Cuore e sistema del sangue come centro dell’organismo.

O.O. 128 – Una fisiologia occulta – 23.03.1911


 

Sommario: La milza. Gli organi quali espressioni di azioni spirituali. L’adattamento degli alimenti all’organizzazione umana tramite la milza, il fegato, la bile. Relazione con il mondo esterno tramite sangue e respirazione. Questi due sistemi cosmici di forze si incontrano nel cuore. Armonizzazione dei sistemi tramite l’apparato renale. Cuore e sistema del sangue come centro dell’organismo. Il sistema cosmico interno e il sangue come strumento dell’io. Relazione tra io e processi di respirazione e percezione. Rapporto tra processi immateriali e processi materiali. Trasferimento delle esperienze animiche al corpo eterico. Formazioni delle rappresentazioni mnemoniche. Significato di epifisi e ipofisi.

 

Continueremo oggi ad occuparci del significato di uno degli organi che costituiscono una specie di sistema cosmico interno dell’uomo. In seguito poi cercheremo di passare alla descrizione delle funzioni di altri organi e sistemi organici dell’uomo.

 

Dopo le considerazioni da me fatte ieri sulla milza, mi è stato detto che potrebbe emergere un’apparente contraddizione per quanto concerne l’importante compito che spetta alla milza nell’organismo complessivo dell’uomo. La contraddizione potrebbe emergere se si pensasse di poter estrarre, dunque allontanare, la milza dal corpo senza rendere quest’ultimo incapace di vivere.

 

Una simile obiezione è perfettamente giustificata, dal punto di vista del pensiero contemporaneo, ed è giusto avanzarla, dato che qualche difficoltà si presenta anche a chi cerchi nel modo più onesto di accostarsi alla concezione scientifico-spirituale. Nella conferenza pubblica che ha preceduto questo ciclo di conferenze accennai soltanto in modo molto generico alla difficoltà che i nostri contemporanei incontrano, quando cercano di comprendere ciò che viene descritto partendo dai fondamenti occulti dell’esistenza: difficoltà che risultano ancora più grandi per chi abbia acquistato una mentalità educata dai metodi scientifici correnti. Nel corso di questo ciclo di conferenze si vedrà senz’altro come e perché una tale obiezione venga a cadere. Vorrei però accennare fin da oggi che l’asportazione della milza dall’organismo umano è senz’altro conciliabile con tutto quanto ho esposto nella conferenza di ieri. Volendo davvero elevarsi alle verità scientifìco-spirituali, occorre persuadersi a poco a poco che l’organismo umano, quale lo percepiamo con i sensi e in quanto lo riscontriamo composto di sostanze materiali, non è l’intero essere umano. A base dell’organismo umano fisico (e questo verrà trattato più ampiamente in seguito) stanno gli organismi superiori soprasensibili: il corpo eterico o vitale, il corpo astrale e l’io; nel corpo fisico dobbiamo vedere solo l’espressione esteriore, fisica, della struttura e delle funzioni proprie del corpo eterico, del corpo astrale e anche dell’io. Parlando secondo la scienza dello spirito di un organo come la milza, intendiamo affermare che certe funzioni non si svolgono soltanto nella milza materiale, ma che quello che avviene nella milza fisica non è altro che l’espressione fisica di corrispondenti processi che si svolgono per esempio nel corpo eterico o nel corpo astrale. Si potrebbe anzi dire che quanto più direttamente un certo organo esprime qualcosa di spirituale, tanto minore è l’importanza della forma fisica di quell’organo, cioè della sua sostanza materiale che percepiamo con i sensi. Come nel moto di un pendolo abbiamo solo l’espressione fisica della forza di gravità, così un organo fisico è soltanto l’espressione fisica di certe forze e azioni formative. C’è però una differenza tra gli effetti della forza di gravità, che si esplicano nel movimento del pendolo, e gli effetti dati dall’azione del corpo eterico e del corpo astrale sulla milza. Nel caso di forze come quella di gravità, togliendo di mezzo il pendolo, cioè l’espressione esteriore della forza, non rimane alcun ritmo dovuto alla gravità stessa. Questo avviene appunto nella sfera dell’inorganico, della natura non vivente, ma non nell’ambito della natura vivente, nel mondo organico. In un organismo complessivo, se non sussistono altre ragioni delle quali si parlerà in altro momento, con l’asportazione dell’organo fisico non necessariamente cessano anche gli effetti spirituali.

 

Se dunque consideriamo l’uomo nei riguardi della sua milza, abbiamo a che fare anzitutto con la milza fisica, e poi con un sistema di forze che nella milza fisica hanno solo la loro espressione. Asportando la milza, quelle forze sussistono ancora e rimangono inserite nell’organismo; non vengono a cessare. Può persino darsi che la malattia di un organo rappresenti un ostacolo molto maggiore all’esplicazione delle sue azioni spirituali, in confronto all’asportazione dell’organo stesso. Questo può ad esempio accadere in caso di gravi malattie della milza: se in tali condizioni è possibile asportare l’organo, può darsi che questa asportazione rappresenti, nei confronti dello svolgersi degli effetti spirituali, un ostacolo minore di quello rappresentato dall’organo ammalato che disturba di continuo l’espletamento delle sue funzioni spirituali.

 

L’obiezione menzionata fa dunque parte di quelle che fa chi non è ancora penetrato più a fondo nella natura della conoscenza scientifico-spirituale. E un’obiezione ben comprensibile, ma è anche di quelle che cadono da sole, purché si abbia la costanza e la pazienza di studiare le cose più a fondo. E un’esperienza abbastanza comune: avvicinandosi a considerazioni scientifico-spirituali come quelle che stiamo qui svolgendo, muniti delle conoscenze fornite dalla scienza contemporanea, è facile trovarsi di fronte a numerose apparenti contraddizioni, e si può restare disorientati. Dando poi giudizi affrettati, si concluderà subito che la scienza dello spirito è qualcosa di pazzesco, che non concorda minimamente con i risultati della scienza. Se però si prende tempo e ci si dedica con pazienza ai problemi in questione, si vedrà che non vi è la minima contraddizione fra ciò che proviene dalla scienza dello spirito e i dati scaturiti dalla scienza. La difficoltà è che il campo complessivo della conoscenza antroposofica è talmente vasto che se ne possono presentare ogni volta soltanto singole parti. Chi affronti uno di questi settori parziali può sentire una delle apparenti contraddizioni menzionate.

Tutto ciò non deve scoraggiare, e comunque bisogna pure incominciare da qualche parte a introdurre la concezione antroposofica nella cultura e nel sapere complessivo del nostro tempo.

 

Ho cercato ieri di esporre l’azione ritmizzante che la milza esercita nei confronti dell’alimentazione umana, spesso priva di ritmo. Sono partito da questa funzione della milza, perché in fondo fra tutte quelle che essa esercita è la più facilmente comprensibile. Anche se è la più facile a comprendersi, essa non è però la funzione più importante, né la principale. Si potrebbe infatti dire: se ci si sforzasse a riconoscere e adottare il ritmo giusto per l’alimentazione, da questo lato l’attività della milza diverrebbe a poco a poco superflua. Basta una considerazione come questa per mostrare che quel che finora abbiamo detto della milza dev’essere la parte meno importante delle sue funzioni. Molto importante è che nella nostra alimentazione incontriamo le sostanze esterne, gli alimenti, la loro composizione, i modi in cui essi sono presenti nel nostro ambiente. Fintanto infatti che si è dell’opinione che gli alimenti siano una materia morta, o tutt’al più sostanze portatrici della vita che si presuppone esservi nelle piante, potrebbe certo apparire necessario che la sostanza estranea introdotta nell’organismo come alimento venga elaborata dagli organi digestivi, intesi nel senso più ampio. Certo molti sono convinti che sia proprio così: una sostanza qualsiasi, priva di proprie determinazioni, introdotta come alimento e del tutto inerte nei nostri confronti, non attende altro che di essere introdotta ed elaborata nell’organismo umano. Le cose però non stanno così. Gli alimenti non sono affatto dei mattoncini che accettano passivamente di servire in un modo qualsiasi da materiale di costruzione di un edificio. I mattoni accettano passivi di essere inseriti in un modo qualunque nel progetto di un architetto, perché sono una massa inerte riguardo all’edifìcio. Così però non è per gli alimenti riguardo all’uomo. Infatti ogni sostanza che si trova nel nostro ambiente possiede certe sue forze interiori, certe sue leggi; l’essenziale di una sostanza è proprio di seguire leggi e attività proprie. Quando dunque introduciamo nel nostro organismo gli alimenti per inserirli nelle attività proprie dell’organismo, essi non si sottomettono passivamente a un’elaborazione, ma tendono anzitutto ad affermare le loro leggi, i loro ritmi, i loro intrinseci movimenti. Se l’organismo umano vuole disporne per i propri scopi, deve prima per così dire distruggere le attività intrinseche delle sostanze alimentari, deve neutralizzarle; non ha di fronte un materiale indifferente, ed è costretto perciò a contrapporsi alle leggi proprie di quelle sostanze. Ci si può con facilità persuadere che le sostanze possiedono le proprie leggi, se per esempio si introduce nell’organismo, attraverso il canale digerente, un potente veleno. In questo caso risulta subito evidente che la legge intrinseca a quella sostanza predomina su quelle dell’organismo. Come un veleno ha le sue leggi intrinseche con le quali attacca l’organismo, così è per ogni sostanza alimentare che assumiamo: non è indifferente e si impone secondo la sua natura e la sua essenza; ha un suo ritmo. A questo ritmo l’uomo deve contrapporsi: nell’organizzazione umana interna non penetrano materiali da costruzione inerti, bensì dotati di una loro natura che deve essere superata.

 

Possiamo dunque dire: gli organi interni ai quali per primi si presentano gli alimenti sono gli strumenti adatti a contrapporsi alla vita propria degli alimenti: intendendo qui “vita” nel senso più largo del termine. Occorre trasformare non solo ciò che provochiamo noi stessi con un ritmo irregolare nell’alimentazione, ma anche il ritmo insito negli alimenti, poiché esso contraddice il ritmo proprio dell’organismo umano. Tra gli organi deputati a questa attività, la milza è il più importante. Però anche gli altri organi che abbiamo menzionato partecipano a questa trasformazione del ritmo: la milza, il fegato, la bile, costituiscono un sistema organico cooperante, il cui compito essenziale consiste nel respingere la natura propria delle sostanze alimentari introdotte. A questa difesa contro la natura intrinseca degli alimenti contribuiscono le funzioni dello stomaco, anzi, già quelle che si esplicano prima che l’alimento giunga nello stomaco, e poi la bile e tutto quel che avviene per l’azione del fegato e della milza. Quindi gli alimenti risultano adattati al ritmo proprio dell’organismo umano soltanto dopo avere incontrato le attività di tutti quegli organi. Solo dopo avere introdotto gli alimenti, e averli trasformati esponendoli alle attività di quegli organi, essi diventano atti ad essere accolti nel sangue, che è il sistema organico portatore, ovvero strumento, del nostro io. Prima che qualsiasi alimento possa venire accolto nel nostro sangue, affinché esso acquisti la facoltà di essere strumento dell’io nel senso che si è detto, occorre che ne siano eliminate tutte le proprietà, le leggi del mondo esterno: il sangue deve ricevere gli alimenti in una forma che corrisponda alla natura dell’organismo umano. Possiamo dunque dire che la milza, il fegato, la cistifellea, la bile e il riverbero della loro azione sulle funzioni dello stomaco, rappresentano gli organi che adattano all’organizzazione interna, al ritmo interiore proprio dell’uomo, le leggi del mondo esterno dal quale ricaviamo i nostri alimenti.

 

La natura umana complessiva, con tutte le sue parti, non si trova però di fronte solo al mondo interno, ma deve continuamente trovarsi in una viva, reciproca azione col mondo esterno. Questa viva azione reciproca col mondo esterno viene appunto impedita, recisa, perché alle leggi del mondo esterno (in quanto ne fanno parte gli alimenti) vengono opposti i tre sistemi organici rappresentati da milza, fegato e cistifellea o bile. Su questo fronte, per così dire, le leggi esterne vengono annullate dall’interno. Se l’organismo umano dipendesse soltanto da quegli organi, esso risulterebbe del tutto isolato dal mondo esterno, del tutto chiuso in se stesso. Perciò è altrettanto necessario qualcosa d’altro.

 

Come da un lato l’uomo ha bisogno di sistemi organici atti a trasformare il mondo esterno, sì da renderlo conforme al proprio mondo interno, così d’altro lato deve essere in condizione d’affrontare direttamente il mondo esterno con lo strumento del proprio io, di porre cioè in contatto con il mondo esterno il suo organismo che altrimenti sarebbe un’entità isolata in se stessa. Da un lato dunque il sangue entra in rapporto col mondo esterno solo dopo che dalle sostanze provenienti dal inondo esterno sono state eliminate le loro leggi peculiari; da un altro lato esso si mette invece per così dire in rapporto diretto col mondo esterno. Ciò avviene quando il sangue scorre attraverso i polmoni, venendo qui in contatto con l’aria esterna. Esso viene ravvivato dall’ossigeno dell’aria in modo che nulla si frapponga all’ossigenazione, indebolendola; l’ossigeno dell’aria può così entrare in contatto con lo strumento dell’io umano in modo conforme alla sua natura ed essenza. Ci troviamo dunque davanti al fatto singolarissimo che il sangue, lo strumento più nobile di cui l’uomo disponga, lo strumento del suo io, è un’entità che riceve tutto il nutrimento con cura filtrato dai sistemi di organi di cui abbiamo parlato. Grazie a questa condizione il sangue gode della facoltà di esprimere in modo completo l’organizzazione interna umana, il suo intimo ritmo. Entrando il sangue in contatto diretto col mondo esterno, e precisamente con le sostanze esterne che possono essere accolte nelle sue leggi e nelle attività dell’organizzazione umana senza dover prima venire combattute, grazie a ciò dunque l’organismo umano non è qualcosa di isolato in sé, ma è d’altro lato e al tempo stesso in pieno contatto col mondo esterno.

 

Anche da questo punto di vista l’organizzazione del sangue ci si presenta come qualcosa di veramente mirabile: possiamo riconoscere nel sangue l’espressione schietta e reale dell’io umano, che di fatto è rivolto sia verso il mondo esterno, sia verso la vita della propria interiorità. Abbiamo visto che grazie al sistema nervoso siamo aperti alle impressioni del mondo esterno, e accogliamo per così dire in noi il mondo esterno per il tramite dei nervi; d’altra parte siamo in rapporto diretto col mondo esterno per mezzo del sangue, in quanto questo riceve nei polmoni l’ossigeno dall’aria. Possiamo dunque dire che il sistema milza-fegato-bile da un lato, e quello polmonare dall’altro, rappresentano due sistemi contrapposti che, possiamo dire, si incontrano nel sangue. Il mondo esterno e il mondo interno si incontrano per così dire direttamente nell’organismo umano per mezzo del sangue, perché esso viene in contatto da un lato con l’aria esterna, dall’altro con gli alimenti privati della loro peculiare natura. S’incontrano così nell’uomo due diverse attività cosmiche, quasi come reagiscono fra loro l’elettricità positiva e quella negativa, ed è facile immaginare quale sia il sistema organico destinato e deputato a subire il cozzo di quei due sistemi di forze cosmiche. I succhi alimentari trasformati agiscono dal basso fino al cuore, in quanto il sangue lo attraversa; fin dentro al cuore, in quanto irrorato dal sangue, agisce l’ossigeno atmosferico, penetrato nel sangue direttamente dal mondo esterno. Il cuore è dunque l’organo nel quale s’incontrano i due sistemi nei quali l’uomo si trova inserito da due parti opposte. Del cuore umano si può dire che da un lato ne dipende l’intero organismo interno, e che dall’altro attraverso di esso l’uomo è allacciato direttamente al ritmo, alle attività del mondo esterno.

 

Ora, quando due sistemi siffatti si incontrano, potremmo pensare che dalla loro cooperazione nasca direttamente un’armonia. Si potrebbe pensare che i due sistemi (quello del grande mondo che ci si accosta immettendo in noi l’ossigeno, o l’aria in genere, e quello del mondo piccolo, dell’organismo interno a noi proprio che ci trasforma gli alimenti) creino un armonico equilibrio fra loro nel sangue, in quanto esso fluisce attraverso il cuore. Se così fosse, ci troveremmo inseriti in due mondi capaci di creare il nostro equilibrio interiore. Vedremo però nel corso di queste conferenze che il rapporto fra il mondo e l’entità umana è diverso: il mondo si comporta per così dire in modo del tutto passivo, inviando solo le sue forze, e lasciandoci il compito di stabilire con l’attività interiore a noi propria l’equilibrio fra i due sistemi nei cui effetti siamo inseriti. Dovremo sempre più riconoscere come cosa essenziale che, in definitiva, ci rimane sempre un residuo da affidare alla nostra attività interiore, e che fin entro i nostri organi è lasciato a noi stessi creare un’armonia, un equilibrio interiore. Dobbiamo dunque ricercare nell’organismo umano stesso il pareggio, l’armonia fra i due sistemi del mondo. Occorre riconoscere a priori che le leggi proprie del mondo esterno che agiscono direttamente sull’uomo e le leggi interne dell’organismo umano nelle quali egli ha trasformato le leggi esterne con l’assunzione degli alimenti, non portano ancora all’armonizzazione dei due sistemi. L’armonia si realizza solo grazie a un particolare, adeguato sistema organico. Dobbiamo creare in noi stessi l’armonia. Non con atti coscienti, bensì con processi che avvengono del tutto inconsciamente entro l’organismo umano. Tale pareggio fra i due sistemi (da un lato il sistema milza-fegato-bile, dall’altro il sistema polmonare) che si confrontano nel sangue che irrora il cuore, viene attuato inserendo tra i due il sistema renale, intimamente connesso con la circolazione sanguigna.

 

Il sistema renale ha la funzione di armonizzare per così dire gli effetti derivanti dal contatto diretto del sangue con l’aria, con gli effetti provenienti dall’interno dell’organismo umano, dato che gli alimenti devono preliminarmente subire una denaturazione. Dobbiamo dunque vedere nel sistema renale un sistema equilibratore fra i due tipi di sistemi organici che abbiamo descritto; grazie ad esso, l’organismo riesce a eliminare un eventuale eccesso che potrebbe provenire da una collaborazione non equilibrata fra gli altri due sistemi.

 

All’intera organizzazione interna, agli organi dell’apparato digerente (compresi il fegato, la bile e la milza che, come si è visto, ne sono parte), troviamo così contrapposto il sistema sanguigno, per il quale tali organi svolgono la loro attività preparatoria. Dall’altro lato si contrappongono al sistema sanguigno gli organi che contribuiscono a evitare un isolamento unilaterale e quelli la cui azione consiste nel creare un pareggio, un equilibrio fra i menzionati sistemi interni e quanto invece affluisce dall’esterno. Dobbiamo dunque concepire il sistema sanguigno, col cuore come suo punto centrale, al centro dell’organismo, e si vedrà più avanti quanto tale concezione sia giustificata; connessi col sistema sangue-cuore stanno poi i sistemi di milza, fegato e bile da un lato, e il sistema polmonare dall’altro. Il sistema renale è in mezzo a loro. Avremo occasione di mettere in evidenza quanto eccezionalmente interessante sia il nesso fra sistema polmonare e sistema renale. Per ora non approfondiamo il problema e consideriamo il tutto nel suo complesso. Volendo disegnare nel modo più schematico uno di fianco all’altro questi diversi sistemi, (vedi disegno seguente) ci risulta evidente che essi rappresentano la nostra organizzazione interna nei suoi reciproci rapporti, e che da tale connessione risulta come la massima importanza vada attribuita al cuore e al sistema sanguigno ad esso strettamente collegato.

 

 

Come avevo già indicato, nell’occultismo l’azione della milza viene considerata un’azione di tipo saturnio, l’azione del fegato un’azione di Giove, e quella della cistifellea e della bile come azione di Marte: mostrerò più avanti quanto giustificate siano tali denominazioni. Per la stessa ragione, la conoscenza occulta vede nel cuore e nell’annesso sistema del sangue qualcosa che merita il nome di “Sole” nell’organismo umano, in modo analogo a come il sole porta il suo nome nel sistema planetario. Nel sistema polmonare si trova ciò che, secondo il medesimo criterio di denominazione, l’occultista chiama Mercurio, e nel sistema renale ciò che analogamente va chiamato Venere. Prescindendo per il momento dalla giustificazione di quei nomi, troviamo dunque accennata veramente nei diversi sistemi dell’organismo umano una specie di sistema cosmico interno. Abbiamo anche contemplato il quadro mettendo in rilievo il legame fra gli altri due sistemi organici che si trovano in un certo rapporto col sistema del sangue. Solo osservando così la situazione complessiva, ci si presenta nella sua completezza ciò che possiamo chiamare il vero mondo interno umano. Nelle conferenze che seguiranno dovrò ancora mostrare che l’occultista ha valide ragioni per raffigurarsi il rapporto fra il Sole e Mercurio e fra il Sole e Venere in un modo simile a come si deve pensare nell’organismo umano il rapporto fra cuore, polmoni e reni.

 

Da tutto questo risulta che nel nostro sistema sanguigno, strumento del nostro io che esprime nel cuore il proprio ritmo, vi è qualcosa che per la sua intima natura ed essenza viene determinato dal sistema cosmico interno dell’uomo e che deve essere ben inserito in un tale sistema generale [macrocosmico] per poter vivere come appunto vive. Ho spesso ricordato che nel sistema del sangue dobbiamo vedere lo strumento fisico del nostro io. Sappiamo che il nostro io è possibile, nelle condizioni in cui lo abbiamo, solo sulla base di un corpo fisico, di un corpo eterico e di un corpo astrale. Non è pensabile un io umano che voli libero per il mondo; in un mondo come il nostro un io umano presuppone come base un corpo astrale, un corpo eterico e un corpo fisico. Proprio come, in rapporto spirituale, l’io presuppone i tre menzionati elementi costitutivi dell’uomo, così il sistema del sangue, l’organo fisico dell’io presuppone anche fisicamente le immagini del corpo astrale e del corpo eterico. Il sistema del sangue può dunque svilupparsi solo fondandosi sopra qualcosa d’altro. Mentre la pianta si sviluppa semplicemente sulla base della natura inorganica circostante dalla quale essa nasce, dobbiamo dire che l’organismo sanguigno umano non necessita solo della base del mondo esterno, ma richiede che il mondo esterno venga prima trasformato. Come il corpo fisico deve avere anzitutto un corpo eterico e un corpo astrale, così le sostanze alimentari debbono prima venire trasformate per essere strumento dell’io umano.

 

Se ora è anche possibile affermare che il sangue, lo strumento fisico dell’io, viene determinato dall’esterno nei polmoni, anch’essi sono un organo del corpo umano. Non si tratta però dell’organo, ma dell’aria inspirata che rende possibile compenetrare il sangue con un ritmo esteriore. Dobbiamo distinguere tra ciò dall’esterno si avvicina all’uomo, nella forma dell’aria che inspiriamo e che ci permette di compenetrare direttamente il sistema sanguigno con un ritmo esterno, e ciò che entra indirettamente in contatto col sangue, strumento dell’io nell’organismo, che vi entra nel modo che è stato caratterizzato attraverso l’anima e le impressioni del mondo esterno sui sensi, quali vengono trasmesse alla lavagna del sangue. Potremo dunque dire: l’uomo viene in contatto col mondo esterno non soltanto direttamente, mediante l’aria che agisce fin sul sangue, ma anche mediante gli organi di senso; il contatto avviene nel processo della percezione, non è di natura materiale ed è svolto dall’anima quando entra in rapporto col mondo circostante. E un processo più elevato che si affianca al processo respiratorio, una specie di respirazione spiritualizzata. Mentre nel processo respiratorio accogliamo il mondo esterno in forma materiale, nel processo percettivo (intendo ogni specie di elaborazione dell’impressione esterna) accogliamo nel nostro organismo qualcosa che è una specie di processo respiratorio spiritualizzato. A questo punto si può chiedere come collaborino fra loro questi due processi. Infatti, nell’organismo umano ogni cosa deve agire su tutto il resto.

 

Poniamo il problema in modo più preciso, perché la sua impostazione esatta avrà conseguenze decisive. Per poterci prospettare oggi una riposta almeno ipotetica, ci deve essere chiaro in che modo possa realizzarsi un’azione reciproca fra tutto ciò che agisce nel sangue, e che è divenuto tale grazie a tutti i processi legati al sistema organico interno di cui si è detto, e ciò che il sangue diventa grazie ai nostri processi percettivi esterni. Il sangue, pur essendo così accuratamente filtrato, e malgrado tutti i processi che intervengono per farne una sostanza talmente mirabile, capace di essere strumento del nostro io, tuttavia è pur sempre una sostanza fisica e come tale fa parte del corpo fisico. Possiamo quindi dire: in un primo momento ci appare grande la distanza fra l’azione del sangue nei processi fìsici e i processi percettivi compiuti dalla nostra anima. E infatti una realtà innegabile; e sarebbe ben poco capace di pensare chi volesse negare che percezioni, concetti, idee, sentimenti, impulsi volitivi siano altrettanto reali come lo sono la sostanza del sangue, la sostanza nervosa, o quella del fegato o della bile. Si potrà discutere come stiano i reciproci rapporti fra quelle cose, si potrà essere più o meno dell’avviso che i pensieri siano solo effetti, mettiamo, della sostanza nervosa o simili; su questo tipo di problemi si potrà costruire una concezione del mondo, ma non si può disputare sull’ovvio dato di fatto che l’insieme della nostra vita interiore, i nostri pensieri, i nostri sentimenti, tutto ciò che avviene a seguito di percezioni ed impressioni esterne, rappresenti una realtà a sé stante. Si badi bene: non affermo qui che si tratti di una realtà separata, ma soltanto di una realtà esistente per sé. Nulla infatti nel mondo è separato dal resto. Dicendo “realtà a sé stante” vorrei solo accennare a qualunque cosa possa essere osservata come realtà, sia che si tratti di pensieri o sentimenti, sia che si tratti di stomaco, fegato o cistifellea.

 

Ponendo a confronto questi due gruppi di realtà, possiamo osservare qualcosa d’altro. Da un lato abbiamo qualcosa di materiale, di fisico, com’è il sangue, sia pure in una forma quanto mai elaborata; dall’altro vi è qualcosa che a tutta prima sembra non avere nulla a che fare con una realtà fisica: cioè i contenuti dell’anima, i pensieri, i sentimenti, e così via. In realtà, la constatazione di questi due gruppi o tipi di realtà suscitò problemi e difficoltà a non finire, con le più disparate risposte da parte delle diverse concezioni del mondo. Ve ne sono che ammettono un effetto diretto della sfera psichica, dei pensieri, dei sentimenti sulla sostanza fisica, come se il pensiero potesse agire direttamente su di essa. A queste concezioni altre se ne contrappongono, che ritengono che i pensieri, i sentimenti, e così via vengano semplicemente prodotti dai processi dell’ambito materiale, fisico. La disputa fra queste due opposte concezioni suscitò a lungo il più vivo interesse nell’opinione generale: non certo però nel campo dell’occultismo, per il quale si tratta di una disputa di vuote parole. Non potendo trovare in nessun modo un orientamento valido in questi problemi, in tempi moderni è emersa una nuova teoria che porta lo strano nome di “parallelismo psicofisico”. Non sapendo più quale dei due pensieri sia giusto (se lo spirito agisca sui processi fisici, o invece i processi organici sullo spirito), si è ricorso alla teoria che siano due processi che decorrono paralleli. Mentre l’uomo pensa, sente, e così via, nel suo organismo si svolgono in parallelo certi processi; così per esempio la percezione “io vedo rosso” corrisponderebbe a determinati processi materiali nel sistema nervoso. L’impressione che abbiamo del rosso, il piacere o il dolore che ci dà, corrisponde a un processo materiale. Ci si limita però a questa affermazione, senza andare oltre il “corrisponde”. Si tratta cioè di un espediente che non risolve i problemi, ma li toglie di mezzo.

 

Tutte le discussioni che si sono accese su questo terreno, e anche l’impotenza della teoria del parallelismo psicofisico, nascono perché si pretende di risolvere questi problemi su un terreno che non ne consente per nulla la soluzione. Se osserviamo le attività dell’anima, abbiamo infatti a che fare con processi non materiali; di processi materiali si tratta invece nel caso dei nostri organi, e persino del sangue, che è il più finemente elaborato. Se si mettono semplicemente di fronte queste due cose, l’attività fisica e quella psichica, e si riflette su quale sia il modo in cui agiscono l’una sull’altra, una tale riflessione non serve proprio a niente. Con la riflessione si può escogitare ogni specie di soluzione o non soluzione. Un vero progresso nella soluzione di tali problemi si potrà fare solo con l’intervento concreto di una conoscenza superiore che non si fermi all’osservazione fisica del mondo esterno, né al pensare legato al solo mondo esterno fisico. Dobbiamo trovare una forma di conoscenza che s’innalzi, per così dire, a un piano che porta oltre la sfera fisica. Dobbiamo cioè salire dalla sfera materiale a quella sopramateriale, soprafisica, e partendo dalla nostra vita psichica (vissuta certo entro il mondo fisico) ascendere al mondo che è il fondamento della nostra vita animica, alla sfera che sta oltre quella materiale; con la nostra vita animica, con tutti i nostri sentimenti, viviamo infatti nel mondo fisico e dobbiamo dunque ascendere verso un mondo soprafisico da tutte e due le direzioni.

 

Per ascendere al mondo soprafisico partendo dalla parte materiale, sono necessari gli esercizi dell’anima che aprono la possibilità di vedere dietro le cose sensibili, dietro il velo di cui ho parlato e in cui si trovano intessute le impressioni dei nostri sensi. Abbiamo le impressioni sensorie anche osservando tutto l’organismo umano materiale; ancora meglio, se osserviamo ciò che vi è di più elaborato nell’organismo umano, cioè il sangue, ci troviamo per sempre di fronte a qualcosa di fisico, di materiale. Sono necessari gli esercizi che portano al mondo soprasensibile. Dapprima si deve scendere di un gradino al di sotto del piano fisico, sul quale si accolgono le impressioni dell’anima. Nei sostrati del mondo fisico-sensibile, il primo elemento sopra- sensibile dell’organismo che si incontra è il corpo eterico. Ne parleremo ancora in modo più preciso, nella prospettiva della fisiologia occulta. Il corpo eterico è un’organizzazione soprasensibile che dobbiamo concepire anzitutto semplicemente come una sostanza fondamentale soprasensibile dalla quale l’organismo materiale è venuto formandosi, e della quale esso è immagine, una specie di impronta. Anche il sangue è ovviamente un’immagine del corpo eterico. Procedendo così di un solo gradino al di là dell’organismo fisico-sensibile, troviamo il corpo eterico umano come un elemento soprasensibile. Ci si può ora domandare: è possibile pervenire a questo elemento soprasensibile anche dall’altra parte, cioè dalla vita animica, dalle esperienze di pensiero e di sentimento che noi facciamo partendo dalle impressioni del mondo esterno?

 

Vediamo anzitutto che non arriviamo così direttamente al nostro organismo eterico, come sperimentiamo la nostra vita animica. L’attività della nostra anima si svolge in questo modo: prima riceviamo le impressioni esterne, il mondo esterno agisce sui sensi, e poi elaboriamo nell’anima le impressioni ricevute da fuori. Facciamo però anche qualcosa di più: accumuliamo in noi le impressioni ricevute. Basta pensare un momento al semplice fenomeno della memoria, del ricordo di esperienze fatte anche anni prima. Sono impressioni ricavate da percezioni esterne che sono state elaborate, e che possiamo ricavare oggi dalle profondità dell’anima; ora ci si presenta il ricordo di un albero, o di un odore, per citare i casi più semplici. Dobbiamo riconoscere di avere immagazzinato qualcosa che è rimasto dall’antica percezione. A questo punto però, un’osservazione della vita psichica che si può acquistare solo mediante un certo esercizio dell’anima ci mostra che, quando la nostra vita animica è giunta al punto di poter richiamare le esperienze che erano state immagazzinate sotto forma di rappresentazioni mnemoniche, le nostre esperienze animiche non agiscono soltanto nell’io. Anzitutto ci poniamo con il nostro io di fronte al mondo esterno, ne ricaviamo impressioni che elaboriamo nel corpo astrale; se però facessimo solo questo, dimenticheremmo subito ogni cosa. Quando si traggono conclusioni, si lavora nel corpo astrale. Quando però le impressioni si rafforzano in noi al punto di poter essere ricordate dopo un certo tempo (o anche solo dopo pochi minuti), ciò significa che abbiamo impresso nel corpo eterico le impressioni ricevute dall’io ed elaborate col corpo astrale. Le rappresentazioni mnemoniche sono dunque l’effetto di un’azione che, partendo dall’io, ha impresso fin nel corpo eterico l’attività psichica svoltasi nel contatto col mondo esterno. Se dunque, partendo dall’anima, siamo capaci di imprimere le rappresentazioni mnemoniche nel corpo eterico, riconoscendolo d’altro canto come la più vicina espressione soprasensibile del nostro organismo, ci si pone la domanda: come avviene quell’impressione, come avviene in effetti l’introduzione nel corpo eterico delle esperienze elaborate dal corpo astrale? come si trasmettono nel corpo eterico?

 

La trasmissione avviene in modo molto singolare. Immaginiamo adesso di essere nel corpo eterico umano e di osservare schematicamente il sangue che attraversa tutto il corpo, tenendo conto che il sangue è l’espressione fisica dell’io umano. Vedremmo come l’io lavora, entrando in contatto col mondo esterno da cui riceve le impressioni, condensandole poi fino a rappresentazioni; vediamo cioè che in tutto ciò il sangue non solo è attivo, ma stimola di continuo il corpo eterico (più verso l’alto, meno verso il basso), sì da provocarvi ovunque correnti con un decorso ben determinato. Appaiono come congiunte al sangue, vanno dal cuore verso il capo, dove si riuniscono. Usando ora un altro confronto, esse si raccolgono come correnti elettriche in una punta opposta a un’altra punta, tendendo a compensare elettricità positiva con elettricità negativa.

 

Osservando il processo occulto mediante esercizi interiori, vediamo come le forze eteriche si condensino in un punto sotto una tensione fortissima: sono le forze eteriche provocate dalle impressioni che tendono a diventare rappresentazioni mnemoniche e ad imprimersi nel corpo eterico. Si vede come le forze eteriche vogliono diventare forze di memoria, Vorrei ora disegnare le ultime propaggini delle correnti eteriche dirette verso il cervello e il loro concentrarsi, proprio come le si può osservare. Si vede una forte tensione che si raccoglie in un punto, e sembra dirsi: voglio penetrare nel corpo eterico!

 

Vediamo così contrapporsi alla corrente della testa altre correnti, provenienti soprattutto dai vasi linfatici e che si riuniscono contrapponendosi alla prima. Quando si forma una rappresentazione mnemonica, si concentrano e si contrappongono dunque con la massima forza nel cervello due correnti eteriche, in modo simile a quello in cui possono contrapporsi con la massima tensione l’elettricità positiva e negativa tendente al pareggio.

 

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Quando poi fra quelle due correnti eteriche si è in effetti compiuto un pareggio, una rappresentazione è diventata rappresentazione mnemonica e si è incorporata nel corpo eterico.

 

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Queste realtà soprasensibili, queste correnti soprasensibili nell’organismo umano si esprimono creando un organo fisico- sensibile, che dobbiamo considerare appunto come la loro possibilità di essere percepibili ai sensi. Abbiamo dunque in noi un organo, situato nella parte centrale del cervello, che è l’espressione fisico-sensibile per le rappresentazioni mnemoniche. A quest’organo se ne contrappone un altro nel cervello che è l’espressione delle correnti nel corpo eterico che vengono dagli organi inferiori. Questi due organi del cervello umano sono l’espressione fisico-sensibile per le due correnti del corpo eterico; sono per così dire gli estremi indizi dell’esistenza di tali correnti nel corpo eterico. Le due correnti si condensano per così dire fino ad afferrare la sostanza corporea umana e a farne quei due organi. Si ricava realmente l’impressione che le luminose correnti passino dall’uno all’altro organo. L’organo fisico che vuole formare la rappresentazione mnemonica è l’epifisi, o ghiandola pineale, e la parte che accoglie è l’ipofisi, o ghiandola pituitaria.

 

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Abbiamo dunque in un punto ben preciso dell’organismo fisico l’espressione fisica della cooperazione tra la sfera animica e quella corporea!

 

Ecco i fatti che ho voluto esporre per il momento solo come una descrizione preliminare; domani mi riallaccerò ad essi, dicendo qualcosa di più preciso e di più dimostrabile. E importante fissare questi pensieri con precisione per investigare la sfera soprasensibile e chiedersi: esiste realmente la prevedibile espressione fisica della realtà soprasensibile? Abbiamo visto che questo è il nostro caso. Poiché abbiamo qui una porta d’ingresso dalla sfera sensibile a quella soprasensibile, si capisce che quei due organi siano di oscuro significato per la scienza ufficiale, e che essa ne possa dare solo informazioni inadeguate e insufficienti.