L’elaborazione della terapia dalla patologia

O.O. 312 – Scienza dello spirito e medicina – 24.03.1920


 

Sommario: Farmaci secondo il metodo Ritter. L’elaborazione della terapia dalla patologia. Il processo del carbonio e quello dell’ossigeno. La flora extraumana e quella intestinale. Pensieri e processo rappresentativo Teoria bacillare e predisposizione alla malattia. Secrezione e processo del pensiero. Metamorfosi della luce nell’organismo e tubercolosi. L’osservazione macroscopica del mondo e l’illusione della microscopia. Processo salino e processo sulfureo. Processo di mineralizzazione. Parallelismo nello sviluppo delle forme intestinali e delle forme cerebrali.

 

La discussione del pomeriggio di ieri è stata certo molto interessante, ma ora mi trovo di fronte a una domanda presentatami che mi obbliga a sottolineare nuovamente un concetto da me già esposto nei giorni scorsi. Un metodo adeguato per scoprire i rapporti tra i singoli rimedi e i singoli quadri morbosi potrà essere indicato solo dopo avere affrontato certi problemi preliminari, in modo da essere in grado di apprezzare la portata di certe conoscenze sui rapporti fra l’uomo e la natura extra-umana dalla quale ricaviamo i farmaci. In particolare, non è possibile parlare del rapporto di singoli farmaci con singoli organi, senza avere affrontato quei problemi preliminari, per il semplice motivo che tale rapporto non è affatto semplice, ma anzi alquanto complicato. Il suo vero significato può essere apprezzato solo dopo aver risolto certi problemi preliminari, come faremo oggi e forse anche domani. Allora però si avrà la possibilità di esaminare realmente il rapporto concreto fra singoli rimedi, e soprattutto fra certe procedure terapeutiche e singole malattie degli organi. In particolare, oggi vorrei aggiungere ancora qualche considerazione introduttiva che vi prego di voler provvisoriamente accettare, perché potrebbe gettare luce su vari problemi. Dovrò enunciare cose che a tutta prima urteranno la sensibilità di qualcuno, e devo proprio sottolineare che si tratta di argomentazioni che non possono non suscitare scandalo. Riallacciandomi a quanto è stato discusso qui nel pomeriggio di ieri, vorrei dunque pregarvi di considerare adesso l’altro lato del problema.

 

Certamente con nostra profonda soddisfazione sono stati menzionati qui ieri numerosi casi molto istruttivi di ben determinate guarigioni. Ora, io posso indicarvi un mezzo semplicissimo che farebbe diventare tali guarigioni molto più rare: ma vorrei indicarlo solo perché voi non lo usiate, mentre sembra tanto ovvio il volerlo applicare. Di questo mezzo io posso naturalmente parlare solo in una cerchia di persone con conoscenze di antroposofia.

 

Questo mezzo consisterebbe nel far di tutto per diffondere la terapia suggerita da M. Ritter. Nel caso dei successi terapeutici riferiti, voi non tenete conto del fatto che siete dei medici isolati. Può anche darsi che qualcuno sia consapevole che si trova isolato come medico, in contrapposizione alla gran massa degli altri medici. Ma dal momento in cui la terapia proposta dalla Ritter venisse insegnata all’università, e in cui voi non vi trovaste più all’opposizione, bensì la maggioranza dei medici applicasse quel metodo, ebbene da quel momento i vostri successi terapeutici diverrebbero assai più rari! Nella vita reale le cose sono spesso veramente strane, sono talvolta molto diverse da come ce le raffiguriamo. Il medico singolo ha naturalmente il massimo interesse a guarire il singolo paziente, e la moderna medicina materialistica ha cercato a questo proposito una specie di giustificazione per dover mirare solo a guarire il singolo paziente. La giustificazione consiste nell’affermare che non esistono affatto malattie, bensì persone ammalate. Questa giustificazione sarebbe un motivo valido, se anche nei riguardi della malattia gli uomini fossero tanto isolati, quanto oggi appare esteriormente. In realtà però gli uomini non sono così isolati: ha una grande importanza il fatto (da Lei, Dottor E., rilevato ieri) che certe tendenze patologiche sembrano abbracciare interi vasti territori. Dopo avere guarito un singolo ammalato, non si può mai appurare a quante altre persone sia stata appioppata la malattia in altri casi. Siccome di solito non si considera il caso singolo in connessione con tutto l’andamento generale, fatti come questi riescono tanto sconcertanti, se considerati singolarmente. Chi però tiene d’occhio il bene generale dell’umanità, deve proprio considerare questi problemi da un differente punto di vista.

 

Da questi fatti sorge la necessità di non orientarsi unilateralmente, solo dal punto di vista della terapia, ma di elaborare a fondo la terapia partendo dalla patologia. È proprio questo che vogliamo cercar di realizzare: l’introduzione di una certa razionalità in un campo nel quale altrimenti domina solo un pensiero statistico-empirico.

 

Oggi vorrei prendere le mosse da un fatto ben noto, del quale non si tien conto nell’ambito della scienza medica, mentre può fornire la base per una comprensione del rapporto fra l’uomo e la natura extra-umana. Ricordiamo anzitutto che l’uomo è un essere tripartito, strutturato in un sistema neuro-sensoriale, in un sistema circolatorio, cioè ritmico, e ih un sistema del ricambio. Il fatto in questione è il seguente: in quanto è un essere del ricambio, l’uomo si trova in un rapporto per così dire negativo con i processi che si svolgono nella natura esterna, nel mondo delle piante. Teniamo ben presente che nella natura esterna (considerando per il momento solo il mondo vegetale), nella flora, si può osservare la tendenza a concentrare in certo qual modo il carbonio, facendone la base di tutto il mondo vegetale. Le piante che ci circondano sono formazioni, sono organismi la cui essenza si fonda sulla concentrazione del carbonio. Non va dimenticato che questa tendenza si presenta anche nell’organismo umano: quest’ultimo ha però la caratteristica di annullare, distruggere quella formazione nel momento stesso in cui accenna a realizzarsi in una specie di « status nascendi », e di sostituirla con una formazione di tipo opposto. L’inizio di questo processo si trova in quello che nei giorni Scorsi ho chiamato l’uomo inferiore. Noi depositiamo il carbonio, diamo per così dire inizio con le nostre forze al processo del diventar-vegetale : poi però, sotto l’influsso della nostra organizzazione superiore, dobbiamo difenderci contro tale tendenza al « divenir piante ». Annulliamo quindi tale processo, opponendo l’ossigeno al carbonio, trasformandolo in acido carbonico e sviluppando così in noi stessi il processo opposto a quello tipico dell’esistenza vegetale.

 

A tali processi, opposti a quelli della natura esterna, va sempre prestata molta attenzione: così si perverrà a una comprensione sempre più profonda della realtà umana. Non si giunge a comprendere l’uomo come tale, pesandolo (e menziono il peso come simbolo per ogni metodo di valutazione fisica). Si comprenderà invece subito qualcosa perfino della meccanica-umana, considerando che il cervello, col suo peso medio di circa 1300 grammi, non può gravare con tale peso sulla base del cranio, perché tutta la rete dei delicati vasi sanguigni verrebbe schiacciata. Il cervello grava al massimo con un peso di venti grammi sulla sua base. Secondo il noto principio di Archimede, infatti, in realtà il cervello galleggia nel liquido cefalo-rachidiano; perciò la parte preponderante della massa cerebrale non esercita neppure il suo peso, annullato dalla spinta verso l’alto. Come in questo caso viene annullata la forza di gravità e noi non viviamo entro il peso fisico del nostro organismo, bensì nel suo annullamento, cioè nella forza opposta al peso fisico, così avviene nell’uomo anche per altri processi. In realtà noi non viviamo soggetti alle forze della fisica, bensì in ciò che delle forze fisiche viene annullato. Allo stesso modo non viviamo in verità nei processi analoghi a quelli che si svolgono nella natura esterna, che vengono portati a termine nel mondo vegetale; al contrario, viviamo in quanto siamo in grado di annullare il processo del diventar vegetale. Questo fatto acquista naturalmente la massima importanza quando si vuole gettare un ponte fra l’organismo umano malato e i farmaci di origine vegetale.

 

A questo punto il problema potrebbe sfociare in un grazioso bozzetto letterario. Da un lato, ecco il vivo e giustificato piacere che ci dà la contemplazione della bella flora che ci circonda nel mondo. Dall’altro, l’esperienza ben diversa che si ha, sezionando una pecora morta! Subito d si rende conto dell’esistenza di un altro tipo di flora, che tuttavia si sviluppa per cause assolutamente simili a quelle per cui si sviluppa la flora esterna. Sezionando una pecora morta, d viene incontro l’odore di putrefazione delle viscere: in questo caso, la formazione della flora intestinale susciterà in noi certamente meno piacere! A un fatto come questo occorre prestare molta attenzione. Si può infatti qui toccare con mano che le stesse cause che nella natura, esterna favoriscono lo sviluppo della flora, nell’uomo vanno combattute, perché la flora intestinale non si sviluppi in eccesso. Qui si schiude un vastissimo campo di ricerche: vorrei raccomandare agli studenti di medicina di rivolgere a questo campo la massima attenzione nelle loro tesi di laurea, svolgendo in particolare ricerche comparative sulla conformazione dell’intestino nelle diverse forme animali, risalendo attraverso i mammiferi fino all’uomo. Sarebbe questo un ricchissimo campo di ricerca, nel quale molti fatti sono ancora da scoprire. Si provi ad esempio a indagare perché una pecora sezionata emani un così forte odore di putrefazione, a causa della sua flora intestinale, mentre gli uccelli, anche divoratori di carogne, emanano un odore addirittura relativamente gradevole quando vengono sezionati.

 

Si tratta di fenomeni estremamente significativi che finora non sono ancora stati sviscerati dalla scienza. Molto rimane pure da indagare circa le forme dell’intestino: .esiste per esempio una sostanziale diversità, a tale proposito, fra gli uccelli da un lato e i mammiferi e l’uomo, dall’altro. Negli uccelli l’intestino crasso e la vescica sono sviluppati solo in modo rudimentale, e proprio su questi dati di fatto certi medici materialisti, come ad esempio il Metchnikoff a Parigi, svolsero idee del tutto errate. Solo negli uccelli corridori cominciano a presentarsi le forme dell’intestino crasso e anche certe estroflessioni a forma di vescica. Veniamo così a rilevare il fatto importante che gli uccelli non hanno la possibilità di trattenere per qualche tempo nell’organismo le loro escrezioni, per poi eliminarle volontariamente al momento opportuno; in essi si verifica invece una continua compensazione fra l’introduzione degli alimenti e l’escrezione.

 

È una concezione molto superficiale quella che vede nella flora e anche nella fauna intestinale (dell’organismo umano in generale) la causa di certe malattie. In realtà è terribile il ritrovare in ogni capitolo dei trattati di patologia la formula: per la tale malattia si è scoperto il tale bacillo, per la tal’altra malattia quest’altro bacillo, e così via. Sono tutti fatti molto interessanti per la botanica e la zoologia intestinali dell’organismo umano, ma per l’essenza della malattia hanno solo il valore di un segno di riconoscimento. Si può tutt’al più affermare che in presenza di questo o di quel tipo di malattia viene offerta a questo o a quel tipo di microrganismi animali o vegetali la possibilità di svilupparsi sopra un adatto terreno di coltura. Nulla più di così. Lo sviluppo della microfauna o della microflora ha a che fare solo in misura minima, e tutt’al più indirettamente, con la malattia vera e propria. La logica che la medicina moderna adotta in questo campo è veramente singolare. Immaginiamo di scoprire un paesaggio in cui si trova un gran numero di mucche ben nutrite e di bell’aspetto. Diremo forse che quella campagna ha i caratteri che le sono propri, perché le mucche vi sono in qualche modo arrivate dall’esterno e hanno « contagiato » il paese? Certo non ci passerà per la testa di pensare in tal modo; saremo invece indotti a riflettere sulle qualità del terreno, particolarmente adatto all’allevamento degli animali, e sulle qualità degli abitanti che lo hanno lavorato. Cercheremo in sostanza di trovare la causa del bell’aspetto delle mucche; non ci verrà certo in mente di dire che quelle condizioni sono dovute al « contagio » del paese da parte di mucche di bell’aspetto! Non diversa è la logica usata dalla scienza medica odierna, riguardo ai microrganismi. La presenza di queste interessanti. creature non d consente altra conclusione se non quella che vi è un buon terreno di coltura; pertanto è proprio a questo terreno di coltura che occorre rivolgere la nostra attenzione. Possono poi accadere indirettamente cose diverse: per esempio si possono aggiungere altre mucche, visto che in quel paese vengono trattate così bene, in modo da stimolare altra gente a lavorare: questo può in effetti accadere. Può naturalmente accadere che un terreno di coltura ben preparato venga stimolato dall’ingresso di certi bacilli a divenir preda esso stesso di qualche processo patologico. Ma in considerazione dei veri e propri processi patologici, certe moderne teorie batteriologiche non hanno in realtà che pochissima importanza. Purché si adottasse una logica sana, non potrebbero mai affermarsi opinioni come quelle della scienza ufficiale, che hanno un effetto deleterio sul retto modo di pensare.

 

Veramente importante è tener presente che, a causa di un certo rapporto fra la parte superiore e la parte inferiore dell’uomo, come ho descritto nei giorni scorsi, può instaurarsi una relazione non giusta fra l’una e l’altra. Precisamente per effetto di un’insufficiente reazione dell’uomo superiore, possono attivarsi nell’uomo inferiore certe forze, incapaci di tenere a freno il processo vegetativo, il processo formativo di tipo vegetale che nell’organismo umano è latente, ma va frenato. In tali condizioni si offrono possibilità di ampio sviluppo alla flora intestinale, e questo sviluppo sta allora ad indicare che l’addome non svolge la sua attività nel giusto modo.

 

Nell’uomo esiste la peculiarità che le attività che debbono svolgersi a livelli inferiori si ingorgano, vengono per così dire respinte se non possono svolgersi nella sede adeguata. Supponiamo dunque che nell’addome dell’uomo non sia possibile lo svolgimento di certi processi per ì quali l’addome stesso è organizzato: in tal caso i processi vengono per così dire respinti. Questa può sembrare una formulazione dilettantesca, ma in realtà è più scientifica di molte altre che oggi si trovano nei testi di patologia. Certi processi che di regola dovrebbero svolgersi nelle parti inferiori dell’uomo, vengono respinti nelle parti superiori. Perfino l’origine di certi processi secretivi del polmone e della pleura può essere scoperta indagando come si svolgano i processi secretivi (normali o abnormi) nell’addome. È straordinariamente importante osservare con precisione questo spostamento di certi processi organici dall’addome verso la parte superiore del corpo. Molti dei processi che si hanno nella parte superiore dell’organismo non sono che processi addominali respinti verso l’alto. Tali processi vengono così respinti e rimossi, quando non sussiste il giusto rapporto fra l’uomo superiore e quello inferiore.

 

Consideriamo ora qualcosa d’altro. L’esperienza comune ci mostra un altro fatto del quale non si tiene conto a sufficienza, come sarebbe invece opportuno, nell’ambito di una scienza sana. Il fatto è il seguente: nel momento in cui concepiamo dei pensieri che riguardano un dato organo, questo organo si mette in una certa attività. Ecco un altro campo ricco di prospettive per future tesi di laurea. Si provi a studiare la connessione fra certi pensieri che possono sorgere nell’uomo e certi fenomeni organici che si svolgono parallelamente a quei pensieri, come ad esempio la secrezione della saliva o del succo gastrico, la secrezione del latte o dell’urina o quella dello sperma.

 

Di che cosa si tratta? Nella sfera psichica sorgono certi pensieri, e parallelamente avvengono certi’ fenomeni organici. Che cosa significa? Ciò che si manifesta come pensieri è contenuto interamente negli organi. Se pertanto sorge un pensiero e parallelamente si svolge una secrezione ghiandolare qualsiasi, l’attività che sta alla base del pensiero viene sottratta alla ghiandola. In questo caso l’attività si svolge in modo separato dalla ghiandola: questa viene per così dire lasciata al suo destino, e quindi compie la sua funzione, cioè secerne. Per il fatto che il pensiero l’aveva congiunta, la secrezione viene impedita, cioè quel che di solito viene eliminato dalla ghiandola rimane invece unito ad essa. In un caso come questo si può toccar con mano, vorrei dire, il passaggio dell’attività formativa dall’organo al pensiero. Si potrebbe dire: se io non avessi pensato in tal modo, non ci sarebbe stata secrezione ghiandolare; ho cioè sottratto alla ghiandola una forza, trasferendola nella vita dell’anima, e la ghiandola secerne. Nell’organismo umano stesso troviamo dunque la dimostrazione più evidente di quello che ho detto nei giorni scorsi: la vita animico-spirituale si svolge grazie alla trasposizione di quelle stesse forze formative che vediamo agire in tutto il resto dell’ordinamento naturale. Nei processi della natura esterna, nella vita della flora esterna che si sviluppa parallelamente alla nostra flora intestinale, si trovano le forze formative che noi estraiamo dalla nostra flora intestinale. Osservando la flora dei monti o dei prati, dobbiamo in realtà dire che vi si trovano le medesime forze che sviluppiamo nei nostri pensieri, nella nostra vita di rappresentazione 0 di sentimento. La nostra flora intestinale è diversa dalla flora esterna in quanto a quest’ultima non vengono per così dire sottratti i pensieri; essi rimangono nelle piante, non diversamente dagli steli, dalle foglie; dai fiori. Da questo confronto possiamo ricavare il concetto dell’affinità fra quel che avviene nei fiori o nelle foglie, e quel che accade in noi stessi. Alla nostra flora intestinale noi sottraiamo le forze formative, per poter svolgere attività di pensiero: sottraiamo alla flora intestinale quel che invece la flora esterna possiede e conserva.

 

Le cose non stanno diversamente riguardo alla fauna. Come non si può scoprire la connessione fra l’uomo e i farmaci vegetali, senza conoscere questi fatti, così non si può acquistare una conoscenza giusta dell’uso dei sieri curativi, se non ci si rende conto che l’uomo sottrae alla propria fauna intestinale le forze formative operanti nel mondo animale.

 

Da queste considerazioni dovrebbe risultare che solo tenendo veramente conto del nesso fra l’uomo e il suo ambiente questi problemi potranno essere affrontati in modo razionale, sistematico. Vorrei poi attirare la vostra attenzione sopra un altro fatto molto significativo. Non so se fra di voi vi sia ancora qualcuno che si ricordi di quando apparvero dappertutto i ridicoli divieti di sputare. Come è noto, con quei cartelli si intendeva combattere la tubercolosi. Essi però sono ridicoli perché, come ognuno dovrebbe sapere, già la comune luce solare diffusa uccide in tempo brevissimo i bacilli della tubercolosi. Infatti, esaminando uno sputo dopo un tempo anche brevissimo, non vi si trovano più i badili della tubercolosi; la luce solare li uccide rapidamente. Anche se fossero giuste le premesse della medicina comune, il divieto di sputare sarebbe dunque estremamente ridicolo. Divieti di tal genere sono giustificati tutt’al più dal punto di vista delle comuni regole di pulizia, ma non per l’igiene in senso più lato.

 

Per chi comincia a valutare giustamente i fatti, ciò che ho ora menzionato ha una grande importanza: dimostra infatti che il bacillo della tubercolosi non sopporta la luce del sole: la luce del sole non gli si confà. In quali condizioni può invece vivere? Quando si trova all’interno del corpo umano. E perché proprio 11? Non che esso sia il vero agente patogeno: occorre però ricercare ciò che agisce là dentro, nell’organismo. Di solito non si presta attenzione a un certo fatto. Noi siamo continuamente circondati dalla luce che, come sappiamo bene dalla scienza, ha la massima importanza per lo sviluppo di tutti gli esseri extra-umani, in particolare per tutta la flora che circonda l’uomo. Siamo dunque circondati dalla luce, ma al confine fra noi e il mondo esterno la luce (cioè qualcosa di puramente eterico) subisce una trasformazione molto significativa: deve essere trasformata. Proprio come dall’organismo umano viene frenato, viene per così dire interrotto il processo del diventar pianta, al quale si contrappone il processo di formazione dell’acido carbonico, analogamente nell’uomo si spezza, si interrompe la vita della luce. Nell’uomo la luce deve pertanto essere qualcosa di diverso, deve essere una metamorfosi della luce. Dal momento in cui si oltrepassa il confine dell’uomo verso l’interno, ci si trova di fronte a una metamorfosi della luce. L’uomo non trasforma quindi in sé solamente i comuni processi ponderabili della natura, ma anche l’imponderabile, la luce: ne fa qualcosa di diverso. Il fatto che il bacillo della tubercolosi prosperi nell’organismo umano, mentre muore subito alla luce del sole, dimostra semplicemente, se ben si considera, che l’elemento favorevole alla vita di questo bacillo si trova nel prodotto di trasformazione della luce che è presente all’interno dell’uomo. Pertanto, se il bacillo prospera, vuol dire che qualcosa non funziona in quella luce trasformata. Fra le cause della tubercolosi deve esserci quindi anche la seguente: con la metamorfosi della luce, con la luce trasformata accade nell’uomo qualcosa che non dovrebbe accadere; infatti egli accoglie in eccesso i bacilli della tubercolosi. I bacilli sono presenti sempre, ma di solito in quantità insufficiente; sono presenti in eccesso quando l’uomo ammala di tubercolosi. Il bacillo della tubercolosi non si mostrerebbe dappertutto, se non avvenisse qualcosa di abnorme riguardo agli sviluppi della luce solare trasformata.

 

Non sarà certo difficile (con un adeguato numero di tesi di laurea o di libera docenza) scoprire perché l’uomo possa diventare un terreno di coltura adatto ai bacilli della tubercolosi: sarà facile raccogliere il materiale empirico per suffragare i punti di vista da me qui ora esposti. Le possibilità sono queste: o l’uomo non è sufficientemente capace di accogliere luce solate, oppure non ne riceve abbastanza, per causa delle sue condizioni di vita, sì che è impedito un equilibrio adeguato fra la luce solare che penetra in lui e l’elaborazione da parte sua della luce solare trasformata; in queste condizioni l’uomo è costretto ad attingere alle riserve di luce trasformata sempre presenti in lui.

 

Prego di voler tenere in considerazione che l’uomo, proprio in quanto tale, ha continuamente in sé delle riserve accumulate di luce trasformata. Sono necessarie alla sua organizzazione. Se il processo di scambio fra l’uomo e la luce solare esterna non si svolge in modo giusto, gli viene sottratta la luce trasformata, così come, in caso di dimagramento, si sottrae al corpo il grasso di cui ha bisogno.

 

L’organismo umano si trova così di fronte a un dilemma: o far ammalare la sua parte superiore, oppure sottrarre alla parte inferiore ciò di cui la superiore ha bisogno, cioè far ammalare la parte inferiore sottraendole la luce trasformata.

 

Per la sua organizzazione l’uomo ha dunque bisogno non soltanto delle sostanze ponderabili provenienti dall’esterno e trasformate. Una corretta osservazione dell’essere umano ci mostra che in lui sono presenti anche sostanze imponderabili, sostanze eteriche, ma trasformate. Su queste basi creiamo la possibilità di comprendere in modo giusto l’azione terapeutica della luce solare: ad esempio, esponendo direttamente una persona alla luce solare, per regolare il disturbato processo di scambio con la luce circostante, oppure esponendo un paziente, per via interna, all’azione di certe sostanze atte a riequilibrare i disturbi dovuti alla sottrazione della luce trasformata. Occorre arrestare mediante certi farmaci la sottrazione della luce trasformata. Ecco dunque come possiamo osservare l’organizzazione umana.

 

Proprio chi è in grado di osservare in modo adeguato il mondo in generale, a un certo momento viene afferrato (si voglia scusare l’espressione poco diplomatica, ma la cosa viene da me espressa oggettivamente, senza preconcetta simpatia o antipatia), viene dunque afferrato da una specie di furore contro la manìa dell’indagine microscopica. Essa infatti ci allontana da una sana concezione della vita e dei suoi perturbamenti, più di quanto ci avvicini ad essa. Tutti i reali processi che riguardano l’uomo, nello stato di Salute o in quello di malattia, si possono infatti studiare molto meglio macroscopicamente che al microscopio: basta ricercare nel macrocosmo le condizioni che consentano di studiare queste cose.

 

Torniamo ora ad osservare che negli uccelli, a causa dell’insufficiente sviluppo della vescica urinaria e dell’intestino crasso, si verifica un continuo conguaglio fra l’introduzione di alimenti e l’espulsione degli escrementi. Gli uccelli possono evacuare durante; il volo, non trattengono nel loro organismo i resti alimentari, non li depositano, perché non ne hanno il modo. Del resto, se li depositassero, questo costituirebbe per loro una malattia che li rovinerebbe. In quanto uomini fisici, noi abbiamo in certo senso superato gli uccelli, per esprimerci in termini consoni alle opinioni oggi prevalenti; più giusto però sarebbe dire che siamo discesi al di sotto degli uccelli. Essi non hanno infatti bisogno di lottare energicamente contro una flora intestinale (che in loro non esiste neppure), come debbono invece fare gli animali superiori e l’uomo. Riguardo a un’altra attività, un po’ più elevata, cioè a quella di trasformare un elemento eterico, come per esempio la luce, noi ci troviamo invece allo stesso punto degli uccelli. Possediamo un intestino crasso fisico e una vescica fisica, ma siamo come gli uccelli riguardo al corpo eterico che interessa tali organi: questi infatti non sono dinamicamente presenti nel cosmo. Perciò siamo costretti a rielaborare la luce appena l’abbiamo accolta, eliminando i prodotti di escrezione. Agli eventuali perturbamenti in tale ambito non corrisponde nessun organo: perciò non possiamo sopportarli senza danni per la salute. Considerando gli uccelli con il loro piccolo cervello, dobbiamo renderci conto che sul piano macrocosmico essi rispecchiano in certo senso la nostra organizzazione più sottile. Volendo quindi studiare il modo in cui l’organizzazione più fine dell’uomo si imprime nella parte più grossolana della sua organizzazione (in quella parte cioè che è scesa al di sotto del livello degli uccelli), occorro studiare sul piano macrocosmico i processi del mondo degli uccelli.

 

Fra parentesi vorrei osservare che sarebbe ben triste per la vita degli uomini, se nel loro organismo eterico essi avessero nei confronti degli uccelli la stessa particolarità die hanno nel loro organismo fisico: infatti l’organismo eterico non può venire isolato allo stesso modo dal mondo esterno. Riguardo ai depositi (per così dire) di luce trasformata accadrebbe qualcosa di estremamente spiacevole nella vita umana, se esistessero anche adeguati organi dell’olfatto. Questa osservazione è però espressa, come ho detto, solo tra parentesi. Accadrebbe quello che accade quando sezioniamo una pecora morta e dobbiamo sopportarne il fetore delle viscere. In realtà, per quanto concerne l’elemento eterico, il rapporto fra gli uomini è paragonabile all’odore relativamente non sgradevole che emana dal cadavere di un uccello (anche carnivoro), in confronto all’odore che emana dal cadavere sezionato di un ruminante, o di un animale che abbia anche solo la tendenza alla ruminazione, come ad esempio il cavallo. Il cavallo non è un ruminante, ma nella sua organizzazione ha la disposizione a diventare ruminante.

 

Si tratta dunque di studiare le corrispondenze fra ciò che avviene nella flora e nella fauna esterne e ciò che avviene nell’organismo umano, nella flora e nella fauna intestinale e che deve venir combattuto. Volendo poi stabilire la correlazione fra un certo rimedio e un dato organo, dovremo passare da una caratterizzazione generica come quella svolta oggi a una caratterizzazione particolare: lo faremo nelle prossime conferenze.

 

Passiamo ora a considerare il vero e proprio uomo dei nervi e dei sensi. Dai punti finora acquisiti abbiamo veduto che occorre opporsi alla flora e alla fauna interne all’uomo, a livello intestinale; l’azione del processo circolatorio si oppone proprio alla tendenza verso il diventare piante. Ora, l’uomo dei nervi e dei sensi ha per la vita umana complessiva un’importanza molto maggiore di quanto si creda di solito. La scienza divenuta così astratta ha perduto la possibilità di tenere conto in modo adeguato del fatto che l’uomo dei nervi e dei sensi (attraverso il quale dopo tutto penetrano nell’organismo ad esempio la luce e il calore ad essa connesso) è intimamente collegato con la vita organica interna. Infatti gli imponderabili che penetrano con la luce vengono trasformati negli organi, e sono essi stessi formatori di organi, non meno di tutto quanto esiste nel regno del ponderabile. Non si tiene alcun conto del fatto che l’uomo dei nervi e dei sensi ha una importanza speciale per l’intera organizzazione umana. Immergendoci più a fondo nell’uomo inferiore, perveniamo dalla forza che forma la flora intestinale alla forza che genera la fauna intestinale; se invece passiamo a considerare le parti superiori dell’uomo, dalla regione in cui viene combattuta la flora interna si perviene alla sfera nella quale occorre opporsi di continuo alla mineralizzazione, alla sclerotizzazione dell’essere umano. Già da un punto di vista esteriore, la più intensa ossificazione del capo consente di studiare il modo in cui l’organizzazione umana tende a mineralizzarsi tanto più, quanto più si sviluppa verso l’alto.

 

Tuttavia questa mineralizzazione ha una grande importanza per l’intera organizzazione dell’uomo. A questo riguardo bisogna sempre far rilevare (e io l’ho già fatto anche in conferenze pubbliche) che distinguendo nell’uomo i tre sistemi costitutivi, quello del capo, quello del tronco e quello degli arti, non bisogna concepirli come esistenti l’uno accanto all’altro né come delimitati spazialmente l’uno dall’altro. L’uomo è tutto quanto « uomo del capo » e la suddivisione va intesa qualitativamente. Il « capo » si estende a sua volta a tutto l’organismo: nella testa si trova concentrato in prevalenza. Lo stesso vale anche per gli altri due sistemi: sia quello ritmico, circolatorio, sia quello degli arti e del ricambio si estendono sempre a tutto l’organismo. Sicché le caratteristiche necessarie dell’« uomo del capo » sono presenti sotto forma di tendenza nell’uomo intero, ed è in questo che va quindi combattuta la tendenza alla mineralizzazione. È questo un campo in cui l’uomo odierno è incapace di comprendere certi testi antichi, scaturiti ancora da una chiaroveggenza atavica. Così è ben difficile che un nostro contemporaneo possa trovare sensato quel che Paracelso scrive sul processo salino. Il processo salino si svolge nell’ambito a cui ora ho accennato, proprio come il processo sulfureo si svolge nell’ambito caratterizzato in precedenza.

 

Sta dunque di fatto che l’uomo ha la tendenza a mineralizzarsi. Così come può diventare autonomo il processo della fauna e della flora, può diventare autonoma anche la tendenza alla mineralizzazione. Come si può contrastare questa tendenza? Solamente frantumandola, spingendovi dentro di continuo per così dire dei piccoli cunei. Questo è il campo nel quale si deve compiere il passo dalla sieroterapia alla fitoterapia, alla terapia con farmaci minerali. Non si può a meno di usare i minerali nella terapia, perché solo nei rapporti fra i minerali e ciò che nell’organismo umano tende a mineralizzarsi si trovano i punti di riferimento per la lotta contro la tendenza alla mineralizzazione, alla sclerosi in generale. Qui però non basta introdurre semplicemente il minerale nell’organismo umano, nello stato in cui esso si trova nel mondo esterno, e di questo dovremo parlare diffusamente più avanti.

 

Qui si verifica qualcosa che accenna in qualche modo a un principio di tipo omeopatico, nel senso che proprio partendo dal regno minerale debbono venir messe in azione le forze che si oppongono all’attività del regno minerale esternò.

 

È già stata attirata l’attenzione, e con ragione, sul bassissimo contenuto di sali minerali di alarne sorgenti le cui acque sono dotate di qualità terapeutiche: si ha qui un processo naturale di omeopatizzazione. Esso mostra con chiarezza che, dal momento in cui si libera la connessione minerale dalle forze che siamo in grado di conoscere esteriormente, si manifestano forze di tutt’altro genere, forze che debbono appunto venir liberate mediante un processo di tipo omeopatico. Ne riparleremo in un apposito capitolo; oggi però vorrei ancora dire dell’altro. Mi appello soprattutto ai più giovani fra i miei ascoltatori, per esortarli a compiere studi di anatomia comparata sulla trasformazione dell’intero sistema intestinale, partendo dai pesci, passando per gli anfibi e i rettili (proprio negli anfibi e nei rettili la conformazione dell’intestino presenta un interesse particolare), e proseguendo poi fino agli uccelli da un lato, e ai mammiferi e all’uomo dall’altro. Si potranno constatare singolari trasformazioni degli organi, ad esempio la comparsa di ciò che nell’uomo sarà poi l’intestino cieco, già nei mammiferi inferiori, o anche in certi uccelli la cui organizzazione diventa un po’ atipica, per cui compaiono degli abbozzi di intestino cieco. Merita proprio di essere studiato tutto il modo in cui, a partire dall’intestino crasso (che nei pesci non è ancora presente), si arriva, risalendo attraverso la serie degli ordini più evoluti, all’intestino crasso pienamente sviluppato, e poi agli intestini ciechi (certi animali ne hanno più d’uno) e al cieco dell’uomo. In queste osservazioni comparative si può scoprire una singolare correlazione.

 

Uno studio anatomico comparativo dovrebbe mettere fortemente in evidenza tale correlazione. Si può semplicemente porre il problema (in effetti è stato posto molte volte) a che scopo esista nell’uomo un organo che poi si chiude verso l’esterno, come l’intestino cieco. È un problema che ci si è posto assai spesso. Nell’affrontarlo, di solito non si tiene però conto che l’uomo si manifesta in effetti come una dualità: ogni organo che si forma

 

nella sua parte inferiore corrisponde a qualcosa che si forma nella parte superiore. Non potrebbero formarsi certi organi nella parte superiore, se in quella inferiore non si formassero gli organi corrispondenti, in certo senso contrapposti quasi polarmente. Quanto più la parte frontale del cervello assume nella scala degli animali la conformazione che svilupperà poi nell’uomo, tanto maggiormente l’intestino si configura in modo da consentire il deposito dei residui alimentari. Tra la formazione dell’intestino e quella del cervello esiste una stretta connessione; se durante il corso dell’evoluzione non comparissero nella serie degli animali l’intestino crasso e il cieco, non potrebbero alla fine comparire fisicamente nemmeno uomini capaci di pensare: l’uomo infatti possiede il suo cervello, l’organo del pensiero, proprio a spese dei suoi organi intestinali. Gli organi intestinali rappresentano fedelmente la controparte degli organi cerebrali. Per poter essere alleviati di parte dell’attività fisica, ai fini del pensare, dobbiamo d’altro lato appesantire l’organismo nel modo in cui lo consentono appunto un intestino crasso e una vescica compiutamente sviluppati. Proprio l’attività animico-spirituale più alta che si manifesti nel mondo umano fisico, in quanto è collegata a una completa elaborazione del cervello, è al tempo stesso collegata con la compiuta configurazione dell’intestino che le corrisponde. È una correlazione estremamente importante che getta molta luce sull’intero modo di procedere della natura, nella sua attività creativa. A questo punto, la domanda « perché l’uomo possiede un intestino cieco? » può trovare una risposta in apparenza un po’ paradossale: affinché egli possa correttamente pensale in modo umano! La configurazione dell’intestino cieco ha infatti il suo contrapposto nel cervello umano: ogni cosa in uno dei due ambiti corrisponde a una nell’altro ambito.

 

In questo campo è necessario acquisire un nuovo metodo di conoscenza. Oggi non possiamo ripetere come pappagalli le formule degli antichi medici, dotati ancora dì residui della chiaroveggenza atavica: in quel modo non si farebbe molta strada. Dobbiamo invece riconquistare queste conoscenze, ma per tale riconquista l’impostazione rigorosamente materialistica della medicina costituisce un vero ostacolo: essa infatti non cerca nemmeno tali correlazioni. Per le scienze moderne, per la medicina, il cervello è un organo, e organi sono pure quelli che stanno nell’addome. Non ci si avvede di commettere lo stesso errore di chi affermasse che l’elettricità positiva e quella negativa sono la stessa cosa, poiché entrambe sono elettricità. È tanto più importante osservare questi fenomeni, perché proprio come tra l’elettricità positiva e quella negativa nasce una tensione che tende ad annullarsi, così nell’organismo umano è sempre presente una tensione fra la parte superiore e l’inferiore. Nel controllo di questa tensione consiste in realtà l’essenziale opera del medico. Questa tensione si esprime anche (come dirò più diffusamente in seguito) nelle forze concentrate di due organi: l’epifisi e l’ipofisi. Nella epifisi si esplicano tutte le forze superiori, ponendosi in tensione con le forze dell’ipofisi, che sono le forze inferiori. Esiste lì un vero rapporto di tensione. Se dallo stato generale di una persona ci si formasse sempre un’idea di quel rapporto di tensione, se ne ricaverebbe un’ottima base per l’ulteriore trattamento terapeutico.

 

Ne riparleremo domani, e vedremo che tengo conto di tutte le domande che mi sono state poste. Prima però è necessario creare le premesse per poter dare le risposte.