Scienza dello Spirito, libertà di pensiero e forze sociali

O.O. 333 – Libertà di pensiero e forze sociali – 19.12.1919


 

Sommario: Scienza dello Spirito, libertà di pensiero e forze sociali

Il Goetheanum come espressione artistica di sensibilità scientifico-spirituale. Limitazioni del pensiero scientifico naturale. La causa della disconnessione tra fede e conoscenza. Il compito reale del popolo tedesco.

 

Può gravare come un incubo sull’anima di chi osserva la vita culturale moderna dell’umanità, qualcosa di simile allo stringersi di un cuore afflitto, il notare come esistano ancora relativamente pochi uomini che vogliano vedere con sguardo imparziale come, in riferimento ai più importanti ambiti della nostra vita culturale, ci troviamo su una brutta china. Questa brutta china la si è potuta percepire a sufficienza attraverso gli avvenimenti degli ultimi anni, attraverso tutto ciò che si è abbattuto sugli uomini. Tuttavia accade spesso ancora oggi che gli uomini si abbandonino all’opinione secondo la quale se non si agisce in modo radicale per cambiare le cose si dovrebbe almeno rimanere fermi a quel grado di caos al quale si è già pervenuti, e si potrebbe poi riprendere a lavorare a partire dalla situazione data, e tutto il resto seguirebbe a ruota. Nel corso degli anni mi sono trovato continuamente a dover contraddire tali modi di sentire il tempo presente, e ho dovuto mostrare come sia invece necessario, attraverso un cambiamento radicale del nostro modo di pensare, trovare la predisposizione a concepire un’autentica ricostruzione delle nostre condizioni sociali, della nostra vita pubblica, a partire dai più profondi fondamenti della vita spirituale e culturale. E se anche già oggi vi è un piccolo numero di uomini che hanno prestato attenzione a come tutti i segni parlino del fatto che senza quest’opera di cambiamento radicale ci si debba spingere sempre più rovinosamente in fondo alla brutta china, tuttavia anche tra questi pochi uomini si trova ancora scarsa comprensione per ciò che è necessario, a partire dall’aspirazione ad una nuova metamorfosi dello spirito umano, per portare ad un risanamento, ad una guarigione di quella malattia che si estrinseca proprio nella brutta china imboccata dalla nostra vita culturale.

 

Ci sono tre sintomi da cui può risaltare qualcosa di estremamente importante per la comprensione del nostro tempo e di ciò che in esso è necessario. Il primo lo vorrei chiamare: la mancanza principale del nostro tempo. Da decenni nelle conferenze sulla Scienza dello Spirito mi sono sforzato di indicare quale sia questa principale mancanza, e anche di mostrare alcune delle conseguenze che potranno scaturire da questa mancanza fondamentale di una minima conoscenza e comprensione della vita spirituale per la stessa evoluzione dell’umanità del presente e del prossimo futuro. Il secondo sintomo che parla forte e chiaro nei fatti del presente lo vorrei chiamare: l’esigenza principale del nostro tempo. E questa esigenza principale risuona da più di un secolo nel profondo di molti cuori, da quando Schiller nel suo “Don Carlos” fece pronunciare le parole : “Date libertà di pensiero!” Chi scruta più profondamente nella vita sociale e spirituale del nostro tempo, potrà scoprire come dietro a molto di ciò che oggi viene formulato coscientemente dalla gente come questa o quella rivendicazione sociale si nasconda in realtà l’esigenza di una libera attività del più intimo essere dell’uomo, del pensiero umano. Molti uomini sperimentano rassegnati la loro vita di pensiero come una costrizione che deriva da vecchie consolidate abitudini, o anche dalle nuove condizioni economiche. Si trovano inibiti nella libera manifestazione del loro pensiero dalle confessioni religiose vigenti, oppure dalla costrizione derivante dalla vita economica. Ciò che realmente vive nelle anime rimane in gran parte inconscio; ciò che però affiora alla coscienza si esprime nel fatto di non poter essere soddisfatti di qualcosa; nel fatto che c’è qualcosa che gli uomini non ammettono di fronte a se stessi in maniera chiara e libera: posso condurre un’esistenza degna di un essere umano. E così nascono i programmi più svariati che contengono cose molto belle, ma che non raggiungono il fondo dell’anima per scrutare cosa lì realmente viva. Se si cerca ciò che lì vive questo è quanto si trova: la nostalgia per la più libera attività della parte più intima dell’essere umano, la nostalgia per ciò che si potrebbe riassumere con l’espressione che risuona nella presente esigenza di libertà di pensiero. E basta solo pronunciare l’espressione “forze sociali” per sentire come con ciò si faccia notare che le moderne condizioni spirituali, giuridiche, politiche ed economiche abbiano portato ad un periodo in cui le forze produttive della vita agiscono in maniera complicata, e come noi non siamo in grado, a partire da ciò che vogliamo conquistare spiritualmente, a partire da ciò che vogliamo elaborare programmaticamente, di organizzare queste forze sociali, nelle quali gli uomini sono intessuti, in modo tale che all’interno di questa organizzazione il singolo uomo che è giunto alla coscienza della sua umanità possa rispondere in modo soddisfacente alla domanda: conduco io un’esistenza degna dell’essere umano?

Posso presupporre che la maggior parte degli ascoltatori riuniti qui oggi abbiano potuto nel corso di molti anni trarre dalle conferenze e dagli scritti che descrivono ulteriormente il contenuto di queste conferenze e che sono state da me pubblicate, quale sia il senso interiore e quale sia lo spirito della Scienza dello Spirito come qui è intesa. Questa Scienza dello Spirito crede di doversi collocare nell’attuale vita culturale a partire dalla necessità del tempo presente. Oggi mi basterà solo accennare a qualche elemento principale, perché posso rimandare alle numerose conferenze già tenute qui. Innanzitutto vorrei fare accenno però ancora una volta in maniera introduttiva a qualcosa che è stato già detto nelle più diverse forme.

 

Quando si parla di Scienza dello Spirito il mondo esterno spesso la associa con ogni forma possibile di mistica ingarbugliata, di teosofia ingarbugliata e così via. Nonostante questa Scienza dello Spirito faccia ciò che può per chiarire quale sia il suo vero senso, tuttavia nelle più ampie cerchie di persone se ne parla ancora oggi in modo tale da rappresentare l’esatto contrario di ciò che questa Scienza dello Spirito in realtà vuole essere. In prima linea i sostenitori di questa Scienza dello Spirito sentono che da tre a quattro secoli a questa parte è emerso all’interno dell’umanità un modo di pensare che domina tutta la nostra vita e che ha trovato la sua più importante espressione nel modo di rappresentare il mondo delle più recenti scienze naturali. Prego di non fraintendermi su questo punto. Non voglio risvegliare la convinzione che io assuma che solo gli uomini che hanno percorso una qualsivoglia formazione scientifico-naturalistica siano impregnati di questo modo di pensare. Le cose non stanno così, ma invece uomini appartenenti alle più ampie cerchie, compresi quelli con cultura e formazione del tutto primitive, che oggi vogliano avere una spiegazione sull’essere dell’uomo, sull’essenza della vita sociale, sull’essere dell’universo, pensano e si formano rappresentazioni secondo la direzione che è venuta ad espressione soprattutto attraverso le scienze naturali. E non c’è da meravigliarsi che sia così, perché tutta la vita che ci circonda e nella quale siamo intessuti per tutto il giorno è in fin dei conti un risultato di questo modo di pensare delle scienze naturali.

 

Coloro che mi hanno ascoltato più spesso sanno che non sottovaluto il modo di pensare delle scienze naturali, che riconosco certamente i suoi grandi trionfi. Però il modo di pensare delle scienze naturali ha raggiunto questi grandi trionfi, ha potuto afferrare una parte della nostra vita pratica in maniera tanto grandiosa perché nel corso degli ultimi tre o quattro secoli è divenuto grandiosamente unilaterale. Tutto ciò che gli uomini pensano in questa prospettiva si basa sulla conoscenza della natura senza vita, di ciò che è fisico e chimico, che poi passa nella tecnica, e in tutto ciò che sta alla basa delle nostre consuetudini di vita, e che si traduce poi anche, per esempio, nei nostri metodi di cura, quindi in quelle conoscenze che devono essere di aiuto, sotto un certo aspetto, alla vita degli uomini. Chi però riconosce senza pregiudizi quanto imponenti siano i progressi del modo di rappresentarsi il mondo delle scienze naturali in campi quali la biologia, la fisica e la chimica, e chi sa apprezzare la portata di ciò che ha prodotto la rigorosa metodica scientifica in questi campi, potrà allo stesso tempo anche prendere pienamente in considerazione i limiti di questo metodo scientifico-naturale di rappresentazione della realtà. L’ho detto innumerevoli volte e desidero riassumerlo ora in queste parole: chi si inoltra più profondamente in ciò che oggi chiamiamo autentica scienza naturale troverà che questa scienza dà delle spiegazioni eccellenti sulla natura inanimata e su quegli aspetti del vivente che, vorrei dire, consistono di inclusioni in questa natura inanimata. Ma c’è una cosa di fronte alla quale dobbiamo fermarci proprio quando consideriamo i limiti conoscitivi del modo scientifico-naturale di rappresentare la realtà: dobbiamo fermarci di fronte il reale essere dell’uomo. Non vi è alcuna possibilità, a meno di non volersi illudere, di credere che queste concezioni che ci hanno condotto tanto profondamente nella conoscenza di ciò che è inanimato, che ci hanno “portato così meravigliosamente lontano” nelle nostre realizzazioni tecniche, – che queste concezioni possano dare un chiarimento sull’essere dell’uomo. Ad un chiarimento sull’essere dell’uomo può arrivare solo chi non si aggrappa a quella “fable convenue” che non è affatto storia, ma che viene chiamata storia -, una tale conoscenza dell’uomo era qualcosa di istintivo per l’uomo fino ad un’epoca che risale a circa tre-quattro secoli fa. Fino ad allora nell’essere umano viveva una certa conoscenza dell’essere dell’uomo che proveniva da un originario istinto elementare dell’umanità. Solo che proprio come il singolo essere umano percorre un’evoluzione, così avviene anche per l’intera umanità. E l’umanità – per quanto ci si possa illudere di poterla pensare diversamente – nella sua evoluzione è giunta al punto in cui non può più formulare giudizi sull’essere umano partendo dal solo istinto, è giunta al punto in cui è necessario che l’uomo penetri coscientemente nell’essere stesso dell’uomo, come dai tempi di Copernico e di Galilei deve penetrare coscientemente nei fenomeni della natura esteriore. Quando si giunge al punto cruciale in cui le scienze naturali devono tacere di fronte all’introspezione nella natura umana, non vi è altro da fare che rivolgersi a ciò che già più volte ho chiamato la modestia intellettuale necessaria all’uomo, che sola può fornire il fondamento per l’aspirazione ad una reale evoluzione umana.

 

Chi non riesce a sviluppare questa modestia intellettuale a partire da un vero senso della conoscenza non può pervenire ad una reale conoscenza dell’essere umano. Si deve poter dire a se stessi: osservo un bambino di cinque anni e gli do un volume di poesie liriche di Goethe. Il bambino lo guarda e forse lo strappa. Ha di fronte a sé tutto ciò che l’adulto, che ha percorso un’evoluzione, ha pure di fronte a sé così da poter trovare ciò che deve dirgli questo libro di poesie. Ma come si deve ammette che prima il bambino si deve evolvere per trovarsi nella giusta posizione di fronte a quello che ha davanti a sé, così oggi si deve anche poter dire: per il modo in cui l’uomo viene inserito nell’esistenza attraverso la natura, esso si trova di fronte alla vita umana come un bambino di cinque anni di fronte ad un libro di poesie di Goethe quando non ha la volontà di condurre la sua evoluzione oltre a quelli che oggi vengono ritenuti gli unici metodi possibili. Si deve prendere in mano la propria evoluzione. Poi però si vede che in questa entità umana vi sono forze occulte, sconosciute, che possono venire risvegliate e che danno una conoscenza scientifica altrettanto rigorosa, come la possono dare soltanto le scienze naturali, e che però vanno oltre la conoscenza del mondo esteriore, del mondo dei sensi, e conducono nel mondo sovrasensibile, e solo una volta giunte lì conducono ad afferrare realmente l’essere dell’uomo. Si deve poter confessare a se stessi: con le forze abituali che sono sufficienti per la conoscenza della natura non possiamo accostarci all’essere dell’uomo. Possiamo farlo soltanto estraendo dalle profondità dell’anima umana forze conoscitive che di solito dormono in noi, come le forze razionali dormono nel bambino di cinque anni.

 

E così la Scienza dello Spirito qui intesa rappresenta la concezione che è possibile, partendo da una condizione che è sufficiente per conoscere la natura esteriore inanimata, condurre l’uomo oltre, fino a punti di vista conoscitivi solo a partire dai quali si può penetrare nell’essere dell’uomo. Questa Scienza dello Spirito non vuole essere un ozioso rimuginare nella mistica interiore, e non vuole neanche adoperare qualsivoglia espediente esteriore per avanzare verso lo spirito, ma vuole essere qualcosa che costruisce così rigorosamente su ciò per cui l’uomo è davvero capace di evoluzione, come il matematico si fonda sullo sviluppo di quelle facoltà che a loro volta vengono attinte interamente dall’interiorità dell’uomo. Questa Scienza dello Spirito vuole essere così rigorosamente logica come qualsiasi altro ramo della scienza, ma vuole applicare questa logica soltanto a quanto emerge come contemplazione spirituale, quando ciò che dorme nell’interiorità umana viene naturalmente risvegliato. Ho accennato nel mio libro “Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori” che ci sono assolutamente metodi interiori, animico-spirituali, attraverso i quali viene prodotta questa evoluzione di forze interiori animico-spirituali nell’uomo , e di come, attraverso ciò, in lui si schiudano, per dirla con le parole di Goethe[2], un occhio spirituale, un orecchio animico, un orecchio spirituale, affinché possa vedere e sentire lo spirituale, l’animico, cose per le quali oggi in fin dei conti abbiamo solo parole. In quel libro si richiama l’attenzione su quanto sia importante coltivare ripetutamente un certo rafforzamento della vita di pensiero. Lì ho indicato come sia necessaria una certa autoeducazione, il prendere-in-mano la propria evoluzione, anziché lasciarsi andare semplicemente allo scorrere della vita, affinché sorgano l’occhio e l’orecchio spirituali.

 

La maggior parte dei contemporanei si comporta ancora in maniera da respingere totalmente tutto ciò che provenga da una direzione spirituale, e tuttavia basta solo mostrare come in questo nostro tempo presente, nel quale le rivendicazioni sociali spuntano ovunque come funghi, dominino gli impulsi più antisociali. Da dove provengono questi impulsi? Provengono dal fatto che gli uomini passano gli uni accanto agli altri senza conoscersi veramente, e che non si comprendono gli uni gli altri. E perché non si comprendono? Perché ciò che chiamano conoscenza, ciò che chiamano sapere, non afferra l’uomo intero, perché rimane nella testa e si limita al solo intelletto. La peculiarità della Scienza dello Spirito qui intesa sta appunto nel fatto che le conoscenze che fornisce attraverso lo sviluppo di determinate forze interiori, afferrano tutto l’uomo, non parlano solo all’intelletto, non solo alla testa, ma impregnano sentimento e volontà, e riversano nel sentire comprensione umana, comprensione per tutto ciò che vive e intesse accanto e al di fuori di noi, fanno pulsare nel volere etica, moralità, e un senso sociale che agisce al contempo nella vita strettamente pratica.

 

Questa Scienza dello Spirito non conosce quella sventurata divisione di cui si parla al giorno d’oggi in ogni ambito della vita, la divisione in lavoro intellettuale e lavoro manuale. Che cosa è alla fine il nostro lavoro manuale? Non è null’altro che l’uso di un nostro strumento corporeo al servizio della nostra volontà. Se però, come ho spesso detto, abbiamo chiaro il fatto che questa volontà pulsa come un qualcosa di spirituale in tutto ciò che facciamo come esseri umani nella nostra interezza, e si riflette a sua volta sull’intelligenza del nostro capo – solo se consideriamo davvero l’uomo intero capiremo il più profondo impulso di questa Scienza dello Spirito.

 

Scusatemi se in quest’occasione cito qualcosa di personale. Ma ciò che è personale in questo caso è proprio di aiuto per poter chiarificare qualcosa di oggettivo. Alla Scienza dello Spirito, di cui qui si parla, eretto sulla collina di Dornach, situata nel nord-ovest della Svizzera, in un tratto della catena dello Jura, deve servire il Goetheanum, che è pensato come un’università per la Scienza dello Spirito. Quando ci si accinse a fondare questa università per la Scienza dello Spirito e a dedicarle un edificio esteriore non si poté certo andare da un qualsiasi architetto che avrebbe costruito, sulla base di antiche concezioni architettoniche o artistiche, un edificio in cui poi si entrasse per coltivare questa Scienza dello Spirito. No, si dovette ricorrere ad un altro tipo di architettura. Sin dall’inizio questa Scienza dello Spirito è stata pensata come qualcosa di così fecondo da poter incidere su tutta la vita culturale esteriore, da poter fecondare davvero a nuovo ciò che è divenuto vecchio nella nostra arte, nella nostra architettura, nella nostra vita e nel nostro lavoro. E allora non si poteva assegnare semplicemente a qualcuno il compito: costruiscimi un edificio in stile greco, romano, gotico o altro. Al contrario, da questa Scienza dello Spirito, come era accaduto per altri ambiti della vita, con impulsi in altri campi della vita, provennero anche i giusti pensieri architettonici che indicarono come quell’edificio doveva essere costruito fino nel dettaglio di ogni linea, di ogni singola forma. E così è stata intrapresa la costruzione dell’edificio in modo tale che in effetti sarà in ogni singola forma, anche nella più piccola, la cristallizzazione esteriore di ciò che sta alla base di questa Scienza dello Spirito come modo di rappresentare la realtà e come modo di sentirla.

 

E così posso dire forse le seguenti cose personali: fu tra l’autunno del 1913 e l’inverno del 1914 che io stesso feci un modello di questo edificio, l’edificio intero ma in piccolo. Ora io domando: dal momento che ho costruito il modello sulla base del quale sono stati poi fatti persino i disegni architettonici, ciò che ho prodotto sotto forma di lavoro manuale era lavoro manuale o lavoro di testa? Era qualcosa in cui confluivano entrambi e che operava come un’unità. Lo so perché l’ho fatto proprio io. E poi ancora, non vi è quasi un punto di questo edificio al quale io, come ogni singolo lavoratore, non abbia messo mano qua e là. E se a qualcuno interessasse saperlo, vi dirò che stiamo lavorando, come motivo da porre al centro dell’edificio, alla scultura di un gruppo ligneo alto nove metri e mezzo che deve rappresentare l’enigma umano del nostro tempo, ma in figura artistica. Si trattava di produrre una scultura in legno. Sebbene il lavoro sia artistico, è comunque, se mi permettete l’espressione, come spaccare legna, e potrei anche mostrarvi le vesciche sulle mie mani a riprova del fatto che qui il lavoro spirituale si traduce direttamente in lavoro manuale dalla mattina alla sera.

 

Poco tempo fa dovevamo prendere una decisione su una certa questione finanziaria; dovevamo far fare le sedie. Ci facemmo fare un preventivo sui costi. Il prezzo era enorme. A quel punto facemmo noi stessi nel nostro atelier artistico un modello di sedia collaborando con un artigiano straordinariamente capace. Quando il modello fu pronto – la sedia ora costerà solo due quinti di quel che sarebbe costata sulla base del precedente preventivo -, non si poteva dire, anche in questo caso, dove finisse il lavoro spirituale e dove iniziasse quello manuale.

 

Si può addirittura dire: per il modo in cui qui si lavora insieme in sociale convivenza con coloro che lavorano al progetto, che in parte sono amici del nostro movimento, e in parte semplici operai, c’è in realtà solo un ostacolo senza il quale si mostrerebbe che ovunque il lavoro spirituale confluisce nel lavoro manuale. Per esempio abbiamo una signora che è diplomata come infermiera e che dalla mattina alla sera affila i coltelli per il nostro lavoro di scultura. E allora possiamo chiedere: che cosa impedisce a noi, etichettati in modo sprezzante come lavoratori spirituali, di far fluire in ciò che facciamo in ciò che fanno gli operai con piena soddisfazione di entrambe le parti, e con un grado di collaborazione sociale il più soddisfacente possibile? Io capisco certamente tutti i fenomeni sociali che sono emersi in questi anni; tuttavia, se devo parlare del singolo ostacolo che rende impossibile che lavoro manuale e lavoro spirituale confluiscano insieme nel lavoro dell’operaio, allora lo devo identificare nell’organizzazione stessa degli operai che vede con sfiducia tutto ciò che viene da coloro che lavorano con lo spirito, quando fanno invece la stessa cosa.

 

Da dove proviene il fatto che oggi, in fin dei conti, vi sia un profondo abisso fra ciò che si trova nella nostra arte, nella nostra scienza, in breve nella nostra vita spirituale, e anche nella direzione spirituale della nostra vita sociale, e ciò che si trova nel lavoro esteriore, di cui si occupa oggi principalmente il movimento proletario? Questo abisso si è creato per il fatto che dal nostro modo di pensare è scivolato via ciò che concerne l’uomo intero. Un risanamento di ciò si trova solo nella Scienza dello Spirito, non in una mistica o in una teosofia unilateralmente ingarbugliate, che gente oziosa desideri coltivare nel chiuso della propria cameretta senza che sia presente una forza dirompente. L’elemento risanante in questa Scienza dello Spirito risiede nel fatto che attraverso essa ci si rivolge all’uomo intero. E ho detto questo proprio ora per allacciarvi la seguente osservazione: so che le conoscenze che rappresento in piena responsabilità di fronte al mondo non mi sarebbero giunte se avessi lavorato solo con la testa, se non avessi anche dovuto fare per tutta la mia vita qualcosa che comunemente viene chiamato lavoro manuale; perché questa cosa ha proprio un certo effetto sull’uomo. Ciò che è solamente il cosiddetto lavoro di testa, ciò che ricorre solo all’intelletto non basta per pervenire allo spirito. E vorrei citare qui qualcosa che oggi apparirà del tutto paradossale a molti uomini. Oggi si dice: fuori, nella vita pratica c’è il lavoro manuale, la prassi; dentro, a partire dall’intelletto, c’è il lavoro spirituale. Eh no! Le cose non stanno affatto come queste parole vorrebbero far credere! Abbiamo la separazione fra l’esteriore prassi di vita e la cosiddetta vita spirituale perché da entrambe lo spirito si è ritirato, perché oggi ci troviamo incastrati nell’ingranaggio della tecnica, perché il lavoratore si trova a lavorare con una macchina e a dover compiere solo delle operazioni meccaniche guidato dall’intelletto, e perché dall’altra parte coloro che vengono educati ad una vita intellettuale vengono impiegati troppo poco nei lavori veramente pratici. Così come la nostra prassi è priva di spirito, altrettanto priva di spirito è la nostra vita spirituale intellettualistica. Solo quando dall’intera attività dell’uomo nel mondo fluisce di nuovo anche verso il nostro capo, anche al nostro pensare, ciò che da questo essere umano intero può provenire in armonica interazione con tutto ciò che fa parte dell’uomo, solo se non ci limitiamo soltanto a pensare con il capo, bensì pensiamo come si pensa quando si è formato qualcosa con la mano e si è percepito come ciò irradi di rimando nel capo, solo allora il pensiero verrà ricolmato così pienamente di realtà che in esso vi sarà spirito. Ciò che è solo pensato è altrettanto privo di spirito quanto è privo di spirito ciò che viene prodotto con una macchina.

 

La scienza dello spirito qui intesa non deve condurre ad una mistica estranea alla vita. Deve germogliare da un suo pieno inserirsi nella vita e deve essere più densa di realtà rispetto a quanto oggi di solito si intende quando si parla di vita spirituale. O forse ciò che oggi si intende per vita spirituale è veramente denso di realtà? Non vediamo come la scienza sia impotente nel giungere ad afferrare lo spirito? Gli uomini che oggi si trovano inseriti nella cultura del tempo presente credono di coltivare una scienza naturale libera da pregiudizi. Ma questa scienza naturale libera da pregiudizi da dove si è originata in realtà? Dal fatto che per lunghi secoli tutto ciò che gli uomini anelavano a sapere su anima e spirito, su ciò che va oltre nascita e morte, riguardo a tutto questo gli uomini dipendevano – attraverso le relazioni sociali – da ciò che era monopolio delle singole confessioni religiose. Quando emerse lo spirito delle nuove scienze naturali quale era in realtà la situazione a livello di vita sociale? Tutto ciò che l’uomo poteva sapere su anima e spirito veniva monopolizzato nei dogmi delle confessioni religiose. Non si aveva il permesso di pensare autonomamente su anima e spirito, lo si poteva fare solo sul mondo esteriore dei sensi. E gli uomini che hanno praticato le scienze naturali si sono adattati a questo schema. Si sono abituati a pensare e a ricercare solo sul mondo esteriore dei sensi, perché per secoli fu proibito ricercare autonomamente su anima e spirito. Hanno tradotto la cosa in determinate rappresentazioni, hanno praticato solo una scienza esteriore basata sui sensi. La cosa si è poi trasformata, per effetto di un grandioso autoinganno, nella convinzione che la scienza esatta possa dire qualcosa solo sull’esteriore mondo dei sensi, e che la ricerca su anima e spirito si trovi al di là dei confini della conoscenza. Questa convinzione è radicata anche nella vita animica dell’uomo moderno e compenetra tutta la vita. Con una tale concezione si possono acquisire pensieri fecondi sulla natura, ma non appena ci si voglia spingere ad indagare la vita sociale questo modo di pensare non basta più. Per fondare una reale scienza popolare, una reale scienza sociale che possa davvero afferrare la vita, è necessario che ci compenetriamo di 56 una concezione che abbracci l’uomo intero. E questa concezione ci manca, perché le influenze che ho appena caratterizzato ne impedirono lo sviluppo.

 

Fu così che si giunse a dire a se stessi: spirito e anima sono qualcosa che è stato definito da dogmi per secoli. Su di essi non si può fare ricerca; è qualcosa che solo per volontà degli uomini si muove come fumo e nebbia sulla vita reale e lì si formano come cosa reale niente altro che le stesse forze economiche. Nacque allora l’incapacità di credere al fatto che lo spirituale domina in ciò che sono le esteriori forze economiche. E da questa incredulità si originò ciò che ha preso posto fatalmente nelle teste e nei cuori degli uomini. Nacque la credenza che la vita spirituale si potesse sviluppare da sé, a partire dalle forze economiche, se solo queste vengono organizzate in un certo modo. Non è presente nessuna visione riguardo al fatto che tutto ciò che è nato a livello economico in origine è il risultato della vita spirituale, che però la nostra vita spirituale si è alienata dal mondo, che vi è un abisso fra essa e la vita esteriore, e che per un risanamento della nostra vita abbiamo bisogno davvero di una reale Scienza dello Spirito che penetri nell’essere dell’uomo, che arrivi a conoscere profondamente l’uomo proprio come le scienze esteriori studiano la macchina, che però deve venire costruita sulla base delle forze evolute della natura umana. In breve, la cognizione che la Scienza dello Spirito debba essere il fondamento per una conoscenza e una gestione ottimale della vita sociale è stata resa straordinariamente più complicata. Ciò di cui è convinto il portatore della Scienza dello Spirito è che l’intelletto umano non abbia abbastanza forza d’urto, anche laddove esso si esprima nell’attuale vita sociale, per immergersi nella vita reale e che quest’ultima debba pervenire sempre più nel caos se non verranno vivificati gli impulsi che si spingono fin dentro al sentire e al volere, che possono porre gli esseri umani in relazione tra loro in modo tale che le forze sociali possano venire organizzate. Prendete quello che volete dei metodi delle scienze naturali, di quelle esatte scienze naturali che nel nostro tempo hanno raggiunto il culmine, con esse non potrete fondare nessuna scienza sociale. Nei confronti delle scienze sociali le rappresentazioni che si conseguono senza la Scienza dello Spirito si comportano come si comporta un colore che si vuole stendere su di una superficie oleata. Come la superficie oleata respinge il colore, così la vita respinge ciò che domina tra noi come mera scienza intellettuale.

 

E così la vita esteriore implora quel tipo di conoscenza approfondita che viene fornita proprio dalla Scienza dello Spirito. Dovrà essere la Scienza dello spirito a fornire i fondamenti per ciò che gli uomini oggi inconsciamente esprimono nelle loro rivendicazioni sociali, che non possono formulare chiaramente perché non è presente la necessaria forza di pensiero. Perciò è necessario concepire questa Scienza dello Spirito non come qualcosa a cui ci si potrebbe dedicare accanto ad altre cose con un paio di pensieri, bensì come qualcosa che appartiene alle condizioni più imprescindibili per il risanamento della nostra vita. Certamente – poiché non credo proprio di mancare di senso pratico -, so bene che la gente dice: abbiamo il nostro lavoro, non possiamo dedicarci a questa Scienza dello Spirito che è comunque così ampia e articolata. Ma non dovrebbe farsi strada nei cuori e nelle anime degli uomini anche l’altro pensiero: l’attuale china rovinosa sulla quale ci troviamo non ci indica forse – per quanto intensamente possiamo essere impegnati nel nostro lavoro -, che stiamo collaborando a creare la via che conduce nel caos? E dunque non dovremmo forse ritenere necessario dedicare ogni ora che ci avanza a coltivare delle concezioni che finalmente affrontino in maniera veramente radicale la questione del risanamento?

 

E ciò che qui si intende per Scienza dello Spirito è intimamente connesso con quel grido che risuona nel nostro tempo e che però, come ho esposto fin’ora, risale a molto oltre un secolo fa, e che vorrei descrivere come la rivendicazione della libertà di pensiero. Questo grido è però soprattutto una richiesta di libertà sociale. E’ strano che se si cerca di osservare cosa venga a galla nel nostro presente dal moto delle onde delle cosiddette esigenze sociali, ci si imbatta sempre puntualmente nella necessità di riconoscere come stiano in realtà le cose rispetto alla libertà umana, rispetto a quell’impulso che si esprime nell’una o nell’altra forma come impulso della libertà umana. Al fatto che qui si tocchi un punto importante è giunto persino quell’uomo che considero una delle persone più disgraziate tra i cosiddetti uomini illustri del nostro tempo che hanno avuto un’influenza sullo stato delle cose: Woodrow Wilson. Siccome non ho mai parlato di Woodrow Wilson, anche in paesi esteri neutrali durante la guerra, in maniera diversa da come faccio ora, mentre invece lui dappertutto veniva adorato, posso continuare a parlare di lui come ho sempre fatto. Nel suo scritto “La nuova libertà” si trovano parecchi punti in cui egli indica come un risanamento della situazione sociale – e si riferisce soprattutto a quella americana – si possa ottenere solo se si tiene davvero conto dell’aspirazione umana alla libertà. Ma che cos’è per Woodrow Wilson la libertà umana?

 

Ad un certo punto si arriva ad un capitolo molto, molto interessante riguardo al pensare umano attuale – perché in fondo questo Woodrow Wilson è proprio una specie di pensatore rappresentativo -, e allora trovate nel suo scritto sulla libertà la seguente concezione: ci si può formare il concetto di libertà osservando come è fissata una ruota dentata su una macchina. Se è fissata in modo tale che l’apparecchio meccanico si possa muovere senza impedimenti si dice che la ruota dentata è libera. Se si osserva una nave, dice, la nave deve essere costruita in modo tale che il suo ingranaggio si inserisca nel moto ondoso in modo da non venirne ostacolato, e che in un certo senso avanzi grazie alla forza delle onde, che si adatti ad essa, che corra liberamente sulla forza delle onde. Woodrow Wilson paragona quello che deve essere davvero l’impulso della libertà umana con ciò che una ruota dentata è in una macchina, con ciò che una nave è nelle onde del mare. Dice: un uomo è libero solo se si muove all’incirca come una ruota si muove liberamente in un ingranaggio, se si muove liberamente nelle condizioni esteriori in modo tale da 60 continuare a muoversi in esse, in modo tale da inserirsi con le sue forze in ciò che scorre all’esterno senza venirne ostacolato.

 

Penso allora che sia molto interessante che dall’attuale modo di rappresentare e di sentire la realtà delle scienze naturali possa spuntare questa strana concezione della libertà umana. Perché non è forse il contrario della libertà quando ci si adatti alle condizioni date a tal punto da poter procedere solo all’interno di queste? La libertà non richiede forse che, se è necessario, ci si possa opporre alle condizioni esteriori? Non si dovrebbe forse paragonare ciò che vive come libertà con un comportamento tale per cui, in caso di necessità, si potesse volgere la nave contro le onde e farla arrestare?

 

Da dove proviene questa concezione così strana dalla quale non potrà mai nascere un sano giudizio da statista, bensì al massimo potranno scaturire i 14 punti astratti delle comunicazioni wilsoniane che purtroppo anche qui in patria, almeno per un certo periodo, in parte furono oggetto di ammirazione? Da ciò deriva il fatto che nel nostro tempo non si riconosce come si debba ritornare allo stesso pensiero umano, a quel pensiero che viene concepito come idea e che, quando si parla davvero di libertà, può fornire l’unico vero libero impulso per la vita umana. Questo è quanto più di trent’anni fa tentai di rappresentare nella mia “Filosofia della libertà”, di cui poco tempo fa è apparsa una nuova edizione con relative integrazioni. Ad ogni modo lì tentai di intendere questo impulso alla libertà in modo diverso da come attualmente avviene. Tentai di mostrare il modo sbagliato in cui ci si è interrogati riguardo alla libertà umana. Ci si domanda: l’uomo è o non è libero? È l’uomo un essere libero che può prendere decisioni con vera responsabilità a partire dalla propria anima, oppure è inserito come un essere della natura in una necessità naturale o spirituale? Ci si è posti tali domande, vorrei dire, per millenni, e ci si interroga ancora così. Ma già porre la domanda in questo modo è un grande errore.

Non si può porre la domanda in questo modo, perché la domanda riguardo alla libertà è una questione legata all’evoluzione umana, ad un’evoluzione tale che l’uomo sviluppi in sé nel corso della gioventù, o forse della sua vita più avanzata, delle forze che semplicemente non possiede per natura. Non ha alcun senso domandare: l’uomo è libero? Di natura non lo è, ma può rendersi sempre più libero risvegliando delle forze che sono assopite in lui e che la natura di per sé non risveglia. L’uomo può diventare sempre più libero. Non si può chiedere se l’uomo è libero o no, bensì soltanto: c’è per l’uomo una via per raggiungere la libertà? E questa via c’è. Come ho detto, trent’anni fa tentai di dimostrare che quando l’uomo si avvicina allo sviluppare in sé una vita interiore in modo tale da afferrare in puri pensieri gli impulsi morali per le sue azioni, può porre realmente come base alle sue azioni impulsi di pensiero e non solo emozioni istintive – pensieri che si immergono nella realtà esteriore come chi ama si immerge nell’essere amato. Allora l’uomo si avvicina alla sua libertà. La libertà è dunque figlia del pensiero che viene afferrato nella chiaroveggenza spirituale – non per costrizione esterna -, così come è figlia del vero amore ricolmo di dedizione, dell’amore verso l’oggetto dell’agire. A noi spetta sviluppare ulteriormente nel presente ciò a cui aspirava la vita spirituale tedesca in Schiller quando egli si contrapponeva a Kant e intuiva qualcosa di un tale concetto di libertà. Ma a questo punto mi si rivelò che si può solo parlare di ciò che sta alla base delle azioni morali – che, seppure rimanga a livello inconscio nell’uomo, comunque è presente -, e che questa cosa si deve chiamare intuizione. E così parlai nella mia “Filosofia della libertà” di una intuizione morale.

 

Ma con ciò fu anche dato il punto di partenza per tutto ciò che in seguito tentai di compiere nel campo della Scienza dello spirito. Non crediate che oggi io pensi a queste cose in modo presuntuoso. So molto bene che questa “Filosofia della libertà” che ho concepito più di trent’anni fa da giovane ha in una certa misura tutte le malattie infantili di quella vita di pensiero che si è preparata nel corso del diciannovesimo secolo. Ma so anche che a partire da questa vita spirituale è germogliato ciò che può condurre la vita di pensiero verso l’alto, verso ciò che è realmente spirituale. Pertanto posso dire a me stesso: quando l’uomo si eleva nell’intuizione morale verso gli impulsi morali e rappresenta un essere davvero libero, allora è già, se posso usare questa parola scomoda, “chiaroveggente” in relazione alle sue intuizioni morali. In quello che va oltre tutto ciò che è legato ai sensi si trovano gli impulsi di tutto ciò che è morale.

 

In fondo i precetti veramente morali sono risultati di chiaroveggenza umana. Perciò vi è stata una via diretta che portava da quella “Filosofia della libertà” a quella che oggi intendo quale Scienza dello Spirito. La libertà germoglia nell’uomo solo se l’uomo si evolve. Ma l’uomo si può evolvere ulteriormente in modo tale da far sì che ciò che già sta alla base della sua libertà gli permetta anche di diventare indipendente da tutta la sfera sensibile e di elevarsi libero nei territori dello spirito.

 

Pertanto la libertà dipende dall’evoluzione del pensiero umano. La libertà è in fin dei conti sempre libertà di pensiero, e proprio osservando gente rappresentativa come Woodrow Wilson dobbiamo dire: proprio perché tali uomini non hanno mai compreso che cos’è in realtà il pensiero sul vero spirito, come esso debba radicarsi nello spirituale, se non deve essere astratto, possono inventare definizioni così paradossali come quella che Woodrow Wilson ha inventato per la libertà. In tali cose scorgiamo l’insufficienza dell’attuale vita spirituale, il cui difetto principale consiste nel non riconoscere l’essere spirituale dell’uomo. Vediamo quale sia l’esigenza principale: libertà di pensiero; e vediamo quale sia la necessità principale: la gestione ottimale delle forze sociali, se questa vita si deve sviluppare come fondamento per queste tre grandi esigenze nel presente per il prossimo futuro. Pertanto ciò che è veramente un impulso originario nell’uomo non è legato a ciò che nell’uomo si può raggiungere attraverso il pensiero delle scienze naturali, bensì a ciò che si può raggiungere soltanto attraverso la contemplazione spirituale.

 

Sulla libertà si è così tanto dibattuto perché gli uomini vorrebbero decidere su di essa senza calpestare il terreno su cui si delinea la conoscenza dell’immortalità dell’anima umana. E nessuno che non si disponga a riflettere senza pregiudizi sulla conoscenza dell’immortalità dell’uomo e su ciò che è eterno nell’uomo, è in grado di interessarsi all’essere della libertà umana. Se non si cerca l’essere di questa libertà nel risplendere di un pensiero che non è dato soltanto dalla natura, non si trova questo essere della libertà. Ma solo quando lo si è trovato, allora questo essere della libertà compenetrerà l’uomo e pulserà in lui a tal punto da permettergli di diventare un essere veramente sociale, perché lo porterà all’interno dell’ordine sociale accanto agli altri uomini in modo tale che le forze sociali potranno essere liberate dall’interno verso l’esterno, e noi abbiamo bisogno di questa percezione delle forze sociali.

 

Ho prima accennato al fatto che a Dornach nel nostro edificio ci troviamo ad impiegare uomini che hanno persino raggiunto determinate vette della disciplina interiore, e che nonostante questo da noi svolgono i lavori più umili e più sporchi, e in questo non sono affatto inferiori a coloro che abitualmente vengono chiamati appunto artigiani. Nel contesto sociale l’edificio di Dornach si basa tuttavia su fondamenta che non sono semplicemente le stesse di un’impresa dedita al profitto materiale. Ma se approfondite ciò che ho illustrato nei miei “Punti essenziali della questione sociale” e nelle conferenze sulla tripartizione, troverete che esiste la possibilità di creare per la vita nella sua totalità basi simili a quelle che sono state create a Dornach nell’edificio che deve esistere come rappresentante per il nostro movimento scientifico-spirituale. Solo che è un peccato che questo edificio oggi non possa venire visitato da molte persone, perché purtroppo abbiamo fatto in modo che attraversare i confini del nostro paese sia divenuta una cosa addirittura impossibile.

 

Perché, però, è possibile in una tale cerchia liberare comunque le forze sociali in modo tale che si realizzi l’ideale del movimento proletario – sebbene in maniera diversa da quella sognata? Perché alla base di tutto ciò che qui viene fatto si trova la concezione della vita – questo affrontare totalmente la vita – che deriva dagli impulsi della Scienza dello Spirito, perché anche ogni minimo particolare viene fatto a partire dalla Scienza dello Spirito. Ciò che viene fatto in piccolo a partire dalla Scienza dello Spirito può venire fatto anche nell’intera vita sociale sulla base della concezione scientifico-spirituale della vita. Ogni fabbrica, ogni banca, ogni impresa esteriore può venire organizzata come sa fare solo colui che è in grado di pensare riguardo alla vita pratica sulla base di una scienza che si immerga tanto profondamente nell’essere umano da non afferrare pensieri astratti e leggi di natura, bensì fatti viventi. A tali fatti viventi si giunge soltanto se ci si immerge abbastanza in profondità nell’essere dell’uomo attraverso i metodi indicati.

 

Non si cerca una mistica astratta bensì fatti della vita attraverso i quali l’uomo si trova immerso nella realtà. E se si arriva a conoscere l’uomo si trova allo stesso tempo attraverso la Scienza dello Spirito ciò che può portare le forze sociali nella corrispondente organizzazione, in modo tale che gli uomini che vivono in questa organizzazione possano rispondere in maniera soddisfacente alla domanda: la vita umana è degna dell’uomo?

 

Pertanto queste tre cose sono intimamente connesse: forze sociali, libertà di pensiero e Scienza dello Spirito. La Scienza dello Spirito è veramente il contrario di come spesso la si rappresenta. Qualcosa da fannulloni, così si crede, un sogno di gente oziosa. No, questa Scienza dello Spirito vuole essere prassi di vita, proprio quella prassi di vita che più manca al nostro tempo. Vuole immergersi nella vita, vuole dominare la vita in scienza e prassi, perché vuole immergersi nella realtà dell’uomo, non solo nella vita pensata dall’uomo. Ci sono oggi dei benpensanti che dicono: la sola ragione, il solo intelletto come si sono sviluppati negli ultimi secoli e fino ai giorni nostri non sono più adatti al risanamento della nostra vita. Ma se si domanda loro che cosa allora è adatto, danno risposte generiche – una nuova fecondazione dell’anima attraverso lo “spirito”. Quando si parla di vera Scienza dello Spirito la rifiutano perché di essa hanno paura, oppure utilizzano le scuse più strane. Così si trova sempre gente che dice: non è che ognuno può diventare un ricercatore dello spirito. Certo non lo può fare qualsiasi persona, lo ho ripetutamente sottolineato anche in questa sede. In effetti si possono fare quei primi passi nei mondi spirituali, nell’esistenza sovrasensibile nel modo che ho descritto nel mio libro “Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori” e nella seconda parte della mia “Scienza Occulta”; chiunque lo può fare in qualsiasi momento, ma avanzare nella direzione di quelle questioni che trattano le entità dei mondi sovrasensibili nel senso più profondo è comunque legato a determinate esperienze per le quali non tutti sono ancora idonei. Chi vuole scrutare nel mondo spirituale, chi vuole diventare ricercatore spirituale nel senso più vero, deve affrontare molte prove di superamento di se stesso. Basti pensare che nel momento in cui si entra in un conoscere libero dai sensi, in una conoscenza che non fa più uso del corpo fisico materiale, nel momento in cui non è più presente il mondo esteriore abituale, nel momento in cui si è in un mondo che ci presenta ogni sorta di cose insolite, tutte le cose sulle quali ci appoggiamo, la nostra sicurezza nell’esperienza esteriore, l’intelletto abituale, devono lasciare il posto ad altre forze stabilizzatrici interiori. Si è come sull’orlo di un abisso e ci si deve tener saldi aggrappandosi al fulcro del proprio essere. Molta gente ne ha una paura inconscia e subconscia che poi riveste di logica nell’osteggiare la Scienza dello Spirito. Sentirete argomentare con i più bei motivi, in realtà essi sono solo paura di ciò che è sconosciuto.

 

Poi dovete anche pensare che, proprio per il modo in cui si è costruiti in quanto uomini, non si è adatti al mondo spirituale, ma si è adatti soltanto al mondo esteriore dei sensi. Si giunge all’interno di un mondo completamente diverso, per il quale non si è sviluppata nessuna abitudine di vita. Ciò provoca, penetrandovi sempre più in profondità, delle esperienze terribilmente dolorose che devono venire superate attraverso una vera conoscenza spirituale. Poi, una volta superate queste, seguono dal più profondo del nostro essere quelle conoscenze che danno accesso a ciò che è eterno nella natura umana, all’essenza spirituale che sta alla base del mondo. Non tutti possono percorrere questo cammino fino in fondo, ma non ho mai smesso di ripetere che non è necessario percorrere questa via, ma che l’essenziale è comunque sviluppare un sano umano discernimento. Perché questo sana capacità di comprensione umana, se solo non viene deviata dai pregiudizi delle osservazioni esteriori, può discernere se chi si presenta come ricercatore spirituale per parlare a tutta prima di mondi sconosciuti, ne parli in modo logico, o come uno spiritista o chissà come. Se si possiede la logica si può giudicare se la persona in questione parla logicamente, se parla in maniera tale che dal suo stesso modo di parlare si evinca o meno se le esperienze che racconta siano state fatte in salute spirituale.

 

Quando si obietta continuamente che, in realtà, di ciò che dice la scienza esteriore ogni persona si può convincere, questo è vero: basta solo che sappia usare i metodi di ricerca da laboratorio ed è in grado di farlo. Altrettanto però si può dire: ognuno può convincersi che è giusto ciò che è scritto nel mio libro “Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori” e nell’altro mio libro “Teosofia”; dal tipo di persona che è il ricercatore spirituale si può dedurre il valore interiore delle sue conoscenze. Allora queste conoscenze avranno per la nostra vita tanto valore quanto ne hanno per l’anima dello stesso ricercatore spirituale. Dai fatti esteriori si valuta il ricercatore nella scienza esteriore; dal modo in cui parla, da come vengono espresse le conoscenze si valuta ciò che il ricercatore dello spirito ha da dire. Egli può venire valutato per mezzo del sano intelletto umano.

 

Pensate a quante forze sociali si libereranno quando vi saranno sempre più uomini che si faranno testimoni delle forze spirituali che si possono trovare solo nel mondo sovrasensibile, e tanti altri che accoglieranno queste conoscenze, non potendo loro stessi essere ricercatori spirituali – allo stesso modo in cui non tutti possono essere chimici o fisici -, a partire dal loro sano intelletto, dalla fiducia che si basa sulla sana ragione umana. Che tipo di convivenza umana nasca da questa visone dell’uomo è proprio uno dei punti più importanti per risvegliare forze sociali di fiducia. Queste forze vengono costantemente sepolte nel nostro tempo laddove vi sia qualcuno che, senza prendere in mano la propria evoluzione, senza neppure essere maturato, si permetta di giudicare su tutto e su tutti. E che questa Scienza dello Spirito possa realmente fornire impulsi pratici per la vita sociale lo abbiamo in fondo provato proprio qui, fondando la scuola Waldorf di cui siamo debitori al nostro caro signor Molt, una scuola la cui pedagogia deve venire edificata sulla vera conoscenza. Vogliamo risolvere una questione sociale nel modo giusto, perché vorremmo che in ogni bambino crescesse un uomo che avesse quella forza stabilizzatrice per la vita a venire, che le forze sociali venissero dispiegate in maniera feconda a partire dall’uomo, non a partire da un sapere apatico, insufficiente, come quello che spesso domina il pensiero sociale della nostra epoca. Vorremmo sviluppare un vero pensiero sociale, che si basi sulla fiducia umana, su fondamenta sicure poste nell’anima umana. E se vediamo in ogni bambino che è nella nostra scuola un uomo in divenire, se tentiamo di aiutarlo ad evolversi attraverso conoscenze che possano vivificare le basi della pedagogia, vediamo qualcosa che è necessario, come vediamo qualcosa di necessario in tutto ciò che tentiamo di estrapolare da questa Scienza dello Spirito.

 

Naturalmente posso descrivere comunque soltanto a partire da un paio di punti di vista questa Scienza dello Spirito come un’esigenza necessaria dell’evoluzione presente e futura. Ed è proprio da tali accenni unilaterali che si originano i suoi oppositori, perché non si prende in considerazione la cosa per intero. Ma ora, alla fine di questa mia conferenza, vorrei ritornare all’inizio e mostrare quanta tristezza derivi dal constatare quanti pochi siano coloro che si rendono conto della brutta china sulla quale ci troviamo, e come non si cerchino affatto le basi per poter edificare a nuovo la nostra vita spirituale, morale, e in generale tutta la nostra vita culturale. Da molte cose si deduce questo. In conclusione posso citare un paio di esempi. Persino quegli uomini di cui si crede che siano ben radicati nella vita esteriore, a quale concezione della vita sono arrivati a partire dai fatti che ci circondano? Le parole che lo statista austriaco Czernin ha scritto nel suo libro più recente meritano di essere prese a cuore, a prescindere da come ci si ponga rispetto ad esse: “La guerra continua, anche se in forma mutata. Credo che le generazioni future non chiameranno affatto Guerra Mondiale il grande dramma che domina il mondo da cinque anni, ma la chiameranno rivoluzione mondiale, e sapranno che la Guerra Mondiale è stata solo l’inizio di questa rivoluzione mondiale. Né la pace di Versailles, né quella di Saint-Germain creeranno una pace duratura. In questa pace si trova il germe disgregante della morte. Le battaglie che scuotono l’Europa non accennano ancora a diminuire. Come in un violento terremoto continua il brontolio sotterraneo. La terra tornerà sempre a spaccarsi, ora in un punto, ora in un altro, e scaglierà fuoco contro il cielo. Eventi di una violenza elementare irromperanno continuamente in modo devastante sui vari paesi finché sarà spazzato via tutto ciò che ricorda la follia di questa guerra. Lentamente, con sacrifici indicibili nascerà un mondo nuovo. Le generazioni future guarderanno al nostro tempo come ad un lungo brutto sogno. Ma anche alla notte più buia segue sempre il giorno. Generazioni sono cadute nella fossa, uccise, affamate, abbattute dalla malattia. Milioni sono morti nello sforzo di annientare, distruggere, con odio e morte nel cuore. Ma nasceranno altre generazioni e con loro uno spirito nuovo. Costruiranno ciò che guerra e rivoluzione hanno distrutto. Ad ogni inverno segue la primavera. Anche questa è una legge eterna nel ciclo della vita, che alla morte segua la risurrezione. Benedetti coloro che saranno chiamati come soldati del lavoro a cooperare alla costruzione di un mondo nuovo.”

 

Ora, anche qui si parla di un nuovo spirito, ma io so che se si parlasse a questo Czernin del nuovo spirito, indietreggerebbe inorridito, lo considererebbe una fantasticheria. La gente parla in astratto del nuovo spirito, sa che deve venire, ma se la dà a gambe di fronte allo spirito concreto. Osservare la via concreta di questo nuovo spirito è però una questione seria. Vi sono molte persone, per esempio, che oggi attaccano la Scienza dello Spirito sulla base del loro presunto Cristianesimo, e che non vogliono affatto riconoscere come questa Scienza dello Spirito fornisca le basi più vitali proprio per una rivivificazione del Cristianesimo, come il Cristianesimo nel futuro vivrà proprio per il fatto che la Scienza dello Spirito parlerà di nuovo del Cristo vivente e dell’evento del Golgota come di fatti storici a partire dalla ricerca scientifico-spirituale. Una gran parte dei teologi si è spinta fino al punto da non parlare più del Cristo come del vero senso della terra, bensì da ridurlo al “semplice uomo di Nazareth”. L’essenza spirituale del cristianesimo verrà fondata di nuovo attraverso la Scienza dello Spirito. Però a coloro che oggi hanno paura sulla base della loro confessione cristiana si dovrebbe dire: il Cristianesimo è stato posto su fondamenta talmente salde che nei suoi riguardi non si ha nulla da temere dalla Scienza dello Spirito, proprio come per esso non può essere una minaccia la scoperta della pompa pneumatica e di altre cose simili – e così anche la dottrina delle ripetute vite terrene o del destino, nel modo in cui le porta la Scienza dello Spirito. Il Cristianesimo è così forte che può accogliere tutto ciò che viene dalla Scienza dello Spirito. Se poi anche gli attuali portatori delle confessioni cristiane siano così forti è un’altra questione, e anche una questione seria.

 

Dobbiamo pensare in una prospettiva mondiale, questo ci ha inculcato appunto la cosiddetta Guerra Mondiale. Sulla nostra Europa e sulla sua cultura molti uomini pensano proprio come un diplomatico giapponese le cui parole vorrei citare. Questo diplomatico giapponese, che è un uomo colto ha detto: “Per una serie di anni in Giappone abbiamo creduto che diritto e giustizia esistessero davvero nel mondo cristiano dell’Occidente. Ma da quanto è successo in questi ultimi anni sappiamo che non è così! Gli insegnamenti e le dottrine altisonanti delle nazioni cristiane non sono nient’altro che una maschera arrogante per nascondere ingiustizia e avidità. Ora sappiamo che quella cosa che viene chiamata giustizia internazionale non esiste; sappiamo inoltre che la potenza capitalista dell’Occidente non può venire limitata, tranne che da una potenza ancora più grande. Il Giappone lo ha imparato, e l’Asia intera lo sta per capire. Con ciò è spiegata la nostra posizione sulla Cina: sappiamo che non ci possiamo fidare di nessuna legge, che non possiamo contare su alcun trattamento onorevole di qualsiasi faccenda da parte delle potenze occidentali. Divideranno la Cina e la distruggeranno, poi spingeranno il Giappone al vassallaggio, lo faranno senza coscienza, senza pensarci, lo faranno senza indugio se noi in Giappone non conserveremo la nostra sovranità, se noi non aiuteremo anche la Cina a sostenersi e a svilupparsi. Perché alla fine questo sfruttamento occidentale della Cina sarebbe la rovina della stessa Cina, mentre la nostra politica sarà la liberazione finale della Cina. In Cina e nei nostri territori del Pacifico dobbiamo essere pienamente armati per poterci difendere a sufficienza. Se volessimo fidarci di un’unione di stati creata dagli anglosassoni, se volessimo credere ad una giustizia che è presente in modo latente o addirittura che già regna nella civiltà cristiana, questa sarebbe da parte nostra una dimostrazione di debolezza spirituale, e anche la dimostrazione che avremmo meritato il nostro destino di rovina nazionale, che incomberebbe inesorabile da parte delle potenze occidentali”.

 

Ora, si è liberi di pensare quel che si vuole di tali parole, ma così si pensa nel mondo, e abbiamo tutte le ragioni per considerare questi pensieri come dei fatti. È veramente una cosa del tutto fuori posto quando, contro ciò che voglio introdurre in modo serio per favorire una nuova direzione spirituale, proprio da parte di coloro che in realtà dovrebbero conoscere i presupposti di una vita spirituale – permettetemi di caratterizzare qui la cosa – quando appunto proprio da questa parte continuano a ripresentarsi le solite obiezioni trite e ritrite, come per esempio quella secondo la quale ciò che dice il ricercatore dello spirito non si può verificare. Di recente è apparso un opuscolo di un signore che vive non molto lontano da qui: “Rudolf Steiner come filosofo e teosofo”. Vorrei richiamare l’attenzione a partire anche solo da un singolo punto di vista sullo spirito e sulla logica che caratterizzano il suo scritto. Prendiamo questa bella frase: “Dovrò appunto diventare, a seconda dei casi, storico, fisico, chimico per poter verificare autonomamente le tesi affermate in quei campi, ma le verità teosofiche non potrò verificarle se non sono chiaroveggente.” Quindi lui sta dicendo che gli storici, i fisici e i chimici affermano le loro varie verità, e se uno vuole verificarle dovrà diventare storico, fisico o chimico. Io dico: se si vogliono verificare le verità affermate dalla Scienza dello Spirito si deve diventare scienziati dello spirito. Cosa dice questo signore? “Dovrò appunto diventare, a seconda dei casi, storico, fisico, chimico per poter verificare autonomamente le tesi affermate in quei campi, ma le verità teosofiche non potrò verificarle se non sono chiaroveggente.” Ovvio! È chiaro che non posso verificare i risultati della ricerca chimica se non divento chimico! Però si può sempre scegliere di diventare un chimico; ricercatore di Scienza dello Spirito, invece, non si vuole diventarlo. E dunque si dice qualcosa di proprio strano: devo poter dimostrare, ma poter dimostrare senza entrare in qualche modo nello specifico dei metodi di verifica. Per questo signore la questione è, come dice lui stesso, e come sentirete subito, non se si possa decidere, una volta fatti propri i motivi per la decisione, ma invece: “La questione è se queste verità siano state da me verificate o se possano venire verificate, e, a prescindere dalla formale critica logica, io lo devo negare.” Ora che egli debba negare questo, glielo concedo volentieri. Ma come ammetto che uno deve diventare chimico per poter dimostrare i risultati della ricerca chimica, così chiunque voglia verificare le verità della Scienza dello Spirito dovrà porsi sulla via della ricerca spirituale. Ma quel signore rifiuta ciò. L’intero suo scritto è improntato a questa logica. E da questa logica è prodotto molto di ciò che si scaglia contro la Scienza dello Spirito travisandola. E allora si ha veramente di meglio da fare che preoccuparsi di simili obiezioni.

 

Sarebbe invece particolarmente opportuno che questo popolo tedesco, questo popolo tedesco così tanto provato, pensasse a come deve porsi nei confronti dei veri fondamenti della vita spirituale. Posso rimandare ad alcune frasi che nel 1858 ha scritto Hermann Grimm, il brillante scrittore e storico dell’arte, nel suo saggio su Schiller e Goethe. Più di sessant’anni fa egli scrisse: “La vera storia della Germania è la storia dei movimenti spirituali nel popolo tedesco. Solo laddove l’entusiasmo per una grande idea ispirò la nazione, e fece scorrere le forze di volontà irrigidite, accaddero dei fatti grandi e luminosi.” Non dovremmo oggi poter prendere a cuore tali parole? Oppure le altre parole che Hermann Grimm – quindi non certo un rivoluzionario – ha scritto nel 1858: “I nomi degli imperatori e dei re tedeschi …non sono pietre miliari per il progresso del popolo.” Intendeva che le pietre miliari per il progresso del popolo sono i fatti nel campo del pensiero, del pensiero che si inoltra nello spirituale. In nessun’altra epoca come in quest’epoca di difficoltà e di dura prova i tedeschi hanno avuto più necessità di attenersi a ciò. Ed è per questo che oggi si possono esortare i contemporanei a guardare ai nostri grandi antenati affinché possiamo divenire i loro degni discendenti. Le professioni di fede nei confronti della vita spirituale espresse dagli antenati del popolo tedesco non devono valere oggi per il presente, e non dobbiamo perfezionare questo anelito spirituale anziché limitarci a citarlo con mere parole? Chi oggi si limita a citare Goethe, non lo capisce; solo chi lo sviluppa ulteriormente in sé lo capisce. Chi si limita a citare Johann Gottlieb Fichte fa qualcosa senza senso se non lo sviluppa ulteriormente nella sua vita spirituale. Avete sentito come il mondo parla della vita spirituale europea. Nel mondo si deve imparare a riconoscere che i tedeschi hanno di nuovo la volontà di guardare a ciò che sono le autentiche pietre miliari per il progresso del loro popolo. In questo mondo si sono spesso chiamati i nostri antenati, i grandi portatori della vita spirituale tedesca, dei sognatori. Li si è misconosciuti nello stesso modo in cui oggi si rappresenta come fantasticheria o cose simili ciò che parla dallo spirito. Ma ci sono sempre state persone che sapevano come ciò a cui si tende nella ricerca dello spirito si basasse sulla realtà. E in un momento importante Johann Gottlieb Fichte disse al popolo: Quello che gli altri dicono, che le idee non possono intervenire direttamente nella vita pratica, lo sappiamo bene anche noi idealisti, e forse meglio degli altri; ma che la vita debba venire orientata secondo queste idee lo sappiamo da prima. – Allora si riferì alla prassi di vita e disse: Coloro che non riconoscono ciò, appartengono a quelli di cui non si tiene conto nel piano di evoluzione del mondo. Possano dunque venir concessi loro a tempo debito sole, pioggia e una buona digestione e, se è possibile, anche qualche buon pensiero.

 

Tutto dipende dallo spirito con il quale si alza lo sguardo all’atteggiamento spirituale dei grandi portatori della vita spirituale tedesca. Su questo deciderà la realtà, non il giudizio astratto. Se i posteri di questi antenati tedeschi avranno un senso per la reale prassi spirituale, allora gli uomini che ci hanno preceduti in questa prassi spirituale non saranno stati dei sognatori. Se però perdiamo l’opportunità di penetrare nelle realtà della prassi spirituale, allora sì che essi diventeranno dei sognatori, ma non a causa loro, bensì a causa nostra o a causa dei nostri posteri che non vorranno sapere nulla del vero spirito tedesco. Il popolo tedesco si guardi bene dal far sì che i propri grandi antenati, di cui il mondo così spesso ha parlato come di meri sognatori, diventino veramente dei sognatori a causa della colpa che scaturisce dal non avere alcun senso per lo spirito che è stato invocato ed evocato nella vita spirituale tedesca! Possa questo spirito avere dei successori! Questa è l’ultima cosa che vorrei dirvi sulla base delle mie considerazioni odierne.