L’ingresso del cristianesimo nel mondo antico e i misteri

O.O. 353 – La storia dell’umanità e le civiltà del passato – 08.03.1924


 

Sommario: L’ingresso del cristianesimo nel mondo antico e i misteri.

La civiltà greca nell’Italia meridionale. Romolo e lo stato romano dei briganti. Gli Etruschi. Tacito sul Cristo Gesù. Il cristianesimo nelle catacombe. Il cristianesimo e il dominio del mondo. I misteri con i suoi sette gradini. La cosa più importante nel Cristo Gesù: l’insegnamento solare. La morte del Cristo ripete di fronte al mondo quel che avveniva nei misteri. Il concetto dell’uomo solare e del Padre.

 

Buon giorno signori, oggi vorrei continuare con le considerazioni già iniziate. La situazione presentata è dunque chiara: a Oriente abbiamo l’Asia; la civiltà si spostò nell’antichità dall’Asia verso l’Europa, verso la Grecia, attraverso tutta una serie di isole. Qui vediamo [viene disegnato alla lavagna] dove termina l’Asia, poi si scende verso l’Africa e si arriva al Nilo, del quale abbiamo parlato a lungo. Dall’altra parte abbiamo la Grecia, il mare Adriatico, l’Italia e la Sicilia, e tutta una serie di isole: Samo, Rodi, Cipro e tante altre. Attraverso le isole dall’Asia si arrivò in Grecia e poi nei domini di Roma, l’odierna Italia.

 

Anzitutto occorre ricordarsi giustamente di qualcosa. Si può dire che, più o meno 1000 o 1200 anni prima della nascita del Cristo, in Grecia si era sviluppato ciò di cui vi ho raccontato, e cioè che gli uomini avevano appunto imparato a guardare il mondo. Però dal quarto al terzo secolo a.C. la Grecia perse la sua indipendenza e il potere passò a Roma. Questa divenne la capitale dei propri domini. Gli eventi si svolsero in questo modo: nei tempi più antichi sempre più Greci, poco soddisfatti nella loro patria, emigrarono sia in Sicilia, sia nell’Italia meridionale e vi si stabilirono. Di conseguenza, nel corso di un mezzo millennio, in quattro o cinque secoli, la civiltà greca si era del tutto trapiantata nell’Italia meridionale e in Sicilia, regioni che venivano anche chiamate “Magna Grecia”. Dunque si chiamava Grecia l’antica patria greca, e l’altra veniva chiamata appunto Magna Grecia. In questa non erano emigrati solo gli insoddisfatti, ma anche gente come il grande filosofo Platone*, che intendeva fondarvi una Stato modello. Così in effetti vivevano nella Magna Grecia persone importanti che formavano la cultura. Nell’Italia meridionale viveva quindi una raffinata ed elevata civiltà, mentre più a nord si preparava il dominio brutale che più tardi venne chiamato romanità.

 

È noto che la popolazione originaria di Roma si era formata in un modo piuttosto strano. Da alcuni capi, dei quali uno è rimasto specialmente noto col nome di Romolo, erano stati riuniti tutti i bricconi dei dintorni e con loro si formò in origine il primo stato romano di briganti. Quell’atteggiamento brigantesco venne poi continuato anche sotto i primi re di Roma. Abbastanza presto, già sotto il quarto e il quinto re, vi fu l’immigrazione e lo stanziamento di una popolazione più settentrionale: gli Etruschi. Si può dire che erano uomini che si mischiarono con i discendenti dei primi briganti; si ebbe così un nuovo impulso umano per la formazione della romanità. Comunque, tutto ciò che in effetti fece più tardi di Roma la dominatrice del mondo e che poi si trasferì nell’umanità fino ad oggi come desiderio di dominio deriva in realtà dalla colonia di briganti stabilitasi all’inizio sui sette colli di Roma; al riguardo non ci si può fare alcuna illusione. Ci furono poi le immissioni più diverse e tutto è diventato molto più raffinato, ma non si comprende bene quella mentalità, come più tardi si manifestò, se non si risale all’originaria colonia di briganti riunitasi dai boschi circostanti. Da lì derivano per tutta l’Europa le brame di dominio che ancora oggi hanno un ruolo tanto grande. A Roma si formò anche ciò che sempre più ha coinvolto la Chiesa nel dominio sul mondo. Da tutto ciò sorse poi il periodo del medioevo.

 

All’inizio del nostro conteggio del tempo vi fu il mistero del Golgota. Come prima avevo accennato, nell’ottavo secolo avanti Cristo ebbe inizio il dominio romano. Sette secoli più tardi quel dominio era molto esteso e costituiva un tutto fino all’Asia; il dominio romano era esteso anche là dove si svolse il mistero del Golgota. Gli Ebrei che vivevano in Palestina, fra i quali si presentò Gesù di Nazareth, erano anch’essi soggetti al dominio di Roma. Dopo tutto ciò che abbiamo detto sul mistero del Golgota, sarà ora bene osservare quel che in effetti si è svolto nella penisola italiana a partire dai tempi più antichi.

 

In effetti va detto che in Europa si comprende soltanto ciò che risale alla romanità. I nostri cosiddetti dotti hanno sempre imparato il greco, ma della grecità vi è ben poco in Europa. È ora molto interessante che, cento anni dopo che si era svolto il mistero del Golgota, uno dei più importanti scrittori romani, Tacito, abbia scritto una sola riga sul Cristo Gesù nella sua voluminosa opera storica. Lo stesso Tacito, cent’anni dopo il mistero del Golgota, scrisse ad esempio sui Germani, i predecessori degli attuali Tedeschi, sia pure in un modo in cui più tardi non si sarebbe potuto scrivere. Nelle opere di Tacito si trova appena una singola frase sul Cristo Gesù: «Il cosiddetto Cristo fondò fra i Giudei una setta e fu poi giustiziato a seguito della condanna del tribunale». Così diceva il dotto romano cento anni dopo che in Palestina era stato fondato il cristianesimo. Pensate soltanto che le navi si muovevano in ogni direzione, che vi era ogni possibile scambio commerciale, che si erano sviluppati anche rapporti di natura culturale, ma che a Roma, cento anni dopo, del cristianesimo null’altro era noto se non che era una setta e che il suo fondatore era stato giudicato e condannato.

 

Sebbene lo Stato romano non si potesse ancora chiamare Stato (il vero e proprio concetto di Stato in effetti nasce in Europa solo nel secolo sedicesimo), direi che i Romani avevano già il senso dello Stato. In realtà per i Romani si era già formato quello che poi divenne senso dello Stato. Si può quindi dire che Tacito era già compenetrato dal senso dello Stato e che quindi per lui del Cristo apparve più importante il fatto che fosse stato giustiziato a seguito di una giusta condanna legale. Questo da un lato.

 

Dobbiamo però anche pensare che all’inizio il cristianesimo proprio non era quale più tardi si andò formando. All’origine il cristianesimo era veramente libero. Si può dire che in esso vi erano le più diverse opinioni che convergevano soltanto nel vedere nel Cristo qualcosa di particolare; altrimenti vi vivevano le più diverse opinioni.

 

Si comprenderà che cosa in effetti col Cristo Gesù entrò nel mondo, e perché in definitiva è stato necessario ricordare come la sfera che circonda la terra abbia un influsso sul mondo, sulla terra stessa, persino sul linguaggio. Lo si comprenderà soltanto se cercherò di mostrare come in effetti si andò formando la sua dottrina, la sua veduta del mondo e della vita, e come il Cristo Gesù si inserisca nella formazione del cristianesimo. È qualcosa di molto particolare da osservare: a Gerusalemme venne fondato il cristianesimo; appena cent’anni dopo il dotto romano ne sa soltanto ciò che ho appena ricordato! Però la gente si muoveva di continuo dall’Asia e dall’Africa verso Roma. E al di sotto di quella che a Roma si considerava la società degli uomini si diffondeva la setta cristiana. Mentre Tacito scriveva quel che ho ricordato, i cristiani si diffondevano fra la plebe, mentre invece il romano istruito non se ne occupava.

 

Ma che cosa si faceva con i cristiani? I discendenti di Romolo, i briganti, col tempo erano diventati molto “civili”. La loro “civiltà” consisteva infatti nell’aver costruito, tra l’altro, grandi arene nelle quali si svolgevano lotte fra animali feroci. Si provava un gran piacere nell’abbandonare agli animali feroci quelli che per i Romani non facevano parte dell’umanità, e ci si deliziava vedendo come venissero divorati, dopo aver dovuto combattere con le bestie feroci. Era considerato un piacere “raffinato”. La disprezzata setta dei cristiani si dimostrò particolarmente adatta ad essere mangiata dagli animali feroci, quando a Roma si pensava come prima ho accennato; i cristiani erano anche particolarmente adatti per essere spalmati di pece, per poi poterli veder girare nel circo come torce accese. Malgrado tutto i cristiani trovarono la possibilità di vivere. Vi riuscirono perché svolgevano le loro cerimonie senza farsi notare. Svolgevano sotto terra, nelle catacombe, ciò che ritenevano giusto per la loro diffusione. Le catacombe sono ampi spazi sotterranei. In quegli ampi spazi sotto terra i cristiani sotterravano i morti che volevano onorare: erano i sepolcri sui quali venivano poi svolti i loro riti divini. In quei tempi vi era l’usanza di svolgere i riti divini sui sepolcri. Lo si può ancora oggi vedere negli altari di una chiesa cattolica: in realtà sono sepolcri, e in essi vi sono ad esempio le cosiddette reliquie dei santi. Nei tempi più antichi l’altare era un vero sepolcro, su cui si svolgeva il servizio divino. Nelle catacombe sotterranee i cristiani poterono nei primi secoli nascondere quel che volevano fare.

 

Un paio di secoli dopo il quadro è del tutto modificato: se nei primi secoli dopo la fondazione del cristianesimo i Romani si deliziavano come ho detto, e i cristiani stavano nelle catacombe, dopo un paio di secoli i Romani scomparivano e i cristiani arrivavano al dominio del mondo. Vedremo in un’altra occasione se essi fecero meglio o peggio, ma comunque assunsero il dominio del mondo. Quel che portò al cristianesimo i massimi danni fu appunto l’essere coinvolto nel dominio del mondo, perché nella storia del mondo la vita religiosa sopporta sempre meno Tesser coinvolta nel potere degli Stati.

 

La realtà è che la formazione del cristianesimo e la partecipazione del Cristo Gesù alla sua formazione si possono comprendere soltanto sapendo come fu nei tempi antichi la vita religiosa che aveva tutto compenetrato. Ho già detto che nei tempi antichi esistevano i cosiddetti misteri. Usando ora parole moderne, i misteri erano istituzioni nelle quali in genere si imparava tutto ciò che era possibile apprendere. Erano in pari tempo istituzioni religiose, ma anche artistiche. Tutta la vita spirituale derivava dai misteri. Nei tempi più antichi l’apprendere non era come è oggi. Che cosa è infatti oggi l’apprendere? Oggi consiste nel frequentare un ginnasio o una scuola tecnica, e nel seguire più avanti per qualche anno corsi universitari, senza peraltro modificare se stessi. Nei misteri si diventava invece diversi; si doveva acquisire un’altra relazione verso tutto il mondo. Nei misteri si doveva diventare saggi. Con le istituzioni di oggi l’uomo non diventa più saggio, al massimo più istruito. In realtà due cose possono andare insieme e due no: la saggezza non è unibile con la sciocchezza, mentre lo è l’istruzione con la sciocchezza. Va dunque asserito che negli antichi misteri si diventava saggi, si era compenetrati dallo spirito. Si diventava uomini che prendevano con serietà la sfera spirituale. Si attraversavano sette gradini, e pochi giungevano fino ai gradi più alti. Quei sette gradini avevano nomi che vanno compresi per sapere che cosa dovevano fare gli uomini che giungevano a quei gradi.

 

Passando a ciò che doveva fare chi anzitutto era stato accolto nei misteri, si arriva all’espressione “corvo”. Al primo gradino vi erano i cosiddetti corvi. Chi dunque veniva accettato nei misteri diventava un corvo. Che cosa doveva fare un corvo? Doveva anzitutto stabilire un rapporto fra il mondo esterno e i misteri. A quei tempi non esistevano ancora i giornali. I primi giornali nacquero secoli più tardi, quando si ebbe l’arte della stampa. Coloro che nei misteri avevano la professione di insegnare dovevano tenersi al corrente attraverso persone di fiducia che potevano essere mandate in giro e osservare il mondo. Si potrebbe anche dire che i corvi erano semplicemente persone di fiducia di chi era nei misteri. Si doveva anzitutto apprendere come diventare persona di fiducia. Oggi nei partiti o in casi analoghi si impiega gente di fiducia, ma non ci si chiede se essi siano davvero di fiducia. Invece nei misteri venivano usati come corvi soltanto persone che erano state provate quali persone di fiducia. Anzitutto dovevano imparare a prendere sul serio quel che vedevano e riferirlo in modo adeguato alla verità dei misteri. In quei tempi si doveva anzitutto imparare che cosa in effetti significasse la verità per l’uomo. Certo si può dire che anche gli uomini dell’antichità erano altrettanto menzogneri come lo sono quelli di oggi. Oggi però si seminano menzogne dappertutto, mentre in passato si doveva anzitutto imparare ad essere veritieri. Dopo esser stato corvo per anni, l’uomo aveva appreso ad essere persona di fiducia.

 

Il secondo gradino è qualcosa che è del tutto antipatico all’uomo di oggi, è quello dell’“occulto”. Occulto significa: nascosto, segreto. Gli occulti non venivano più mandati in giro, ma per un certo tempo dovevano imparare ciò che l’uomo moderno non impara con piacere, cioè a tacere. Negli antichi misteri imparare a tacere era il secondo gradino. Vi può sembrare grottesco, addirittura ridicolo, che per almeno un anno, ma anche più a lungo, si dovesse semplicemente tacere. Pure è così. Tacendo si impara moltissimo, si imparano molte cose. Oggi non lo si può più praticare, ma pensiamo che cosa significherebbe imporre di tacere per un anno, fra i diciotto e i vent’anni, anziché il servizio militare: sarebbe molto utile per raggiungere la saggezza, e col silenzio si diverrebbe molto saggi. Oggi comunque la cosa non è più praticabile. Qualcosa d’altro è però possibile. Certo non si può abituare a tacere la gente che vuol chiacchierare; ognuno oggi lo sa senz’altro molto bene, e quando si incontra qualcun altro si espone prima di tutto il proprio punto di vista. Ognuno ha la sua opinione. Naturalmente ognuno ha la sua opinione, ma da quella prospettiva vede il mondo in modo diverso, e per chi conosce il mondo, tale fenomeno non è certo nuovo: se io sono in un punto, una montagna mi appare diversa da come mi apparirebbe da un altro punto. Così è anche nella vita spirituale. Ognuno ha il suo punto di vista, e ognuno può vedere qualcosa di diverso. Oggi, se si riuniscono dodici persone, naturalmente si avranno tredici opinioni! Non è però sempre necessario, né occorre meravigliarsi che vi siano dodici opinioni diverse, basta che la cosa non sia vista come tanto importante. Ognuno però considera il proprio punto di vista molto importante, importantissimo! Nei misteri invece la gente doveva semplicemente tacere, doveva soltanto ascoltare quel che bisognava apprendere. Gli occulti erano solo “ascoltatori”, perché appunto dovevano ascoltare. Oggi chi dovrebbe ascoltare non ascolta, ma chiacchiera. Molti considerano il chiacchierare con i compagni molto più importante che l’ascoltare le lezioni. Né a volte è molto serio anche l’ascoltare. Quello era dunque il secondo gradino, nel quale la gente poteva solo imparare a tacere. Come causa ed effetto sono fra loro connessi, nel tacere si manifesta molto bene il fatto che la nostra interiorità inizia a parlarci, se appunto lo realizziamo. Immaginiamo di avere un bacino con dell’acqua; se vi mettiamo un tubo attraverso cui l’acqua scorra, l’acqua appunto scorre via; e se non è una sorgente, ma appunto un bacino, esso rimane vuoto. Così avviene continuando a chiacchierare: tutto scorre via con le parole, e dentro si rimane vuoti. Gli antichi lo capivano, e perciò gli ascoltatori erano anzitutto destinati al silenzio. Dopo cioè che ci si era abituati ad apprezzare la verità, si imparava a tacere.

 

Il terzo gradino, volendone tradurre il significato, si potrebbe chiamare il “difensore”. Ora i discepoli potevano cominciare a parlare, potevano difendere la verità che avevano appreso nei misteri attraverso il tacere. Espressamente era loro imposta la difesa dello spirito. La difesa è appunto una parola che già può essere usata per il terzo gradino dei misteri. Coloro che facevano parte del terzo gradino già dovevano sapere abbastanza affinché avesse peso, un giusto peso, quel che potevano dire sullo spirito. Nei misteri non si parlava in generale dello spirito, ma si doveva prima averlo appreso per poi diventarne un giusto difensore. Si saliva allora al quarto gradino.

 

Il quarto gradino si può chiamare “leone”, così viene di solito indicato. Ancora meglio sarebbe indicarlo con la parola “sfinge”. Sfinge è una parola che più o meno significa già essere diventati spirito. Naturalmente ci si muove come uomini fra gli uomini, ma ci si comporta fra di loro come si comportano gli dèi. Nell’antichità gli uomini non facevano una grande differenza fra uomini e dèi, e nei misteri si diventava a poco a poco dèi. Era una prospettiva estremamente più libera, quella degli antichi. Gli uomini moderni vedono in generale che gli dèi sono al di sopra dell’umanità, ma questa non era l’opinione degli antichi. Oggi si dice che l’uomo deriva dalla scimmia. Il noto naturalista Du Bois-Reymond disse persino che una volta vi fu un enorme salto nell’evoluzione naturale fra l’uomo-scimmia e l’uomo, un enorme salto nella grandezza del cervello: d’improvviso il cervello nell’uomo divenne più grande che non nell’uomo-scimmia. È una ben strana espressione, da parte di un dotto di oggi! Quando egli afferma che il cervello dell’uomo di oggi è molto più grande di quello dell’uomo-scimmia, si dovrebbe in effetti ritenere che lo abbia sezionato, e abbia visto quanto era grande. Quando però si legge quel che i dotti scrivono, si trova che essi devono ammettere che nella realtà l’uomo-scimmia non è ancora stato scoperto. Il noto naturista Du Bois-Reymond parla cioè di qualcosa che ancora non è stato scoperto, che nessuno ha mai visto, cioè dell’uomo-scimmia che aveva un cervello molto più piccolo dell’uomo di oggi. Oggi si costruisce la scienza con questa “coscienziosità”. Così, anziché ritenere che il noto scienziato Du Bois-Reymond parli di cose che non ha mai visto, si crede che le abbia affermate un grande scienziato che sa tutto; oggi l’umanità è più ingenua di quanto lo fossero gli antichi. Comunque gli antichi erano dell’opinione che l’uomo può evolversi fino a una coscienza divina.

 

Chi dunque era al quarto gradino, chi era una sfinge, non parlava più come un difensore del terzo gradino, ma si esprimeva con un linguaggio che in effetti era difficile da comprendere; bisognava prima riflettere, per capire che cosa significasse. L’uomo di oggi può con difficoltà farsi un’idea del linguaggio di una sfinge, perché non vede le cose come allora si vedevano. Però ancora nel medioevo, e persino ancora nel secolo diciassettesimo, vale a dire un paio di secoli fa, esisteva come un residuo di quel linguaggio. Ancora due secoli fa esistevano ad esempio le cosiddette scuole rosicruciane. Vi parlavano iniziati in un linguaggio che era in qualche modo velato e che prima occorreva studiare; parlavano cioè in un linguaggio figurato. Potete forse trovare interessante che, ad esempio, ancora due secoli fa venisse usata un’immagine che in qualche modo doveva spiegare l’uomo: una figura umana con la testa di un leone e accanto un’altra figura umana con la testa di un bue. Per coloro che si volevano istruire, si manifestava la relazione fra quei due esseri, quello con la testa del bue e quello con la testa del leone, intendendo l’uomo e la donna. Non si usavano le due parole di uomo e di donna, ma si diceva: l’essere con la testa del bue, e si intendeva l’uomo, oppure l’essere con la testa del leone, e si intendeva la donna; nella relazione fra bue e leone si vedeva qualcosa che rispecchiava la relazione fra uomo e donna. Oggi la cosa ci appare paradossale, ridicola, ma la si conservava come una tradizione. Le sfingi usavano in genere nomi di animali per precisare e caratterizzare, per esprimere che cosa vive nell’essere umano. Le sfingi usavano quel linguaggio parlando dello spirito. Parlando dalla sfera spirituale, usavano quel linguaggio.

 

Viene poi il quinto gradino. In esso vi erano coloro che avevano l’obbligo di parlare esclusivamente dalla sfera dello spirito. A seconda del loro popolo di appartenenza venivano chiamati “Persiani”, “Indiani” o “Greci”. In Grecia erano i veri Greci. Si diceva che a seconda del popolo di appartenenza, ognuno aveva i suoi interessi privati, ognuno voleva le cose più diverse, ognuno voleva qualcosa di diverso, essendo parte di un altro popolo. Soltanto se era tanto salito da raggiungere il quinto gradino, il singolo non voleva qualcosa di speciale, ma solo quel che voleva tutto il popolo e che era anche il suo interesse. Il singolo era diventato come lo Spirito del popolo, era uno Spirito del popolo. In realtà negli antichi misteri, e ancora in Grecia, gli Spiriti del popolo erano molto saggi. Quando succedeva qualcosa, non pretendevano di avere in proposito un loro punto di vista e di sapere tutto; ma, nonostante fossero giunti al quinto gradino, si erano preparati a lungo con gli esercizi per arrivare a un giusto giudizio su ogni cosa.

 

Se oggi un uomo di Stato riceve magari in Parlamento un’interpellanza, egli deve rispondere. Se così fosse successo allora, chi doveva rispondere avrebbe detto: devo prima ritirarmi dal mondo per una settimana, richiudermi in me al fine di poter dare un giudizio. Ora, vorrei sapere che cosa direbbero i partiti di un Parlamento o altre istituzioni, se il signor Stresemann rispondesse di doversi ritirare per una settimana per poi poter dare una risposta all’interpellanza che gli è stata presentata!

 

Così era invece allora, perché si credeva nel mondo spirituale e si sapeva che quando si è nel trambusto della vita il mondo spirituale tace; esso parla soltanto se ci si può ritirare. Si aveva allora la capacità di potersi anche ritirare quando si fosse stati nel trambusto della vita. Ma questo lo si doveva prima imparare, e quando lo si era imparato, nei tempi antichi si saliva al sesto grado.

 

Il sesto grado era tale per cui l’interessato non aveva in genere alcun punto di riferimento terreno, neppure quello di un popolo, e si diceva: se io sono un “greco”, il mio fratello è un “assiro” e chi vive più lontano un “persiano”; è un punto di vista unilaterale. Il sole è sulla Persia come sulla Grecia, e brilla su tutti. Così coloro che erano arrivati al sesto grado non volevano più imparare ciò di cui parlava un popolo, ma soltanto ciò di cui parlava il sole. Diventavano “uomini solari”, non erano più uomini terreni e cercavano di vedere tutto nella prospettiva del sole. Gli uomini di oggi non hanno idea alcuna di tutto quel che allora si facesse, perché oggi più nulla si conosce dei misteri del mondo.

 

Per avere un’idea di queste cose si deve ad esempio riflettere su quel che segue. Qualche tempo fa venne un tale dicendomi che era stato pubblicato un libro rimarchevole, nel quale veniva mostrato che i Vangeli erano stati scritti in base a una chiave numerica. Se cioè nel Vangelo vi è una parola qualsiasi, ad esempio “inizio” (come è nel vangelo di Giovanni: «All’inizio era la Parola, e la Parola era presso Dio, e Dio era la parola»), spezzando ogni parola si ottiene che una parte è maggiore dell’altra, avendo ogni parola un valore numerico: una parola ha valore 50, un’altra 25, poi un’altra con 50 e poi ancora 25. Si può così calcolare che genere di parola vi sia in un determinato punto.

 

Ed ora, signori miei, è interessante controllare quanto la cosa corrisponda. Prendiamo ad esempio una parola qualsiasi che sia ancora in uso nelle lingue moderne, prendiamo la parola “Èva”. Pensiamo che la e della parola abbia il valore di uno, la v di due e la a di tre. Immaginiamo che sia così, che in tempi antichi ogni lettera avesse il suo valore numerico; non era cioè soltanto una lettera alfabetica, ma si sapeva ad esempio che avendo una / vi corrispondesse un suo numero. Potete vedere come per i numeri romani sia in parte ancora così:

 

I = uno                      V = cinque                    X = dieci

                                                        1                                 v                                     x

i caratteri sono lettere dell’alfabeto, ma in pari tempo hanno un valore numerico.

 

Facciamo ora un esempio con Èva (immaginando che le lettere della parola corrispondano ai numeri 1, 2, 3):

1 2 3   =   E v a      la madre di tutti i viventi.

Se rovesciamo i numeri abbiamo:

3 2 1  =   A v e       che spesso si recita alla fine della vita.

Invertendo i numeri abbiamo quindi:

1    2   3                    3   2   1

 E   v   a                   A   v   e

 

Cambiando così i numeri si trova ovunque che i numeri corrispondono alle lettere alfabetiche.

Esiste cioè una chiave numerica, e possiamo così dire: se guardiamo la prima riga del vangelo di Giovanni, vediamo numeri. Nella seconda riga vediamo che i numeri sono invertiti, e che siano invertiti significa qualcosa. Su queste cose la gente si meraviglia molto. Tempo fa conobbi dunque un tale, si chiama Louvier, che scrisse il libro La sfinge è svelata. Egli trattò il Faust di Goethe secondo quel rapporto numerico, e la cosa corrispondeva. Certo Goethe non pensava di scrivere il suo Faust in base a qualche legge numerica, ma in ogni poesia vi è qualcosa di numerico. Dandosi la pena di dire qualcosa e di usare una chiave numerica, la si può applicare al parlare corrente. Tutto è già nel parlare, perché in esso vi è già qualcosa di spirituale.

 

E tutto ciò è qualcosa di ultraterreno, ed è l’influsso solare. Per questo gli uomini solari dei misteri studiavano i segreti del sole. Ad esempio le piramidi non sono state costruite solo per essere sepolcri dei re; avevano determinate aperture attraverso le quali in ben determinati periodi dell’anno potevano entrare i raggi solari. Il raggio solare disegnava sulla terra una figura che la gente studiava, facendosene ispirare e indagando così i segreti della vita solare. Si può quindi dire che chi era diventato uomo solare non si orientava più verso qualcosa di terreno, ma verso il sole.

 

Dopo che nei misteri uno era stato per un certo periodo uomo solare e aveva insegnato che cosa è ultraterreno, saliva alla dignità di “padre”. Era la massima dignità, alla quale pervenivano soltanto pochi. Erano coloro che erano divenuti del tutto maturi, coloro ai quali si ubbidiva e che si seguiva. Si ubbidiva loro anzitutto perché erano anche carichi di anni (per passare tutti i sette gradini, si diventava anche vecchi) e poi perché avevano una saggezza di vita, e inoltre una saggezza universale.

 

I gradi dei misteri:

  1. – corvo
  2. – occulto, ascoltatore
  3. – difensore (dello spirito)
  4. – sfinge
  5. – greco, o persiano, ecc. (spirito di popolo)
  6. – uomo solare
  7. – padre

 

Ora, signori miei, pensate che il Cristo Gesù, che Gesù di Nazareth viveva in un tempo in cui in Asia era ancora cosciente qualcosa dei misteri. Ad esempio, ancora si sapeva che vi erano uomini che annunciavano la verità solare. Quel che Gesù di Nazareth voleva era che fosse chiaro a tutti, non soltanto nei misteri, ma al di fuori di essi, che ciò che il sole fa agli uomini è già negli uomini, esiste in ognuno. La cosa più importante nel Cristo Gesù è che Egli è la verità solare e che ha insegnato la parola solare, come la si chiamava, intendendo qualcosa che era comune a tutti gli uomini.

 

Va comunque considerata la grande differenza fra il Cristo Gesù e gli altri uomini solari. Se non la si afferra non si arriverà mai a comprendere il mistero del Golgota. Occorre pensare: che cosa si doveva fare nei tempi antichi per diventare un uomo solare? Si doveva anzitutto diventare corvo, poi occulto, difensore, sfinge, anima di popolo, per poi salire a uomo solare. Non vi era altra strada, bisognava essere accolti nei misteri. Che cosa fece Gesù di Nazareth? Secondo l’uso degli Ebrei di allora, si fece battezzare nel Giordano, e in quella circostanza, senza cioè essere passato nei misteri, arrivò alla stessa saggezza che altrimenti avevano gli uomini solari. Che cosa poteva quindi dire? Dal sole stesso mi è giunta la saggezza!

 

Fu dunque il primo che, senza avere un rapporto con i misteri, era entrato in relazione con i cieli. Che cosa diceva infatti chi era diventato uomo solare nei misteri, quando guardava a chi era salito al settimo grado? Diceva: ecco, quello è il padre. Questi era sull’altare in veste bianca con ornamenti sacerdotali. Era il padre. Era il “padre” fra coloro che avevano attraversato nei misteri i diversi gradini. Il Cristo Gesù non li aveva attraversati nei misteri, ma li aveva ricevuti dal sole stesso. Diceva quindi: «Mio padre non è sulla terra (e intendeva: non è nei misteri) ma è nell’alto dei cieli, nel mondo spirituale». Nel senso più eminente si riferiva sempre al Padre che sta nel mondo spirituale. Il Cristo Gesù voleva sempre indirizzare gli uomini, che prima ricevevano ciò che è spirituale dalla terra, alle sorgenti sopraterrene dello spirito. Di conseguenza si è sempre compreso male ciò che in effetti intendeva il Cristo Gesù. Ad esempio si diceva che il Cristo avrebbe insegnato che la terra sarebbe andata in rovina, come si dice, e sarebbe presto venuto un regno spirituale millenario. I dotti di oggi, che a volte con la loro intelligenza amano essere compiacenti anche verso gli antichi, e quindi anche verso il Cristo, ora dicono: anche il Cristo ha preso quest’idea dal suo tempo; è cioè anch’egli un figlio del suo tempo.

 

Tutto ciò di cui la gente parla non ha un senso, perché il regno millenario è in realtà venuto, solo che non ha l’aspetto che gli uomini immaginavano nel mondo; la realtà è che in tempi antichi si avevano idee ed esperienze del mondo spirituale, appunto come vi ho descritto. Era così la consuetudine nei tempi antichi, quando gli uomini erano diversi. Questo cessò nel tempo in cui visse il Cristo Gesù, e gli uomini dovettero arrivare allo spirito in un’altra maniera. Lo spirito doveva essere trovato direttamente. Così fece il Cristo Gesù. Se Egli non avesse fatto come invece fece, l’umanità sarebbe andata in rovina; la vita avrebbe perso di significato. Ciò non è in contraddizione con quel che in tempi successivi sorse privo di senso a seguito di istituzioni cristiane, cose che naturalmente in origine non erano così intese. Gli uomini sarebbero istupiditi. I misteri sarebbero del pari andati in rovina, come in effetti sono andati, ma gli uomini nulla avrebbero saputo di ciò che si insegnava nei misteri. Pensiamo infatti agli antichi uomini solari. Che cosa se ne diceva? Certo si sapeva che essi conoscevano le cose dal punto di vista del sole, essendo morti per la vita della terra. Si parlava di qualcosa di una persona morta per la vita della terra, parlando dell’uomo solare. Per questo, prima che qualcuno divenisse uomo solare, nei misteri si svolgeva sempre una cerimonia, imitando la morte e la sepoltura. Il Cristo Gesù presentò esteriormente di fronte al mondo morte e sepoltura. Quel che avvenne con la morte del Cristo fu solo una ripetizione, di fronte a tutti gli uomini del mondo, di ciò che era sempre avvenuto nel culto dei misteri. Solo che prima era un segreto dei misteri e poi fu presentato sul Golgota di fronte a tutto il mondo. Vedete, avvenne realmente che l’uomo solare morì per la terra. Di conseguenza Egli era nel mezzo, tra il mondo della morte che tramontava e il mondo della risurrezione, il mondo dell’eternità.

 

A volte vi è qualcosa che ricorda avvenimenti del passato dei quali non si ricorda più il significato. Pensiamo ad esempio che a Roma si dichiari qualcuno santo. Qualcuno a Roma viene dichiarato santo. Si svolge una gran cerimonia quando qualcuno, magari dopo centinaia di anni dalla sua morte, viene dichiarato santo. Come si svolge una cerimonia del genere? Anzitutto si presenta l’avvocato di Dio [advocatus dei], il difensore divino che ricorda tutte le buone caratteristiche di chi deve essere dichiarato santo. Poi si presenta il cosiddetto avvocato del diavolo, l’accusatore del diavolo [advocatus diaboli], che rammenta tutte le cattive caratteristiche che aveva il santo. Fra le due possibilità viene comunque presa una decisione, e non intendo dire che si decida sempre in modo giusto. Ancora oggi si svolgono cerimonie del genere. Se qualcuno viene dichiarato santo, ad esempio la “pulzella di Orleans”, si presentano i due avvocati, di Dio e del diavolo. Uno dice tutto il bene e l’altro tutto il male; nel mezzo sta spiritualmente il santo stesso. E nota l’immagine che sempre si presenta del Golgota: il Cristo in croce in mezzo ai due cosiddetti ladroni, come oggi vengono chiamati. Notevole è che il Cristo dica a uno dei due: «Tu sarai oggi con me in Paradiso». Uno va verso l’alto, l’altro verso il basso; sono Lucifero e Arimane, l’avvocato di Dio e l’avvocato del diavolo.

 

Così era anche per l’antico uomo solare. Egli conosceva Lucifero e Arimane, quello che vuole elevare l’uomo al mondo spirituale, affinché diventi del tutto spirituale (cosa che per l’uomo non va bene) e quello che vuol tenere l’uomo nella sfera terrestre, cosa che di nuovo non è bene per l’uomo, perché questi deve restare fra le due tendenze.

 

Così, di fronte al mondo intero sta il mistero del Golgota con ciò che prima era nei misteri e che si svolgeva solo per immagini, perché in realtà non si moriva, ma si diventava padri. Il Cristo invece morì realmente. Egli però disse: il mio spirito non muore, va al Padre, perché ora il Padre non agisce quaggiù come Padre originario, ma nel mondo spirituale. Questa visione è tratta del tutto dai misteri. Volendo arrivare al concetto del Padre, occorre cercarlo negli antichi misteri. Solo allora si comprende giustamente come in effetti è costruito il cristianesimo.

 

Ebbene, signori miei, quel che ora vi ho descritto era in uso in Asia, e contribuì alla fondazione del cristianesimo. I Greci ne sapevano pochissimo, perché essi avevano costruito la cultura esteriore. Anche la colonia di briganti da cui derivò il popolo di Romolo nulla ne sapeva: conosceva soltanto il dominio esteriore del mondo. Conosceva tanto bene soltanto il dominio del mondo che i Cesari romani, gli Imperatori, si comportavano esteriormente anche come iniziati, ma in un tempo in cui i misteri erano già decaduti.

 

Così ad esempio vi fu un dei primi Cesari romani, il suo nome è Caligola. Uno storico tedesco degli anni Novanta lo volle paragonare all’imperatore tedesco Guglielmo II; la cosa non è però possibile e andrebbe messo in galera chi lo scrivesse.

 

Il brav’uomo scrisse un libretto: Caligola, paragonando l’Imperatore romano all’imperatore Guglielmo II. Chiunque intenda le cose capirebbe che lì Caligola è Guglielmo II; solo così si può fare. Caligola era stato iniziato, anche se l’iniziazione era diventata un’esteriorità. Certo si poteva comprendere quel che dovevano fare i corvi, se non lo si prendeva troppo sul serio, anche tramite quel che facevano i principi. Così Caligola era diventato un uomo solare, naturalmente solo in modo esteriore, come quando un “generale” porta una divisa a cinque o sei anni. Caligola era stato iniziato a quella maniera, solo esteriormente. Egli poteva però anche iniziare altri, e così gli accadde una storia, durante una cerimonia nella quale si dà un colpo simbolico con la spada presso una sfinge; solo che in quel caso l’interessato fu davvero ucciso con la spada. Certo al Cesare nulla accadde. D’altra parte presso i Romani tutto era talmente esteriore che più non si comprendevano tutti gli aspetti interiori. Nessuna meraviglia quindi che essi nulla potessero comprendere del cristianesimo.

 

Fu così che in seguito il cristianesimo a Roma divenne un potere temporale. Nei tempi in cui il cristianesimo giunse a Roma vi era l’imperatore che aveva il potere temporale ed era visto come un dio, perché naturalmente si diventava dèi quando si veniva iniziati. Augusto fu visto come un dio, come anche i suoi successori. Vi era anche il Pontifex maximus (alla lettera il “grande costruttore di ponti”), il signore spirituale. A Roma era però a poco a poco diventato un’ombra, non aveva più alcuna importanza; importante era solo il signore temporale. Naturalmente tutto ciò corrispondeva a un popolo che aveva Romolo fra i suoi antenati e che aveva raccolto tutti i briganti delle vicinanze. Così il cristianesimo venne secolarizzato attraverso Roma.

 

Questo volevo oggi anzitutto raccontare in merito all’aspetto esteriore del cristianesimo. La prossima volta, cioè mercoledì prossimo, esporrò il vero influsso interiore esercitato dal sole su Gesù.