III – Marxismo e triarticolazione

O.O. 23 – I punti essenziali della questione sociale – (In margine alla triarticolazione dell’organismo sociale)


 

1. Sarà impossibile uscire dal disordine in cui l’Europa è piombata se certe rivendicazioni sociali permarranno ancora a lungo nella confusione per cui vengono ora svisate. Una di esse che vive in vaste sfere, è quella espressa da Engels nel suo libro “L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza” con le parole: “Al posto del governo sulle persone subentra l’amministrazione di cose e la direzione di processi di produzione”. Gran numero di capi del proletariato e con essi le masse proletarie medesime professano la concezione da cui quest’asserzione scaturisce. Da un certo punto di vista essa è giusta. Le compagini umane, dalle quali si sono sviluppati gli Stati moderni, hanno costituito amministrazioni che non regolano soltanto cose e processi di produzione, ma governano anche gli uomini che a quelli lavorano. L’amministrazione di cose e rami della produzione abbraccia la vita economica. Nei tempi moderni, quest’ultima ha preso forme per cui è divenuto necessario che la sua amministrazione cessi dal provvedere anche al governo degli uomini. Marx ed Engels hanno riconosciuto questa necessità. Hanno rivolto la loro attenzione al modo in cui capitale e lavoro umano sono attivi nel giro economico. Sentivano che la vita dell’umanità moderna tende a superare la forma assunta da quell’attività, perché per essa il capitale è diventato la base per esercitare un potere sulla forza del lavoro umano. Il capitale serve non soltanto alla amministrazione di cose e alla direzione di processi di produzione; ma da’ le direttive per governare gli uomini. Da ciò Marx ed Engels dedussero la necessità di allontanare dal giro dell’economia il governo sugli uomini. E dedussero giustamente, perché la vita moderna non vuole che gli uomini siano considerati come semplici accessori delle cose e dei processi di produzione e siano amministrati assieme a questi.

 

2. Ma Marx ed Engels credevano di poter sbrigare la cosa semplicemente col gettar fuori il governo degli uomini dal processo economico, lasciando però sussistere la nuova amministrazione economica depurata, ma pur sempre derivante dallo Stato. Non videro che nel governo degli uomini era implicito anche il regolarne i reciproci rapporti, i quali non possono permanere non regolati, né si regolano da sé quando non siano più regolati nel vecchio modo dalle esigenze della vita economica. Nemmeno videro che nel capitale era nascosta la sorgente delle forze atte ad amministrare le cose e a dirigere i processi di produzione. Infatti, mediante il capitale, è lo spirito umano che dirige la vita economica. Amministrando le cose e dirigendo i rami della produzione, non si coltiva ancora lo spirito umano che precede da una sempre nuova creazione di esistenza e che deve sempre essere apportatore di forze nuove anche alla vita economica, se non si vuole che questa dapprima s’irrigidisca e poi finisca col decadere del tutto.

 

3. È giusto quello che Marx e Engels vedevano: l’amministrazione dell’economia nulla dovrebbe contenere che significhi un governo sugli uomini; e il capitale che la serve non dovrebbe padroneggiare lo spirito umano che gli indica le vie. Ma divenne funesta la loro credenza che tanto i reciproci rapporti tra gli uomini, regolati dai governi, quanto la direzione della vita economica da parte dello spirito umano, possano stabilirsi da sé quando non partano più dall’amministrazione economica.

 

4. La pulizia della vita economica, vale a dire la sua limitazione all’amministrazione di cose e alla direzione di processi di produzione, è possibile solo se, accanto alla vita economica, esista qualcosa che subentri al posto del governare di prima, e qualcos’altro che porti lo spirito umano a dirigere davvero il giro della vita economica. L’idea della triarticolazione dell’organismo sociale rende giustizia a questa esigenza. La direzione della vita spirituale, poggiata su se stessa, porterà alla vita economica le forze spirituali umane che, progredendo, possono continuamente fecondarla a nuovo, mentre sul suo proprio terreno essa si limita ad amministrare cose e a regolare branche di produzione. E l’organo giuridico dell’organismo sociale, separato dalla sfera dello spirito e da quella dell’economia, regolerà le relazioni degli individui umani come un uomo maggiorenne può democraticamente regolarle di fronte a un altro uomo maggiorenne, senza che in tale rapporto s’intrometta la potenza che l’uno può acquistare sull’altro per maggiori sue forze spirituali o per le basi economiche che può avere.

 

5. Marx ed Engels avevano ragione quando esigevano una riforma della vita economica; ma il punto di vista dal quale la richiedevano era unilaterale. Non videro che la vita economica può diventare libera solo se accanto ad essa si pongano una libera vita giuridica e una libera cultura dello spirito. Quali forme debba assumere la vita economica dell’avvenire, può riconoscerlo solo chi si renda conto che l’orientamento economico capitalistico, deve passare a quello immediatamente spirituale, e che la regolazione dei rapporti umani emanante dalla potenza economica dovrà passare in avvenire a un’altra, retta invece da criteri puramente umani. La richiesta di una vita economica in cui siano esclusivamente amministrate cose e in cui siano diretti processi di produzione non potrà mai essere appagata finché venga sollevata unilateralmente per sé. Chi fa questo, pretende creare una vita economica che espella da sé ciò che finora ha portato in grembo come necessità della propria esistenza e che tuttavia debba sussistere.

 

6. Da altre vicende della vita, ma da una esperienza profonda, Goethe coniò due aforismi che sono pienamente validi anche per molte rivendicazioni sociali dei nostri tempi. Uno è: “Una verità incompleta opera per un certo tempo; ma poi, al posto di un’illuminazione totale, si introduce a un tratto una falsità abbagliante; questo appaga il mondo e così secoli interi ne sono traviati”. L’altro è: “Concetti generali e grande presunzione sono sempre avviati a produrre terribili disastri”. In realtà, il marxismo non illuminato dalle vere condizioni del nostro tempo è una “verità incompleta” che, nonostante la sua insufficienza, opera nella concezione proletaria del mondo; ma dopo la catastrofe della guerra mondiale essa diventa, di fronte alle vere esigenze del tempo, una “falsità abbagliante” a cui si deve impedire di “traviare i secoli”. A questo sforzo si sentirà portato chi riconosca verso quali sventure corra il proletariato a causa della sua “verità incompleta”. Da questa “verità incompleta” sono derivati in realtà “concetti generali”, i cui sostenitori, a causa di una presunzione davvero non piccola, respingono come utopia tutto ciò che si sforza di porre, al posto delle loro generalità utopistiche, le vere realtà della vita.