Filadelfia cosmopoli dell’avvenire


 

1. La storia accelera i tempi

Per quanto poco sensibile sia l’uomo del presente a quella grande realtà spirituale che chiamiamo evoluzione umana, non può tuttavia non accorgersi che da qualche secolo a questa parte il moto evolutivo si è fatto più rapido e che la storia, per così dire, sta accelerando i tempi.

Se confrontiamo tra di loro due secoli contigui qualsiasi di un’epoca passata, per esempio il XIV e il XV dell’era cristiana, abbiamo come l’impressione che lo scorrere del tempo non avesse avuto allora grande importanza. Il passaggio da un secolo all’altro muta di poco il contenuto delle anime e ancora di meno le condizioni esteriori della vita.

Nell’epoca nostra invece ogni decennio che passa imprime un’orma indelebile nelle anime degli uomini e nella configurazione esteriore della vita. In meno di cent’anni l’umanità ha assistito alla comparsa della locomotiva, dell’automobile e dell’aeroplano e le sue abitudini sono state conformate in modo del tutto diverso dall’illuminazione elettrica, dal cinematografo e dalla radio.

 

Ciò induce a concludere che la storia non scorre con moto uniforme, ma che essa anzi varia i tempi del suo andare. Possiamo dividere tutta l’evoluzione umana in due immense epoche, non solo storiche ma addirittura cosmiche: prima e dopo la comparsa del Cristo sulla Terra: il mistero del Golgotha rappresenta difatti il punto centrale dell’evoluzione umana. Questa ha avuto inizio su Saturno e avrà termine su Vulcano nel più lontano avvenire. Il tempo ha avuto principio circa a metà del ciclo di Saturno e avrà fine a metà del ciclo di Vulcano. Prima e dopo c’è l’eternità. L’andatura del tempo è stata rapidissima su Saturno e poi è andata progressivamente diminuendo fino al nostro attuale ciclo terrestre e al suo avvenimento centrale: il Golgota. Da questo punto in poi l’evoluzione accelera il suo processo e questo alla fine sarà così rapido come fu al principio.

I quindici secoli che stanno prima e dopo l’avvento del Cristianesimo sono i più lenti di tutti. E poiché le nostre comuni nozioni storiche e scientifiche non vanno al di là di questo tempo, noi ci formiamo di solito un’idea inesatta e grossolana delle condizioni dell’umanità nel lontano passato e nel lontano avvenire e troviamo difficile la comprensione dei fatti che si rivelano all’indagine superiore della Scienza dello Spirito. La Scienza dello Spirito estende difatti la sua ricerca a cicli evolutivi remotissimi nel passato e nell’avvenire, ad epoche cioè nelle quali la corsa del tempo è incredibilmente veloce se confrontata alla relativa lentezza con la quale si svolgono oggi sulla Terra i processi storici e naturali. La scienza nel computo delle ere geologiche e delle età della Terra parla di milioni e addirittura di miliardi di anni; ciò è un errore grossolano che deriva appunto dal fatto che non si tiene conto che il tempo non cammina sempre con lo stesso moto e che in determinati momenti i rivolgimenti naturali assumono il ritmo di vere e proprie rivoluzioni.

 

È compito nostro oggi di parlare della sesta epoca di cultura postatlantica, di quell’epoca cioè che vedrà l’alba poco dopo la metà del quarto millennio. Nell’insieme dell’evoluzione terrestre, quella non è poi un’epoca tanto lontana dalla nostra, poiché ne siamo separati da poco più di sedici secoli. Si può dire che ne siamo lontani nel futuro soltanto di quanto la civiltà di Atene e di Roma è lontana da noi nel passato. Ma è appunto questa relativa vicinanza che potrebbe farci cadere nell’errore e darci il convincimento che in sedici secoli il mondo non vedrà grandi cambiamenti. La famosa frase di Salomone: “Nihil sub Sole novi” (niente di nuovo sotto il Sole), era appunto valida per il tempo nel quale quel grande re viveva. Nella sesta epoca di cultura ci sarà qualcosa di nuovo sotto il Sole.

Noi vediamo che la storia accelera i tempi.

L’osservazione di questo fatto può aiutarci a comprendere quanto la Scienza dello Spirito ci rivela dell’avvenire incontro al quale muoveremo con passo sempre più rapido.

 

 

2. Mutamenti storici e geografici prepareranno l’epoca nuova

Non soltanto l’uomo sarà un essere nuovo e completamente diverso da quello che è oggi durante la sesta epoca, ma anche la stessa Terra avrà nel contempo cambiato la sua faccia. L’uomo ha ben poco modo, in una incarnazione, di accorgersi della graduale metamorfosi dell’aspetto fisico della Terra. La scienza parla però di forze endogene ed esogene che agiscono nell’interno ed all’esterno del globo terrestre e configurano i continenti, gli oceani, il rilievo geografico in modo sempre diverso.

Pensiamo che poco più di dieci mila anni prima dell’epoca cristiana, l’Europa settentrionale viveva la sua epoca postglaciale e che nello stesso tempo il deserto del Sahara era coperto da una rigogliosa vegetazione. Alcune città della penisola italiana, che ancora verso il mille erano lambite dalle onde del mare, ora sorgono a molti chilometri dalla costa. Questo è, per esempio, il caso di Ravenna.

 

Il mare Mediterraneo è destinato a sparire in un’epoca relativamente non molto lontana. L’Europa meridionale tende già ora a trasformarsi in deserto. Molto prima che cominci la sesta epoca, il vecchio continente europeo si sarà cambiato in una parte del mondo desolata e abbandonata. Perciò i popoli europei migreranno verso oriente, sia a nord attraverso l’immensa Siberia, sia a Sud cercando le vie che conducono all’Oceano Indiano.

Questa migrazione che principierà a delinearsi alla fine del terzo millennio, sarà determinata anche da un fatto storico di primaria importanza: l’assalto della razza gialla al cuore dell’Europa. Per tal modo, il presente stanziamento delle due razze, la bianca e la gialla, subirà una specie d’inversione. Accenniamo a ciò solo di sfuggita; preferiamo piuttosto insistere sul fatto che la sesta epoca di cultura si svolgerà molto ad oriente degli Urali; si può anzi immaginare che le sue più grandi metropoli sorgeranno sulle rive asiatiche dell’Oceano Pacifico.

 

 

3. Il superamento delle razze

Il cambiamento dell’ambiente fisico andrà di pari passo con la metamorfosi della corporeità umana. L’uomo della sesta epoca sarà completamente nuovo perfino nelle sue basi corporee fisiologiche. Intanto le qualità corporee non permetteranno più la distinzione dell’umanità in razze e popoli.

Dice il Dottor Steiner nella “Cronaca dell’Akasha” che il concetto di razza è valido soltanto per un periodo molto limitato dell’evoluzione umana.

 

Che cosa si deve veramente intendere per “razza” dal punto di vista della Scienza dello Spirito?

La razza sorge nel momento in cui la spiritualità si arresta nel suo processo di penetrazione nella corporeità fisica e lascia libero alle influenze extra spirituali un arto corporeo.

Così, per esempio, nella razza rossa è sottratto all’influenza dello Spirito il sistema osseo, nella razza nera il sistema digerente, nella razza verde (o malese) il sistema nervoso, nella razza gialla il sistema circolatorio.

Da ciò si vede che non è esatto contrapporre a queste quattro razze di colore, nelle quali l’attività dello Spirito ha subito un arresto, una quinta razza bianca. Nei Pellirosse, nei Negri, nei Malesi, nei Mongoli la razza è l’espressione fisica di ciò che non è spirituale. Nei cosiddetti bianchi invece lo Spirito è penetrato dappertutto e trova tutt’al più delle difficoltà a manifestarsi compiutamente.

 

Secondo il punto fisico in cui queste difficoltà si manifestano maggiormente, sorgono in seno all’umanità bianca i vari popoli. Sappiamo, per esempio, che il popolo tedesco dovrebbe esprimere attraverso il suo organismo fisico le qualità dell’Io. In quanto il singolo individuo, per la debolezza del suo Spirito, non fa ciò che imperfettamente, sorgono i caratteri somatici propri del tedesco. Il tedesco è caratterizzato da una certa “pesantezza” fisico-spirituale. In questa pesantezza sentiamo che lo Spirito non domina completamente la materia. Quando ciò avverrà, la pesantezza si sarà trasformata in solennità sacerdotale e maestà regale.

 

Negli altri popoli la razza è la manifestazione dell’assenza dello Spirito, negli europei la razza è invece la manifestazione dell’attività dello spirito. In ciò c’è una differenza essenziale, pregna di significato per l’evoluzione del futuro. Forse l’epoca del materialismo non ce lo lascia scorgere, ma lo Spirito sta diventando sempre più attivo, sempre più potente. Esso plasma anime e corpi umani come l’artefice plasma la creta fittile. In tempi non più tanto remoti nulla sarà d’ostacolo alla piena espansione delle forze spirituali. Allora non ci saranno più popoli, non ci saranno più nazioni, ma ci sarà soltanto l’umanità pervasa dallo Spirito.

 

La realtà del futuro si presenta come altissimo ideale nelle menti dei profeti. Mazzini era profeta e profeta era anche Carlyle, perciò essi, incontrandosi, s’intesero facilmente. Un ideale comune viveva nelle anime di entrambi: volgendo lo sguardo profetico all’avvenire essi scorgevano un’umanità unica con una sola cultura. Questa umanità del futuro, secondo Mazzini, aveva già un suo rappresentante: Volfango Goethe; e questa cultura del futuro aveva già il suo capolavoro: il Faust.

 

Mazzini e Carlyle diffusero questi loro ideali e perciò proprio nell’epoca della formazione nazionale dell’Europa, sorse dovunque, accolta dalle anime più nobili, un’elevata ideologia: il cosmopolitismo. Per cosmopolitismo s’intendeva allora un’umanità con una comune cultura spirituale, capace di eliminare tutte le differenze razziali e nazionali. E appunto per ricordo di queste prime aspirazioni che ci piace definire Filadelfia, cioè la sesta epoca di cultura che vedrà realizzata quelle aspirazioni, come una cosmopoli dell’avvenire. Nella sesta epoca di cultura non ci saranno difatti più popoli e nazioni, ma ci sarà soltanto un’unica umanità spiritualizzata. E accanto a quest’unica umanità ci sarà una specie di “sottoumanità”, divisa ancora in razze e popoli.

 

 

4. Il nuovo uomo

L’uomo del futuro, l’uomo della sesta epoca, avrà dunque un aspetto fisico diverso. Attraverso le fattezze del suo volto, attraverso i caratteri somatici del suo corpo, egli non esprimerà più la sua appartenenza a un singolo gruppo razziale, ma rivelerà in quale misura ha accolto in sé e reso individuale lo Spirito divino dell’universo.

Di conseguenza anche le funzioni degli organi fisico-corporei saranno diverse. Per esempio, la riproduzione dell’essere umano avverrà in tutt’altro modo. Non è da credere che l’uomo si sia riprodotto sempre allo stesso modo e per mezzo degli stessi organi.

 

Nel cervello troviamo due organi rudimentali di incerto significato funzionale: la cosiddetta glandola pineale e la cosiddetta glandola pituitaria. Queste glandole costituiscono gli ultimi resti di due organi che in antichissime epoche dell’evoluzione umana erano grandi e potenti.

La glandola pineale o conarium si elevava una volta come un tenue formazione gelatinosa al di sopra della testa dell’uomo e brillava di luce propria, simile a quella che ancor oggi in modo tanto misterioso mandano le lucciole e certi pesci del fondo marino. Questa lampada fosforescente serviva al contempo come organo di percezione e come organo di locomozione.

La glandola pituitaria invece era un organo rivolto verso il basso, verso il suolo terrestre. Questo organo, connesso con le forze ignee della terra, che allora erano assai potenti, serviva come mezzo di riproduzione quando l’uomo non era ancora diviso sessualmente.

 

• La riproduzione unisessuale continuò ad avvenire fino alla metà dell’epoca lemurica, poi si spense del tutto.

• Oggi la riproduzione avviene bisessualmente per mezzo delle forze solari attive nell’uomo e delle forze lunari attive nella donna.

• Tra qualche millennio il processo riproduttivo, quale noi oggi lo conosciamo, subirà un cambiamento radicale.

 

La laringe, lo strumento vocale dell’uomo, diverrà col tempo l’organo della generazione umana spiritualizzata. Già oggi esiste un rapporto sottile tra gli organi della riproduzione e la laringe. All’epoca della pubertà avviene il cosiddetto cambiamento di voce e anche in seguito ogni lesione o malattia degli organi della riproduzione si ripercuote sull’apparato vocale dell’uomo.

Nella sesta epoca la metamorfosi si sarà compiuta del tutto e l’uomo si riprodurrà spiritualmente per mezzo delle forze della parola.

 

Nel Vangelo di S. Giovanni sta scritto che Dio creò il mondo per mezzo della sua Parola. Nella parola è dunque contenuta una forza creatrice divina. Una bella leggenda ellenica ci racconta che Orfeo ammansiva le fiere con il suo canto. Questa antiche narrazioni vanno prese alla lettera. Nei meravigliosi poemi indiani viene raccontato che quando gli eroi di quelle epoche favolose avevano da attraversare la giungla, si difendevano dalle fiere sanguinarie e dai rettili velenosi recitando degli opportuni “mantra”, ossia versetti religiosi. Ripeto che queste non sono invenzioni poetiche; la forza della parola era una volta maggiore di quella che hanno oggi le pallottole di piombo.

 

Nella sesta epoca la parola umana riacquisterà il suo potere magico oggi andato perduto. Oggi, dopo le scoperte della fisica nucleare, la scienza parla di un’energia basale dell’universo che determina la sostanza e la forma di tutto ciò che sussiste. Non è senza significato che proprio alcune scoperte nel campo della chimica, abbiano portato a questa concezione di un universo costituito da un’unica forza. Questa forza basale dell’universo esiste realmente ed è la forza della divina Parola creatrice. Un debole barlume della Parola di Dio l’uomo ritroverà nella sua parola umana, ma esso sarà sufficiente perché attraverso la parola anche l’uomo possa diventare un essere creatore.

 

Come prima cosa con la sua parola l’uomo creerà il suo simile. La parola gli servirà però anche in altri campi, perché essa avrà riacquistato il suo potere magico originario. Le malattie, per esempio, verranno curate non più con sostanze chimiche, ma per mezzo di nuovi e più poderosi “mantra”. Le forze usate in fondo saranno le stesse di oggi, ma mentre nel presente si rincorre il loro aspetto fisico-materiale, in avvenire si potrà attingere alla loro fonte eterico-spirituale. Che cosa è in vero una sostanza chimica? Essa non è niente altro che una particolare vibrazione della Parola divina.

 

L’uomo della sesta epoca, se ne avrà bisogno per portare a guarigione il suo corpo, prenderà ancora in sé le forze dell’oro, dell’argento, del ferro, del calcio, del fosforo e così via, ma non le toglierà dal seno della Terra, bensì dalla parola sana e salutare del suo simile evoluto.

 

Attraverso la parola nuova l’uomo potrà entrare in un rapporto più profondo anche con gli animali e acquisterà perciò il mezzo per redimerli. Tutto lo spirito della seconda epoca di cultura, quella antica persiana, può essere condensato in una poderosa immagine: Zarathustra che parla con il lupo. Sappiamo che la sesta epoca ripeterà la seconda su un piano più elevato. Allora quella poderosa immagine riacquisterà tutto il suo valore; ogni uomo, come novello Zarathustra, potrà parlare con i lupi, e i lupi saranno miti come agnelli. Con ciò s’intende che gran parte della natura sarà redenta dalla pesante impronta arimanica.

 

Con la parola l’uomo della sesta epoca potrà agire anche sui fenomeni atmosferici; placherà i venti, allontanerà le tempeste, dissolverà le nubi. L’ambiente fisico intorno a lui sarà quindi più pacato, più sereno e dal firmamento azzurro una pioggia spirituale d’oro scenderà benefica sulle anime e sulle cose.

 

Tutto ciò lascia già capire che anche per il linguaggio la parola avrà un valore completamente diverso dall’odierno. È estremamente difficile formarsi un esatto concetto di ciò che sarà il linguaggio nella sesta epoca di cultura; perché nessuna delle lingue che oggi vengono parlate sulla Terra può servire da paragone. È da tener presente che la parola come tale non ha in ogni tempo uno stesso valore entro l’insieme del linguaggio.

Nei primi tempi dell’evoluzione postatlantica la parola non è ancora pensiero, ma pura immagine. Ogni oggetto del mondo esterno o interno si riflette in un’immagine. Se osservo un uccello, la mia anima può essere maggiormente colpita del fatto che esso s’innalzi verso il cielo, o si libri armoniosamente nell’aria o canti posato sul ramo. Lo stesso essere può impressionare l’anima in tre modi diversi e per ognuno di questi tre modi sorge un’immagine corrispondente che si riflette nel linguaggio. L’uccello è per il latino “avis”, perché egli osserva come esso s’innalzi in volo; è per il tedesco “Vogel”, perché lo vede ondeggiare tra cielo e terra; ed è per lo slavo “ptic” perché egli preferisce sentirlo cantare.

 

L’uomo moderno ignora completamente che dietro ogni parola si nasconde un’immagine, perché per lui ogni parola corrisponde soltanto a un concetto astratto. Perciò l’uomo moderno non può nemmeno comprendere l’esistenza di varie lingue e cerca di costruire delle universali lingue astratte, come l’esperanto. I grammatici definiscono giustamente la proposizione: “pensiero espresso in parole”. Questa definizione per altro perderà con il tempo il suo valore.

 

Nella sesta epoca non più la proposizione conterrà un compiuto corso di pensieri, ma la sola parola. Nel pronunciare la singola parola, staccata dal resto della proposizione, l’uomo esprimerà un completo corso di pensieri, di modo che non la proposizione, ma la singola parola potrà essere definita un pensiero espresso in parole.

I linguaggi moderni sono molto lontani da queste forme grammaticali. Forse certe espressioni sintetiche che usa Dante soprattutto nella cantica del “Paradiso” possono darci una pallida idea di quelle che saranno le lingue del futuro. Alcune forme delle lingue antiche hanno pure questa caratteristica di condensare un lungo corso di pensieri in una breve espressione verbale. Sul portale marmoreo di un cimitero ho visto scolpita una sola parola: “Resurrecturis”. Questa parola, per essere compresa, deve essere sviluppata in una lunga proposizione: “Questo luogo è dedicato a coloro che sono ora immersi in un profondo sonno in attesa di ritornare in vita in un lontano giorno futuro”. Tutto ciò è realmente contenuto nell’unica parola “Resurrecturis” e l’anima sa trarne il giusto senso.

 

Ogni parola pronunciata dall’uomo della sesta epoca conterrà tutto l’insieme dei pensieri che noi oggi esprimiamo più o meno faticosamente in proposizioni, in frasi, forse in lunghe pagine. Noi oggi diciamo, per esempio, “Io” e a questa parola colleghiamo il concetto astratto della propria personalità. Anche il cittadino di Filadelfia avrà naturalmente una parola per dire “Io”. Questa parola però non sarà soltanto un suono, ma sarà ripiena di un significato profondo sentito da ogni uomo e che noi possiamo esprimere all’incirca nel motto seguente: “Il mio proprio essere di sostanza divina in unione con l’essere di sostanza divina del mio Angelo custode”.

 

Ora possiamo chiederci: “Se la parola per se stessa conterrà il pensiero, che cosa si rivelerà attraverso la proposizione?”. La proposizione dell’uomo della sesta epoca esprimerà ciò che oggi è ancora inesprimibile in parole: il sentimento. Rendiamoci conto che oggi quando diciamo “Ti odio” o “Ti amo” non esprimiamo il nostro sentimento ma soltanto la rappresentazione mentale che abbiamo dei nostri intimi affetti. Il nostro sentimento viene tutt’al più espresso, in maniera incompleta, dal suono, dal colorito delle parole, dall’inflessione della voce, non già dalla forma grammaticale. Nel futuro l’uomo sarà capace di mettere nella frase, nel linguaggio, il suo interiore contenuto animico. Ciò spiega appunto la ragione per cui la sua parola sarà dotata di forza magica.

 

Swendenborg disse che la lingua degli uomini antichi era compresa anche dagli angeli. Gli angeli difatti hanno la percezione non del concetto astratto, ma del contenuto astrale dell’interiorità umana. Ecco perché nella sesta epoca la parola umana sarà compresa anche dagli angeli. Le lingue umane del futuro porteranno difatti ad espressione l’intimo contenuto delle anime: sentimenti, passioni, affetti.

 

 

5. Il cuore come organo del pensiero

Tutto ciò è in relazione con la metamorfosi di un altro organo umano: il cuore. Spesso nelle sue conferenze il Dottor Steiner afferma che l’uomo del futuro penserà con il cuore.

Perfino il fisiologo può accorgersi che il cuore è un organo in via di trasformarsi. I muscoli del corpo umano si dividono in lisci e striati; sui primi la volontà dell’uomo non ha alcun potere, mentre i secondi obbediscono alle volizioni. Il cuore, tuttavia, pur essendo un muscolo striato non obbedisce ancora alla volontà. In futuro, però, cioè nella sesta epoca non più tanto lontana, il cuore sarà un muscolo volontario e come tale sarà l’organo del pensiero umano, ma di un pensiero che secondo la sua propria natura tenderà di continuo ad essere ispirazione, cioè espressione di sentimento cosmico.

 

Già altre volte, nel corso di nostre conversazioni, ho accennato che la grande lotta tra Michele e Arimane è in relazione al fatto che nel prossimo avvenire l’uomo entrerà in possesso del suo cuore. Tanto Michele quanto Arimane combattono per il cuore umano; tanto Michele quanto Arimane vogliono che l’uomo pensi con il cuore.

 

Arimane intende ciò nel senso che i pensieri umani divengano tanto personali, tanto arbitrari quanto lo sono oggi i moti dell’animo, le simpatie e antipatie.

Michele viceversa aiuta l’uomo ad elevare il sentimento umano in quella sfera dell’obiettività nella quale dimorano oggi i più puri pensieri matematici e morali.

 

Entrambe le vie saranno aperte all’uomo del futuro, padrone del suo cuore: la via di Michele che conduce al sentimento obiettivo e la via di Arimane che porta nel caos del pensiero arbitrario.

Ecco perché nella sesta epoca sarà così profonda la scissione tra l’umanità micaelita e l’umanità arimanica. La prima sarà unita da quella armonia che viene dal riconoscimento della verità obiettiva intesa tanto dal pensiero che dal sentimento, la seconda sarà frantumata in tanti individui incapaci d’intendersi, in tanti uomini, anzi in tanti sottouomini ognuno con il proprio pensiero e con il proprio sentimento arbitrario e perciò in contrasto con tutti gli altri esseri. Da questo fatto deriverà l’odio inestinguibile tra gli individui e la guerra di tutti contro tutti.

 

6. Il male perderà il suo dardo

Se vogliamo esprimerci in concetti grossi, possiamo immaginare l’umanità del futuro divisa in buoni e malvagi. Gli uni e gli altri avranno poteri enormi, perché saranno in grado di usare le forze basali del cosmo. La bomba atomica ce ne può dare un’idea. Da ciò può sorgere nelle nostre anime una certa preoccupazione e possiamo chiederci se, come avviene tanto spesso oggigiorno, i buoni non saranno alla mercè dei malvagi agguerriti con le armi di satana. Diciamo subito che i malvagi non avranno alcun potere sui buoni.

 

L’amore è la più potente forza che abbia il cosmo. Questa forza può essere impiegata però soltanto dall’uomo che ha fede, quella fede che, come sta scritto nel Vangelo, sposta le montagne.

Il Cristo Gesù disse: “Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche la sinistra”. Leone Tolstoj interpreta queste parole come un comandamento alla non resistenza contro il male. Ma non si tratta di ciò. Se realizzo in me lo stato d’animo espresso dalle parole del Cristo Gesù, avverrà che il malvagio non potrà percuotermi né sulla guancia destra né su quella sinistra.

 

Le forze dello Spirito, le forze morali sono assai più potenti delle forze della materia. Chi ha fede, cioè chi si eleva con la sua coscienza nei mondi spirituali, può usarle già oggi. Questa fede non mancherà all’uomo della sesta epoca. Perciò egli potrà usare a sua protezione alcune forze cosmiche che sfuggiranno del tutto alla sottoumanità malvagia.

 

Ricordo che in una sua conferenza il Dottor Steiner definisce l’Akasha come antimateria.

L’Akasha è la quintessenza degli alchimisti,

cioè l’etere cosmico unico che nel corso dell’evoluzione si differenzia in: Calore, Luce, Suono e Vita.

 

Le più recenti scoperte nel campo della fisica hanno pure portato alla concezione di un’antimateria, o materia inversa come vien chiamata dalla scienza. Questa materia inversa, di cui non possiamo naturalmente formarci alcuna rappresentazione, non si trova sulla Terra ma all’estrema periferia dell’universo. Accenno a ciò soltanto per indicare che vi sono nell’universo forze ancora sconosciute, assai più potenti di quelle che si manifestano nella cosiddetta pila atomica. Ed è appunto questa anti-materia, questa anti-forza fisica che verrà impiegata dall’uomo della sesta epoca per costruire la sua tecnica e per difendersi utilmente dai malvagi.

Il male nella sesta epoca perderà il suo dardo. L’amore costituirà una corazza contro la quale, nel vero senso della parola, si infrangeranno le pallottole di piombo e le bombe ad energia nucleare.

 

 

7. La vita sociale sarà uno specchio delle relazioni umane nel mondo dello Spirito

Le considerazioni precedenti e il soprannome di cosmopoli che abbiamo voluto dare a Filadelfia porteranno forse all’idea che la sesta epoca vedrà fiorire una civiltà umana simile alla vita che si svolge negli alveari e nei formicai. I primi cosmopolitisti si sono difatti formata questa idea; essi si sono immaginati il mondo come una sola e immensa città, in cui tutti parlano la stessa lingua, tutti vivono la stessa vita culturale, tutti professano religione, e per andare alla vita pratica, tutti obbediscono alle stesse leggi, tutti usano la stessa moneta, ecc.

 

Questa concezione deve essere corretta. Unità non significa in alcun caso uniformità. La sesta epoca sarà assai più differenziata in popoli, nazioni, lingue, usi, costumi, ordinamenti sociali, ecc. di quanto non lo sia la nostra quinta epoca. Non dovete veder in ciò una comprensione. Oggi due uomini che parlano due lingue diverse non riescono ad intendersi tra di loro. Nella sesta epoca tutti si intenderanno, ma non perché tutti useranno la stessa lingua, bensì perché ognuno capirà la lingua parlata dall’altro. E allo stesso modo ognuno avrà il suo pensiero personale, il suo sentimento interiore, ma in nessun caso la vita interiore di uno verrà in contrasto con la vita interiore dell’altro. La diversità tra un individuo e l’altro sarà enorme, quale è per esempio quella che oggi separa un genio da un altro genio, Shakespeare da Goethe, Beethoven da Wagner, ma questa diversità porterà l’armonia, perché tutti avranno la possibilità di incontrarsi nella sfera dell’obiettività. La Filosofia della Libertà, che ci permette di comprendere questa verità, è il più alto inno innalzato da un uomo all’avvenire spirituale dell’umanità.

 

Nella sesta epoca la Scienza dello Spirito sarà scienza ufficiale. Ciò significa che ogni uomo avrà una conoscenza diretta dei Mondi Spirituali, che ogni uomo sarà in cosciente e continuo rapporto con il suo angelo. Questo fatto si rifletterà profondamente nella vita sociale. I pilastri fondamentali della convivenza sociale quali noi oggi li conosciamo, famiglia, stato, chiesa, verranno a crollare. Le basi della vita sociale non poggeranno più sul sangue, ma sullo Spirito.

 

L’ing. Paolo Gentilli, nella sua conferenza di lunedì scorso, ha fatto giustamente notare che la religione è indispensabile soltanto a un’umanità rescissa dal mondo divino-spirituale. Nella sesta epoca non ci saranno più religioni perché l’umanità non avrà bisogno di essere collegata con la divinità. Il divino si manifesterà a tutti come oggi si manifesta a tutti l’aspetto fisico del mondo. La stessa vita sociale sarà uno specchio delle relazioni umane con il Mondo dello Spirito.

 

 

8. L’esperienza del Cristo eterico

L’uomo della sesta epoca arriverà a ciò attraverso quella che potremmo chiamare la porta di Damasco. Il Cristo risorto ed eternamente vivente apparirà ad ogni uomo giustamente evoluto, così come è apparso a Paolo sulla via di Damasco.

Questa esperienza renderà appunto quella intesa, quella comprensione nella sfera dell’obiettività di cui abbiamo parlato prima usando termini astratti. In senso concreto la sfera dell’obiettività è lo stesso Cristo, vero Io dell’uomo e vero Io dell’umanità.

 

Volgere lo sguardo all’avvenire, guardare a Filadelfia ha un significato veramente augurale per l’anima umana.

Tutta l’evoluzione è divisa in due parti dal Mistero del Golgota. Ciò che viene prima di questo evento è il tempo della semina, ciò che viene dopo è il tempo della raccolta.

Filadelfia ha appunto questo significato, Filadelfia è la prima raccolta dell’umanità.

 

Nel futuro cosmico su Giove, Venere, Vulcano, ci saranno altre e più ricche raccolte. Ma questa prima raccolta, questa messe che mieteremo durante la sesta epoca sarà certamente la bella e consolante, perché verrà subito dopo il lungo tempo della fatica, del travaglio e del dolore.