Esperienze sovrasensibili nel sogno


 

Il nostro argomento riguarderà il modo in cui i Mondi Superiori si manifestano all’anima dell’uomo che sogna. Nel trattare questo argomento noi non partiamo da un preconcetto scientifico-spirituale pari al preconcetto materialistico su cui si basa la moderna psicoanalisi. Questa dice: “Non esiste che il mondo dei sensi. Dunque il sogno non può contenere altro che il suo riflesso soggettivo”. Noi invece non diciamo: “Il mondo spirituale esiste. Dunque in qualche modo deve manifestarsi anche nel sogno”.

 

Se partendo da questo preconcetto noi volessimo ora speculare e arzigogolare sui sogni per cogliere in essi un ipotetico supervalore spirituale, cadremmo tosto in quel dilettantismo superficiale che inficia la psicanalisi. In questo nostro esame della complessa vita dei sogni, noi vogliamo rispettare il rigore scientifico. Non vogliamo fare dell’arte poetica, ma della scienza esatta. Perciò partiamo non da un sogno come tale, ma dalla sua diretta esperienza. La nostra vuol essere scienza sperimentale del sogno. Perciò non diremo nulla che abbia soltanto valore di pura ipotesi, di deduzione logica. Tutto quanto verrà esposto oggi è stato veramente sperimentato. Solo questa diretta ed immediata esperienza può dirci quando e come nel sogno si manifesti la presenza di un mondo che non è quello dei sensi.

Nel sogno si offre all’uomo per la prima volta la possibilità di fare delle esperienze soprasensibili.

L’uomo che le attraversa sa che in quel momento la sua anima viene toccata da qualcosa ch’egli ancora ignora ma che non esiste assolutamente nel mondo dei sensi. Si tratta perciò di un’esperienza soprasensibile, la quale tuttavia s’impone all’anima con una forza che fa cadere ogni dubbio sulla sua vera natura.

 

Prima di addentrarci piú profondamente nell’argomento, vogliamo considerare le basi tecniche del sogno.

Perché l’uomo si addormenta e sogna? La Scienza dello Spirito ce ne offre la spiegazione. Essa c’insegna che l’uomo è costituito da quattro arti: il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e l’Io. La coscienza di veglia è caratterizzata dalla stretta connessione di questi quattro arti. Durante il sonno però questa connessione è rotta. L’uomo che giace nel suo letto profondamente addormentato è un essere diviso in due parti. Una parte – cioè il corpo fisico e il corpo eterico – è rimasta nel mondo dei sensi, l’altra parte – cioè il corpo astrale e l’Io – ha abbandonato la prima e si libra nel Mondo Soprasensibile. Questa speciale condizione di separazione degli arti lo rende inconscio tanto nel mondo fisico che nel Mondo Spirituale. È facile rendersene conto.

 

• Nel mondo fisico egli ha bensí il suo apparato dei sensi, ma non ha l’anima per ricevere le percezioni.

Egli vive, vegeta, ma non sente.

• Nel Mondo Soprasensibile ha bensí l’anima atta ad accogliere le impressioni,

ma non ha un’organizzazione sensoriale per trasmetterle. Egli pensa, sente, ma non percepisce.

 

Perciò vive immerso nella piú profonda incoscienza,

tanto al di qua che al di là della soglia che separa il mondo fisico da quello Spirituale.

Tale stato d’incoscienza è proprio del sonno profondo senza sogni.

Ma c’è anche uno stato di transizione tra coscienza di veglia e incoscienza di sonno, ed è lo stato di sogno.

 

Questo stato si presenta normalmente quando il corpo astrale si mette in moto per abbandonare il corpo eterico e quello fisico, oppure quando rientra in essi o ne riprende graduale possesso. È giusto considerare perciò il sogno come un movimento del corpo astrale.

Quando il rapporto tra il corpo astrale e i due arti inferiori è alquanto allentato, il primo può manifestare la sua natura di creatore d’immagini e ne nasce il sogno. In questo particolare stato intermedio, il corpo astrale è atto a ricevere impressioni da due mondi. Dal mondo dei sensi per quel tanto che esso è ancora vincolato al corpo fisico, e dal Mondo Soprasensibile per quel tanto che già si è esteso oltre il corpo fisico ed è entrato in relazione con la spiritualità.

 

Attraverso il corpo astrale, due mondi fanno sentire nel sogno la loro influenza:

• il mondo dei sensi    • e il Mondo dello Spirito.

Perciò il sogno può essere

• tanto pura e semplice reminiscenza di avvenimenti vissuti dall’anima durante il giorno,

• quanto elevato messaggio del Mondo Spirituale.

 

Da ciò si comprende che generalizzare è impossibile. Bisogna distinguere caso per caso e ciò in pratica è oltremodo difficile. Non si tratta infatti di fare una distinzione solo formale, ma essa deve riguardare la stessa sostanza del sogno.

 

Una stessa forma, una stessa immagine di sogno, per esempio quella di immersione nelle acque,

può nascere benissimo

• tanto da un’impressione sensibile    • quanto da un’esperienza soprasensibile dell’anima.

• L’elemento decisivo del giudizio sta nel contenuto animico,

sta in ciò che l’anima prova e sente nel momento del sogno.

 

Da ciò si vede che ben poco si può arguire dalla pura e semplice narrazione del sogno, tanto piú che il piú delle volte colui che fa il racconto del suo sogno trascura di metter in mostra lo stato d’animo che esso aveva suscitato. Ma è soltanto questo stato d’animo che può dirci con sicurezza da che parte il sogno sia provenuto.

 

Vogliamo chiarire con un esempio come sia difficile raggiungere un giudizio sicuro basandoci sulla pura immagine sognata. Un uomo sogna di camminare sul mare. Poiché quest’uomo ha già fatto esercizi esoterici ed è riuscito a portare una certa misura di coscienza oggettiva dentro il suo mondo onirico, sa che in quel momento i suoi piedi sono alquanto freddi. Ha nello stesso tempo l’immagine del mare sul quale cammina e la lontana sensazione fisica dei suoi piedi freddi. Collega i due fatti, ne vede la relazione, ma vi è in lui un sentimento particolare il quale lo avverte che tutto ciò è di secondaria importanza di fronte a ciò che veramente esperimenta la sua anima. In lui vi è questo senso dominante su ogni altro: “In questo momento mi sto avviando a un luogo sacro, a un santuario dove accadrà qualcosa di straordinariamente importante”.

 

Questo sentimento non è in alcuna relazione diretta con i piedi freddi e con la visione del camminare sul mare, eppure soltanto esso è il fatto dominante di quel sogno. Dallo stato d’animo ch’esso genera, che è completamente indipendente dall’immagine e dalla sua causa fisiologica, si può arguire che un elemento soprasensibile si è fatto valere in quel momento È lecito dire che il Mondo Spirituale ha colto quell’occasione per manifestarsi. Poi il sogno magari decade. In luogo del santuario si presenta un albergo equivoco e l’anima si riempie di reminiscenze della vita di veglia. Da questo momento in poi potrebbe essere anche valida l’interpretazione psicanalitica. Essa scoprirebbe molti fatti interessanti, meno naturalmente quel solo ed unico che ha pieno valore oggettivo.

Dobbiamo ripetere ancora una volta che soltanto lo stato d’animo che prevaleva nel momento del sogno può dire che cosa stava veramente alla base dell’esperienza onirica dell’anima.

 

Esaminiamo ora un altro sogno. Il signor Mario Bianchi sogna di essere in visita da un suo amico. Questo lo introduce in un salotto e gli offre sigarette e liquori. L’attenzione di Mario Bianchi è però stranamente attratta da alcuni quadretti che pendono dalle pareti. Egli chiede: «Che cosa sono quei quadretti?» L’amico risponde: «Sono fotografie che ho fatto durante il mio soggiorno a Parigi». Il signor Mario Bianchi si alza, si avvicina a un quadretto e lo osserva attentamente. C’è qualcosa in lui che lo avverte che la fotografia ch’egli guarda è meritevole di incondizionata ammirazione. La scena non ha niente a che fare con una città europea, ma rappresenta un paesaggio equatoriale con alti monti, strani animali ed indigeni. Ed ecco improvvisamente questa scena si anima e diventa viva. Dapprincipio il signor Mario Bianchi può ancora osservare da spettatore, ma poi ne viene semplicemente assorbito. Perde la coscienza di essere in visita da un amico e di stare ad osservare un quadretto appeso alla parete del suo salotto. Ormai egli è dentro la visione e diventa il protagonista di drammatiche vicende, di cui però ben poco si ricorda al risveglio. Tuttavia può analizzare con obiettività il sogno e dire a se stesso: “Fino al momento in cui mi sono alzato e mi sono avvicinato alla parete per osservare il quadro, il sogno non era altro che una semplice reminiscenza della vita di veglia, perché il mio amico è stato veramente a Parigi e ne fa un gran parlare. Ma poi è intervenuto qualcosa di completamente diverso. La mia anima è stata come assorbita dalla sua visione, è passata da una sfera a un’altra sfera ed è vissuta in un elemento soprasensibile. Il modo particolare con il quale ho esperimentato il sogno, me ne rende assolutamente certo”.

 

Il nostro signor Bianchi partecipa attivamente alla vita politica e se ne agita forse piú del bisogno. Una notte sogna di prendere il treno per Milano. Durante il viaggio apprende però con terrore che quel treno non arriverà mai a Milano e che non si fermerà se non quando sarà giunto in un lontano paese straniero È il paese dei nemici politici del signor Bianchi. Perciò egli comincia a tremare dallo spavento e mille pensieri angosciosi gli affollano la mente: “Che sarà mai di me! Forse mi condurranno in prigione, forse mi fucileranno, forse sarò rinchiuso in un campo di sterminio, forse mi deporteranno e non vedrò mai piú i miei cari”. Tutti questi “forse” lo tengono naturalmente stretto nella ferrea morsa dell’angoscia. In questo stato d’animo si volge verso il finestrino e vede un ameno e ridente paesaggio alpino. Ci sono dei fianchi di monte coperti di abeti, c’è una valletta attraversata da un ruscello e c’è un prato tutto fiorito. Egli sente il drammatico contrasto che c’è tra la sua anima spaventata e quel paesaggio beatificante. Esclama: «Oh, come erano belli i miei giuochi di fanciullo!» Detto questo non è piú nel treno, ma è in mezzo alla natura serena. Non si ricorda nemmeno piú quel convoglio orribile che corre verso un paese inumano, vive ormai sommerso da un’onda di beatitudine.

 

Al risveglio può fare la netta distinzione degli elementi del suo sogno. Nel momento in cui ha posato gli occhi sul finestrino, è entrato in un mondo superiore. Certo un mondo che agiva con piú forza in lui durante gli anni della fanciullezza, ma che non è del tutto spento. Si è ritirato dalla sua anima, ma ora gradatamente ritorna. Lo sa anche da un altro segno. Quel sogno non è svanito al risveglio; la sua immagine sí, la sua forza no. Quella forza è rimasta in lui e lo ha reso piú sereno nelle lotte della vita.

 

Il nostro personaggio sogna un’altra volta di essere in una chiesa affollata di fedeli in attesa dell’inizio del sacro rito. Intanto compaiono tre preti greci con i loro caratteristici copricapo. Uno di essi si trascina un grosso cane restio. Un senso d’indignazione riempie l’anima del signor Bianchi. Egli sa che sugli antichi templi di Grecia era scolpita l’iscrizione “Lungi i cani ed i profani” e che quel cane in chiesa indica palese profanazione del luogo santo. Scruta le facce degli altri fedeli per indovinarvi i sentimenti e s’accorge che in tutti l’indignazione è soverchiata dalla meraviglia. Quel cane cosí mogio e riluttante sembra assai piú saggio degli uomini. Anche il signor Bianchi deve però ammettere che quel cane in chiesa in compagnia dei sacerdoti rappresenta un caso tanto inaudito da far mozzare il respiro. Certo quei sacerdoti stanno per mostrare un miracolo. L’anima del signor Bianchi si riempie d’un grande senso d’attesa. Ma non accade proprio nulla di speciale. I tre preti conducono il cane ad un altare laterale, gli fanno annusare le reliquie d’un santo e lo sciolgono dal guinzaglio. Il cane, appena libero, fugge verso l’uscita.

 

Il signor Bianchi al risveglio sa di avere ricevuto una lezione. Egli deve dirsi che lui stesso molte volte si reca nel tempio con i cani, cioè con i suoi cattivi impulsi. Questi sono restii ad entrarci, sono insomma malvagi non per loro natura, ma per il cattivo uso ch’egli ne fa. È vero che qualche volta egli viene trascinato dalle sue passioni, ma è altrettanto vero che altre volte egli le mette al laccio e se le trascina dietro anche quando esse vorrebbero fuggire. Perciò non può accadere il miracolo ch’egli si aspetta. Non lo abbandona tuttavia la speranza che quando non farà piú cattivo uso delle sue forze istintive, queste riveleranno la loro vera natura ed egli potrà allora assistere nel tempio al vero miracolo dei cani.

 

La narrazione di questi tre sogni ci ha permesso di far notare come spesso entro le immagini che sorgono nell’anima durante la notte si facciano valere due sfere dell’esistenza: quella sensibile e quella soprasensibile. Perciò il sogno può essere nello stesso tempo reminiscenza della vita di veglia e pura esperienza spirituale. La distinzione tra i due elementi non è sempre possibile. Solo poche volte l’anima riesce ad avvertirla chiaramente, ma ciò basta per dare all’uomo la reale esperienza e l’esatto concetto del sogno.

 

Converrà spendere qualche parola sulla cosiddetta reminiscenza, anche sul conto della quale non ci si forma di solito concetti esatti. La scienza di solito parla di una “deformazione” che subirebbero le esperienze di veglia quando si presentano nel sogno. La realtà vissuta apparirebbe cosí disfigurata nel sogno come l’immagine dell’uomo negli specchi concavi e convessi dei baracchini da fiera. Anzi la deformazione sarebbe talvolta cosí radicale da impedire il riconoscimento nell’immagine distorta della reale figura dell’oggetto.

 

Questi concetti, anche se vogliono essere scientifici, si basano su un malinteso e su scarso spirito d’osservazione. In realtà non avviene mai nel sogno una deformazione dell’esperienza vissuta, ma una trasformazione, o meglio una creazione ex novo di altre immagini.

 

Ciò che risorge nell’anima come reminiscenza non è la rappresentazione mnemonica della vicenda vissuta,

bensí l’intimo sentimento che l’aveva accompagnata.

E questo sentimento per esprimersi può giovarsi di tutt’altre immagini.

Il sentimento che riaffiora è lo stesso, ma la situazione è ricreata.

 

Vogliamo ricorrere anche a questo proposito a degli esempi reali. Il signor Mario Bianchi, pacificamente seduto in poltrona, sta leggendo il giornale. Un suo congiunto, passando per la stanza, è attratto da un grosso titolo e s’avvicina per dare un’occhiata. Per qualche secondo un’ombra viene proiettata sulla pagina che il signor Bianchi sta leggendo ed egli prova un leggero senso di fastidio. Poi la persona che ha fatto ombra s’allontana e il signor Bianchi può continuare indisturbato la sua lettura.

Dopo qualche giorno il signor Mario Bianchi sogna di essere a teatro e di assistere a una commedia che gli dà molto gradimento. Ed ecco che sul piú bello capita un’antipatica signora con un maestoso cappello e si siede proprio nella poltrona davanti a quella del signor Bianchi. Questi non riesce a vedere perciò la scena e comincia a smaniare. Ma per fortuna dopo qualche tempo la signora si leva il cappello e il signor Bianchi torna a godersi lo spettacolo.

Al momento del risveglio, il signor Bianchi esclama: “Che strano sogno!” e comincia a cercare negli angolini della sua memoria se qualche analogo episodio gli sia veramente occorso da sveglio. Fatica inutile! Almeno cento volte a teatro e al cinematografo è stato disturbato da cappelli alti, da teste grosse e da spalle larghe. Come stabilire il nesso della reminiscenza? Il signor Bianchi non se ne preoccupa piú di tanto e riprende a dormicchiare. Nel dormiveglia gli occorre un caso fortunato: due immagini compaiono una accanto all’altra nella sua anima, quella della signora antipatica col mastodontico cappello e quella del congiunto che getta ombra sul suo giornale.

 

Cosí, “per caso”, il signor Bianchi scopre il nesso tra il fatto reale e la reminiscenza del sogno. Egli ha risperimentato nel sogno il senso di fastidio, ma in una situazione del tutto diversa. Cosí sa che il sogno sdegna il plagio impotente ed è un artista creatore dalla fantasia inesauribile. Non deformazione della realtà avviene dunque nel sogno, come pensano gli uomini piccini che non sanno osservare, ma trasfigurazione artistica piena di potenza e di drammaticità.

 

Un’altra volta il signor Mario Bianchi fa un sogno drammatico. In piena notte, nell’oscurità quasi completa, egli deve passare per un quartiere malfamato della città. Ha dinanzi a sé viuzze strette e tortuose, vicoli ciechi, antiporte lerce, portali tenebrosi e tutto ciò gli fa l’impressione di un labirinto saturo di ragnatele. Per di piú il pericolo incombe da ogni parte. Ogni angolo oscuro può celare un malvivente pronto a derubarlo e ad accoltellarlo. L’anima sua è però sostenuta da questo sentimento: “Molte altre volte son già dovuto passare per questo luogo miserabile e sempre con un senso di grande paura. Oggi invece non provo piú paura e posso perfino apprezzare l’aspetto pittoresco di questi muri sgretolati e ammuffiti e di questi cenci pendenti dalle finestre”. Cosí, pieno di coraggio, attraversa quel luogo terribile senza che gli accada nulla di male.

 

Il giorno dopo, ripensando al sogno, ne comprende il significato. Qualche giorno prima aveva ricevuto la visita di un suo compagno di studi, che ora fa il professore di fisica. Di solito queste visite gli facevano assai male, perché il suo compagno era un materialista convintissimo. Ne nascevano discussioni penose nelle quali il professore di fisica, piú agguerrito di argomenti e piú dialettico, demoliva spietatamente la concezione spirituale del mondo che viveva nella sua anima. Egli se ne risentiva, ne restava avvilito e gli pareva che fosse stato derubato, depredato, che un bene prezioso gli fosse stato tolto dall’anima. Durante l’ultima visita però le cose si erano svolte diversamente. Egli aveva lasciato cadere ogni inutile discussione, conscio che l’alto ideale che viveva in lui non era sostenuto da parole, ma da una intima e irremovibile certezza.Una nuova forza era sorta nella sua anima e si era manifestata nel sogno. Ora poteva passare senza paura nei tortuosi meandri del materialismo, poteva perfino apprezzare la “ragnesca” complicatezza della loro costituzione. Non ne rimaneva piú leso.

 

Oggi si pensa che quando si è trovata qualche stretta attinenza tra processi del corpo e processi dell’anima, si sono ascese le piú alte vette del sapere. Perciò il cosiddetto parallelismo psico-fisiologico viene considerato come una delle piú grandi conquiste della psicologia moderna. Non fa meraviglia dunque che anche per spiegare il sogno si sia escogitata una teoria fondata su questo parallelismo. Le argomentazioni relative sono naturalmente molto sottili, molto intelligenti, ma tradotte nel linguaggio povero, volgarizzate, possono essere espresse nel modo seguente. L’uomo per vivere ha bisogno di mangiare. Non tutto il cibo viene però digerito, assimilato dall’organismo. Le scorie vengono eliminate, evacuate, altrimenti si trasformerebbero in potenti veleni. Similmente l’anima si nutrisce con le impressioni del mondo esterno, ma non è in grado di assimilarle del tutto. La parte piú greggia dev’essere eliminata. Questo processo di eliminazione avviene nel sogno, durante il quale l’anima espelle da sé come scoria non assimilata il residuo delle sue impressioni sotto forma di reminiscenza. Insomma – perdonatemi l’espressione! – i sogni sarebbero le feci psichiche dell’uomo, sarebbero la scarica nervosa che libera l’anima dalle sostanze non assimilabili. Alcuni individui però vanno soggetti alla stitichezza psichica. Non riescono ad evacuare l’anima e ne restano intossicati. Cosí sorgono molte malattie nervose e psichiche. Contro queste malattie, da secoli, la Chiesa ha provveduto con la confessione sacramentale e, nei tempi moderni, la scienza con quella confessione razionale ed integrale che è la psicanalisi. Voi avete già capito il senso di questa teoria: la confessione e la psicanalisi sono, assolutamente fuori di metafora, il clistere, l’enteroclisma dell’anima.

 

Non è ora il caso di fare della critica di una tale concezione materiale della vita animica. Ci basterà far rilevare che, per quanto riguarda il sogno, essa pecca di scarso spirito d’osservazione. Abbiamo già dimostrato che la reminiscenza del sogno non è un residuo grossolano della realtà, ma una trasfigurazione artistica. Perché l’anima deve ripassare con un puro processo interiore attraverso le sue esperienze? Quale è il valore delle reminiscenze del sogno? Io credo che ogni uomo che abbia veramente osservato i suoi sogni, può rispondere con sicurezza a queste domande senza cadere nei travisamenti dei preconcetti di una pseudo-scienza. E la risposta basata sull’osservazione e non sulla speculazione, non può che essere questa: l’anima ripassa nel sogno le sue esperienze vissute per formarsene il giusto giudizio morale. In tal senso il sogno è proprio l’opposto di ciò che viene ritenuto dalla concezione materiale che prima abbiamo esposto. Esso non è un residuo che l’anima espelle, ma un sublimato etico accolto per l’eternità. Contro ciò si potrà obiettare che molto spesso i sogni non hanno in sé nulla di morale, che talvolta ripugnano il nostro senso di giustizia e di bontà. Nel sogno compiamo delle azioni che da desti non compiremmo mai.

 

Questo è perfettamente vero, ma anche in tale fatto consiste il valore morale del sogno. Il sogno ci libera dall’illusione riguardo a noi stessi, rivela che nella nostra natura piú profonda è insita una potenzialità di male e di peccato che noi il piú delle volte ignoriamo. È l’inferno che portiamo in noi senza sapere. Venirne a conoscenza è già un atto morale. Senza questa conoscenza, non potremmo mai elevare e nobilitare la nostra natura. Se il sogno ci rivela qualche grave e occulta pecca del nostro essere, siamogli pur grati!

 

Ora dobbiamo parlare di un’esperienza tipica del sogno, la quale di solito viene trascurata dalla psicologia ufficiale. Questa speciale esperienza può essere espressa cosí: nel sogno si sogna di svegliarsi. È da notare in particolar modo che questa esperienza è del tutto verosimile. Dapprima l’anima è immersa in un sogno qualunque; poi prova la sensazione del risveglio. Chi passa per questa esperienza, si ritrova nel suo letto e vede intorno a sé quell’ambiente che gli è ben familiare. A questo punto subentra però qualcosa di grave, di pauroso. Egli ha l’impressione che un pericolo imminente incomba su di lui. Protende affannosamente la mano verso il bottone della luce, ma per quanto lo prema la stanza non si rischiara. Cosí gli sorge l’idea che la corrente sia interrotta e allora si mette a frugare nel cassetto del comodino per cercarvi dei fiammiferi. Riesce a trovarli, ma sono umidi e non s’accendono. E intanto il pericolo e l’affanno crescono a dismisura. Egli ode dei passi. Qualcuno è entrato nella sua abitazione. Chi sarà? Un ladro? Un assassino? Un demone? Ecco, la maniglia s’abbassa, la porta s’apre, l’informe pericolo avanza implacabile… e succede il risveglio. Questa volta si tratta del vero risveglio. Esso ha però una sfumatura particolare, è meno netto, meno sensibile. Tra il prima e il poi, tra il sogno e il risveglio, c’è continuità d’ambiente, c’è quasi continuità di coscienza, e talvolta c’è perfino continuità di avvenimenti. Perché accade talvolta che uno sogni di essere sveglio nel suo letto e di veder entrare nella stanza la moglie col vassoio del caffè e latte e quando si sveglia la sua cara è davvero davanti che gli porge la prima colazione.

 

Questi sogni del risveglio possono ripetersi a intervalli piú o meno regolari, talvolta con insistenza. La situazione che rappresentano è sempre altamente verosimile con vicende drammatiche. Chi li esperimenta, deve alla fine dirsi: «Mi sono sognato di essere sveglio, ma in realtà non era che un sogno. E tuttavia anche nel sogno una specie di risveglio c’è stato: la mia coscienza è aumentata».

Vedete, proprio in ciò sta l’essenziale di questo genere di sogni, in quanto graduale accrescimento di coscienza che alla fine colpisce e scuote l’anima. Il sogno stesso provoca questo aumento di coscienza con arte da maestro. Ci pone in situazioni tali che hanno perfetta attinenza con la realtà, che spesso sono come una profezia di ciò che deve accadere.

 

Una persona, per esempio, si è proposta di recarsi l’indomani dal medico. Durante la notte sogna di trovarsi nell’ambulatorio di quel medico e ciò con estrema vivacità e naturalezza. Il sogno, pur essendo sogno, si differenzia dagli altri sogni per la maggior partecipazione dell’anima.

Cosí, poco alla volta, chi passa attraverso queste esperienze, comincia a fare una distinzione nel mondo dei suoi sogni. Egli divide i sogni soliti da quelli in cui la sua coscienza subisce un lieve aumento. È molto lontano dall’essere coscienza di veglia, ma non è piú coscienza di sogno.

 

Dopo che il sogno stesso è stato il primo “risvegliatore” di questa coscienza,

l’anima stessa comincia a lottare per mantenerla e per aumentarla.

È una lotta altamente drammatica che dura a lungo, con alterne vicende, con moltissime sconfitte e con rare vittorie,

ma appunto perciò piú preziose per l’anima.

 

Vogliamo ora mostrare i mezzi di questa lotta. Il nostro Mario Bianchi è immerso nel sogno. Improvvisamente ha l’impressione che la sua coscienza rimonti a galla. Egli si dice: «In questo momento io sogno e so di sognare. E questo sapere di sognare non è un sogno nel sogno, non è una illusione nell’illusione. Lo dimostra il fatto che io ho la coscienza della mia personalità».

E qui comincia l’aspra lotta. Il sogno prosegue il suo corso. Mario Bianchi per mantenere la sua coscienza comincia a compitare: «Io mi chiamo Mario Bianchi. Sono nato a Roma il 1° gennaio 1900. Faccio di professione l’impiegato statale». Chiama alla sua coscienza altre caratteristiche della sua personalità, ma non può continuare a lungo. Il sogno è piú forte di lui e finisce col riassorbirlo.

 

Altre volte avviene che Mario Bianchi, trovandosi in questa condizione di sogno, faccia ricorso all’intimo contenuto della sua anima. Per mantenere la coscienza chiama in aiuto non piú la sua personalità esterna, ma gl’impulsi religiosi piú profondi. Nello stato di sogno comincia a pregare. Non sempre, s’intende, ma soltanto in quella del tutto speciale condizione di sogno che ora stiamo esaminando. E tuttavia egli può dire a se stesso: «Posso pregare tanto da sveglio quanto da dormiente. Cosí ho stabilito il primo precario ponte tra coscienza di veglia e coscienza di sogno».

Ben s’intende che se il signor Mario Bianchi ha fatto degli esercizi esoterici per progredire nella conoscenza, s’accorge che per mantenere la sua coscienza durante quello stato speciale di sogno di cui ora stiamo parlando può ricorrere al contenuto delle sue meditazioni. Gran parte della sua coscienza di veglia si spegne nel dormire, ma quella parte di essa che è stata fortificata dalle meditazioni ricomparisce – dapprima soltanto per brevi momenti – durante lo stato di sogno. Con ciò si presenta un fatto del tutto nuovo. La coscienza oggettiva si congiunge con la coscienza soggettiva, la percezione dei sensi con la visione delle immagini, e l’anima esperimenta un modo di essere che prima le era del tutto sconosciuto.

 

Cerchiamo di descrivere ciò nella sua concretezza. Si sogna, per esempio, di essere sulle ali di un grande uccello il quale ci trasporta con sé nel suo volo. E mentre si esperimenta questa immagine si sa ch’essa nasce in parte dal corpo astrale che si è messo in moto e in parte dal corpo fisico che giace su di un piumino. Oppure si sogna di essere assaliti da un cane che ci morde la mano destra, e si sa nello stesso tempo che quella bestia è la oggettivazione di una nostra cattiva passione, e che ci morde la mano perché con quella mano noi abbiamo fatto durante la giornata un gesto indecoroso.

Col raggiungimento di questo affatto speciale modo di essere che unisce la coscienza degli oggetti con la coscienza delle immagini, l’anima ha compiuto il primo gradino della sua ascesa. Ora può ricevere con coscienza le primissime impressioni del Mondo Spirituale.