Nascita della nostalgia negli Spiriti della volontà e rinuncia dei Cherubini.

O.O.132 – L’evoluzione secondo verità – 21.11.1911


 

Sommario: Nascita della nostalgia negli Spiriti della volontà e rinuncia dei Cherubini. L’egoità traspare dalla volontà trattenuta. L’azione degli Spiriti del movimento che portano modifiche nell’universo. Il formarsi della nostalgia nel nostro inconscio e la scienza dello spirito. Heinrich von Kleist, vittima di un andito non soddisfatto.

 

Sin qui abbiamo trattato un capitolo assai difficile della nostra concezione del mondo, e appreso in parte che dietro le manifestazioni del mondo sensibile vi è un elemento spirituale. Tali manifestazioni a tutta prima non palesano in modo chiaro di sottintendere un elemento spirituale quale noi sperimentiamo nell’anima. Abbiamo però potuto riconoscere che dietro quelle manifestazioni esteriori vi sono attività spirituali, qualità e attributi spirituali. Per esempio, conoscemmo come espressione di un sacrificio ciò che di solito ci appare come calore o fuoco, così come conoscemmo la virtù donatrice di particolari entità cosmiche nell’aria che ci si presenta e che comunque mostra ben poco di spirituale, almeno per i nostri concetti. Nell’acqua conoscemmo quella che può denominarsi una rinuncia.

 

Naturalmente (lo noto di sfuggita) in passato nelle immagini del mondo si presagiva, si sapeva che dietro la sostanza materiale esiste un elemento spirituale; ne è una riprova che certe sostanze volatili venivano designate con la parola “spirito”, che oggi noi usiamo per indicare il soprasensibile. Può tuttavia accadere che la parola spirito non venga affatto riferita al soprasensibile; una volta è accaduto perfino che, essendo stata indirizzata una lettera a un’associazione spiritistica, nessuno sapesse che cosa quella associazione fosse, e la lettera fosse recapitata al presidente dell’unione dei commercianti di bevande alcooliche!

 

Volendo oggi descrivere l’importante trapasso avvenuto dall’antico Sole all’antica Luna, dovremo considerare un altro modo dell’evoluzione spirituale. Ripartiamo da quella che l’ultima volta ci si è presentata come una rinuncia. Abbiamo visto che quella rinuncia in sostanza consiste nel fatto che certe entità spirituali elevate avevano rinunciato ad accogliere un sacrificio che abbiamo riconosciuto essere una offerta di sostanza volitiva. Dobbiamo pensare che determinate entità che volevano offrire in sacrificio la loro sostanza di volontà, a seguito della rinuncia di altre entità superiori videro la loro offerta respinta. Possiamo perciò immaginare con facilità che quella sostanza di volontà, che le entità in questione volevano appunto sacrificare ad altre superiori, dovette rimanere nelle entità in questione; esse volevano sacrificare la propria interiorità, ma non riuscirono a farlo.

 

Ci vengono dunque presentate nel cosmo talune entità pronte ad offrire un sacrificio, vale a dire pronte in certo modo a donare con grande fervore ciò che era in loro; non poterono però farlo e furono perciò costrette a trattenerlo in sé. Per dirlo in altro modo, significa che quelle entità, a causa del rifiuto ricevuto, non giunsero a stabilire con le entità superiori un certo legame che invece avrebbero stabilito se fosse stato loro concesso di compiere il sacrificio.

Nell’episodio biblico di Caino e Abele ci si presenta simbolicamente personificato ed inasprito, come fatto storico, l’evento cosmico di cui abbiamo fatto parola. Anche Caino vuole sacrificare al suo Dio. La sua offerta però non è gradita, e il suo Dio non l’accetta. Accetta invece l’offerta di Abele. Ciò di cui dobbiamo tener conto è l’esperienza interiore di Caino che vede respinta la sua offerta.

 

Ci deve esser chiaro che quando si sale a certe altezze non è lecito inserirvi concetti che hanno senso soltanto per la nostra attuale vita quotidiana. Sarebbe sbagliato dire che il rifiuto dell’offerta sacrificale sia avvenuto per ingiustizia o per una colpa. In quelle somme regioni spirituali non è ammissibile parlare di colpa e di espiazione come ne parliamo nella nostra vita solita. Invece dobbiamo pensare che, da parte delle entità superiori che respingono l’offerta, viene compiuta una rinuncia.

 

Come dicemmo la settimana scorsa, non vi è nel loro atteggiamento animico colpa o negligenza, ma solo il senso grandioso che può esservi in una rinuncia. Resta tuttavia il fatto che nelle altre entità che avrebbero voluto compiere il sacrificio, non può non prodursi un nuovo atteggiamento; possiamo intuire che con quell’atteggiamento ha inizio quasi una lievissima opposizione contro gli esseri che respingono l’offerta. Ecco perché nell’episodio di Caino (che si svolse molto più tardi) l’atteggiamento di opposizione ci viene presentato molto inasprito.

Non dobbiamo perciò attribuire alle entità spirituali che passarono dall’antico Sole all’antica Luna lo stesso atteggiamento che incontriamo in Caino, perché il loro livello è ben diverso. Potremo avvicinarci al loro atteggiamento, solo (come abbiamo già fatto nelle precedenti conferenze) cercando nella nostra anima dove sia possibile trovare un atteggiamento anche lontanamente paragonabile a quello delle entità le cui offerte furono respinte.

 

Tale atteggiamento in noi (e con ciò ci avviciniamo sempre di più alla vita umana terrestre), che ogni anima già conosce nella sua indeterminatezza e al tempo stesso nella sua tormentosità, tale atteggiamento che, come vedremo giovedì prossimo in una conferenza pubblica, nel suo stato ben noto domina nelle profondità nascoste della vita dell’anima, talvolta affiora alla superficie e in quel caso è forse meno tormentoso. In quello stato d’animo siamo spesso immersi e ci aggiriamo, senza esserne consapevoli, portandolo in noi. Per caratterizzarne la sfumatura di sofferenza e l’indefinibile tormento, possiamo richiamarci alle parole di Goethe: «Solo chi nostalgia conosce — sa quanto io soffra». È intesa la nostalgia come stato generico dell’anima, e non riferita a quando aspiriamo a qualcosa di particolare.

Per portarci agli eventi spirituali dell’antico Saturno e dell’antico Sole, ci è stato necessario alzare lo sguardo a stati particolari che si hanno quando l’anima umana è pervasa da uno speciale anelito, quando si volge tutta a un’aspirazione elevata.

 

Abbiamo cercato di chiarire quale sia la natura del sacrificio, vedendo nella nostra vita animica quale sia la saggezza a cui l’uomo può innalzarsi se è pronto per così dire a offrire se stesso. Ora però, avvicinandoci di più alle condizioni terrestri che si sono sviluppate dalle condizioni precedenti, incontriamo uno stato d’animo che è simile a ciò che possiamo sperimentare ancora oggi. Ci deve però esser chiaro che tutta la vita della nostra anima, in quanto inserita in un corpo terrestre, sta come uno strato superficiale al di sopra di una vita animica nascosta che si svolge nel profondo. Chi mai potrebbe ignorare l’esistenza di una tale nascosta vita dell’anima? La vita stessa ce lo insegna a sufficienza!

 

Per chiarirci un poco le idee sulla vita nascosta dell’anima, immaginiamo che a sette o otto anni, o in un altro periodo della vita, un bambino abbia fatto una certa esperienza, abbia ad esempio subito un’ingiustizia, cosa a cui i bambini sono molto sensibili: diciamo, per semplificare una situazione e per considerarla risolta, che sia stato accusato di qualcosa che in realtà non ha fatto. I bambini hanno una grande sensibilità per un tal genere di ingiustizie. Ma per come la vita è fatta, a quell’esperienza tanto a fondo impressa si sono in seguito sovrapposti altri strati, e nella sua vita quotidiana il bambino l’ha dimenticata. Può anche darsi che la cosa non riaffiori alla sua coscienza mai più.

 

Supponiamo però che a quindici o sedici anni, per esempio a scuola, il ragazzo subisca una nuova ingiustizia. Ecco che ora si attiva ciò che altrimenti sarebbe rimasto in fondo all’anima. Né occorre che il ragazzo lo sappia: può darsi che si figuri altre cose e concetti, ignorando il ricordo del passato. Tuttavia se quell’esperienza passata non ci fosse stata, il ragazzo divenuto ormai un giovinetto andrebbe a casa, forse piangerebbe, inveirebbe magari un poco, ma poi ci passerebbe sopra. L’esperienza precedente però era stata fatta (e qui sottolineo espressamente che non occorre che il giovane ne sia cosciente) ed ora opera sotto la superficie della vita animica, come sotto lo specchio in apparenza liscio del mare possono agitarsi le onde. Ecco che allora il pianto, il lamento, l’imprecazione del giovane possono portare al suo suicidio!

 

Così dai sostrati subconsci emergono le nascoste profondità dell’anima. In ogni anima umana domina in effetti nel profondo una forza potente che talora si manifesta nella sua figura originaria: è la nostalgia; quando si manifesta, di norma non se ne è coscienti. Conosciamo anche i nomi con cui nel mondo essa è nota, ma sono nomi generici, metaforici, che solo alludono a situazioni complicate che in nessun modo affiorano alla coscienza.

Prendiamo per esempio un fenomeno che tutti ben conoscono (chi vive in città forse non tanto, ma certo ne ha sentito parlare da altri), il fenomeno che designiamo come nostalgia. Se volessimo indagare che cosa è, scopriremmo che in sostanza per ognuno è qualcosa di diverso. Ora si presenta in un modo, ora in un altro. Qualcuno per esempio prova nostalgia per i racconti intimi di cui ha sentito parlare nella casa paterna; non sa di averne nostalgia, ciò che vive in lui è un impulso indistinto, una volontà indistinta. Un altro ha nostalgia dei suoi monti o del fiume sulla cui riva aveva tanto spesso giocato guardando la corrente.

 

Di quel che agisce in fondo all’anima spesso non siamo coscienti:

diamo però a tutti questi diversi stati d’animo il nome di NOSTALGIA,

alludendo a qualcosa che può manifestarsi in mille forme diverse.

Ancora più indistinte e confuse sono forse le nostalgie che ci si presentano come le più tormentose. Non si è consapevoli che si tratti di nostalgia, ma così è in realtà.

 

Che cosa è dunque la nostalgia?

Abbiamo detto prima che è una specie di volontà, e in qualunque forma la si esamini, si può vedere che è una specie di volontà. Quale volontà però?

È una volontà che, per com’essa è, non è possibile soddisfare; perché soddisfacendola cesserebbe di esistere. Quella che designiamo nostalgia è una volontà che non può esplicarsi.

Analogo atteggiamento possiamo attribuire alle entità la cui offerta era stata respinta.

 

La nostalgia che si agita nel profondo della nostra anima, dai tempi remoti di cui stiamo parlando ci è rimasta come un retaggio. Come abbiamo ereditato dell’altro dalle evoluzioni planetarie preterrestri, ci sono rimasti come retaggio tutti i generi di nostalgie che abbiamo in fondo all’anima, tutti i tipi di volontà insoddisfatta, di volontà rattenuta.

Dobbiamo così anche pensare che dal rifiuto del sacrificio in questa fase evolutiva hanno origine certe entità che possiamo designare come esseri dotati di volontà rattenuta. Avendo in sé tale volontà insoddisfatta, si sono venute a trovare in una situazione speciale. Per sentire, per sperimentare queste cose, dobbiamo di nuovo trasporci in un nostro stato d’animo, perché i pensieri non le raggiungerebbero.

Un essere che sia in grado di sacrificare la propria volontà a un altro essere, in certo senso passa nell’altro essere. Possiamo sentire anche noi qui nella vita quanto ci sentiamo in un essere a cui offriamo un sacrificio, quanto soddisfatti e felici siamo quando ci è dato di stargli di fronte!

 

Poiché qui si parla di sacrifici a esseri superiori, a entità cosmiche, per le quali, guardandole, gli esseri sacrificanti devono sentire la massima beatitudine, la nostalgia causata dalla volontà rattenuta non sarà la stessa cosa dell’atteggiamento interiore, dell’interiore contenuto che potrebbero sperimentare, se fosse loro concesso di sacrificarsi. Qualora infatti potessero sacrificarsi, la loro offerta passerebbe negli altri esseri.

Facciamo un paragone: se gli esseri della Terra e degli altri pianeti potessero offrirsi in sacrificio al Sole, sarebbero presso il Sole. Se invece non potessero sacrificarsi al Sole, se dovessero trattenere in sé quel che altrimenti avrebbero potuto sacrificare, sarebbero in se stessi, sarebbero respinti in se stessi.

Se riusciamo ad afferrare quel che abbiamo detto ora, dobbiamo notare che qualcosa entra nell’universo. Non è possibile esprimersi altrimenti: gli esseri che offrendo in sacrificio a un altro essere quel che vive in tutti loro sarebbero dediti all’universo, ora, non essendo la loro offerta sacrificale accettata, sono costretti a portarla in se stessi.

 

Non si sente che qui balena già un limite che si può chiamare egoità,

che più tardi diventerà egoismo nelle sue varie forme?

Concependo così le cose, si può sentire che cosa più tardi sopravvive negli esseri,

come un’eredità per così dire insinuatasi nell’evoluzione.

 

Con la nostalgia vediamo balenare l’egoismo, dapprima in una forma quanto mai tenue; lo vediamo insinuarsi nell’evoluzione del mondo. Così, se non intervenisse qualcosa d’altro, gli esseri che si abbandonano alla nostalgia, ossia a loro stessi, alla loro egoità, sarebbero in un certo senso condannati all’unilateralità, a vivere soltanto in se stessi.

 

Immaginiamo un essere al quale sia dato di sacrificarsi a un altro essere, che viva sempre nell’altro, e un essere a cui non è dato sacrificarsi, che può vivere solo in se stesso. In tal modo è escluso da ciò che avrebbe potuto sperimentare negli altri, in particolare in esseri superiori. A questo punto gli esseri in questione sarebbero già esclusi dall’evoluzione, condannati all’unilateralità ed esiliati, se non intervenisse nell’evoluzione qualcosa che volesse contrapporsi all’unilateralità. È l’intervento di nuove entità che attenuano la condanna e l’esilio.

Come su Saturno gli Spiriti della volontà, come sul Sole gli Spiriti della saggezza, così ora sulla Luna vediamo presentarsi gli Spiriti del movimento; non dobbiamo però pensare a un movimento spaziale, ma a un movimento che abbia piuttosto un carattere di pensiero.

 

Ognuno conosce che cos’è un movimento di pensiero, sebbene per i nostri pensieri sia solo un movimento fluido. Se vogliamo giungere a un più ampio concetto di movimento, dobbiamo dunque ricorrere a un’idea diversa da quella di moto spaziale, che rappresenta solo una specie particolare del movimento considerato nel suo complesso.

• Se molti uomini sono devoti a un essere superiore che si esprime attraverso loro tutti, in quanto di tutti accoglie l’offerta, quei molti vivono tutti in quell’uno e ne sono soddisfatti. • Se invece le loro offerte vengono respinte, i molti vivono chiusi in se stessi e non possono venir soddisfatti.

 

Qui intervengono gli Spiriti del movimento che mettono in un certo rapporto con tutte le altre entità gli esseri che altrimenti sarebbero costretti a vivere isolati; li avvicinano alle altre entità. Anzitutto gli Spiriti del movimento non sono da pensare solo come esseri spaziali, ma come esseri che propongono qualcosa che porta sempre a nuove relazioni con gli altri esseri.

Possiamo così farci un’idea del punto a cui è giunta ora l’evoluzione cosmica, se di nuovo ricorriamo a un nostro corrispondente stato d’animo. Chi ignora come nell’uomo la nostalgia, quando persiste, quando permane, resti sempre immutata? chi ignora come tormentosa possa diventare e come ci ponga in una condizione che ci diventa insopportabile, in quella che di solito chiamiamo noia?

 

Della noia, che usualmente affligge solo chi è senza risorse, esistono però tutti i gradi intermedi e ne sono afflitte anche le nature più nobili e più grandi; anche in loro vive la nostalgia e non può venir soddisfatta. Ora, che cosa mai può soddisfare la nostalgia se non un mutamento? Ne è una riprova che gli esseri soggetti a nostalgia cerchino di instaurare rapporti con sempre nuove entità. Spesso il tormento della nostalgia viene superato stabilendo nuovi rapporti con sempre nuove entità.

Quando la Terra attraversò la sua fase lunare avvenne che gli Spiriti del movimento introducessero nella vita degli esseri nostalgici (che altrimenti si sarebbero inariditi, perché la noia è una specie di inaridimento) il cambiamento, il movimento, creando rapporti nuovi e condizioni sempre nuove con nuove entità.

 

Il movimento spaziale, il movimento locale è soltanto una specie particolare del movimento complessivo di cui ora parliamo. Abbiamo per esempio un movimento quando la mattina, pur avendo nell’anima un ben determinato contenuto di pensiero, non cerchiamo di trattenerlo, ma passiamo ad un altro. Superiamo allora l’unilateralità della nostalgia con la varietà, il mutamento, il movimento delle nostre esperienze. Nello spazio abbiamo soltanto un particolare tipo di quel mutamento.

Pensiamo un pianeta posto di fronte a un Sole. Se restasse sempre in quella medesima posizione, se non si muovesse, ne risulterebbe una posizione unilaterale, in quanto rivolgerebbe al Sole sempre la medesima parte. Ora intervengono gli Spiriti del movimento e fanno girare il pianeta intorno al Sole, producendo un mutamento nel suo stato. Il mutamento di luogo è solo un caso speciale del mutamento in genere. In quanto gli Spiriti del movimento introducono nel cosmo un mutamento di luogo, introducono qualcosa di specifico in quello che più in generale è il movimento.

 

Poiché però gli Spiriti del movimento introducono nel cosmo movimento e mutamento, deve aggiungersi ancora qualcos’altro. Abbiamo visto che in tutta la molteplicità cosmica dell’evoluzione, dalla quale sono emersi gli Spiriti del movimento, gli Spiriti della personalità, gli Spiriti della saggezza, gli Spiriti della volontà e così via, vive anche l’elemento sostanziale che abbiamo chiamato “virtù donatrice”, ossia la profusione della saggezza irraggiata e dell’elemento spirituale che è alla base dell’aria, della corrente gassosa. Essa fluisce insieme alla volontà trasformata in nostalgia, e in quelle entità diventa ciò che gli uomini conoscono non ancora in pensieri, ma in immagini.

Pensiamo all’immagine che l’uomo ha quando sogna, l’immagine fuggevole, fluida del sogno può darci un’idea di quel che accade in un essere in cui la volontà vive come nostalgia, in un essere che dagli Spiriti del movimento viene condotto a stabilire un rapporto con altri esseri. Pur messo in contatto con un altro essere, non può darsi interamente, perché in lui vive la sua egoità. Dell’altro essere può però accogliere la fuggevole immagine che ora vive in lui come immagine di sogno. Da tutto questo ha origine ciò che possiamo chiamare l’afflusso di immagini nell’anima.

 

Durante quella fase dell’evoluzione vediamo così sorgere la coscienza di immagini.

E poiché noi uomini l’abbiamo attraversata ancor privi della nostra attuale coscienza terrestre dell’io, dobbiamo pensare che durante quella fuse dell’evoluzione non potevamo ancora operare col nostro io come oggi, ma che operavamo nell’universo dotati soltanto di quella che oggi conosciamo come nostalgia.

Possiamo in certo modo immaginare quella condizione (senza però paragonarla all’attuale dolorosa condizione terrestre) proprio come l’hanno descritta i già citati versi di Goethe: «Solo chi nostalgia conosce sa quanto io soffra».

 

In certo modo sofferenza e dolore penetrarono già allora, naturalmente in forma animica, nell’essere nostro e in quello di altre entità collegate con la nostra evoluzione. Così la vuota interiorità dell’anima dolorante di nostalgia fu riempita dall’attività degli Spiriti del movimento, fu ricolma di un balsamo che vi si riversò in forma di immagini. Altrimenti le anime sarebbero rimaste vuote, vuote di ogni altra cosa che non fosse quella che chiamiamo nostalgia. Questa viene attutita dal balsamo delle immagini che riempiono di varietà il vuoto e la solitudine e preservano gli esseri dalla condanna e dall’esilio.

 

Prendendo seriamente queste parole, ci risulta quale sia il fondamento spirituale della fase lunare dell’evoluzione terrestre; ci risulta ciò che risiede nei profondi sostrati della nostra coscienza, ora che la fase terrestre vi si è per così dire sovrapposta. Abbiamo quel retaggio nei sostrati della nostra anima (ne parleremo dopo domani nella conferenza pubblica), così che, similmente ai vortici d’acqua che dal fondo del mare spingono le onde verso la superficie, possa aver luogo senza che si sappia quali siano i fondamenti di quel che avviene nella coscienza.

 

Sotto la superficie dell’usuale coscienza dell’io abbiamo una vita animica che talvolta può affiorare.

Che cosa ci rivela, quando affiora, quella vita animica?

 

Possiamo dire: la vita animica che talvolta sentiamo affiorare da profondi sostrati cosmici, è la manifestazione di un retaggio della fase lunare della nostra evoluzione che durante la fase terrestre penetra in noi. Se consideriamo così il confluire della natura lunare con la natura terrestre, ci si palesa la vera ragione di ciò che dall’antica Luna si è trasposto spiritualmente nell’esistenza della Terra.

Come abbiamo descritto, comprendiamo perché fosse necessario un continuo affiorare di immagini per soddisfare il vuoto dell’anima. Arriviamo così a un concetto difficile ma importantissimo: l’anima umana piena di nostalgia, piena di un tormentoso nostalgico vuoto, placa la sua nostalgia, ne armonizza l’azione con l’incessante incalzare delle immagini che sempre di nuovo subentrano ad altre immagini. Una volta svanite, dai sostrati dell’anima emerge di nuovo l’antica nostalgia, e gli Spiriti del movimento portano sempre nuove immagini. Quando anch’esse sono state presenti per un certo tempo, la nostalgia rincorre altre immagini ancora.

 

• Per cui dobbiamo proprio dire: se la nostalgia viene placata soltanto da immagini che perpetuamente vanno alla ricerca di nuove immagini, abbiamo come il continuo fluire di un moto senza fine. In questo flusso senza fine può però subentrare qualcosa che deve avvenire e che si sostituisca alle immagini, alle immagini che si rincorrono all’infinito, un quid che sia in grado di redimere la nostalgia: un quid che non sia più immagine, ma realtà.

In altre parole: l’incarnazione planetaria dell’antica Luna, durante la quale gli Spiriti del movimento placavano la nostalgia con le immagini, deve ora cedere il posto all’incarnazione planetaria terrestre, a una nuova fase che dobbiamo chiamare la fase della redenzione.

 

• Vedremo che la Terra va appunto chiamata “pianeta della redenzione”,

• come la sua precedente incarnazione, l’antica Luna, può chiamarsi “pianeta della nostalgia”;

della nostalgia che è bensì in certo senso stata placata, ma che ha finito per sfociare in un flusso infinito.

Ora che viviamo nella coscienza terrestre

(che, come abbiamo visto, col mistero del Golgota conduce alla redenzione),

da profondi sostrati ci affiora nell’anima qualcosa che di continuo anela alla redenzione.

 

• È come se vivessimo sopra le onde della coscienza ordinaria, mentre nel fondo del mare, nelle profondità, vive il sostrato della nostra anima, vive la nostalgia: la nostalgia che sempre tende a salire alla superficie, che aspira ad offrirsi in sacrificio a un essere universale, il quale in una sola volta, e non con un’infinita successione di immagini, plachi ogni anelito e conduca alla soddisfazione.

L’uomo terrestre sente già tali stati d’animo, e sono tra i migliori.

Coloro che oggi, adeguandosi alla nostra particolare epoca, provano una simile nostalgia, sono in sostanza coloro che arrivano al nostro movimento scientifico-spirituale.

 

D’ordinario gli uomini incontrano sì tutto ciò che può in ogni campo soddisfare la loro coscienza: ma dal subconscio affiora un quid che mai si accontenta di particolari e che aspira a FONDERSI col PRINCIPIO FONDAMENTALE DELLA VITA.

• Tale principio può esserci offerto solo da una scienza universale che abbracci non soltanto singoli particolari, ma la totalità della vita. A ciò che si agita nel profondo dell’anima e che tende ad emergere alla superficie della coscienza deve venire incontro, conforme alle esigenze del nostro tempo, l’occuparsi dell’esistenza universale del nostro mondo; altrimenti dai sostrati dell’anima affiorerà sempre di nuovo un anelito che mai riuscirà a soddisfarsi e a placarsi.

 

In questo senso la scienza dello spirito

viene incontro a tutti gli aneliti che vivono nei sostrati dell’anima.

 

Poiché ogni fenomeno del mondo ha sempre dei precedenti, non dovremo stupirci che un poeta del secolo scorso, Heinrich von Kleist, che se vivesse oggi aspirerebbe senz’altro con la scienza dello spirito a placare nella propria anima la potenza della nostalgia, si sia lasciato distruggere da forze animiche inconsce che sono appunto quelle della nostalgia.

Egli visse in un’epoca in cui non poteva conoscere la saggezza spirituale, perché non esisteva ancora. Poiché era un grande spirito, è come se si fosse andato consumando nell’anelito alla saggezza, come se per la saggezza avesse avuto una perenne aspirazione e tuttavia non avesse potuto comprendere la vita. Oggi avrebbe potuto accogliere nell’anima qualcosa che avrebbe placato la sua nostalgia, il suo anelito ad immagini che però non avrebbero potuto sopraffare il suo desolato vuoto. Egli invece finì per aspirare alla cessazione di quella frenetica successione di immagini tanto possenti.

Come abbiamo detto, la voce di quell’uomo non è che l’espressione di uno spirito vissuto in un tempo in cui non era ancora possibile ricevere, come balsamo per la nostalgia dell’anima, la saggezza spirituale.

 

Così scrisse nel 1806, in una lettera a un amico: • «Chi mai vorrebbe essere felice in questo mondo! Vergognati — direi quasi — se tu lo vuoi! Devi proprio essere miope, tu anima nobile, per aspirare a qualcosa in questo mondo in cui tutto termina con la morte! Noi ci incontriamo e per tre primavere ci amiamo: e per un’eternità di nuovo ci allontaniamo uno dall’altro. E che cosa è mai degno di aspirazione se non l’amore? Deve pur esserci qualcos’altro che l’amore, la fortuna, la fama, qualcos’altro di cui le nostre anime neppure sognano! Lo spirito che sta al vertice del mondo non può essere malvagio; è solo incompreso! Quando i bambini piangono, non sorridiamo noi forse? Pensa solo a questa perpetuità infinita! Miriadi di epoche; ognuna una vita, e per ognuna un fenomeno come questo mondo! Qual nome ha mai la stellina che, quando il cielo è chiaro, si vede sopra Sirio? E tutto questo immane firmamento è solo un granello di polvere in confronto all’infinito! Amico, dimmi, è questo un sogno? La sera, stesi a terra sotto un tiglio ci si apre, fra due foglioline, una vista più ricca di presagi di quanto non possano concepirlo i nostri pensieri ed esprimerlo le nostre parole. Vieni, facciamo qualcosa di buono e poi moriamo! Moriamo di una delle innumerevoli morti di cui già siamo morti e moriremo ancora. È come se da una stanza noi entrassimo in un’altra. Vedi, il mondo ci si presenta come inscatolato: il piccolo è simile al grande!»

 

La nostalgia spinse il poeta a scrivere queste parole a un amico; il suo spirito non poteva ancora soddisfare la nostalgia, non poteva ancora ricorrere a quello a cui l’anima moderna può ricorrere se, con energia e comprensione, si accosta alla scienza spirituale. Fu appunto il suo spirito che pose fine, un secolo or sono, alla sua vita: prima sparò un colpo di pistola alla sua amica Henriette Vogel, e poi a se stesso; ora riposa in riva a un lago, in un solitario sepolcro che cento anni or sono si è chiuso sopra la sua spoglia.

È ben singolare il nostro destino! Abbiamo parlato di uno stato d’animo speciale; abbiamo illustrato come la volontà sacrificale rattenuta abbia suscitato il fenomeno della nostalgia, come solo ad opera degli Spiriti del movimento la nostalgia poteva venir placata, come poi l’impulso alla soddisfazione definitiva sia potuto provenire solo dal pianeta della redenzione.

 

Ora uno speciale nesso karmico vuole che oggi, proprio nel centenario della sua morte, ci sia dato ricordare con quali profonde parole von Kleist espresse la sua indistinta nostalgia e come infine l’abbia fatta sfociare nell’atto più tragico in cui mai la nostalgia abbia potuto incarnarsi! Come possiamo non riconoscere che quello spirito, quale ci sta di fronte nella sua interezza, è veramente una vivente incarnazione di ciò che si agita nel profondo dell’anima umana, di quanto è da farsi risalire (se lo si vuol conoscere) a qualcosa di diverso dall’esistenza terrena?

Heinrich von Kleist ci descrisse in modo quanto mai significativo ciò che nell’uomo può vivere, ciò che in uno strato profondo trascende la coscienza ordinaria e fa scaturire nell’uomo impulsi di cui, se prima non avrà interrotto il filo della sua vita, potrà rendersi conto solo più tardi. Di questo parlano anche chiaramente le prime pagine del mio volumetto La guida spirituale dell’uomo e dell’umanità.

 

Pensiamo alla Penthesilea di von Kleist. Questo personaggio racchiude in sé assai più di quanto la sua coscienza terrena possa abbracciare. Non potremmo affatto comprenderlo in tutta la sua singolarità, se non ammettessimo che la sua anima è assai più ampia di quanto non possa afferrarla, per quanto grande essa sia, la sua coscienza terrena. Perciò nel dramma deve svolgersi una scena che vi introduca artificiosamente un elemento subconscio. Deve essere impedito alla coscienza ordinaria del lettore di comprendere i fatti riguardanti Achille; se infatti li potesse comprendere, non sperimenterebbe tutta la tragicità dell’opera. Penthesilea viene condotta prigioniera ad Achille, ma le viene fatto credere che sia lui, Achille, il prigioniero. Perciò egli è il “suo” Achille! Ciò che vive nella coscienza ordinaria deve venire immerso nell’inconscio.

 

Un elemento subconscio interviene pure nella commedia Caterina di Heilbronn, specialmente per il singolare rapporto della protagonista col cavaliere Wetter, rapporto che non si svolge nella coscienza, bensì negli strati più profondi dell’anima nei quali risiedono le forze ignote che passano da persona a persona.

Considerando l’insieme dell’opera possiamo intuire come un elemento spirituale stia alla base anche delle forze di gravitazione e di attrazione del mondo. Possiamo sentire su quali forze nascoste poggi il mondo, quando per esempio ci immergiamo nella scena in cui Caterina si trova di fronte al suo adorato cavaliere. Vediamo che cosa vive nel subconscio e come quell’elemento nascosto dell’anima sia affine alle forze che di solito designiamo semplicemente come l’attrazione fra i pianeti. Immergersi in un tale principio subconscio non poteva però ancora farlo cento anni fa neppure uno spirito profondo come von Kleist. Oggi è possibile.

 

La sua tragedia il principe di Homburg ci si presenta in modo del tutto diverso. Vorrei sapere come in astratto si possano far derivare tutte le azioni umane solo dalla ragione, e in quel modo spiegare una figura, come quella del principe di Homburg, il quale attua tutte le sue grandi imprese in una specie di stato di sogno, anche quella che in ultimo lo conduce alla vittoria. Von Kleist indica chiaramente che il principe, se avesse seguito solo la sua coscienza ordinaria, non sarebbe stato affatto vincitore, e non sarebbe stato neppure un individuo particolarmente grande: piange poi infatti di fronte alla morte. Raccoglie tutto il suo coraggio solo quando, per uno speciale impulso di volontà, ricorre a ciò che gli vive nel più profondo dell’anima.

 

• L’eredità rimastaci dalla coscienza lunare non può essere conosciuta con i concetti della scienza astratta, ma deve esserlo con quelli più ampi della scienza dello spirito che, coi loro contorni sottili e più sfumati, si avvicinano da ogni lato alle realtà spirituali. Alle cose ordinarie sono dunque connesse le cose più alte.

Vediamo così che la scienza dello spirito ci mostra come gli stati che oggi sperimentiamo nell’anima si formino nel cosmo, nell’universo. Vediamo però anche come ciò che sperimentiamo nell’anima possa darci un concetto dello spirito che è alla base delle cose. Vediamo che è giunto il tempo che darà soddisfazione alle aspirazioni di un’epoca precedente alla nostra, di un’epoca in cui gli esseri umani anelavano a qualcosa che solo il nostro tempo può offrir loro.

 

Noi dobbiamo provare rispetto e venerazione per coloro che in passato non furono a loro agio nel mondo, perché questo non poteva offrire soddisfazione ai loro aneliti, e una forma di venerazione e di rispetto può anche consistere nel ricordare le connessioni fra tutti i fatti della vita, e come gli uomini di oggi possano dedicare la loro vita a movimenti spirituali dei quali, come mostra il loro destino, già da tempo avrebbero avuto bisogno.

Così, nel centenario della morte di un grande spirito quanto mai ricolmo di nostalgie, è cosa buona ricordare che ai doni della scienza dello spirito gli uomini aspiravano già anche in passato, talora impetuosamente, talora malinconicamente. Nell’anniversario della morte di uno dei più grandi poeti tedeschi possiamo immergerci in questi pensieri e farli nostri.