04 – Idea e evoluzione dello spazio


 

La rappresentazione e la conoscenza dello spazio che abbiamo oggi sono il risultato di tappe diverse. Nell’antichità l’uomo concepiva il mondo come una creazione staticamente ordinata, dove ogni cosa aveva il suo posto entro un universo armonioso e colmo di bellezza, il cosmo. Il greco non aveva ancora una parola per lo «spazio», ma solo topos per indicare un luogo. Egli aveva un’immagine topologica dell’universo con la Terra al suo centro.

Come già descritto è col passaggio all’Evo Moderno che questo racchiuso macrocosmo venne squarciato dilatandolo a spazio siderale infinito. Sull’onda di concezioni sempre più moderne esso si espanse assumendo una vastità inimmaginabile, senza più confini. Questo rigido spazio infinito trovò all’inizio del XIX secolo una nuova delimitazione nel «piano posto all’infinito», una formulazione della geometria sintetica risultata dai progressi della matematica.

 

Nel libro La mia vita Rudolf Steiner descrisse la profonda impressione di questa nuova idea della geometria sintetica:

• «Appunto dalla matematica derivò un’esperienza per me decisiva.

La rappresentazione dello spazio presentava insormontabili difficoltà interiori. Non si riusciva a cogliere pienamente e in modo soddisfacente col pensiero la concezione dello spazio come vuoto che si espande illimitatamente in tutte le direzioni, concezione allora dominante che costituiva il fondamento delle teorie scientifiche. Ma per mezzo della geometria moderna (sintetica), che approfondii sia al politecnico, sia come autodidatta, mi si presentò nell’anima la visione d’una linea che, prolungata all’infinito verso destra, ritorna da sinistra al punto di partenza. Il punto infinitamente lontano a destra è il medesimo che si trova infinitamente lontano a sinistra. Mi parve che con queste rappresentazioni della nuova geometria sì potesse afferrare concettualmente lo spazio che altrimenti si irrigidiva nel vuoto. La retta che in modo simile a un cerchio ritornava in se stessa fu per me una rivelazione. Uscii dalla lezione, durante la quale questa idea mi apparve per la prima volta, come se mi fossi liberato di un grosso peso. Mi pervase un sentimento di liberazione. Ancora una volta, come già nell’infanzia, dalla geometria giunse qualcosa che mi colmò di felicità».

 

La geometria sintetica insegna che si deve pensare lo spazio con due delimitazioni: una verso l’esterno, che si può chiamare «piano posto all’infinito», e un’altra verso l’interno, per la quale non c’è alcuna espressione significativa. Si potrebbe parlare di «centro originario». In modo corrispondente il limite esterno potrebbe essere denominato «periferia originaria».

La geometria sintetica insegna che in relazione a queste due delimitazioni sono possibili due spazi, a seconda che si pensi che lo spazio vada espandendosi dal centro originario o provenga dalla periferia originaria. I due spazi si possono caratterizzare come «spazio-punto» e «spazio-superficie». Ci si è abituati a chiamare positivo lo «spazio-punto», e negativo lo «spazio-superficie». Entrambi gli spazi sono ugualmente grandi e si compenetrano. L’inizio dell’uno costituisce la fine dell’altro.

Mediante le concezioni della geometria sintetica l’idea dello spazio ha trovato una valida formulazione. Questo conseguimento è di estrema importanza per la complessiva conoscenza della natura. Tuttavia, le scienze naturali moderne non hanno ancora accolto e preso sul serio il concetto di spazio della geometria sintetica. Esse conoscono solo lo «spazio-punto», e non tengono conto dello «spazio-superficie».

Le scienze naturali hanno a che fare con forze. Devono dunque esistere delle forze che portano a manifestazione lo spazio, e ciò (secondo la geometria sintetica) può avvenire in due modi: a partire dal centro originario, o dalla periferia originaria.

 

Le forze che consentono questo sono le forze fisiche e quelle eteriche.

Le forze fisiche hanno come loro origine il centro originario da dove agiscono irraggiando nello «spazio-punto».

Le forze eteriche agiscono dalla periferia originaria, loro luogo di origine,

e irraggiano verso l’interno entro lo «spazio-superficie».

Per tale motivo sono anche chiamate forze periferiche o universali.

 

Lo spazio pervaso dagli eteri lo si designa comunemente «spazio negativo» o «contro-spazio»,

quello delle forze fisiche lo si chiama «spazio positivo».

Forze fisiche e forze eteriche si compenetrano, come pure si compenetrano spazio positivo e negativo.

Lo spazio entro cui esistiamo noi uomini e la natura risulta da questo duplice complesso di forze.

 

Tutte le forze note alla scienza sono tali da poter essere pensate attive partendo da un punto e sono calcolabili matematicamente come forze potenziali. Le altre forze, che hanno come origine il piano all’infinito, non si possono afferrare col calcolo matematico. Forse è proprio questo il motivo per cui la scienza non ne tiene conto, poiché per essa è reale solo quanto è calcolabile.

I pensieri sullo spazio esposti sopra non sono ancora stati accolti dalla scienza moderna. La corrente nominalista, nel pensiero occidentale, ha portato ad insicurezza e confusione di fronte al problema dello spazio. Per la filosofia kantiana infatti lo spazio non è alcun concetto di una realtà oggettiva, bensì una concezione soggettiva delle cose sperimentabili.

Nel suo libro Il problema dello spazio, per il quale Albert Einstein ha scritto l’introduzione, il fisico Max Jammer espone lo sviluppo delle teorie sullo spazio dall’antichità alla fisica moderna.

Nell’ultimo capitolo scrive:

• «A conclusione delle nostre ricerche sul problema della dimensionalità dobbiamo riconoscere che fino ad oggi non è stata trovata alcuna soluzione soddisfacente. Le parole di H. Grassmann, da lui pronunciate nel 1844, non sono ancora state confutate: “E evidente che il concetto di spazio non può assolutamente essere generato dal pensiero; esso ci si para dinnanzi sempre come qualcosa di dato. Chi volesse sostenere il contrario dovrebbe addossarsi il compito di dedurre la necessità delle tre dimensioni dello spazio dalle pure leggi di pensiero. Un compito la cui soluzione si presenta pressoché impossibile ”».

 

Jammer e l’intera scienza ignorano il saggio nel quale si trova la soluzione di questo compito e che rappresenta inoltre la confutazione della concezione kantiana dello spazio. Nel 1891 Rudolf Steiner scrisse un saggio nel terzo volume di introduzione agli scritti scientifici di Goethe: Il concetto goetheanistico di spazio.

Questo saggio fa parte dei contributi fondamentali per una nuova scienza naturale, ma fino ad oggi è rimasto completamente ignorato. In esso Rudolf Steiner dimostra per via di puro pensiero che lo spazio può avere solo tre dimensioni, e giunge alla conclusione che «lo spazio è un’idea, non una visione», come credeva Kant. Rudolf Steiner mostra che senza una concezione dello spazio che coincida con quella goetheanistica è impossibile la completa comprensione sia del suo lavoro sulla fisica, sia del lavoro svolto da Goethe.

Ne risultano conseguenze di ampia portata. Nell’introduzione venne esposta la visuale teoretico-conoscitiva secondo cui la realtà è costituita da percezione e pensiero. Se dunque lo spazio è un’idea sorge la domanda dove sia la percezione corrispondente. La risposta è: nelle dimensioni. Noi non percepiamo lo spazio, bensì le dimensioni, distanze, lontananze tra sopra e sotto, sinistra e destra, davanti e dietro, e chiamiamo «spaziale» ciò che ha dimensione.

 

Lo spazio si manifesta per mezzo delle dimensioni.

Possiamo porci la domanda anche sull’origine dello spazio.

 

Il fisico C.F. von Weizsàcker spiega che lo spazio ha avuto una volta origine

( spazio e materia sono nate nel medesimo tempo – materia = ciò che colma lo spazio).

 

La scienza dello spirito è in grado di dire che lo spazio nacque sull’antico Sole.

Qui divennero contemporaneamente realtà lo «spazio-punto» e lo «spazio-superficie».

La luce crea le condizioni per la comparsa dello spazio.

 

Un’altra rappresentazione insolita è quella dell’evoluzione dello spazio.

Un’idea, un essere, può comparire in modo completo o incompleto; in quest’ultimo caso si giunge alla completezza per gradi nel tempo. Il graduale avvicinarsi alla perfezione nella manifestazione è il fondamento dell’idea di evoluzione.

Ciò vale anche per l’idea dello spazio; anch’esso ha attraversato un’evoluzione, non si è pienamente dispiegato fin dall’inizio. Lo spazio pienamente sviluppato ha tre dimensioni.

Rudolf Steiner dichiarò una volta che le dimensioni sono comparse una dopo l’altra: sull’antico Sole la prima, nell’antica condizione lunare la seconda, e solo nell’attuale condizione terrestre è apparsa la terza dimensione. È certamente difficile da comprendere. Ci si dovrebbe immaginare un intero mondo composto solo da entità unidimensionali (di natura lineare); uno mondo a due sole dimensioni (che si manifesta in superfici); e soltanto nella nostra condizione terrestre è divenuta realtà la tridimensionalità.

 

 

Sull’antico Sole c’era uno spazio unidimensionale: unidimensionale positivo per mezzo dell’elemento aria e unidimensionale negativo attraverso l’etere di luce; sull’antica Luna, per l’aggiungersi dell’elemento acqua, lo spazio divenne bidimensionale positivo e contemporaneamente, per via dell’etere del suono, nacque anche lo spazio bidimensionale negativo; solo sulla Terra, con la comparsa dell’elemento terra, apparve la tridimensionalità positiva, e attraverso l’etere di vita si ebbe la tridimensionalità negativa. Si esporrà in seguito, sulla base dei fenomeni, il significato riposto in queste indicazioni sull’evoluzione dello spazio per la conoscenza della natura. Si rimanda il lettore al libro di Ernst Marti I quattro eteri, nel quale il problema della dimensionalità è esposto in modo esteso.