La seconda Beatitudine come formula della conoscenza ispirata

Il figlio dell’uomo


 

L’atto mediante cui l’anima giunge ad oltrepassare il punto-zero, e che conduce all’intuizione,

è preceduto dalla creazione del vuoto interiore.

 

Gli sforzi e le prove necessarie per formare quel vuoto, costituiscono la disciplina della coscienza ispirata, resa possibile all’uomo grazie al corpo eterico. Le esperienze di carattere morale e spirituale che l’uomo può compiere tramite il corpo eterico, attraversano sia l’intero corso della storia spirituale dell’umanità, che gli eventi interiori dell’iniziazione, parallelamente alle esperienze acquisibili mediante la scuola del corpo fisico.

 

Per comprendere lo speciale tipo di karma umano – e le relative esperienze di disciplina spirituale – connesso con il corpo eterico, dobbiamo dapprima considerare la caratteristica principale del corpo eterico stesso, che esso cioè, per intrinseca natura, non è un corpo spaziale, ma un corpo temporale.

 

Il corpo eterico

non è solo il portatore della memoria,

ma è la realtà del passato che vive nell’uomo.

 

La saggezza che si rivela nella regolazione dei processi organici dovuta all’attività del corpo eterico, è il passato tuttora vivente del periodo dell’antico Sole, durante il quale il corpo eterico fu emanato dagli Spiriti della saggezza (Kyriotetes).

Il suo interiore sistema motorio è il ricordo vivente dell’attività degli Spiriti del movimento (Dynameis), durante il periodo dell’antica Luna.

La respirazione, infine, attivata dal corpo eterico, è il persistere del passato terrestre, in cui gli Spiriti della forma (Elohim) impressero nell’uomo la loro azione.

 

Tanto il passato precedente la caduta dell’uomo, quanto quello ad essa successivo, vivono nel corpo eterico.

Il corpo eterico è un libro in cui tutto il passato è racchiuso e può esservi letto.

 

Quando sia l’Io che il corpo astrale dell’uomo sono forti abbastanza, non solo per immergersi nel corpo eterico, ma anche per percepirlo interiormente, da questa percezione sorge a poco a poco il sentimento: una volta eri diverso da quello che sei oggi. Diviene allora sempre più chiara e netta la coscienza dell’invecchiamento, indurimento ed oscuramento occorsi alla sfera vitale dell’uomo in seguito alla caduta, e agli sviluppi successivi.

 

Dalla percezione interiore del corpo eterico

sorge una consapevolezza di ciò che nel presente manca all’uomo,

che egli un tempo possedeva e ora ha perduto.

 

Questa consapevolezza diventa un’impronta tragica dell’anima umana, la quale ora, non in via teorica, ma per esperienza, sa di essere soggetta al deperire. In tal modo l’uomo che prende coscienza del proprio corpo eterico dal lato interiore, diviene un ‘afflitto’.

Quest’afflizione dell’anima è però il presupposto necessario per conoscere e sperimentare, sulla via del karma positivo dell’umanità, quel lato del mistero del Cristo, che può accostarsi agli uomini sotto forma di consolazione.

La seconda Beatitudine del Sermone della montagna esprime tale realtà con le seguenti parole: “Beati gli afflitti, poiché saranno consolati” (Mt 5:4).

 

La condizione basilare per il sorgere di una conoscenza sulla via dell’ispirazione

è la percezione di qualcosa che ci manca,

con lo stato d’animo che ne risulta, equivalente a quello dell’essere afflitto.

Quest’afflizione dell’anima è lo stimolo interiore dell’ispirazione.

 

Quando, grazie al corpo eterico, l’anima diviene consapevole di ciò che le manca, essa ha compiuto il primo passo verso l’ispirazione. L’ultimo è il ricolmarsi dello ‘spazio vuoto’ formatosi nella coscienza, ossia la ‘consolazione’ che giunge all’afflitto.

In questo senso, ogni ispirazione consola, poiché è la conseguenza di uno stato di afflizione, nonché del suo superamento. Il dolore dell’anima è necessario, non in quanto fine a se stesso, ma in quanto diviene organo dell’ispirazione. Diviene tale quando l’anima accetta il dolore con calma equanime, e trova in sé la forza silenziosa per ascoltare, tramite esso e al di là di esso, il vuoto della perdita che ha provocato il dolore.

 

Questo ascoltare è simile al processo dell’inspirazione: si è costretti a inspirare dopo avere espirato, e i polmoni sono vuoti d’aria. Il termine ispirazione è quindi assai appropriato. Esso indica di fatto l’essenza del processo al quale si riferisce. L’anima deve avere prima sperimentato un vuoto, una perdita, per poter immettere nel mondo spirituale l’attività ‘inspirante’, in senso morale, frutto dell’ascolto attivo.

 

Una tale attività, che è propriamente la domanda essenziale dell’anima, originata dal dolore e posta al mondo spirituale, può, per la sua stessa natura, essere udita dal mondo spirituale. Alla domanda dell’uomo, udibile per il mondo spirituale, segue una risposta del mondo spirituale, udibile per l’uomo. In tal modo sorge la conoscenza ispirata. Essa è essenzialmente un dialogo tra l’uomo e il mondo spirituale. Ciò che conta è che l’uomo impari a chiedere, a chiedere in modo tale che le sue domande risuonino anche nel mondo spirituale.

La serietà, però, che deve essere alla base di una tale domanda, non può scaturire altrimenti che dal dolore. L’anima appagata e priva di dolore non è assolutamente in grado di conferire a una domanda la serietà necessaria ad instaurare un dialogo con il mondo spirituale. La consolazione offerta dalla conoscenza ispirata è quindi riservata solamente a coloro che ne sono bisognosi. Gli afflitti saranno consolati, non i soddisfatti, come è detto espressamente nella seconda Beatitudine.

 

Consideriamo ora con maggiore precisione l’intera genesi della conoscenza ispirata.

Dobbiamo distinguere due correnti di esperienza che, confluendo, rendono possibile questa forma del conoscere.

• Una delle due correnti viene prodotta in seguito alla percezione interiore del corpo eterico, quale portatore della memoria. Essa può comparire sotto molteplici forme, poiché in quest’ambito la molteplicità non è minore che in quello dell’usuale conoscenza concettuale, limitata all’esperienza esteriore dei sensi.

 

Il pensiero logico è uguale per tutti gli uomini, ma come sono diversi i risultati provenienti dall’uso che se ne fa! Un uomo ha una vita di pensiero ricca, con ampie vedute sulla natura e sulla vita umana; un altro al contrario ragiona in base a poche formule, in cui ripone una fede cieca e da cui non si discosta minimamente. Allo stesso modo si differenziano le conoscenze che sorgono sulla via dell’ispirazione. Come sulla via delle conclusioni logiche si possono ottenere pensieri ampi e significativi ed altri meno significativi, allo stesso modo vi sono grandi e importanti ispirazioni accanto ad altre di minore importanza per l’umanità.

 

Così la percezione interiore, l’intima lettura del libro del corpo eterico, può produrre risultati molto diversi:

• può gettare luce su grandi quesiti relativi alla storia dell’umanità,

• o illustrare lo svolgimento di singoli destini.

 

Se, tramite il corpo astrale, l’Io ha avuto una percezione interiore del corpo eterico, allora si è destata nell’anima una nostalgia, una domanda dolorosa, che dà adito all’altra corrente di esperienza.

 

• Questa seconda corrente del conoscere risulta dal fatto

che l’Io entra in rapporto con il mondo spirituale tramite il corpo astrale

e imprime nella memoria del corpo eterico le comunicazioni del mondo spirituale stesso.

Questa corrente che l’Io fa discendere mediante il corpo astrale, è la consolazione del mondo spirituale.

Il suo congiungersi con l’altra che l’Io ha fatto ascendere dal corpo eterico,

è la condizione di una sicura e compiuta conoscenza ispirata.

 

Nella conoscenza ispirata, qual è conseguibile sulla via cristiana della conoscenza,

si incontrano due correnti fluenti in direzioni opposte:

• la corrente che porta alla luce le osservazioni fatte nel corpo eterico e le imprime nel corpo astrale,

• e quella che trae le osservazioni fatte dal corpo astrale nel mondo spirituale e le imprime nel corpo eterico.

 

Queste due correnti, che nel loro odierno cooperare si presentano come una unità,

costituiscono le due vie dei misteri precristiani, che al loro tempo procedevano separate:

• la via dei misteri del Sud, fondata sull’osservazione interiore del corpo eterico,

• e quella dei misteri del Nord, fondati sull’osservazione del mondo spirituale oggettivo ad opera del corpo astrale.

 

Ciò che in passato compariva come due metodi distinti, due scuole in regioni differenti della Terra, è ora divenuto un’unità grazie all’azione del Cristo. In tal modo la conoscenza sul cammino cristiano di iniziazione è divenuta sicura ed autonoma. Infatti la conoscenza precristiana – proprio perché dimezzata – doveva essere integrata e resa sicura grazie alla cooperazione dei sacerdoti iniziati. Ciò che mancava al processo spirituale interiore della conoscenza doveva venire apportato dall’esterno, da altre persone.

Mentre il neofita dei misteri egiziani era immerso nel mondo delle percezioni interiori, i sacerdoti iniziati che lo circondavano, pronunciavano con forza suggestiva le formule e le parole della consolazione spirituale, ossia immettevano in lui dall’esterno quello che mancava alla sua esperienza, affinché egli avesse una conoscenza sicura e compiuta. Dunque nell’antico Egitto non era possibile una conoscenza spirituale autonoma, un’auto-iniziazione: l’iniziazione doveva essere provocata dall’esterno, con il concorso di altre persone.

Lo stesso vale per i misteri nordici dell’epoca pre-cristiana. L’iniziando era ugualmente circondato da sacerdoti iniziati, i quali supplivano a quella forza che egli stesso avrebbe posseduto, se avesse avuto la percezione interiore del corpo eterico.

 

Oggi la sicurezza e autonomia del principio cristiano di iniziazione sono garantite dal fatto che la conoscenza ispirata comprende entrambi gli ambiti dell’esperienza. Il consiglio e lo stimolo di un maestro possono essere anche oggi di inestimabile valore, ma le esperienze e le conoscenze si compiono in libera autonomia.

Questi due ambiti di percezione, che insieme producono l’odierna conoscenza ispirata, ossia l’ambito della ‘afflizione’ e quello della ‘consolazione’, vengono sperimentati in piena coscienza solo a un certo grado della via di conoscenza scientifico-spirituale. In modo parzialmente cosciente o anche incosciente vengono sperimentate da molti, nel corso del loro destino.

 

Vi sono così molti ‘afflitti’,

i quali ignorano che il dolore presente nella loro anima

sia dovuto ad una percezione interiore del corpo eterico,

e che le vedute confortanti alle quali sono condotte dal dolore,

siano dovute alle percezioni dell’Io nel mondo spirituale tramite il corpo astrale.

• In questo senso la realtà dell’ispirazione si esprime nel dramma dell’esperienza dell’anima,

in mutamenti del carattere interiore e del modo di sentire.

 

Gli uomini più sensibili saranno pertanto in grado di comprendere senza grandi difficoltà la verità del processo della conoscenza ispirata sopra descritto. Lo potranno però comprendere in una luce più alta e più santa, se riscontreranno lo stesso processo nel grandioso archetipo di ogni conoscenza ispirata cristiana: nell’evento della Pentecoste, in cui i discepoli del Cristo Gesù riconobbero il mistero cristiano in modo tale da divenirne annunziatori.

 

La rivelazione pentecostale fu una consolazione data ai discepoli,

dopo che questi erano passati per l’afflizione, in seguito alla dipartita del Maestro.

 

Rudolf Steiner parlò alcune volte dell’indicibile tristezza provata dai discepoli nel periodo tra l’Ascensione e la Pentecoste. Essa era tanto più profonda, in quanto seguita alla presa di coscienza suscitata dal ricordo del sonno di Getsemani, del tradimento e del rinnegamento avvenuti nella loro cerchia, dell’abbandono del Maestro. Questa presa di coscienza fece loro sentire ancora più intensamente l’insufficienza e l’inadeguatezza delle forze della loro anima di fronte al Risorto, che si era rivelato come l’archetipo, il modello della vera umanità. I discepoli sperimentarono la pura umanità adamitica sullo sfondo della conoscenza della loro attuale umanità, per sperimentare quindi, nel periodo tra l’Ascensione e la Pentecoste, il silenzio, la desolazione e la tenebra di una totale solitudine, quali afflitti dell’umanità innocente e redenta. La desolazione interiore che precedette la rivelazione di Pentecoste, fu la condizione del suo compiersi. Questa dovette infatti colmare la desolazione, portare conforto al dolore, dare risposta alle domande sorte da esso.

 

Si dischiuse allora nell’interiorità dei discepoli la verità del vecchio e del nuovo Adamo, del Mistero del Golgota come fatto che mette fine al karma del vecchio Adamo e dà inizio alla realizzazione del nuovo. Tuttavia ciascuno fu in grado di cogliere interiormente soltanto un aspetto dell’intera rivelazione. La totalità del mistero dovette rivelarsi in aspetti parziali, affinché gli uomini fossero in grado di comprenderla. Perciò su ciascuno degli Apostoli si posò una sola lingua di fuoco, che donava la conoscenza di una ‘parola’ del mistero cristiano che si rivelava in dodici ‘parole’.

 

L’evento della Pentecoste è dunque tanto una realizzazione quanto un’importante base per la comprensione del contenuto della seconda Beatitudine del Sermone della montagna: “Beati gli afflitti, poiché saranno consolati”. Questa è al tempo stesso la formula della conoscenza ispirata cristiana e può, se intesa in tal modo, essere ridata nel suo senso con le seguenti parole di Steiner:

Beati gli afflitti se, tendendo al Cristo e ricolmandosi della nuova verità,

sperimentano in sé la consolazione per ogni dolore.