Regni spirituali del cosmo e autoconoscenza umana / 69-75

O.O. 26 – Massime antroposofiche – 27.07.1924


 

Le Massime inviate in queste settimane dal Goetheanum ai soci della Società Antroposofica,

guidano lo sguardo dell’anima verso le entità dei regni spirituali con i quali l’uomo è in relazione verso l’alto,

così come verso il basso lo è con i regni della natura.

 

Una vera autoconoscenza dell’uomo può diventare la guida verso quei regni spirituali. Quando si tenda in giusto senso verso una tale autoconoscenza, in essa si aprirà la comprensione per le conoscenze che l’antroposofia trasmette osservando la vita del mondo spirituale. Bisogna però esercitare l’autoconoscenza nel suo vero senso, e non in quello di una semplice contemplazione della propria interiorità.

In una simile e vera autoconoscenza si trova innanzi tutto ciò che vive nel ricordo. In immagini di pensiero si richiamano alla coscienza le ombre delle viventi esperienze immediate nelle quali ci si era trovati in passato. Chi vede un’ombra, per un interiore impulso viene indirizzato col pensare verso l’oggetto che getta quell’ombra. Chi porta in sé un ricordo non può, con la stessa immediatezza, guidare lo sguardo dell’anima verso l’esperienza che continua ad agire nel ricordo.

 

Se però riflette veramente sul suo proprio essere dovrà dirsi:

• « Sulla base della mia entità animica sono diventato ciò che le esperienze hanno fatto di me,

quelle esperienze che gettano la loro ombra nel ricordo ».

Nella coscienza compaiono le ombre del ricordo;

nell’essere animico risplende ciò che nel ricordo è ombra.

• La morta ombra agisce nel ricordo; l’essere vivente agisce nell’anima nella quale è attivo il ricordo.

 

Bisogna rendersi ben conto di questa relazione esistente fra il ricordo e la vera vita dell’anima; in tale aspirazione verso la chiarezza, si sentirà nell’autoconoscenza come si è sulla via verso il mondo spirituale.

• Mediante il ricordo si osserva l’elemento spirituale della propria anima. Per la coscienza abituale tale osservazione non arriva ad afferrare veramente ciò verso cui lo sguardo è indirizzato. Si osserva qualcosa, ma lo sguardo non incontra realtà alcuna. Con la conoscenza immaginativa l’antroposofia fa rilevare tale realtà. Essa indirizza da ciò che è ombra a ciò che risplende. Lo fa parlando del corpo eterico dell’uomo. Essa mostra come nelle immagini-ombra del pensiero agisca il corpo fisico, e come in ciò che risplende viva il corpo eterico.

 

Con il corpo fisico l’uomo è nel mondo sensibile; con il corpo eterico è nel mondo eterico. Nel mondo sensibile egli ha qualcosa che lo circonda; ha un mondo circostante anche nel mondo eterico. L’antroposofia ne parla come del primo mondo nascosto nel quale l’uomo si trova. È il regno della terza gerarchia.

• Nello stesso modo in cui ci si è accostati al ricordo, ci si avvicini ora al linguaggio. Esso scaturisce dall’interiorità dell’uomo come il ricordo. In esso l’uomo si lega con un essere, come nel ricordo egli si lega con le proprie esperienze. Nella parola vive anche un elemento d’ombra. Questo è più forte dell’elemento d’ombra dei pensieri mnemonici. Mentre l’uomo adombra interiormente le sue esperienze nel ricordo, con il proprio sé nascosto è attivo egli stesso in tutto il processo. È presente mentre ciò che risplende getta la sua ombra.

 

Nel linguaggio viene anche gettata dell’ombra. Le parole sono ombre. Che cosa risplende in esse? Qualcosa di più forte, perché le parole sono ombre più forti dei pensieri mnemonici. Ciò che nel sé umano può creare dei ricordi nel corso di una vita terrena, non può creare le parole. L’uomo deve apprenderle assieme con gli altri uomini. Deve partecipare un essere che in lui giace più nel profondo che non quello che getta le ombre nel ricordo. Sulla base della conoscenza ispirata, l’antroposofia parla qui del corpo astrale, così come parla del corpo eterico di fronte al ricordo. Quale terza parte costitutiva dell’entità umana si aggiunge il corpo astrale al corpo fisico e a quello eterico.

 

Anche questa terza parte costitutiva ha un mondo che la circonda. È quello della seconda gerarchia.

Nel linguaggio umano è data un’immagine d’ombra della seconda gerarchia.

Con il suo corpo astrale, l’uomo vive nel regno di questa gerarchia.

 

Si può proseguire. Nel parlare l’uomo partecipa con una parte del proprio essere. Nel parlare mette in movimento la sua interiorità. Ciò che la racchiude rimane invece in riposo nel parlare stesso. Il movimento del parlare si libera dall’essere dell’uomo che rimane fermo. L’uomo nel suo complesso si mette invece in movimento quando egli rende attiva la sfera delle sue membra. In questo movimento l’uomo non è meno espressivo di quanto non lo sia nel ricordo e nel linguaggio.

 

Il ricordo esprime le esperienze;

il linguaggio ha appunto la propria essenza nella circostanza di essere l’espressione di qualcosa.

Altrettanto esprime « qualcosa » l’uomo che si muove in tutto il suo essere.

 

L’antroposofia indica quale ulteriore parte costitutiva dell’entità umana ciò che così si esprime. Sulla base della conoscenza intuitiva essa parla del « vero sé » o dell’« io ». Anche per questo essa trova un mondo circostante: è quello della prima gerarchia.

• In quanto l’uomo si avvicina ai suoi pensieri mnemonici, gli viene incontro una prima parte soprasensibile, il suo essere eterico; e l’antroposofia gli indica il relativo mondo circostante.

In quanto l’uomo si afferra quale essere che parla, gli viene incontro la sua entità astrale. Questa non viene più afferrata in ciò che agisce soltanto interiormente, come il ricordo. Viene guardata dall’ispirazione come ciò che nel parlare, movendo da un elemento spirituale, dà forma ad un processo fisico.

 

Parlare è un processo fisico.

Alla sua base vi è l’attività derivante dal regno della seconda gerarchia.

• In tutto l’uomo in movimento è presente una più intensa attività fisica che non nel parlare.

Non viene data forma a qualcosa nell’uomo; tutto l’uomo viene formato.

Qui la prima gerarchia agisce nell’elemento fisico che si va formando.

Così può venir esercitata la vera autoconoscenza dell’essere umano.

 

Ma in tal modo l’uomo non afferra soltanto il proprio sé.

Grado a grado egli afferra le sue parti costitutive: il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale, il sé.

Ma afferrandole egli si avvicina anche gradualmente a mondi superiori i quali,

come i tre regni naturali: l’animale, il vegetale e il minerale,

appartengono al complessivo universo quali tre regni spirituali; e in tale universo si evolve il suo essere.

 

69 — La terza gerarchia si manifesta come puro animico-spirituale. Essa opera in ciò che l’uomo sperimenta in modo animico del tutto intimamente. Non potrebbe verificarsi alcun processo, né nell’eterico né nel fisico, se agisse solo questa gerarchia. Ci potrebbe essere soltanto quello che è animico.

70 — La seconda gerarchia si manifesta come un animico-spirituale che agisce nell’eterico. Tutto ciò che è eterico è manifestazione della seconda gerarchia. Essa però non si manifesta immediatamente nel fisico. La sua forza giunge solo fino ai processi eterici. Non sussisterebbero che animico ed eterico, se agissero soltanto la terza e la seconda gerarchia.

71 — La prima gerarchia, la più forte, si manifesta come ciò che è spiritualmente operante nel fisico. Essa forma a cosmo il mondo fisico. La terza e seconda gerarchia sono qui le entità serventi.

72 — Non appena ci si accosti alle superiori parti costitutive dell’entità umana: al corpo eterico, al corpo astrale e all’organizzazione dell’io, si è costretti a cercare il nesso dell’uomo con gli esseri dei regni spirituali.  Solo l’organizzazione fisica del corpo può esser lumeggiata dai tre regni fisici della natura.

73 — Nel corpo eterico si congiunge all’essere umano l’intelligenza cosmica. Che ciò possa avvenire, presuppone la attività di esseri del cosmo che nella loro cooperazione configurano il corpo eterico umano, così come le forze fisiche il fisico.

74— Nel corpo astrale il mondo spirituale imprime all’essere umano gli impulsi morali. Che questi si possano esplicare nell’organizzazione umana, dipende dall’attività di esseri capaci non solo di pensare lo spirituale, ma anche di configurarlo sostanzialmente.

75 — Nell’organizzazione dell’io l’uomo sperimenta se stesso quale spirito nel corpo fisico. Perché ciò possa avvenire, è necessaria l’attività di esseri che vivono essi stessi come spiriti nel mondo fisico.