La terza Beatitudine come formula della conoscenza immaginativa

Il figlio dell’uomo


 

La percezione interiore del corpo eterico, caratterizzata nell’ultimo paragrafo,

è possibile solo se preceduta da una condizione di quiete, di silenzio nel corpo astrale.

Quando l’Io domina il corpo astrale a tal punto da poterne arrestare coscientemente i moti,

allora il corpo astrale stesso diviene capace di percepire i moti interiori del corpo eterico.

 

• La forza necessaria per arrestare gli impulsi del corpo astrale si sviluppa, sul cammino della scienza dello spirito, esercitandosi innanzi tutto a dirigere i moti del corpo astrale a partire dall’Io. Gli esercizi di concentrazione praticati su questa via, hanno dapprima lo scopo di acquisire padronanza dei movimenti interiori del corpo astrale e di determinarli a partire dall’Io. L’esclusione dei moti astrali è preceduta dall’acquisizione, da parte dell’Io, della capacità di determinarli.

 

Il più forte impulso del corpo astrale è quello che si relaziona con la collera.

La forza degli impulsi della collera nel corpo astrale è tale,

che la capacità di dominarli può essere considerata

un parametro del dominio sul corpo astrale nel suo complesso.

L’uomo che abbia la forza di vincere la collera quando si presenta,

o sia capace di suscitarla anche quando non ne ha motivo e preferirebbe restare calmo,

possiede la forza necessaria per dominare il corpo astrale.

 

Per questa ragione un uomo che sia capace di dominare il corpo astrale a partire dall’Io può essere detto ‘padrone della collera’. Un’altra denominazione per uno che sia padrone della collera è quella di mansueto’.

In tal senso il Cristo Gesù, nella terza Beatitudine, designa coloro che sono capaci di dominare il corpo astrale, come i mansueti (hoi praèsis). La terza Beatitudine riguarda dunque la scuola che l’uomo deve percorrere nel corpo astrale, e il karma positivo dello stesso corpo astrale nel futuro.

Il karma del corpo astrale consiste soprattutto nel fatto che, a partire dall’epoca lemurica, esso è il portatore dell’elemento luciferico nell’uomo.

 

Il confronto con Lucifero è l’aspetto essenziale della scuola che la coscienza dell’uomo deve percorrere nel corpo astrale. Lo scopo di questo confronto è la trasformazione interiore dell’elemento luciferico in quella che può essere chiamata ‘mansuetudine’. La collera deriva infatti dall’opporsi superbamente all’ordine cosmico, e il superamento della stessa è la meta dell’Io nel suo lavoro al corpo astrale. Perciò ‘mansueti’, cioè quelli che hanno condotto questo lavoro ad un certo grado di perfezione, vengono anche chiamati, a giusto titolo, i ‘vincitori di Lucifero’.

 

Essendo la collera l’effetto concentrato dell’azione luciferica nell’uomo,

il suo superamento può essere considerato propriamente

come la vittoria sull’elemento luciferico nell’uomo stesso.

Il superamento della collera non consiste tanto nel fatto che l’uomo non si arrabbi più,

ma di cose più grandi e importanti.

Una di queste, ad esempio, è il sopportare lo spettacolo spesso poco edificante offerto dal comportamento umano:

l’ascesa dei mediocri e la retrocessione o esclusione dei capaci e dei meritevoli.

 

Ancora più difficile è dominare la propria indignazione quando, ad esempio, si ode di crimini compiuti su bambini. Può succedere allora, che l’indignazione si volga contro il Cielo stesso, e l’uomo muova ad esso il vecchio rimprovero: “Se la tua legge è l’ammaestramento tramite il castigo, che cosa può imparare un bambino dal patire simili crudeltà? Se concedi la libertà agli uomini, perché non proteggi i piccoli dalla bruta violenza? Dove sono i tuoi fulmini? Perché tace il tuo tuono?”

 

La collera umana può volgersi contro la guida stessa dell’universo: l’uomo sta allora sotto il segno di Lucifero.

Infatti Lucifero è indignato contro la guida dell’universo, a causa del destino dell’uomo sulla Terra.

Per lui l’umanità era una gerarchia di bambini, destinata a soggiacere alla dura sorte terrena.

Da quella sorte terrena egli ambì a liberarla.

Cercò di diseredare l’umanità destinata a ereditare il futuro della Terra.

 

Quindi la vittoria su Lucifero ha il grande significato karmico che i vincitori in futuro non saranno diseredati,

ma erediteranno la Terra. Tale è la promessa della terza Beatitudine.

Beati i mansueti (i vincitori di Lucifero), poiché essi erediteranno la Terra (il regno della Terra). (Mt 5:5)

 

Se ci chiediamo ora che cosa si debba intendere concretamente per ‘ereditare il regno della Terra’, dobbiamo considerare dapprima come la questione dell’eredità si ponga solo dopo un decesso, una fine. Nel nostro caso si tratta del pianeta Terra dopo la sua morte.

Il pianeta terrestre fisico soggiace infatti alla sorte di tutti i corpi viventi: è mortale.

 

• Vi sarà quindi in futuro un tempo in cui la Terra, come organismo vivente, non esisterà più. Essa però, come tutti gli organismi viventi, possiede un corpo eterico. Questo è il portatore della memoria della Terra, così come il corpo eterico umano è il portatore della memoria dell’uomo. Con la morte dell’uomo, la sua vita di memoria fuoriesce dal corpo fisico e rivela se stessa all’Io, dimorante nel corpo astrale, in un quadro istantaneo dell’intera biografia sotto forma di immagini. Questo quadro dell’intero corso della vita è quindi l’eredità che l’anima porta con sé nel mondo spirituale dalla sua ultima vita terrena. Infatti la visione di questo quadro fornisce all’anima la forza per essere autonoma nel mondo spirituale. Dal suo contenuto morale risulta il contenuto morale nel periodo del kamaloka, e le conoscenze alle quali esso conduce nel mondo spirituale, costituiscono il contenuto della coscienza durante il periodo del devachan.

 

L’anima eredita dunque la sua ultima vita terrena, vedendola dispiegata come in una galleria di quadri. Questa visione, che dura all’incirca tre giorni dal momento della morte, avviene in uno stato che può essere definito di ‘quiete solenne’. Il cambiamento prodotto nell’anima dall’evento della morte, comporta come naturale conseguenza che essa, durante questa fase, sia interamente dedita a contemplare, in sovrana quiete, il quadro della vita trascorsa. Il corpo astrale allora tace, tutto concentrato su quel quadro. L’uomo, dunque, mentre riceve l’eredità della sua vita terrena, è un ‘mansueto’. Il destino provvede a che egli, in quel momento, si trovi in una simile condizione, affinché non venga privato della sua eredità.

 

In futuro un’esperienza simile sarà vissuta dall’intero pianeta Terra. Il suo corpo eterico abbandonerà il corpo fisico, e il quadro dell’intera biografia terrestre si presenterà in immagini grandiose innanzi alla coscienza che la dovrà ereditare. Il contenuto morale di quel quadro determinerà quindi il contenuto del kamaloka della Terra. Il modo però in cui il kamaloca sarà vissuto, determinerà l’elevatezza e la portata del periodo devachanico della Terra, durante il quale verrà preparata la prossima incarnazione della stessa, il periodo di Giove. Questo sarà dunque l’effetto visibile del karma del periodo terrestre, ossia l’eredità karmica del pianeta Terra.

 

La visione del quadro della biografia della Terra si differenzierà tuttavia per un aspetto essenziale dalla visione di quello della biografia umana nei primi giorni dopo la morte. Mentre dopo la morte dell’individuo, la forza della mansuetudine gli è conferita in modo naturale, questo non avverrà per il pianeta Terra, dopo la sua morte. Infatti attualmente è l’Angelo custode che produce nell’uomo la visione del quadro retrospettivo della vita e che, di regola, conferisce all’anima anche la forza della ‘mansuetudine’. In futuro però avverrà diversamente. L’Angelo si ritirerà, e l’uomo dovrà trarre dal proprio Io la forza necessaria alla visione del quadro retrospettivo. L’io umano dovrà essere tanto forte da poter compiere per virtù propria, quello che prima veniva compiuto dall’Angelo.

 

Naturalmente il processo per cui l’Angelo affida certi ambiti di attività e di destino all’Io umano, si svolge in modo graduale. Prima che l’Angelo si ritiri, l’Io vi partecipa dapprima in parte, quindi in misura maggiore, per assumere infine su di sé l’intera attività dell’Angelo nei riguardi dell’uomo. Prima o poi tuttavia suonerà l’ora designata dal karma, in cui la guida da parte degli Angeli non sarà più possibile. Questo avverrà nell’ora della morte del nostro pianeta.

 

Gli uomini vedranno del quadro retrospettivo della Terra, solamente quel tanto di cui sarà capace la forza sviluppata dall’Io. Vi saranno allora uomini in grado di vedere soltanto una parte della vita della Terra, altri al contrario in grado di scorgere in una veduta d’assieme l’intero suo passato.

 

Questi ultimi saranno uomini che, durante la loro evoluzione terrestre, avranno assimilato talmente l’impulso del Cristo, da raggiungere prima ancora della fine di questa evoluzione il grado della coscienza immaginativa. La forza della ‘mansuetudine’, del dominio sul corpo astrale, necessaria per la visione immaginativa di tutto il passato della Terra, non mancherà loro, in quanto l’avranno sviluppata già durante l’esistenza terrestre. Infatti, prima che la grande visione retrospettiva del passato terrestre sia posta innanzi al loro sguardo come compito, avranno già spesso avuto l’occasione di sviluppare la forza della visione immaginativa.

 

La forza della visione immaginativa

è essenzialmente la forza del coraggio,

in cui si converte la collera dominata e trasformata.

 

Gli uomini mansueti sono generalmente anche i più coraggiosi, poiché chi non porta rancore ad alcuno, neanche teme alcuno. Così è nella vita quotidiana e ancor più nel regno dell’occultismo concreto. Qui il coraggio di guardare in faccia la verità, dipende assolutamente dalla capacità o meno di portare il proprio corpo astrale ad un atteggiamento di tranquilla dedizione. La pacatezza deve diventare una forza altamente sviluppata, affinché l’uomo possa superare quella prova di coraggio, che costituisce il nocciolo morale della scuola dell’immaginazione, e che Rudolf Steiner nel libro L’Iniziazione chiama la “prova del fuoco”.

 

Nella prova del fuoco

si tratta di avere il coraggio di volere realmente

e di sopportare la visione della nuda verità su se stessi – ma anche sugli altri.

 

Ciò che l’uomo sperimenta in quella prova potrebbe, se in lui è carente la forza del coraggio, farlo disperare di se stesso, o suscitare in lui indignazione riguardo alla natura umana. Ma proprio di questo si tratta: di non perdere la fiducia in se stessi e nell’umanità. La prova del fuoco è una prova di fede. Con essa la fede nell’umanità deve non solo essere conservata, ma rafforzata – malgrado, e grazie all’estinguersi delle illusioni nel fuoco della conoscenza. Deve nascere una tolleranza, una ‘mansuetudine’ verso la natura umana, senza la quale non sarebbe affatto possibile sopportare ulteriormente gli esseri umani.

 

Questa fede nell’uomo, che con la prova del fuoco raggiunge una saggiata maturità, è la verità cristiana da apprendersi alla scuola dell’immaginazione.

Il cristianesimo, infatti, non è solo fiducia in Dio, ma anche nell’uomo.

Come un ateo non può essere cristiano, così non può esserlo chi non ha fiducia nell’uomo.

Il fatto che il Cristo Gesù fosse Dio e uomo

implica nella nostra coscienza il dovere di avere fiducia tanto in Dio che nell’uomo.

 

In un mondo in cui deve essere realizzata la libertà,

ciò che conta non è solo la conoscenza, ma la fiducia.

La conoscenza può rafforzare e mettere alla prova la fiducia, ma è questa ad avere l’ultima parola.

 

• Se le potenze del male dovessero vincere e distruggere il cerchio cosmico della fiducia

– ossia la fiducia dell’uomo nel mondo spirituale, del mondo spirituale nell’uomo, e degli uomini tra loro –

allora la quarta Gerarchia sarebbe un tentativo fallito e per l’evoluzione umana sarebbe la fine.

Giacché la Gerarchia della libertà può adempiere alla propria missione, solo se crede nella libertà in senso positivo –

se crede cioè che dall’uso che gli esseri ne faranno risulterà un bene.

 

Questa fede deve passare attraverso dure prove, frutto di un sapere fondato sull’esperienza, prove valide sia per gli uomini che per il mondo spirituale. Come vi sono uomini che hanno perso la fede nel mondo spirituale, così vi sono esseri delle Gerarchie che hanno perso la fede nell’umanità. Ad esempio, i sei esseri arcangelici planetari – innalzati al rango di Spiriti del tempo – si opposero a Michele, l’Arcangelo solare, poiché non credevano che la sua rivelazione potesse essere affidata agli uomini.

La fonte della fiducia cristiana va però cercata altrove. Essa fluisce dallo stesso essere del Cristo, e finché il Cristo ha fiducia nell’umanità, l’umanità può conservare la fiducia nel cuore del mondo. La fiducia del cuore del mondo è tuttavia infinita.

 

Cristo è quell’Essere dell’universo che serba totale fiducia nell’umanità,

mentre altri esseri ne posseggono in gradi diversi.

 

Per noi uomini il cristianesimo comporta che la nostra fiducia in Cristo sia altrettanto totale. Nel cristianesimo si tratta di avere fiducia al cento per cento. Lo scopo principale di ogni conoscenza relativa al Mistero del Golgota, alla Resurrezione, all’evento della Pentecoste, e ad altre realtà cristiane, è che questa fiducia divenga assoluta. Infatti il sapere relativo al sacrificio del Cristo – compiuto per fiducia nell’umanità – diviene per la coscienza un potente impulso a corrispondergli con pari fiducia.

 

La promessa che il Cristo ha lasciato agli uomini, “Sarò con voi fino alla fine del mondo”, esprime la misura della sua fiducia nell’umanità. Ci dice che la sua fiducia nell’umanità non verrà meno finché esisterà il mondo, finché esisterà il tempo. La risposta che un uomo può dare a questa fiducia, è contenuta nelle parole di San Paolo: “Non io ma Cristo in me”. Queste parole sono l’autentica formula della fiducia umana verso il Cristo.

 

La prova del fuoco saggia la fede mediante l’esperienza,

così come la prova dell’acqua saggia la speranza mediante l’afflizione e la consolazione,

e la prova dell’aria saggia la capacità di amare.

 

La forza della fiducia si rafforza grazie alla prova del fuoco, la forza della speranza nell’afflizione porta alla consolazione della conoscenza ispirata e la forza dell’amore nasce della prova dell’aria: tale è il nesso delle tre forze dell’impulso del Cristo con le esperienze fondamentali dei gradi di conoscenza dell’immaginazione, dell’ispirazione e dell’intuizione.

 

Il grado di conoscenza dell’immaginazione è raggiunto quando l’uomo supera l’impazienza, la collera, l’intolleranza, e sviluppa il coraggio della fede necessario per reggere la percezione veggente della verità. La visione immaginativa compare come risultato di una forza di concentrazione superiore a quella richiesta per la coscienza ordinaria oggettiva. Questa accresciuta facoltà di concentrazione ha come sfondo morale il tranquillo coraggio conquistato da un’anima divenuta ‘mansueta’.

 

• Per questo motivo l’esercizio spirituale fondamentale sulla via dell’immaginazione è quello della cosiddetta ‘visione retrospettiva’ [Rùckschau], per cui l’uomo fa scorrere a ritroso innanzi al suo sguardo interiore la giornata appena trascorsa. In tal modo egli si eleva con la sua coscienza al di sopra della vita quotidiana, non identificandosi più con essa: la guarda con occhio da ‘mansueto’. Vedendola come qualcosa di estraneo, di esterno a sé, non vive più nella corrente dell’esperienza quotidiana, ma si trova fuori ed al di sopra di essa. Si ritira dai corpi fisico ed eterico per vivere nel corpo astrale, dal quale guarda alle immagini mnemoniche del corpo eterico.

 

L‘esercizio della visione retrospettiva forma gradualmente, a partire dall’Io,

quella stessa forza che l’Angelo conferisce all’uomo al momento del quadro complessivo della vita,

che segue immediatamente la morte.

 

• Tale esercizio è paragonabile, su un piano elementare, ad un ‘ereditare’ la giornata trascorsa,

• così come la visione del quadro della vita dopo la morte è un ‘ereditare’ la vita trascorsa,

• e la visione di tutto il passato del pianeta terrestre al termine della sua esistenza

sarà un ‘ereditare il regno della Terra’.

 

I ‘mansueti’ che erediteranno la Terra, sono quelli che avranno superato pienamente la prova del fuoco

e, già durante l’evoluzione terrestre, avranno raggiunto il grado della coscienza immaginativa.

Essi saranno in grado di contemplare l’intero passato terrestre

e costituiranno il legame cosciente che dovrà unire l’esistenza di Giove a quella della Terra.

Coscientemente trasferiranno il ricordo dell’esistenza terrestre in quella di Giove

e grazie a ciò faranno di quella realtà futura l’‘eredità’ karmica dell’antico passato.

 

La promessa della terza Beatitudine, dunque, non significa soltanto che i ‘mansueti’ sperimenteranno coscientemente il processo per cui si eredita il passato terrestre, bensì anche che entreranno nell’esistenza di Giove consapevoli del suo rapporto di eredità con il passato della Terra – ossia conoscendo il karma di Giove.

Essi raccoglieranno questo karma e ne vorranno la sua realizzazione – il che significa, assumeranno l’amministrazione e si faranno carico, da un punto di vista morale, dell’eredità della Terra. Perciò verrà loro karmicamente assegnato, in quanto parte progredita dell’umanità, il ruolo di guide durante il periodo di Giove, poiché avranno già raggiunto, nella misura consentita all’esistenza terrestre, la meta propria del periodo di Giove: il completo sviluppo della coscienza immaginativa.

 

La terza Beatitudine contiene dunque la promessa del karma positivo dell’Io umano operante sul corpo astrale, e nello stesso tempo la formula morale-spirituale della conoscenza immaginativa conseguibile sulla via dell’esoterismo cristiano.

 

Tutto quanto qui è stato detto su questa Beatitudine,

può essere ancora una volta compendiato dalle parole di Rudolf Steiner:

Beati coloro che sono mansueti in se stessi per la forza dell’Io,

perché saranno essi ad ereditare il regno della Terra.