03 – Nuovi risultati delle indagini occulte sulla vita tra morte e nuova nascita

O.O. 140 – Ricerche occulte sulla vita fra morte e nuova nascita – 03.11.1912


 

TERZA CONFERENZA

 

Sommario: Il comportamento opposto dell’uomo nella conoscenza e nell’attività nel mondo fisico e in quello spirituale. Il passaggio dell’anima dopo la morte attraverso le sfere dei pianeti. Sfera della Luna, Kamaloka; sfera di Mercurio, nesso con la costituzione morale; sfera di Venere, connessione con la disposizione animica religiosa; sfera del Sole, rapporto con la comprensione dell’impulso del Cristo Lucifero come portatore di luce al di là della sfera del Sole Sfera di Marte: il risuonare orchestrale della musica delle sfere. Sfera di Giove: il “crescendo” della musica delle sfere verso il canto. Sfera di Saturno: il risuonare della legge e della saggezza cosmica entro la musica delle sfere, come espressione della Parola cosmica. Smorzamento della coscienza dopo il passaggio attraverso la sfera di Saturno e l’affluire di forze cosmiche. Contrazione e ritorno a ritroso attraverso le sfere del sistema solare. Il congiungimento con l’embrione umano. L’illuminazione della nuvola-visione che noi siamo ad opera delle gerarchie superiori, dopo la morte. Le quattro statue di Michelangelo nel monumento mediceo a Firenze. L’amore umano universale come frutto della vera conoscenza della realtà spirituale.

 

 

È per me una gran gioia poter essere qui tra voi, in occasione della mia presenza a Vienna, resasi necessaria per altri motivi.

Questa sera, miei cari amici, dal momento che ci incontriamo in via del tutto eccezionale, desidero parlarvi di qualcosa di più intimo, oserei dire, che si può trattare nella cerchia ristretta di chi già da qualche tempo si occupa di scienza dello spirito.

 

Nell’indagine occulta avviene che in realtà non si può mai controllare abbastanza, diciamo, come stiano le cose che ripetutamente vengono indagate, esaminate, e delle quali continuamente si dà annuncio. Esse, trovandosi in un mondo spirituale non così facilmente accessibile all’uomo, non così facilmente a lui intelligibile, per certi versi possono facilmente venir mal intese o viste in modo inesatto, nell’una o nell’altra direzione, anche dal ricercatore stesso. Per questo motivo si deve sempre, diciamo, tornare a controllare.

Certo, l’essenziale dei fatti della vita soprasensibile è appurato da millenni, ma è difficile configurarli. Perciò è stata per me una profonda soddisfazione che negli ultimi tempi mi fosse possibile tornare a occuparmi più a fondo di un ambito che per l’occultismo è importante: quello della vita tra la morte e una nuova nascita. Non è che debbano risultare nuovi elementi in tale occasione di indagine, ma alcune cose danno allora la possibilità di esprimere i contenuti con sempre maggior esattezza e precisione.

 

Oggi vorrei appunto parlare di questa fase dell’uomo così importante per la conoscenza soprasensibile, il periodo tra la morte e una nuova nascita. Non tanto della regione successiva, della quale si è parlato negli scritti oppure spesso anche qui, la cosiddetta regione del kamaloka, bensì di ciò che ad essa fa seguito.

Vorrei premettere a questa esposizione solo qualche informazione.

 

Si viene a conoscere quel che sta fra morte e nuova nascita tramite l’iniziazione o passando attraverso la porta della morte. Di solito non si prende abbastanza sul serio la differenza che esiste fra tutte le conoscenze che possiamo fare nostre riguardo al mondo sensibile, entro il quale sempre ci troviamo con i nostri sensi e con il nostro intelletto, e quelle relative al mondo spirituale nel quale entriamo o già in questo corpo, in questa esistenza fisica tramite l’iniziazione, oppure senza il corpo, quando siamo passati per la porta della morte.

 

Nel mondo spirituale è in certo qual modo tutto rovesciato.

Desidero riferire due segni distintivi che possono precisamente mostrare

come il mondo spirituale si differenzi, in modo assai significativo, dal normale mondo sensibile.

 

Consideriamo la nostra esistenza nel mondo sensibile, durante la condizione di veglia dal mattino fino alla sera.

Vediamo allora che le cose percepite con i nostri occhi e con le nostre orecchie si presentano a noi. Soltanto, diciamo, gli ambiti più elevati della vita, quelli della conoscenza o dell’arte, li ricerchiamo noi – ce li dobbiamo procurare noi, ad essi dobbiamo contribuire noi -, mentre la restante vita esteriore, che ci assorbe, ci porta veramente da mane a sera tutto quello che deve agire sui nostri sensi e sul nostro intelletto. Là dove andiamo, sulla strada, in qualsiasi modo viviamo, tutto e ogni cosa, ogni momento ha le sue impressioni e, con le eccezioni indicate, non facciamo niente perché esse giungano a noi. Vengono da sé.

 

Diverso è con ciò che nel mondo fisico avviene per opera nostra: lì noi dobbiamo essere attivi, lì dobbiamo andare di luogo in luogo, dobbiamo muoverci. Questo è distintivo della vita quotidiana, il fatto che quanto si offre alla nostra conoscenza accade senza che noi facciamo qualcosa allo scopo. Per quanto sia grottesco, nella realtà spirituale è l’opposto.

 

Nel mondo spirituale non si può agire, non si può essere attivi,

non si può cagionare qualcosa andando di luogo in luogo;

nel mondo spirituale non si può neppure provocare nulla

mettendo in movimento degli organi, per così dire, che siano analoghi alle mani fisiche.

• Quel che invece è assolutamente necessario,

affinché nel mondo spirituale qualcosa accada per mezzo nostro, è una completa quiete dell’animo.

• Quanto più riusciamo a essere quieti tanto più qualcosa accade tramite noi nel mondo spirituale.

 

Così che dunque non possiamo dire che qualcosa vi avvenga se ci diamo un gran daffare, ma se in tutta calma sviluppiamo una maggiore partecipazione amorevole a quello che dovrebbe accadere, e poi attendiamo come si sviluppano le cose.

Per questa quiete dell’animo, che nel mondo spirituale è creativa, è difficile trovare qualcosa di simile nella vita fisica ordinaria, se non negli ambiti più elevati del piano fisico, la vita di conoscenza e la vita artistica. Lì trovate qualcosa di analogo.

L’artista infatti non può creare il massimo di cui è capace secondo le sue attitudini se non sa attendere, se non è in grado di aspettare in completa quiete dell’animo finché sia arrivato il momento giusto, finché non giunga l’intuizione. Chi voglia creare in base a programmi può giungere a realizzare soltanto prodotti scadenti. Chi voglia creare a seguito di qualche motivo esteriore un’opera qualsiasi, fosse anche la più piccola, non la realizzerà così bene come quando, in dedizione amorevole e con tranquillità, saprà attendere il momento dell’ispirazione, possiamo anche dire il momento della grazia. Così è anche nel mondo spirituale, lì non si può andar di fretta e incalzare, lì c’è solamente quiete dell’animo.

In fondo dev’essere così anche per la diffusione del nostro movimento.

 

Ogni agitazione esteriore, tutto l’esteriore voler imporre alle persone la scienza dello spirito, in sostanza non porta a niente. La cosa migliore è che sappiamo attendere, finché nella vita ci si presentino le persone che nella propria anima hanno il bisogno di ascoltare qualcosa, che vogliono volgersi allo spirituale e allora non dovremmo affatto avere l’esigenza di portare chicchessia alla scienza dello spirito.

Faremo esperienza che, quanto più sappiamo sviluppare quiete, una calma scevra da agitazione, tante più persone ci si accosteranno, mentre con una irriguardosa agitazione addirittura le respingeremo. Se viene tenuta una conferenza pubblica, lo si fa soltanto perché venga detto quel che si deve dire, e chi vuole coglierlo può coglierlo. Quanto a questo, tutta la nostra vita all’interno del movimento scientifico-spirituale dev’essere a immagine dello spirituale, così che permettiamo a ciò che deve succedere di succedere e lo attendiamo con animo quieto.

 

Consideriamo un iniziato, che abbia riconosciuto come in un determinato momento qualcosa dal mondo spirituale debba accadere. Ho più volte richiamato l’attenzione su un momento importante nel quale, prendendo le mosse dal mondo spirituale, qualcosa è successo, solo che oggi non si mostra ancora in misura così evidente. Fu nell’anno 1899, la fine del piccolo kali yuga. In sostanza era l’anno che recava un determinato impulso, destinato a dare agli uomini qualcosa a partire dall’interno, a risvegliare entro le loro anime ciò che in tempi precedenti era stato di fatto largito dal mondo spirituale, tramite cose esteriori di un qualche tipo – lo si chiamava “caso fortuito”.

Voglio riferire un caso preciso: nel dodicesimo secolo viveva un certo Norberto, fondatore di un ordine religioso. All’inizio egli conduceva una vita assai mondana, si potrebbe dire una vita sregolata, ed ecco che un fulmine lo colpì. Di frequente nella storia succede che ad alcuni uomini capitino eventi del genere. Un fulmine ha il potere di ripercuotersi attraverso il corpo fisico e il corpo eterico – in quell’occasione tutta la sua vita cambiò. È dunque così che il mondo spirituale ricorre a un evento esteriore per trasformare la gente.

Casi del genere succedono spesso, scuotono a fondo tutta la connessione tra corpo fisico e corpo eterico e mutano la persona in questione da capo a piedi, e fu così anche quella volta. Questi però non sono casi fortuiti, sono fatti accuratamente preparati nel mondo spirituale per trasformare gli esseri umani.

 

Ora, dal 1899 questi fatti divennero sempre più intimi, molto meno esteriori, molto più operanti attraverso l’interiorità. L’anima dell’uomo viene interiorizzata. E davvero, a un sovvertimento del mondo come quello avvenuto nell’anno 1899, devono cooperare dal piano spirituale tutte le entità e le potenze, ma anche tutti gli iniziati che vivono quaggiù. Essi non dicono: “Preparatevi!”, non lo vanno a dire agli orecchi della gente; succede invece che l’impulso viene da dentro, che gli uomini imparano a comprenderlo partendo dall’interiorità. Allora essi nell’anima restano tranquilli, si occupano del pensiero, lo lasciano agire in sé e aspettano. E quanto più si acquietano nell’anima a mezzo del pensiero, tanto più energicamente giungono tali eventi spirituali.

Dunque si tratta di attendere questa chiamata! Di ciò si tratta preferibilmente, del fatto che dovremmo attendere ciò che nel mondo spirituale deve avvenire a mezzo nostro.

 

Diverso è per la conoscenza nella vita di tutti i giorni. Lì dobbiamo portarci ogni cosa vicino a noi, dobbiamo acquisirla, dobbiamo fare qualcosa per portarla incontro a noi. In questo mondo fisico, imbatterci in una rosa ci allieta; sul piano spirituale non andrebbe così, nulla di simile a una rosa fisica ci si presenterebbe se non ci sforzassimo di entrare in determinate regioni spirituali, per avvicinare a noi le cose.

 

Proprio quello che noi facciamo qui nell’agire, dobbiamo farlo nello spirituale per il conoscere.

E viceversa, quel che ha da succedere tramite noi lo dobbiamo attendere nella quiete

e soltanto l’affacciarsi, per così dire, del mondo spirituale in quello fisico,

cioè le più elevate attività degli uomini, formano un’immagine degli accadimenti del mondo spirituale.

 

Per questo è necessario che chi voglia comprendere con la sua anima

le verità che devono giungere tramite la scienza dello spirito, sviluppi sempre più due qualità:

• l’amore per la vita spirituale, che lo conduce all’attivo avvicinare a sé il mondo spirituale,

e questo è il modo più sicuro per metterci in condizione sempre di nuovo di avvicinare a noi le cose;

• e la calma, la quiete dell’animo, una calma che non vuole in modo vanesio e ambizioso guadagnarsi un risultato,

ma che vuole accogliere la grazia, che sa attendere l’ispirazione.

 

Di fatto, questo attendere è difficile.

• Però, un pensiero che noi sempre di nuovo potessimo avere nella nostra anima,

questo potrebbe farci superare molte cose.

• Questo pensiero è difficile da afferrare, perché va molto contro la nostra vanità.

Il pensiero è che, nella compagine del mondo,

è indifferente se qualcosa accade attraverso di noi oppure tramite un altro uomo.

• Questo non ci deve impedire di fare tutto quello che spetta a noi di compiere,

non ci deve distogliere dai nostri obblighi, ci deve invece trattenere dal fare e brigare.

 

Quanto piace a ogni persona il fatto di avere delle capacità, di essere capace di qualcosa.

Occorre una certa rassegnazione perché ci piaccia allo stesso modo il fatto che, e se, un altro riesca in qualcosa.

Non si dovrebbe avere amore per una cosa perché siamo noi a farla,

si dovrebbe invece amarla perché esiste nel mondo, indifferentemente se a mezzo nostro o per mezzo di altri.

Questo pensiero ci porta sicuramente all’altruismo, se lo pensiamo sempre di nuovo.

 

Tali disposizioni dell’animo sono necessarie per familiarizzarsi con il mondo spirituale, per non fare sempre solo ricerche, ma per comprendere anche quel che viene indagato. Questi stati d’animo sono molto più importanti delle visioni, che pure devono esserci, sono necessari appunto affinché noi possiamo dare un giudizio sulle visioni. Visioni: basta che pronunciamo questa parola e ognuno che se ne sia un po’ interessato sa cosa veramente s’intenda – ma

tutta la nostra vita dopo la morte, terminato il kamaloka, è in realtà un vivere in visioni.

 

Quando l’uomo è passato per la porta della morte, ha alle spalle il kamaloka ed entra nel vero e proprio mondo spirituale, vive in un mondo fatto interamente così: è come se egli fosse circondato da ogni lato unicamente da visioni, solo che queste visioni sono immagini di realtà.

E si può ben dire che, mentre percepiamo il mondo della realtà fisica tramite colori che l’occhio ci fa apparire d’incanto e tramite suoni che l’orecchio ci trasmette, noi percepiamo il mondo spirituale, anche quando siamo passati per la porta della morte, in forma di visioni entro le quali siamo intessuti. Volendo ora parlare in modo più approfondito di queste cose, dovrò dirne alcune in forma più discorsiva, che appaiono un po’ grottesche quando le si oda per la prima volta, ma che risultano proprio da una vera indagine spirituale.

 

Il kamaloka in sé, quando lo si descriva quanto al contenuto, si svolge come l’ho esposto nella mia “Teosofia”, ma lo si può caratterizzare anche in altro modo. Ci si può chiedere: una volta passato per la porta della morte, l’uomo dove si sente? E a questa domanda si può rispondere: e dov’è l’uomo durante il periodo del kamaloka? Persino con parole che sono da intendere fisicamente, si può esprimere lo spazio nel quale l’essere umano si trova durante la vita nel kamaloka.

Se vi immaginate lo spazio tra la Terra e la Luna, con l’uomo staccato dalla Terra ma pur sempre ancora nella zona tra la Terra e la Luna, in quello spazio a forma di sfera che appare quando si considera l’orbita lunare come l’anello più esterno, lontano dalla Terra ma in questa area – là sta l’uomo nel periodo del kamaloka.

Quando tale periodo è terminato, l’uomo esce da questa sfera ed entra nel vero e proprio spazio celeste. Come detto, sembra grottesco, e tuttavia è così. Anche in questa direzione, tramite una ricerca realmente coscienziosa, ci si accorge che queste cose sono opposte a quelle del nostro piano fisico. Siamo legati alla Terra dall’esterno, attorniati dall’elemento terreno e separati dalle sfere celesti; dopo la morte la Terra è lontana da noi e noi siamo insieme alle sfere celesti.

 

Finché siamo entro la sfera della Luna siamo nel kamaloka,

vale a dire che abbiamo il desiderio di essere ancora collegati alla Terra

e ne usciamo quando, per mezzo della vita nel kamaloka,

abbiamo imparato a rinunciare ad affetti, passioni e desideri.

 

Diversamente da come si è qui abituati, ci si deve ora immaginare il soggiorno nel mondo spirituale.

Là siamo dispiegati su tutto lo spazio, là ci sentiamo da ogni parte entro tutto lo spazio.

La vita qui, sia essa di un iniziato oppure di un uomo normale, dopo la morte è un sentirsi espandere nello spazio;

e dopo la morte, o da iniziati, si diventa tanto grandi da venir delimitati dall’orbita lunare come ora lo si è dalla pelle.

Sì, è così che stanno le cose.

 

E non serve a nulla esprimerle con parole che il tempo presente accetti più facilmente, perché così non le si esprime nel modo giusto. In una conferenza aperta al pubblico si devono tralasciare tali cose sconcertanti, ma con chi si occupa da più tempo di temi scientifico-spirituali è bene chiamare le cose con il loro nome.

Poi, dopo la vita nel kamaloka, ci espandiamo ancora di più, e questo dipende da certe qualità che ci siamo conquistati già qui. Per un lungo periodo del nostro sviluppo dopo la morte, il modo in cui riusciamo ad ampliarci fino alla sfera successiva dipende da ciò che sulla Terra abbiamo sviluppato come costituzione morale, concetti e sentimenti etici.

 

Si può dire che

l’uomo che ha sviluppato le qualità della compassione, dell’amore,

le quali comunemente si indicano come moralmente buone,

si ambienta nella sfera successiva così da poter fare conoscenza

con gli esseri che di solito si trovano in quella sferain modo da poter vivere insieme a loro.

Mentre l’uomo che porta con sé in questa sfera una morale manchevole, vive lì dentro come un eremita.

Questa è la migliore connotazione: che l’elemento morale ci prepara alla convivenza con il mondo spirituale.

 

Ciò che non è morale nel nostro cuore, come nel nostro pensare e nel comportamento sul piano fisico, ci condanna alla solitudine straziante nella quale abbiamo sempre la nostalgia di fare conoscenza con l’altro e non lo possiamo.

E da eremiti o da spiriti socievoli – il che nel mondo spirituale è una benedizione –

viviamo in una seconda sfera che nell’occultismo si è sempre chiamata la sfera di Mercurio.

 

Oggi nell’astronomia esteriore viene chiamata Venere. Ha avuto luogo notoriamente un’inversione dei nomi, come si è spesso già detto. L’uomo amplia il suo essere fino alla sfera di quella che oggi è la stella del mattino e della sera, mentre prima si era espanso solo fino alla Luna.

 

Ora si presenta qualcosa di singolare.

Fino alla sfera lunare siamo sempre ancora occupati con le situazioni terrene, ma anche oltrepassatala il rapporto con la Terra non è del tutto sgretolato, sappiamo ancor sempre tutto ciò che sulla Terra abbiamo fatto o abbiamo pensato; lo sappiamo, così come adesso possiamo ricordarci di qualcosa e, vedete, miei cari amici, di nuovo, è ben il ricordare, quel che ci tormenta!

Quando ancora viviamo sulla Terra e abbiamo fatto un torto oppure non abbiamo amato a sufficienza una persona che in realtà avremmo dovuto amare, sta a noi di scongiurare ancora le conseguenze: possiamo andare dalla persona e spiegarci con lei, o altre cose del genere. Dalla sfera di Mercurio in poi non è più così. Nel ricordo possiamo contemplare tutte le relazioni e queste restano anche, ma non possiamo più modificarle.

 

Supponiamo che sia morto prima di noi qualcuno che, in base alle relazioni sulla Terra avremmo in realtà dovuto amare, ma che non abbiamo amato abbastanza. Lo incontriamo – davvero dopo la morte noi incontriamo di nuovo le persone alle quali eravamo legati – ma lo incontriamo nel modo in cui ci eravamo trovati nei suoi riguardi e in un primo momento non possiamo cambiare la cosa.

In noi vive quindi un rimprovero per non averlo sufficientemente amato, ma a questo punto non possiamo più cambiare il nostro carattere così da riuscire ad amarlo un po’ di più ora. Rimane quello che abbiamo fondato sulla Terra, ma non possiamo più modificarlo. Proprio questo fatto, il fatto che noi allora entriamo nel giusto, immutabile percepire per quel che riguarda l’amore, mi venne incontro molto fortemente nelle ultime, più recenti ricerche di quest’estate, e attraverso cose del genere si diventa attenti a vari fattori che altrimenti sfuggono all’uomo; e anche di questo vorrei darvi per così dire una sensazione.

 

Tramite la conoscenza del mondo spirituale si viene dunque ad apprendere questo fatto singolare, per cui nella sfera di Mercurio si vive, come detto, con tutte le persone nelle relazioni di un tempo, che in un primo momento non si possono cambiare. Così si vive: guardando a ritroso e sviluppando quel che già si è sviluppato.

Ora, posso ben dire che nella vita mi sono occupato molto di Omero, ma un punto mi è diventato del tutto chiaro solo quando nell’indagine occulta mi è venuto incontro così potentemente ciò di cui ho parlato proprio ora: è il passo dove Omero chiama il regno del dopo morte “regno delle ombre”, nel quale non è possibile trasformare nulla. Si può interpretarlo secondo l’intelletto, ma si viene a conoscere ciò che l’artista vuol dire del mondo spirituale, come egli parli da profeta, quando nell’indagine spirituale si è fatta la scoperta in questione.

 

Così è per ogni vero artista, egli non ha affatto bisogno di sapere nel suo pensiero di tutti i giorni quello che gli affluisce per ispirazione. E ciò che l’umanità ha ricevuto nel corso dei secoli, grazie ai suoi artisti, non sbiadirà a causa della diffusione del movimento spirituale, bensì verrà sempre più approfondito, e sicuramente gli uomini cominceranno a fare luce sui loro veri artisti, se tramite la ricerca occulta entreranno nel mondo spirituale, in quel mondo dal quale gli artisti sono ispirati. Senza dubbio quelli che spesso in un’epoca sono reputati artisti, ma non lo sono, non conseguiranno una luce del genere. Alcune stature mediocri verranno allora riconosciute per il fatto di non avere niente di ispirato dal mondo spirituale.

 

La sfera successiva nell’occultismo si può chiamare sfera di Venere. Lì ampliamo il nostro essere fino a Mercurio, che occultamente viene detto Venere; fin lì noi estendiamo il nostro essere. In questa sfera, di nuovo, qualcosa influisce molto sull’uomo e ciò ha nuovamente un influsso tale per cui chi lo possiede diventa uno spirito socievole e colui che non lo possiede diviene uno spirito isolato. È terribilmente straziante la mancanza di questo qualcosa: si tratta dell’aspetto religioso.

 

• Quanto più abbiamo fatto nostra una disposizione d’animo religiosa,

tanto più in questa sfera diveniamo spiriti socievoli.

• Persone alle quali difetti la disposizione d’animo religiosa si isolano, come esseri

che per così dire non possono mai oltrepassare una certa scorza, o involucro, che si stende intorno a loro.

 

Incontriamo, diciamo così, i nostri amici, nonostante siano eremiti, ma non ci è possibile avvicinarci a loro: ci sentiamo sempre come se dovessimo rompere un involucro attraverso il quale però non riusciamo ad aprire un varco. Se non abbiamo un’interiorità religiosa, sentiamo freddo, per così dire, nella sfera di Venere.

Giunge poi una sfera: per quanto suoni strano, quando l’uomo vi si ambienta, e lo fa ognuno dopo la morte, si sente ampliato fino al nostro Sole. Tra non molto tempo, riguardo ai corpi celesti, si penserà in modo diverso da come presume l’odierna astronomia. Noi stessi siamo legati a questo Sole, e tra la morte e una nuova nascita giunge proprio un periodo nel quale diveniamo esseri solari. Ora però è necessario qualcosa d’altro.

 

• Per la prima sfera – Mercurio –  è necessaria la vita etica,

• per la sfera di Venere la vita religiosa,

• per la sfera del Sole è necessario che noi conosciamo veramente la natura e l’essenza degli spiriti solari,

soprattutto del principale spirito solare, Cristo.

È necessario che abbiamo creato un rapporto con lui sulla Terra.

 

Circa questa relazione diciamo che, quando gli uomini ancora possedevano l’antica chiaroveggenza, trovavano tale collegamento entrandovi a vivere per mezzo dell’antica grazia divina; poi questa sparì e venne il mistero del Golgota, con la preparazione tramite l’Antico Testamento, allo scopo di rendere comprensibile agli uomini l’essere solare.

Oggi non basta più l’antico modo in cui, a partire dal mistero del Golgota, gli uomini hanno cercato più ingenuamente di elevarsi al Cristo; oggi la scienza dello spirito dovrebbe rendere comprensibile il mondo dal punto di vista di un essere solare. La prima volta in cui ciò fu giustamente inteso fu nel medioevo, quando in Europa ebbe origine la saga del Graal nel suo vero e più profondo significato. Mediante la comprensione di ciò che viene nuovamente dato tramite il movimento spirituale, viene conquistato proprio quello che è stato portato dall’elevato spirito del Sole, il Cristo, il quale è disceso ed è ora divenuto lo spirito della Terra attraverso il mistero del Golgota.

 

L’impulso che è stato dato per mezzo del mistero del Golgota

è atto a congiungere nella pace tutte le confessioni religiose su tutto l’orbe terrestre.

Questa resta l’esigenza primaria della scienza dello spirito,

di trattare ogni religione con la stessa dedizione, senza dare, per una qualche ragione esteriore, la preferenza ad alcuna.

 

Se alla nostra corrente venisse, ad esempio, rimproverato che poniamo il mistero del Golgota al centro dell’evoluzione del mondo e che ciò sarebbe un dare la preferenza alla religione cristiana, si tratterebbe di un rimprovero del tutto ingiusto. Intendiamoci una buona volta su come stanno le cose con una critica del genere.

Se un buddista o un bramano venisse da noi e ce la muovesse, gli risponderemmo: ha importanza quel che sta scritto nei testi religiosi? Ed è discriminare una religione, se non si rifiuta tutto quello che non c’è in quei libri? Non può ogni buddista, senza smettere di essere buddista, accogliere la concezione del mondo copernicana? Questa concezione è un progresso dell’umanità tutta.

E altrettanto la conoscenza del fatto che il mistero del Golgota sta al centro dell’evoluzione del mondo

è un progresso di tutta l’evoluzione dell’umanità, che negli antichi testi ci sia oppure no.

E se la religione cinese o buddista pretendesse che noi non la pensassimo così sarebbe come se, da parte di queste religioni, venisse vietato all’intera Europa di accogliere la concezione copernicana, perché non è contenuta nei loro libri. Ma proprio questa comprensione del mistero del Golgota – quando si riconosca cosa lì è avvenuto – è ciò che fa di noi uno spirito socievole dopo la morte, nella sfera solare.

 

In genere è così: nel momento in cui usciamo oltre la Luna, subentra qualcosa che adesso possiamo qualificare anche interiormente, spiritualmente – lì noi siamo circondati da visioni. Se dopo la morte incontriamo un amico defunto si tratta di una visione, però è proprio lui, e vive entro questa realtà; sono tuttavia visioni, che si costruiscono sul ricordo di quello che abbiamo fatto qui.

Più tardi, fuori dalla sfera della Luna, è certo ancora così, però allora risplendendo ci si avvicinano gli esseri spirituali delle gerarchie superiori. È come se sorgesse il sole e tingesse d’oro le nubi. Così è nella sfera solare.

Nella sfera di Mercurio anche le gerarchie spirituali, però, veniamo a conoscerle solo se siamo colmati da una disposizione religiosa, e nella sfera del Sole unicamente se siamo pieni di un’intonazione dell’animo jahvetico-cristiana.

È allora che le entità spirituali esterne ci si avvicinano. Di nuovo si tratta di qualcosa di molto singolare e quello che ho detto risulta da obiettiva indagine occulta: l’uomo, oltrepassata la Luna, è come una nube intessuta di spirito e non appena giunge in Mercurio viene illuminato da entità spirituali.

Per questo i greci hanno chiamato Mercurio “il messaggero degli dei”, perché in questa sfera elevate entità spirituali illuminano l’uomo. Sono queste le grandi e possenti impressioni che riceviamo quando, partendo dall’ambito della ricerca occulta, sviluppiamo ciò che l’umanità ha creato, ciò che è dato in veste di arte, di mito.

Così noi viviamo entro la sfera solare compenetrati da Cristo.

Poi continuiamo a vivere ed entriamo in una regione nella quale abbiamo il Sole al di sotto di noi, come prima avevamo avuto la Terra sotto di noi. Cominciamo a riguardare indietro al Sole e allora inizia qualcosa di molto particolare. In quel momento si mostra che iniziamo a riconoscere in un modo singolare un altro spirito, lo spirito di Lucifero.

Che cosa sia Lucifero non lo intuiamo nella pura e semplice vita dopo la morte, se non lo abbiamo prima già scorto per mezzo della scienza occulta o dell’iniziazione. Solo quando siamo arrivati al di là della sfera solare lo veniamo a conoscere così come egli era prima di diventare Lucifero, quando ancora era fratello di Cristo. Il fatto che sia cambiato, infatti, è subentrato soltanto nel periodo in cui Lucifero rimase indietro e si staccò dal progresso del cosmo. E quel che egli può fare di male si estende soltanto fino al Sole.

Più oltre c’è ancora una sfera in cui Lucifero può svolgere la propria attività, così come essa era prima della sua separazione. Lì non c’è niente di dannoso in quello che esplica e, se noi ci siamo resi affini nel giusto modo al mistero del Golgota, usciamo nel modo giusto, guidati da Cristo, presi in consegna da Lucifero, nelle sfere ancora più lontane dell’universo. Il nome Lucifero è scelto bene, come in genere gli antichi sceglievano nomi saggi.

Quando abbiamo il Sole al di sotto di noi, anche la luce solare è di sotto. Per questo abbiamo allora bisogno di un nuovo portatore di luce, che ci faccia luce fuori nello spazio cosmico.

 

Giungiamo poi nella sfera di Marte. Finché eravamo sotto il sole, guardavamo fuori ad esso; ora il sole si trova sotto di noi e noi guardiamo fuori alle ampiezze cosmiche. E avvertiamo questo vasto spazio cosmico per mezzo di una cosa, di cui sempre si parla ma è così poco compresa, in senso vero e proprio tramite la musica delle sfere, tramite una specie di musica spirituale.

Le visioni nelle quali siamo immersi hanno allora sempre meno significato, mentre ne acquista sempre più ciò che spiritualmente udiamo, che percepiamo acusticamente. Allora i corpi cosmici non ci appaiono così che possiamo misurare, come fanno gli astronomi terreni, se uno va più veloce o più lento: è l’accordo, più veloce o più lento, che produce il risuonare dell’armonia cosmica. E quel che l’uomo vi sperimenta interiormente è il sentire sempre più che l’unica cosa che gli rimane, in questa regione, è quanto di spirituale egli ha accolto sulla Terra. Grazie a ciò egli esplica il suo connubio con gli esseri di questa sfera, resta uno spirito socievole.

 

Gli uomini che oggi si chiudono allo spirituale – nonostante l’elemento morale, nonostante la vita religiosa –

nemmeno ci finiscono nel mondo spirituale. E non ci si può fare niente.

Naturalmente è senz’altro possibile che tali persone vi giungano nella prossima incarnazione.

Tutti quelli che hanno una disposizione materialistica

diventano eremiti quando, oltrepassato il Sole, giungono nella sfera di Marte.

Non va diversamente.

 

Per quanto a qualcuno possa forse sembrare strambo, è proprio vero: la lega dei monisti al completo non potrà continuare ad esistere una volta che i suoi aderenti siano giunti nella sfera del Sole – non vi si potranno radunare, perché ognuno sarà un eremita.

Su Marte, l’uomo che qui sulla terra abbia conseguito un intendimento spirituale farà ancora un’altra esperienza. E, dal momento che oggi parliamo fra di noi, si può dire anche quello che segue.

Proprio all’interno della nostra concezione del mondo, come noi la esplichiamo in occidente quale scienza dello spirito, può venir chiesto: cosa è accaduto di uno spirito come quello del Buddha dopo la sua ultima incarnazione sulla Terra?

 

Ho già spesso indicato come il Buddha abbia attraversato l’ultima incarnazione, col nome di Gautama, seicento anni prima di Cristo. Se avete seguito bene le mie conferenze, saprete che egli ha operato ancora una volta soltanto spiritualmente – in quanto Buddha non aveva più bisogno di incarnarsi – ha agito alla nascita del bambino Gesù di Luca. Ha influito spiritualmente sulla Terra, da sfere superiori; ma lui dov’è? Ho accennato in Svezia, a Norrkoeping, a un intervento ancora successivo del Buddha sulla Terra.

C’era nell’ottavo secolo un luogo iniziatico in Europa, sul Mar Nero.

Lì il Buddha viveva spiritualmente in un discepolo,

e cioè nel discepolo che più tardi divenne Francesco d’Assisi.

 

Nella precedente incarnazione dell’ottavo secolo, questi era dunque discepolo del Buddha e aveva accolto tutte le qualità per agire nel modo singolare in cui agì come Francesco d’Assisi. In molte cose non si riesce a distinguere la sua comunità dai seguaci del Buddha, salvo che per il fatto che gli uni erano seguaci del Buddha e gli altri erano cristiani. Questa fu una conseguenza del suo essere stato, nella vita precedente, discepolo di Buddha, del Buddha spirituale. –

 

Ma dov’è il Buddha stesso, colui che visse come Gautama?

Egli è divenuto per Marte quello che Cristo è divenuto per la Terra,

ha compiuto per Marte una specie di mistero del Golgota,

la specifica redenzione della popolazione di Marte l’ha attuata il Buddha; egli abita là, in mezzo a loro.

E per lui la giusta preparazione per redimere la gente di Marte

fu proprio la sua vita terrestre, anche se questa sua redenzione

non fu come il mistero del Golgota, ma qualcosa di diverso.

 

Spiritualmente invece l’uomo dimora nella sfera di Marte nel periodo che dicevamo, e poi di nuovo vive più oltre, si ambienta nella sfera di Giove. In questa sfera il legame con la Terra, che prima esisteva ancora un poco, diventa per l’uomo ormai del tutto privo di significato; dal Sole questo legame influiva ancora un po’ sull’essere umano, ora invece influisce possentemente su di lui il cosmo.

La cosa si presenta in questo modo: tutto agisce arrivando dall’esterno e l’uomo assorbe elementi cosmici. Il cosmo intero opera proprio tramite l’armonia delle sfere, che assume forme sempre diverse quanto più andiamo avanti nell’indagine della vita tra la morte e una nuova nascita. Questa vita, questo trasformarsi dell’armonia delle sfere è difficile da caratterizzare.

 

Dal momento che non si riescono a esprimere queste cose con parole terrene, ci si potrebbe servire di un paragone: passando da Marte a Giove, la musica delle sfere si trasforma così come, si può solo dire così, l’elemento orchestrale diviene musica cantata. Diventa sempre più un tono, diviene ciò che al contempo permea il tono come elemento pieno di significato, espressivo del proprio essere.

Quando ci rechiamo nella sfera di Giove, la musica delle sfere riceve contenuto e in seguito, nella sfera di Saturno, diventa completamente contenuto. Essa diviene espressione della parola cosmica dalla quale sono state create tutte le cose, nel senso del Vangelo di Giovanni: “In principio era la Parola”. Questa Parola è un risuonar dentro della regolarità delle leggi cosmiche e della sapienza cosmica.

 

Poi l’essere umano, quando è pronto, va in sfere ancora più lontane – l’uomo spirituale più lontano, quello non spirituale meno lontano -, ma passa ad uno stato completamente diverso da quello in cui si trovava prima.

Volendo caratterizzare questa successiva condizione, si dovrebbe dire che da lì in poi, quando l’uomo ha oltrepassato Saturno, ha inizio un sonno spirituale, mentre la realtà precedente era uno spirituale esser desti. A partire da ora la coscienza si smorza, subentra uno stordimento e l’essere stordito ora permette all’uomo di sperimentare altre cose rispetto a quelle che ha sperimentato prima.

 

Proprio come nel sonno noi eliminiamo la stanchezza e ci riforniamo di forze nuove,

così allora, grazie allo smorzarsi della coscienza,

quando siamo diventati per così dire un globo spirituale molto, molto esteso,

allora sopravviene un affluire di forze spirituali del cosmo.

• Prima lo abbiamo presagito,

• poi lo abbiamo udito come orchestra cosmica,

• poi ha cantato,

• quindi l’abbiamo sentito come parola,

• infine ci addormentiamo ed esso ci compenetra.

 

Durante quest’ultimo periodo, noi torniamo indietro attraversando tutte le sfere con la coscienza smorzata. Essa diventa sempre più ottusa, noi ci contraiamo, lentamente o velocemente a seconda del nostro karma, e durante questo contrarsi ricompaiono le forze che provengono dal sistema solare. Di sfera in sfera retrocediamo.

 

Quando ritorniamo dal cosmo non siamo ricettivi nei riguardi della sfera lunare, la attraversiamo senza venirne, diciamo, né toccati né impediti, e infine ci contraiamo e ci restringiamo, in modo da poterci unire con il piccolo embrione umano, che allora attraversa il suo sviluppo prenatale. E tutta la fisiologia e l’embriologia non conterranno alcunché di vero, se questo non perviene loro dalla ricerca occulta, da tali fatti. Perché il germe dell’uomo è un’immagine del grande cosmo, porta in sé il cosmo intero. Quello che avviene dal lato materiale tra il concepimento e la nascita e si plasma come essere umano, ma anche ciò che l’uomo ha attraversato nel sonno cosmico – egli lo porta in sé come forza nello stato germinale.

 

Qui sfioriamo un mistero meraviglioso, che in fondo nel nostro tempo hanno adombrato o mostrato solo gli artisti, ma ora dovrà venir compreso anche meglio – intendiamo la questione di Tristano, come ciò che in essa vive, l’atmosfera animica di Tristano. Essa verrà meglio compresa quando sentiremo affluire, nell’amore di Tristano e Isotta, l’intera realtà cosmica che veniamo a conoscere nel suo vero aspetto, appunto, percorrendo tutta l’evoluzione dell’uomo dalla morte verso una nuova nascita.

 

Quello che viene fatto entrare dal cosmo, che viene immesso da Saturno, agisce sugli amanti che vengono fatti incontrare. Alcune cose vengono fatte diventare un evento cosmico, solo che quel che congiunge nella realtà l’essere umano al cosmo intero non va analizzato intellettualmente, si deve piuttosto sentirlo. Per questo motivo la scienza dello spirito certamente porterà l’umanità a sviluppare una devozione nuova, che è una vera e genuina religiosità, col presentare come sorto dal cosmo ciò che spesso si manifesta come la cosa più insignificante.

Quello che vive nel cuore umano

impariamo a collegarlo nella giusta e saggia forma alla sua origine se lo guardiamo in relazione al cosmo.

Così ciò che proviene dalla scienza dello spirito può riversare un’atmosfera veramente nuova su tutta quanta la vita, sull’intera umanità, che deve giungere a ciò. Gli artisti l’hanno preparata, ma la reale comprensione deve venir più volte creata anzitutto mediante una disposizione d’ animo spirituale.

 

Questi sono alcuni accenni che volevo appunto darvi, sulla base di nuove e approfondite indagini sulla vita dell’uomo tra la morte e una nuova nascita.

Veramente nella scienza dello spirito non c’è nulla che al contempo non ci tocchi nelle nostre più profonde sensazioni, nel nostro più profondo sentimento; nulla rimane rappresentazione astratta, se lo cogliamo nel giusto modo e lo comprendiamo. Il fiore ci allieta di più quando lo guardiamo che non quando il botanico lo sfibra. Il lontano mondo delle stelle può sviluppare in noi un sentimento di presagio, ma ci si dischiude quello che in esso vivendo si esplica, solo quando con l’anima sappiamo elevarci fuori, nelle sfere. La pianta ci rimette, quando viene sfibrata; il mondo delle stelle non perde nulla quando noi ne usciamo oltrepassandolo e riconosciamo come lo spirito sia ad esso legato.

 

Kant ha detto delle parole singolari, ma solo da uomo che ha compreso l’etica unilateralmente: due cose in particolare lo commuovevano, il cielo stellato sopra di lui e il mondo morale in lui. In realtà sono entrambe la stessa cosa, e le assumiamo in noi soltanto dai mondi celesti.

 

Se possediamo qualcosa di morale, se con esso nasciamo,

è per il fatto che nell’addormentarci, nel percorso di ritorno, la sfera di Mercurio ha potuto dare molto,

e così la sfera di Venere se ci presentiamo con sentimenti religiosi.

• Come qui nella vita fisica al mattino ci risvegliamo rinvigoriti, con forze rinate,

così nasciamo con ciò che il cosmo ci ha dato come forza corroborante;

lo possiamo assumere a seconda del nostro karma.

 

Nella misura in cui il karma lo permette, il cosmo ci può dare le forze

così che nasciamo avendole come predisposizioni.

 

Dunque la vita tra morte e nuova nascita si divide in due parti.

• All’inizio essa non varia: prima saliamo a vivere lassù, degli esseri ci si avvicinano, entriamo nel sonno.

• A questo punto essa varia ed entrano in noi le forze con le quali nasceremo.

 

Se guardiamo in questo modo all’evoluzione dell’uomo,

vediamo allora al contempo che l’essere umano, nell’evolversi dopo la morte, vive dapprima in un mondo di visioni.

Quel che l’uomo è animicamente e spiritualmente, impara a conoscerlo più tardi.

Giungono allora da fuori gli esseri a illuminarci,

così come al mattino la luce dorata del sole illumina le cose del mondo esterno.

Così noi ci eleviamo, così il mondo spirituale irrompe in noi.

 

Questo elevarsi a partire dall’esterno nel mondo spirituale si manifesta allora in primo luogo quando è diventato completamente maturo quello che noi stessi siamo nel nostro mondo di visioni, quando noi come “essere umano” incontriamo gli esseri del mondo spirituale, che da tutte le parti arrivano a noi come raggi.

 

Trasferitevi ora nel mondo spirituale come se poteste stare a guardare. Lì l’uomo sale come una nuvola-visione, egli è allora davvero quello che realmente è. Poi gli si avvicinano gli esseri e lo illuminano dal di fuori. Al buio, voi non vedete una rosa; ma se accendete la luce, essa la colpisce e per questo vediamo la rosa così com’è. È lo stesso quando l’uomo si reca fuori nel mondo spirituale: gli arriva la luce degli esseri spirituali.

 

Vi è però un momento nel quale l’uomo è molto chiaramente visibile, quando è rischiarato dalla luce delle gerarchie in modo tale da riflettere davvero tutto il mondo esterno. E allora il cosmo intero appare effettivamente riflesso dall’uomo.

Potete quindi immaginarvi: dapprima continuate a vivere come una nuvola che non è illuminata a sufficienza, poi riflettete la luce del cosmo e in seguito vi dissolvete. C’è un momento del genere, nel quale l’uomo riflette la luce cosmica. Fino a quel punto ci si può innalzare.

 

Dante nella sua “Divina Commedia” dice

che in una certa parte del mondo spirituale si vede Dio come essere umano.

Questo passo è da intendersi in senso reale, non lo si può proprio comprendere in altro modo.

 

Lo si può prendere come una cosa bella come fanno gli esteti, ma non si riesce a comprenderlo nell’intimo contenuto. Di nuovo questo è un caso nel quale vediamo rispecchiato il mondo spirituale nelle opere degli artisti; così anche soprattutto nelle opere dei grandi musicisti degli ultimi tempi, come Beethoven, Wagner, Bruckner. Ora, a qualcuno potrà succedere quel che è successo a me qualche giorno fa, quando ho davvero opposto resistenza a una conoscenza, perché è troppo sorprendente.

 

A Firenze ci sono le Cappelle Medicee nelle quali Michelangelo ha creato i due monumenti ai Medici e quattro figure allegoriche, il Giorno e la Notte, l’Aurora e il Crepuscolo. Si parla spesso di fredda allegoria, ma se si guardano le quattro figure, allora appare ben altro che fredda allegoria. C’è lì una figura, la Notte. Vedete, che con la ricerca in questo campo le cose non funzionino particolarmente bene mi si è già mostrato per un fatto: si trova ovunque che, dei due monumenti medicei di Lorenzo e di Giuliano, Lorenzo viene ritenuto quello riflessivo. Ma dal punto di vista occulto mi si è presentato che è proprio il contrario, perché quello che gli storici chiamano Lorenzo è Giuliano, e viceversa. Ciò si potrà dimostrare anche storicamente dal carattere delle due personalità. I monumenti si trovano su piedistalli, nel corso del tempo per l’appunto è probabile che abbia avuto luogo uno scambio. Non volevo parlare proprio di questo, volevo soltanto far notare che le cose nella ricerca esteriore zoppicano un po’.

 

Con una delle figure, quella che viene denominata la Notte, si possono per l’appunto fare studi veramente artistici: come sono i gesti, com’è la posizione del corpo in riposo, la testa poggiata sulla mano, il braccio sulla gamba, in che modo è messo. – Se dunque si studia ogni cosa in modo artistico, si può poi riassumere il tutto dicendo che se si dovesse raffigurare il corpo eterico nel momento in cui è particolarmente attivo nell’uomo, dovrebbe allora venir rappresentato in questo modo. È questo che si esprime nel gesto, nell’aspetto esteriore, quando l’uomo riposa. Quando l’uomo dorme il corpo eterico è massimamente attivo. Nella Notte Michelangelo ha creato la postura più giusta, il modo in cui giace la figura è espressione efficace del corpo eterico in attività, del corpo vitale.

 

Quando si passa al Giorno, che sta dall’altro lato, questo è l’espressione più adeguata per l’Io,

la figura dell’Aurora per il corpo astrale,

quella del Crepuscolo per il corpo fisico.

Queste non sono allegorie, bensì verità acquisite dalla vita, lì eternate con immane e significativa profondità artistica.

 

Ero sulla difensiva rispetto a questa conoscenza, ma quanto più precisamente ho studiato, tanto più chiara mi è diventata. Ora non mi stupisco più di una leggenda sorta un tempo a Firenze, ove si diceva che Michelangelo avesse potere sulla Notte: quando egli si trovava solo con lei nella cappella, essa si alzava e se ne andava in giro. Se la Notte è espressione del corpo eterico, non c’è da meravigliarsi. Con ciò volevo soltanto dire come tutto diventi chiaro ed evidente quando impariamo sempre più a considerare ogni cosa dal punto di vista dell’occultismo.

È quando l’uomo sta di fronte all’uomo, così da presupporre e presagire la realtà celata sul piano occulto, che però si contribuisce massimamente allo sviluppo della vita spirituale e della civiltà. Allora verrà acquisito il giusto rapporto tra uomo e uomo e l’amore prenderà dimora nell’anima umana, nella forma in cui esso è davvero genuinamente umano.

Dove l’uomo sta di fronte all’uomo così che l’uomo è, per l’uomo, un sacro enigma. Solo comportandosi così si coltiva quella che è la giusta relazione di amore fra gli esseri umani.

Così la scienza dello spirito sarà ciò che non ha bisogno di sottolineare continuamente la cura esteriore dell’amore umano universale, e invece concepirà questo amore umano nella vita dell’anima dell’uomo, grazie ad una giusta e autentica conoscenza.

 

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 Michelangelo – La Notte. Cappelle Medicee, Firenze