non avrebbe potuto assistere a quel grande evento. Quel saggio rinacque al tempo di Gesù di Nazaret. E il vegliardo sacerdote di cui il Vangelo di Luca ci narra che nel tempio vide nel bambino Gesù natanico manifestarsi il Buddha. Per questo esclamò: « Ora lascia, Signore, che il tuo servo se ne vada in pace, poiché ho veduto il mio maestro. » Ciò che non aveva potuto vedere quella volta in India, egli ora lo vedeva attraverso il corpo astrale del bambino Gesù di cui racconta il vangelo di Luca: il Bodhisattva divenuto Buddha.

 

Tutto ciò fu necessario perché potesse formarsi il corpo che più tardi ricevette nel Giordano il battesimo da Giovanni. A quel punto l’individualità di Zaratustra abbandonò la triplice corporeità (il corpo fisico, il corpo eterico e il corpo astrale) di quel Gesù che era andato sviluppandosi in modo tanto complicato, affinché potesse vivere in lui lo spirito di Zaratustra. Il rinato Zaratustra dovette attraversare due diverse modalità di sviluppo, offerte appunto dai due distinti bambini Gesù. Al Battista si presentò dunque il corpo di Gesù di Nazaret, entro il quale da allora operò l’entità cosmica del Cristo. Negli altri uomini le leggi spirituali-cosmiche operano solamente in quanto li introducono nella vita terrestre. Nel Cristo Gesù, dopo il battesimo da parte di Giovanni, le forze spirituali cosmiche rimasero operanti in modo esclusivo, senza essere in alcun modo influenzate dalle leggi dell’evoluzione terrestre.

 

Mentre Gesù di Nazaret, quale Cristo Gesù, negli ultimi tre anni della sua vita viveva e si muoveva sulla Terra, in Palestina l’intera entità cosmica del Cristo agì ininterrottamente in lui. Il Cristo rimase sempre sotto l’influsso del cosmo intero, non fece un solo passo, senza che le forze cosmiche operassero in lui.

 

Quello che in tal modo si verificava in Gesù di Nazaret era un continuo avverarsi dell’oroscopo: infatti in ogni momento si verificava ciò che di solito avviene soltanto nel momento della nascita. Questo potè avverarsi solamente per il fatto che l’intero corpo del Gesù natanico era rimasto influenzabile da parte della totalità delle forze delle gerarchie spirituali cosmiche che guidano la nostra Terra. Se dunque l’intero spirito del cosmo agiva in tal modo entro il Cristo Gesù, chi era a recarsi, poniamo, a Capernaum o in qualsiasi altro luogo? Quell’essere che si muoveva sulla faccia della Terra aveva certo l’apparenza di un uomo qualunque; ma le forze che in esso operavano erano forze cosmiche, provenienti dal Sole e dalle stelle, erano esse a dirigere quel corpo. E tutto ciò che il Cristo Gesù faceva, avveniva in conformità con la natura complessiva dell’universo con il quale la Terra è congiunta. Per questa ragione nei Vangeli viene così spesso velatamente accennata, per le azioni del Cristo Gesù, la posizione degli astri. Si veda ad esempio nel Vangelo di Giovanni come il Cristo trova i suoi primi discepoli. Vi troviamo le parole: « Era allora circa l’ora decima », perché lo spirito del cosmo intiero si esprimeva in quel fatto, in conformità alle condizioni di tempo. Accenni di questo genere sono talvolta meno espliciti in altri passi dei Vangeli; chi però è in grado di leggere i Vangeli, li ritrova dappertutto.

 

Da questo punto di vista vanno per esempio giudicati i miracoli di certe guarigioni. Vogliamo ricordare soltanto un passo, dove si legge: « Quando il Sole fu tramontato, gli portarono gli ammalati ed egli li guarì. » Che cosa significa? Qui l’evangelista mette in rilievo che quella guarigione era connessa con tutta la posizione degli astri, che in quel momento esisteva una situazione cosmica condizionata dal fatto che il sole era tramontato. Si vuol mettere in evidenza che, in quelle circostanze di tempo, le forze di guarigione necessarie potevano manifestarsi solamente dopo il tramonto del sole. Qui il Cristo I Gesù viene presentato come il mediatore che mette il malato in rapporto con le forze del cosmo che proprio in quel momento potevano agire terapeuticamente. Sono le stesse forze che agivano come Cristo in Gesù. La guarigione avveniva per la presenza del Cristo, grazie alla quale il malato veniva esposto alle forze cosmiche che per lui risultavano curative, che potevano agire soltanto in quelle determinate condizioni di spazio e di tempo. Le forze del cosmo agivano sull’ammalato, tramite il loro rappresentante, il Cristo.

 

In questo modo, però, potevano agire solamente proprio ai tempi in cui il Cristo dimorò sulla Terra. Soltanto allora esisteva fra le costellazioni cosmiche e le forze dell’organismo umano un rapporto tale da poter produrre la guarigione di certe malattie, quando tramite il Cristo Gesù la costellazione cosmica agiva sull’uomo. Una ripetizione di tali condizioni, sia cosmiche, sia terrestri, è altrettanto impossibile, quanto una seconda incarnazione del Cristo in un corpo umano. Così considerata, la vita del Cristo Gesù appare come l’espressione terrestre di un determinato rapporto del cosmo con le forze dell’uomo. La presenza di un infermo a fianco del Cristo significa che quell’infermo, grazie alla vicinanza dei Cristo, si trovava in un rapporto col macrocosmo, tale da poter esplicare un’azione terapeutica su di lui.

 

Con queste considerazioni sono stati esposti i punti di vista che permettono di conoscere che la direzione dell’umanità si è posta sotto l’influsso del Cristo. Sennonché le altre forze che erano rimaste indietro nel periodo egizio-caldaico continuano ad operare, a fianco di quelle compenetrate dal Cristo. Questo si manifesta anche in certe posizioni che il nostro tempo assume nei confronti dei vangeli stessi. Sono stati pubblicati dei libri in cui ci si sforza in modo singolare di mostrare che i vangeli si possono comprendere se s’interpretano astrologicamente. I maggiori oppositori dei vangeli si richiamano a questa interpretazione astrologica: così ad esempio il passaggio dell’arcangelo Gabriele da Elisabetta a Maria non significherebbe altro che il passaggio del sole dalla costellazione della Vergine a un’altra.

 

In un certo senso, questo è giusto; solo che tali pensieri vengono inoculati nel nostro tempo, in questo modo, da parte delle entità rimaste indietro nel periodo egizio-caldaico. Sotto influssi di tal genere si vuole far credere che i vangeli non espongano altro che allegorie di certe situazioni cosmiche. In verità le cose stanno così: nel Cristo si esprime il cosmo intero, si può quindi esprimere la vita del Cristo mettendone in rapporto i singoli eventi con le situazioni cosmiche che di continuo agiscono entro l’esistenza terrestre per il tramite del Cristo. In tal modo una giusta comprensione di questi fatti deve condurre al pieno riconoscimento del Cristo vissuto sulla Terra; l’errore prima accennato, invece, quando rileva che nei vangeli la vita di Cristo si esprime attraverso situazioni stellari cosmiche, crede che ciò dimostri che si tratti esclusivamente di allegorie stellari, mentre non sarebbe mai esistito realmente un Cristo terrestre.

 

Se fosse consentito un paragone, si potrebbe dire: immaginiamo ogni uomo sotto l’aspetto di uno specchio sferico. Uno specchio sferico rende le immagini di tutto quanto Io circonda. Immaginiamo di segnare sullo specchio con la matita i contorni delle immagini che riproducono tutto il mondo circostante. Si potrebbe poi prendere lo specchio e portare ovunque quella riproduzione disegnata. Ciò potrebbe rappresentare un simbolo del fatto che, alla nascita, ogni uomo porta in sé una riproduzione del cosmo, e per tutta la vita lo accompagna poi l’effetto di quell’unica immagine. Si potrebbe però anche lasciare lo specchio com’è, ed esso, ovunque si trovi, rispecchierebbe il mondo circostante: in ogni momento esso riprodurrebbe tutto intero il mondo circostante. Questo sarebbe un simbolo del Cristo, fra il battesimo nel Giordano e il mistero del Golgota. Ciò che in ogni uomo fluisce nell’esistenza terrena alla nascita, nel Cristo Gesù continuò a fluire in ogni singolo istante. E quando si compì il mistero del Golgota, ciò che dal cosmo era stato irradiato penetrò nella sostanza spirituale della Terra e da allora è congiunto con lo spirito della Terra.

 

Quando Paolo a Damasco divenne chiaroveggente, potè riconoscere che qualcosa che prima si trovava nel cosmo era penetrato nello spirito della Terra. Potrà persuadersene chiunque saprà portare la propria anima fino al punto da rivivere l’evento di Damasco. Nel secolo ventesimo vi saranno uomini che, per primi, rivivranno spiritualmente l’esperienza del Cristo fatta da Paolo.

 

Mentre prima dei giorni nostri questa esperienza fu accessibile solo a coloro che avevano acquisito forze chiaroveggenti attraverso una disciplina esoterica, in avvenire la visione del Cristo nella sfera spirituale della Terra diverrà possibile per l’evoluzione naturale delle forze dell’anima umana. A partire da un certo momento del secolo ventesimo, questo rinnovamento dell’evento di Damasco sarà possibile per alcuni uomini; in seguito, il loro numero andrà aumentando, finché in un lontano avvenire esso sarà una facoltà naturale dell’anima umana.

 

Con l’ingresso del Cristo nell’evoluzione della Terra si realizzò una direttiva del tutto nuova per tale evoluzione: ciò si esprime anche nei fatti storici esteriori. Nei primi tempi dell’evoluzione postatlantica gli uomini sapevano benissimo che i pianeti Marte, Giove o Saturno non sono solamente dei pianeti fisici, ma l’espressione di entità spirituali. Questa concezione in seguito fu del tutto dimenticata. I corpi celesti divennero, per l’opinione degli uomini, corpi da giudicare solo con criteri fisici. Nel medioevo gli uomini non vedevano più nelle stelle altro che quello che potevano scorgere con gli occhi: la sfera di Venere, quella del Sole, di Marte, e così via fino alla sfera del cielo delle stelle fisse; seguiva poi l’ottava sfera, come una parete azzurra, solida, che stava dietro alle altre. Venne poi Copernico a battere in breccia l’opinione che l’unica norma di conoscenza dovesse essere ciò che appare ai sensi.

 

Gli scienziati odierni possono certamente affermare: ecco che certi pasticcioni vengono ad asserire che il mondo è maya, è illusione, e che per conoscere la verità occorre percepire un mondo spirituale; mentre la vera scienza è proprio solo quella che si attiene ai sensi e che registra quanto i sensi percepiscono. Ma quando mai gli astronomi si sono affidati soltanto ai sensi?

Forse quando dominava la scienza astronomica che oggi viene combattuta?

Quando Copernico cominciò a concepire ciò che esiste nello spazio cosmico dietro l’apparenza sensibile, fu allora che ebbe inizio, come scienza, la moderna astronomia. Lo stesso vale per tutti i rami del sapere.

 

Ovunque si sia sviluppata una scienza, nel senso più moderno della parola,

essa si sviluppò contro l’apparenza dei sensi.

Quando Copernico affermò: quello che voi vedete è maya, è illusione,

dovete affidarvi a ciò che non potete vedere: proprio allora nacque ciò che oggi si chiama scienza.

 

Si potrebbe quindi replicare ai rappresentanti della scienza odierna: la vostra scienza stessa divenne tale solo quando decise di non fidarsi più dei sensi. Venne Giordano Bruno, come interprete filosofico della dottrina copernicana: egli rivolse lo sguardo allo spazio cosmico, annunciando che quel limite del mondo, quell’ottava sfera ipotizzata, non è affatto un limite. Esso è maya, apparenza, poiché un’infinità di mondi si trovano sparsi nello spazio cosmico. Ciò che prima si riteneva essere il confine dello spazio, divenne ora il limite del mondo sensibile degli uomini. Si volga lo sguardo oltre il mondo dei sensi: non si scorgerà più il mondo al modo come lo presentano sol tanto i sensi, e si conoscerà anche l’infinito.

 

Risulta da tutto questo che nel corso dell’evoluzione

l’uomo prese le mosse da un’originaria visione spirituale del cosmo e che la perdette nel corso dei tempi.

Essa fu sostituita da una concezione del mondo esclusivamente fondata sui sensi.

A questo punto fece il suo ingresso nell’evoluzione l’impulso del Cristo,

grazie al quale l’umanità verrà ricondotta a imprimere l’elemento spirituale nella concezione materialistica.

 

Nell’istante in cui Giordano Bruno infranse i ceppi dell’apparenza dei sensi, l’evoluzione dovuta al Cristo era talmente progredita che nella sua anima potè agire una forza accesa appunto da quell’impulso-Cristo. Con ciò si vuole indicare tutto il significato della penetrazione del Cristo in ogni aspetto dell’evoluzione umana; e si tratta di uno sviluppo di cui l’umanità attualmente si trova solo all’inizio.

A che cosa aspira dunque la scienza dello spirito?

Essa conduce a compimento l’opera che fu iniziata per la scienza fisica esteriore da Giordano Bruno e da altri;

essa afferma che ciò che la scienza esteriore può conoscere è maya, è illusione.

 

Come in passato si guardava su, fino alla « ottava sfera », e si credeva limitato lo spazio,

così il pensiero odierno crede che l’uomo si trovi limitato tra la nascita e la morte.

Ma la scienza spirituale estende la vista, oltre la nascita e la morte.

Vi è nell’evoluzione dell’umanità una catena ininterrotta che si può riconoscere da idee come queste.

 

Le concezioni di Copernico e di Giordano Bruno,

relative al superamento dell’apparenza sensibile nei riguardi dello spazio,

scaturirono nel vero senso della parola dalle ispirazioni della corrente spirituale

di cui è seguace anche la moderna scienza dello spirito.

 

Ciò che possiamo chiamare l’esoterismo dei tempi nuovi esercitò segretamente la sua influenza su Copernico, Bruno, Keplero e altri. Coloro che oggi condividono le idee di Bruno e di Copernico, ma non vogliono accogliere la scienza dello spirito, vengono meno alle loro tradizioni, in quanto vogliono attenersi proprio all’apparenza dei sensi.

La scienza dello spirito però dimostra: come Giordano Bruno spezzò l’azzurra volta celeste, così questa scienza spezza per l’uomo i confini di nascita e morte, mostrando come l’uomo proveniente dal macrocosmo viva nell’esistenza fisica, per poi rientrare, attraverso la morte, in un’esistenza macrocosmica.

 

Quello che vediamo in misura limitata in ogni singolo uomo, ci si presenta in grande nel rappresentante dello spirito cosmico, nel Cristo. L’impulso dato dal Cristo potè essere dato una sola volta; una sola volta il cosmo intero potè rispecchiarsi in quel modo, poiché la costellazione di allora non si ripeterà più. Come è vero che quella costellazione non si verificherà una seconda volta, così è vero che il Cristo s’incarna una volta sola. Solamente se si ignora che il Cristo è il rappresentante di tutto l’universo, se non si riesce a conquistarsi questa concezione del Cristo, per la quale gli elementi sono forniti dalla scienza dello spirito, solo in quel caso si potrà affermare che il Cristo possa apparire più duna volta sulla Terra.

 

Vediamo così che dalla moderna scienza dello spirito scaturisce un’idea del Cristo che mostra all’uomo in modo nuovo la sua affinità col macrocosmo intero. Per imparare a conoscere davvero il Cristo, occorrono realmente le forze ispiratrici che adesso si manifestano ad opera delle antiche entità egizio-caldaiche, guidate esse stesse dal Cristo. È necessaria una tale nuova ispirazione, un’ispirazione che fu preparata dai grandi esoterici del medioevo, a partire dal secolo tredicesimo, e che a partire dei giorni nostri deve diventare sempre più di dominio pubblico.

 

Se l’uomo si preparerà nel giusto modo, conforme a questa scienza, a conoscere il mondo dello spirito, egli percepirà chiaroveggentemente, con la vista, con l’udito soprasensibile, ciò che rivelano le antiche potenze egizio-caldaiche, divenute ora guide spirituali al seguito dell’entità Cristo. Ciò che in futuro verrà offerto all’umanità, nei primi secoli cristiani e fino ai nostri tempi ha potuto soltanto venir preparato. Possiamo quindi affermare: in avvenire vivrà nei cuori umani un’idea del Cristo talmente grande che nulla di quanto finora l’umanità ha creduto di conoscere le può essere paragonato.

 

Il primo impulso provenuto dal Cristo e le concezioni che se ne sono derivate finora (anche da parte dei migliori rappresentanti del principio-Cristo) non sono che una preparazione della vera conoscenza del Cristo. Sarebbe ben strano (ma potrebbe accadere!) che a coloro che nell’occidente esprimono in questo modo l’idea del Cristo venisse rimproverato di non trovarsi sul terreno della tradizione cristiana occidentale. Infatti la tradizione cristiana dell’occidente non è affatto sufficiente per comprendere il Cristo nel prossimo avvenire.

 

Le premesse dell’esoterismo occidentale

consentono di veder confluire la direzione spirituale dell’umanità sotto una guida

che si può definire nel senso più vero come proveniente dall’impulso del Cristo.

Quello che si manifesta come esoterismo moderno finirà per penetrare gradualmente nei cuori umani,

e la guida spirituale dell’uomo e dell’umanità verrà coscientemente considerata sempre più sotto questa luce.

 

Si tenga presente come, in un primo momento, il principio-Cristo sia fluito nel cuore degli uomini per il fatto che il Cristo visse in Palestina nel corpo fisico di Gesù di Nazaret. Così gli uomini, che erano andati affidandosi interamente alla fiducia nel mondo sensibile, poterono accoglierne l’impulso in modo corrispondente alla loro concezione.

Più tardi, grazie alla ispirazione dell’esoterismo dei nuovi tempi, il medesimo impulso operò per il tramite di spiriti come Nicolò Cusano, Copernico, Galilei; Copernico ad esempio formulò il pensiero: l’apparenza sensibile non può presentarci la verità sui sistemi solari: se si vuole trovare la verità, occorre indagare dietro l’apparenza dei sensi.

 

Allora gli uomini non erano ancora maturi, neppure uno spirito come Giordano Bruno, per inserirsi coscientemente nella nuova corrente esoterica; lo spirito di tale corrente dovette agire in loro in modo inconsapevole.

Giordano Bruno annunciò in modo solenne e grandioso: quando un uomo nasce, è un quid di macrocosmico che si concentra in forma di una mònade, e quando l’uomo muore, la mònade toma a dilatarsi: ciò che era racchiuso nel corpo si dilata nell’universo, per ritornare poi a concentrarsi e quindi a dilatarsi nuovamente in altre forme di esistenza.

Nelle parole di Giordano Bruno si esprimevano allora dei concetti poderosi, assolutamente conformi all’esoterismo moderno, sia pure ancora in modo informe, quasi come un balbettio.

 

Gli influssi spirituali che guidano l’umanità possono agire anche se non sempre l’uomo ne è cosciente. Sono essi, per esempio, a portare l’uomo Galilei nel Duomo di Pisa. Migliaia prima di lui avevano visto l’antica lampada, ma non l’avevano veduta come la vide lui. Egli vide la lampada oscillare e confrontò i tempi di oscillazione con i battiti del proprio polso: scoprì così che la lampada oscilla con ritmo regolare, simile a quello del polso. Da questa osservazione egli trasse la scoperta delle leggi del pendolo, nel senso della fisica moderna. Chi conosce la fisica moderna sa che essa non esisterebbe senza i princìpi di Galileo. In questo modo agiva allora ciò che attualmente si manifesta nella scienza dello spirito; Galileo venne a trovarsi nel Duomo di Pisa, e la fisica moderna ebbe le sue leggi. Così agiscono misteriosamente le forze spirituali che guidano l’umanità.

 

Ora stiamo andando incontro a un tempo nel quale gli uomini dovranno anche acquistare coscienza di queste forze di direzione. Si capirà sempre meglio ciò che dovrà avvenire nel futuro, se si comprenderà in modo giusto l’esoterismo moderno che fornisce le ispirazioni; e si scorgerà che le stesse entità spirituali che gli antichi egizi indicavano ai greci come i propri maestri, quelle entità che allora regnavano come dèi, oggi tornano a regnare, ma con la volontà di sottomettersi alla guida del Cristo. Gli uomini sentiranno sempre più profondamente di poter far risorgere, in forma più luminosa ed alta e ad un livello superiore, ciò che caratterizzò il mondo precristiano. La coscienza rafforzata che occorre al nostro tempo, e che deve avere un alto senso di responsabilità nei confronti della conoscenza del mondo spirituale potrà penetrare nelle nostre anime solo se la missione della scienza dello spirito verrà compresa nel senso che siamo venuti delineando.