Gli elementi soprasensibili nella storia

O.O. 185 – Lo studio dei sintomi storici – 26.10.1918


 

Sommario: Gli elementi soprasensibili nella storia

I misteri del male e della morte e le relative forze cosmiche. Le quattro condizioni per il reciproco aiuto fra gli uomini: educazione, linguaggio, respiro e tolleranza reciproca.

 

Anche entro i limiti concessi attualmente a chi parli del mistero del male nel quinto periodo di civiltà postatlantica, quello dell’anima cosciente, non è possibile farlo senza una profonda commozione. Il mistero del male appartiene infatti ai più profondi misteri della nostra epoca, ed è tale che, anche parlandone, si incappa in facoltà umane di comprensione ancor poco sviluppate. L’umanità di oggi ha ancor poco sviluppato la sensibilità adatta per queste cose. Occorre per altro dire che in tutte le cosiddette società segrete dell’epoca moderna si è sempre cercato, immaginativamente, di accennare al mistero del male e all’altro mistero connesso, quello della morte. Ma queste rappresentazioni immaginative, per esempio, anche nelle comunità massoniche, specialmente negli ultimi decenni, dall’ultimo terzo del secolo scorso in avanti, non sono state coltivate in un modo molto serio, oppure sono state trattate nel modo al quale ho qui accennato quasi due anni fa, in relazione ad alcuni avvenimenti attuali.

 

Anche allora feci quegli accenni per una profonda ragione, perché chi è a conoscenza di queste cose sa quali profondità dell’essere umano vengano con esse toccate. Senza contare che parecchi indizi hanno mostrato che in sostanza esiste ben poca volontà di capire queste cose. La volontà di comprendere si farà luce senz’altro, e occorre anche fare in modo che essa sorga; occorre cercare ogni via possibile affinché tale volontà si manifesti. Parlando di queste cose, può sembrare a volte che si voglia esercitare una specie di critica ai nostri tempi, in una direzione o in un’ altra. Per esempio, anche ‘quanto ho detto ieri circa l’atteggiamento relativo ad una concezione del mondo esistente presso la borghesia a partire dall’ultimo terzo del secolo XIX, ma in sostanza già da prima, può certo essere considerato una critica, se ci si limita alla prima impressione. Tutto quanto espongo però non è pensato come una critica, ma piuttosto come l’esposizione di una caratteristica, è detto in modo da mostrare quali forze e quali impulsi abbiano prevalso. Da un certo punto di vista è stato persino necessario che tali impulsi agissero. Ed in effetto si potrebbe anche dimostrare come fosse indispensabile che la borghesia di tutto il mondo civile non fosse desta ai problemi che si ponevano fra il 1840 e il 1880 circa; quell’assopimento potrebbe anzi esser considerato come una vera necessità storica. Ma, prescindendo da ciò, il riconoscimento di questo assopimento, di questo sonno di fronte ai problemi della civiltà, potrebbe ancora agire in modo positivo, vale a dire dovrebbe suscitare determinati impulsi conoscitivi e di volontà che possano poi agire per l’avvenire.

 

Naturalmente posso parlare di queste cose soltanto entro determinati limiti, ma due misteri sono di speciale importanza per lo sviluppo dell’umanità nell’epoca dell’anima cosciente, nella quale viviamo dall’inizio del secolo XV. Essi sono il mistero della morte e il mistero del male. Il primo, che da un certo punto di vista è pure in rapporto con il secondo, porta subito a porre un’importante domanda, e cioè quali siano i rapporti fra la morte e l’evoluzione umana.

 

Anche di recente ho ripetuto che la scienza attuale non si dà troppo da fare per problemi del genere; quindi per la maggior parte degli scienziati la morte corrisponde alla cessazione della vita, concetto questo da applicare a piante, animali e uomo. La scienza dello spirito invece non se la prende così comoda e non cerca di far rientrare ogni fenomeno in uno stesso concetto, perché con questo criterio si potrebbe considerare morte anche la fine di un orologio, e chiamarla « la morte di un orologio ». La morte dell’uomo è infatti una cosa del tutto diversa dalla cosiddetta morte di altri esseri, è possibile conoscere il fenomeno della morte soltanto se, come sfondo, si considerano determinate forze che sono attive nell’universo e che, afferrando anche l’uomo, ne producono la morte fisica. Nel cosmo sono infatti attivi certi impulsi e certe forze: se essi non esistessero, l’uomo non potrebbe morire. Quelle forze sono attive nel cosmo, e l’uomo appartiene al cosmo; in quanto esse permeano anche l’uomo e sono attive in lui, gli apportano la morte. Occorre ora chiedersi quale altra azione abbiano quelle forze, agenti nell’universo, oltre a procurare la morte all’uomo. Sarebbe errato pensare che le forze che producono la morte dell’uomo esistessero nel cosmo soltanto per farlo morire, solamente per dargli la morte. Non è così: in un certo senso, il fatto che quelle forze portino la morte all’uomo, è, in realtà, soltanto un effetto collaterale. A nessuno verrebbe in mente di affermare che il compito di una locomotiva consista nel logorare a poco a poco i binari; ciò malgrado la locomotiva fa anche questo, e a poco a poco logora i binari, né può comportarsi diversamente nei loro confronti. Però non quello è il suo compito — il suo compito è invece del tutto diverso. Se quindi si volesse definire la locomotiva come una macchina il cui compito è di logorare i binari, si direbbe naturalmente una cosa priva di senso, malgrado non si possa contestare che il logorio dei binari sia anche in rapporto con la locomotiva. Altrettanto poco farebbe un’esatta asserzione chi dicesse che le forze cosmiche, apportatrici di morte all’uomo, esistano soltanto a quello scopo. La morte dell’uomo è soltanto un loro effetto collaterale, e le forze che la producono hanno però un altro loro più specifico compito. Quale è dunque il compito specifico delle forze che determinano la morte dell’uomo? Il loro compito è esattamente quello di dotare gli uomini della piena capacità dell’anima cosciente. Si vede cioè come il mistero della morte sia in intimo rapporto proprio con l’evoluzione della quinta epoca di civiltà postatlantica e come sia importante che in quest’epoca il mistero della morte venga svelato. Infatti le forze che, come azione collaterale, apportano la morte all’uomo hanno il compito di infondergli e di inoculargli, nel suo divenire, la piena capacità dell’anima cosciente; e si badi che non dico anima cosciente, ma capacità dell’anima cosciente.

 

Questo porta non soltanto alla comprensione del mistero della morte, ma anche a pensare con precisione su cose importanti. Di nuovo non si tratta di una critica, bensì di una caratterizzazione, ma è un fatto che, sotto diversi aspetti, il pensiero odierno è spesso sciatto, e mi si scusi se uso questa espressione, per altro adeguata. Specialmente nella scienza abituale, il pensiero odierno si comporta spesso come chi asserisce che la locomotiva ha il compito di logorare i binari. Spesso è di questa qualità quanto la scienza attuale afferma sui più diversi problemi, di una qualità, cioè, in base alla quale sarà difficile sfociare in una sana condizione per l’umanità futura; questa sana condizione, nell’epoca dell’anima cosciente, può esser raggiunta soltanto in piena coscienza.

 

Non ci si deve mai stancare d’affermare che questa è una profonda verità del nostro tempo. Ogni tanto capita di sentire che qua o là si presenta gente che, stimando di prender le mosse da una saggezza che sembra ben meditata, fa le più svariate proposte in campo sociale ed economico, sempre con la convinzione che oggi sia possibile fare proposte in questi due campi senza l’aiuto della scienza dello spirito. Oggi invece pensa in modo adeguato ai nostri tempi soltanto chi sia cosciente del fatto che risulta ciarlatanesco pretendere di dire qualcosa a proposito della struttura sociale dell’umanità tendente all’avvenire, senza il fondamento della scienza dello spirito. Pensa in modo adeguato ai tempi soltanto chi afferri con chiarezza questo concetto, mentre manca al suo tempo, restando addormentato, chi ancora ascolti la sapienza professorale, nel settore della sociologia e dell’economia, ben ancorate sul terreno di una scienza priva dello spirito.

 

Le forze che devono esser chiamate forze di morte, già in precedenza avevano afferrato la parte fisica dell’uomo, e dalla mia Scienza occulta si può anche vedere come. Dapprima esse sono entrate nell’entità animica umana. Per tutto il rimanente dell’evoluzione terrestre, l’uomo dovrà ancora accogliere nel suo essere queste forze di morte e, nel corso dell’attuale periodo di civiltà, esse dovranno agire in lui in modo da portare a piena espressione, a piena manifestazione la capacità dell’anima cosciente.

 

Dopo aver parlato del mistero della morte, vale a dire delle forze che sono attive nel cosmo e che apportano la morte agli uomini, in modo altrettanto metodico posso ora anche accennare alle forze del male. Pure di queste forze non si può dire che esse siano la causa di cattive azioni umane; si tratta anche qui soltanto di un’azione collaterale. Se nell’universo non esistessero le forze di morte, l’uomo non potrebbe accogliere le forze del sé spirituale, dello spirito vitale e dell’uomo spirituale, necessarie per la sua ulteriore evoluzione. Per accogliere in modo adatto a lui queste tre parti costitutive, l’uomo deve attraversare lo stadio dell’anima cosciente, ed a questo scopo, nel corso del quinto periodo di civiltà, vale a dire fino alla metà circa del quarto millennio, egli deve unire integralmente il suo essere alle forze di morte, cosa appunto che gli è possibile. Non gli è invece possibile unirsi nello stesso modo alle forze del male. Esse sono disposte nel cosmo in modo che l’uomo, nella sua evoluzione, potrà accoglierle, in modo analogo a come ora fa per quelle di morte, soltanto durante il periodo di Giove. Avviene perciò che le forze del male afferrino solamente una parte del suo essere e con intensità minore. Per compenetrare bene l’essenza delle forze del male non serve cercarne gli effetti esteriori, ma occorre invece ricercarle nel proprio essere, dove esse agiscono appunto come devono agire. Le forze infatti che appaiono nel cosmo come forze del male si rispecchiano pure negli uomini. Qui appunto inizia quanto può esser detto soltanto con un certo turbamento e, in ogni modo, dopo aver premesso che queste cose devono veramente esser considerate con la massima serietà. Il male nell’uomo non sta infatti nelle azioni cattive che si compiono nella società umana, ma va invece ricercato nelle cattive disposizioni, nelle tendenze al male. Si dovrà perciò prescindere dalle conseguenze di queste disposizioni, che nel singolo potranno insorgere più o meno, ma osservare invece le cattive disposizioni in sé medesime, e chiedersi: nel corso del nostro quinto periodo di civiltà postatlantica, in quali uomini agiscono le cattive disposizioni, quelle disposizioni che, nel loro effetto collaterale, si estrinsecano visibilmente nelle azioni cattive? In quali uomini si manifestano le cattive disposizioni?

 

Si può avere risposta a questi interrogativi se si cerca di andare oltre la cosiddetta « soglia del guardiano », vale a dire la soglia del mondo spirituale, per conoscere realmente l’essere dell’uomo. La risposta è allora che, dall’inizio del quinto periodo di civiltà postatlantica, nel subcosciente degli uomini, di tutti gli uomini, si trovano le cattive disposizioni, le disposizioni al male. Proprio in quanto accoglie le disposizioni al male, l’uomo entra nel quinto periodo di civiltà, nell’epoca moderna. Esprimendosi in modo radicale, ma giustissimo, si può anche dire che, varcando la soglia del mondo spirituale, si constata che non esiste al mondo delitto per il quale ogni uomo, in quanto appartenente al quinto periodo di civiltà, non abbia, nel suo subcosciente, la disposizione, si badi, la sola disposizione. Se poi nei singoli casi la disposizione al male si estrinsechi in un’azione cattiva, dipende da tutt’altre condizioni, e non dalla disposizione. Come si vede, volendo oggi dire la pura verità agli uomini, non si dicono sempre verità comode.

 

A maggior ragione si pone quindi la domanda: a che mirano dunque le forze che producono nell’uomo le cattive disposizioni? a che mirano nell’universo, infiltrandosi e fluendo nell’entità umana? che vogliono dunque queste forze? In realtà esse non sono nel cosmo allo scopo di immettere cattive azioni nella società degli uomini. Le cattive azioni sono bensì prodotte da queste forze, ma per ragioni di cui parleremo più tardi. Come le forze della morte non esistono soltanto per portare gli uomini a morire, così le forze del male non esistono nel cosmo per portare gli uomini ad azioni delittuose. Esse sono invece nell’universo per suscitare nell’uomo, quand’egli sia chiamato a sviluppare l’anima cosciente, l’inclinazione ad accogliere la vita spirituale nel modo che ho descritto ieri, per esempio, o anche la volta precedente.

 

Le forze del male agiscono nel cosmo, e l’uomo le deve accogliere; facendolo egli introduce nel suo essere il germe per poter sperimentare la vita spirituale, soprattutto con l’anima cosciente. Quelle forze, che vengono male usate nell’ordinamento sociale umano, non esistono dunque in realtà per suscitare cattive azioni, ma invece proprio affinché l’uomo possa giungere alla vita spirituale quando egli è al gradino dell’anima cosciente. Se l’uomo non accogliesse le disposizioni al male, delle quali abbiamo appunto parlato, neppure arriverebbe a sviluppare in sé, traendolo dalla sua anima cosciente, l’impulso ad accogliere dal cosmo lo spirito che d’ora in avanti deve fecondare tutta la civiltà ove essa non voglia essere cosa morta. Agiremo quindi per il meglio se baderemo a quanto risulterà dalle forze che, come caricature, ci appaiono nelle cattive azioni degli uomini, e se ci chiederemo che cosa debba avvenire nell’evoluzione dell’umanità sotto l’influenza delle forze che in pari tempo dispongono al male.

 

Trattando questi argomenti, ci si approssima al punto centrale dell’evoluzione umana. Queste considerazioni d’altronde sono connesse al destino che attualmente ha colpito l’umanità, dato che il destino che oggi ha colpito, e quello che ancora colpirà l’umanità, tutto ciò è soltanto un tralucere che accenna a cose del tutto diverse che l’umanità dovrà ancora attraversare, bagliori che oggi spesso accennano al contrario di quanto dovrà avvenire. Tutte queste considerazioni non devono per altro essere motivo di pessimismo, ma devono invece suscitare attivi impulsi di risveglio; devono dunque essere motivo di risveglio e non di pessimismo, perché tale è il loro scopo. Partendo da un concreto fenomeno chiarirò forse meglio il mio concetto. Ancora ieri ho detto che un impulso essenziale per l’evoluzione dell’umanità, nell’epoca dell’anima cosciente, deve essere l’aumento dell’interesse di ogni uomo nei confronti dei suoi simili, nel modo appunto ieri indicato; l’interesse che ognuno nutre per gli altri deve aumentare sempre più. Esso dovrà aumentare per tutto il rimanente dell’evoluzione terrestre; per la precisione esso dovrà aumentare in quattro campi particolari.

 

Il primo riguarda il fatto che l’uomo, evolvendosi verso il futuro, dovrà apprendere a guardare i suoi simili in ben altro modo. Malgrado sia già trascorso più di un quinto dell’epoca dell’anima cosciente, oggi l’uomo è ancora poco disposto a guardare i suoi simili come egli dovrà invece apprendere a fare nel corso dell’epoca dell’anima cosciente, che va fino al quarto millennio. Oggi gli uomini si guardano fra loro ancora in modo da non rilevare le cose più importanti, in sostanza non badano al loro prossimo. A questo proposito gli uomini non hanno ancora profittato appieno di quanto, attraverso l’arte, è stato coltivato nelle loro anime nel corso delle diverse incarnazioni. Dall’evoluzione dell’arte molto si può apprendere, ed in diverse occasioni l’ho fatto rilevare. Quando si studiano i sintomi storici, come ho cercato di fare appunto in queste conferenze, non sì può negare che la creazione e il godimento artistico siano in decadenza in quasi tutti i rami dell’arte. Tutti i tentativi fatti negli ultimi decenni in campo artistico dovrebbero mostrare chiaramente, a chiunque abbia intendimento adeguato, che l’arte come tale si trova in un periodo di decadenza. Ciò che gli uomini possono ricevere dalle opere d’arte, come educazione a determinate concezioni dell’avvenire, è quanto di più importante deve trapiantarsi dal campo artistico nell’evoluzione dell’umanità.

 

Naturalmente ogni attività culturale si ramifica nei modi più diversi ed ha ogni possibile effetto collaterale, ma il fatto resta che ogni forma d’arte ha in sé qualche cosa che ci porta ad una conoscenza più profonda e concreta dell’uomo. Chi realmente approfondisce le forme artistiche, come quelle create nella pittura o nella scultura, oppure l’essenza dei movimenti interiori che pervadono la musica o la poesia, chi sperimenta in realtà l’arte nel suo intimo (cosa che oggi l’artista medesimo spesso non fa), chi agisce in tal modo viene pervaso da qualcosa che lo rende capace d’intendere la natura di immagine che è insita nell’uomo. Nella nostra epoca dell’anima cosciente l’umanità deve appunto apprendere ad afferrare l’uomo in quanto immagine di qualche cosa. Ho già accennato a questo modo di afferrare l’uomo in quanto immagine. Guardando un uomo, e specialmente la sua testa, essa ci indirizza al passato. Come il sogno può esser considerato la reminiscenza della vita esteriore dei sensi che dà la sua impronta al sogno stesso, così chi guarda la realtà delle cose rileva come ogni fenomeno che cada sotto i sensi sia l’immagine di qualcosa di spirituale. Dobbiamo imparare a scoprire l’archetipo spirituale dell’uomo attraverso la natura di immagine dell’uomo stesso. In avvenire l’uomo diverrà, in un certo senso, trasparente per il suo prossimo; si dovrà osservare con interiore partecipazione e con interiore interesse, diversi da quelli che oggi ancora si trovano nelle disposizioni umane, come sia formato il capo o come un uomo inceda. Infatti si potrà credere, cioè, di conoscere un uomo, e il suo io, soltanto quando si afferrerà la sua natura di immagine in questo modo: quando, cioè, ci si potrà accostare ad un uomo col sentimento-base che quanto di lui rilevano gli occhi fisici, sta alla sua realtà spirituale soprasensibile, nello stesso rapporto in cui l’immagine dipinta sulla tela sta alla realtà che essa vuol rendere. Tale sentimento-base va formato. Nell’avvicinarsi ad un uomo bisogna imparare che in lui non si deve sentire soltanto un insieme di ossa, muscoli, sangue, eccetera, ma piuttosto l’immagine del suo essere eterno, che è spirituale, soprasensibile. Se incontreremo un uomo non potremo pensare di conoscerlo se quanto di lui ci passa davanti non risveglierà in noi lo sguardo per ciò che egli è, quale essere eterno, spirituale e soprasensibile.

 

Così si vedrà e così si potrà vedere l’uomo. Vedendo anzi le forme e i movimenti dell’uomo, e quant’altro ad essi è connesso, come un’immagine dell’eterno, si avrà un’impressione di caldo o di freddo, ci si dovrà sentire cioè sempre più interiormente pervasi di caldo o di freddo. Movendosi nel mondo si conosceranno gli uomini molto intimamente : uno darà un’impressione di calore, un altro di freddo; peggiori di tutti saranno quelli che non susciteranno nessuna impressione, né di caldo né di freddo. Si avrà un’interiore esperienza nell’etere di calore che pervade il nostro corpo eterico, e sarà questo il riflesso dell’accresciuto interesse che si dovrà sviluppare fra uomo e uomo.

 

Un secondo fatto è destinato a suscitare sensazioni ancor più paradossali nell’uomo d’oggi che non abbia proprio nessuna tendenza ad accogliere tali cose; può però anche darsi che in un futuro non troppo lontano, proprio da questa antipatia si sviluppi una forte simpatia per il giusto atteggiamento. Si tratta del fatto che gli uomini si comprenderanno fra loro in modo del tutto diverso, e per arrivare a questo serviranno appunto i due millenni che ancora devono trascorrere prima di arrivare alla fine della quinta epoca postatlantica. Questi due millenni, anzi, non saranno sufficienti, e il fenomeno cui ora accenno durerà quindi un poco di più e si prolungherà anche nel sesto periodo postatlantico: avverrà cioè che alla conoscenza dell’io, della quale ho parlato prima, si aggiungerà un’altra speciale facoltà, quella di avvertire e di afferrare, nell’incontro con ogni singolo uomo, il suo rapporto con la terza gerarchia, vale a dire con Angeli, Arcangeli e Archai. Questo avverrà perché si riconoscerà sempre più che l’umanità avrà in avvenire, col linguaggio, un rapporto diverso da quello che ha oggi. Lo sviluppo del linguaggio ha già superato il suo punto culminante, come ho già fatto rilevare nelle conferenze tenute quest’autunno. Lo sviluppo del linguaggio ha superato il suo punto culminante, e il linguaggio stesso è diventato in realtà qualcosa di astratto. Oggi il mondo è percorso soltanto da un’ondata di profonde non-verità, mentre si tenta di introdurre nell’umanità degli ordinamenti che dovrebbero essere in rapporto con le lingue dei popoli: gli uomini infatti non hanno più, con la propria lingua, quel tipo di rapporto attraverso il quale traspare la vera essenza degli uomini stessi.

 

In qualche occasione ho dato, con un esempio, un’indicazione che può servire alla comprensione di questa cosa. Recentemente, in una conferenza pubblica tenuta a Zurigo, ne ho riparlato, perché già oggi è bene dire queste cose anche pubblicamente. Anche qui ho già fatto notare come sia sorprendente confrontare brani di metodologia storica di Herman Grimm, un tipico studioso di formazione tedesca e centroeuropea del secolo XIX, con altri brani sullo stesso argomento scritti da Woodrow Wilson. Dopo aver condotto molto coscientemente questo tipo di ricerca, ho richiamato anche l’attenzione sul fatto che è possibile prendere alcune frasi di Wilson e inserirle in brani di Grimm, perché esse sono quasi identiche ad altre frasi in brani di quest’ultimo. Allo stesso modo si potrebbero inserire frasi intere di Grimm, relative alla metodologia storica, in quanto Wilson ha detto e poi stampato sul medesimo argomento: eppure, fra i due, vi è una radicale differenza. Non badando, nella lettura, al solo contenuto — perché preso letteralmente esso avrà sempre meno importanza per l’umanità che si va evolvendo — si nota tale radicale differenza: in Grimm, anche quando non si può essere d’accordo con quanto dice, si sente che tutto è stato direttamente da lui conquistato, grado a grado, frase per frase; in Wilson, invece, è come se egli fosse imbeccato, nella sua coscienza, dal proprio demone interiore, dal quale è posseduto nel suo subcosciente. La differenza sta nell’origine di quanto essi scrivono: nel primo caso, formazione diretta alla superficie della coscienza; nel secondo, suggerimenti alla coscienza da parte di un demone annidato nel subcosciente; si può quindi affermare che quanto proviene da Wilson deriva da una certa ossessione. Ho fatto questa osservazione come esempio, per mostrare che oggi non basta badare alla corrispondenza letterale. Provo sempre una grande tristezza quando amici della nostra concezione del mondo asseriscono che quanto un pastore evangelico o un professore hanno detto sembrerebbe del tutto antroposofico. Guardiamo invece più a fondo se suona in modo veramente antroposofico! Certo, nella nostra epoca, anche un professore che faccia della politica, trovandosi a ricoprire una carica importante, può scrivere cose che corrispondono letteralmente alla conoscenza della realtà della nostra epoca: ma quel che importa non è la corrispondenza letterale, bensì il vedere da quale regione dell’anima umana provengano le cose; importa, attraverso il linguaggio, gettare lo sguardo sulla regione dalla quale le cose scaturiscono.

 

Tutto quanto qui viene esposto, non è detto soltanto per formulare delle frasi determinate; ma importa il come vien detto; importante è il fatto che tutto è compenetrato da quella forza che è attinta direttamente allo spirituale. Chi si accontenti di una concordanza letterale, senza sentire come le cose provengano da una sorgente spirituale e come siano da essa pervase per il fatto di esser inserite nel complesso della concezione antroposofica, chi non fa attenzione a questo come, se vuole identificare l’esposizione letterale con una qualsiasi altra dottrina esteriore, travisa ciò che è qui inteso.

 

Certo non è comodo indicare esempi del genere, proprio perché le tendenze dell’uomo d’oggi vanno piuttosto in direzione opposta. Dove per altro si parla con serietà e dove il linguaggio non è soltanto un modo di tranquillizzare o addormentare la gente, diventa un dovere non spaventarsi nello scegliere anche quegli esempi che non risultano graditi a tanta gente. Infatti gli uomini che parlano seriamente devono anche sapere che cosa significhi in sostanza per il mondo il fatto che il mondo stesso, se non vi si fa attenzione, va incontro al destino di farsi riordinare da un professore americano poco dotato. Oggi non è comodo parlare della realtà delle cose, perché molta gente trova spesso comodo e gradito il contrario. Del resto ci si limita ad accennare alla realtà soltanto in quei settori nei quali è assolutamente indispensabile, nei quali alla gente sta a cuore, o dovrebbe stare a cuore, di ascoltare.

 

Affermo quindi che l’umanità dovrà arrivare a vedere per mezzo del linguaggio: gli uomini dovranno cioè imparare a comprendere i gesti del linguaggio. La nostra epoca non giungerà alla sua fine – questo processo durerà anzi ancora nel prossimo periodo – ma già il terzo millennio non sarà del tutto trascorso senza che gli uomini arrivino ad ascoltarsi, quando parleranno tra loro, in modo diverso da quanto avvenga oggi; essi troveranno invece, rappresentata nel linguaggio, l’espressione della dipendenza dell’uomo dalla terza gerarchia di esseri superiori, Angeli, Arcangeli e Archai; essi troveranno l’espressione di quanto permette all’uomo di elevarsi al mondo spirituale soprasensibile.

 

Ciò porterà al fatto che, attraverso il linguaggio, potrà essere ascoltata l’anima dell’uomo. Si arriverà così ad una tutt’altra vita e convivenza sociale. E proprio dalle forze del male, del cosiddetto male, molto dovrà venir trasformato, di modo che molto si potrà intuire di quanto l’uomo dice, e, attraverso il linguaggio, si ascolterà la sua anima. Quando questo avverrà, si svilupperà negli uomini un particolare senso del colore, e da questo senso del colore della lingua gli uomini impareranno a comprendersi fra nazioni diverse. In modo del tutto naturale un certo suono susciterà la medesima sensazione che si ha guardando il colore azzurro, o una superficie azzurra; un altro suono susciterà la medesima sensazione di un rosso. Ciò che prima, guardando un altro uomo, si sperimentava soltanto come calore, in un certo senso diverrà colore, quando lo si ascolterà. Verrà il tempo in cui l’umanità sperimenterà intimamente quanto passa sulle ah dei suoni dalla bocca all’orecchio umano.

 

Il terzo fatto sarà che gli uomini sperimenteranno pure nel loro intimo le estrinsecazioni dei sentimenti, le configurazioni dei sentimenti degli altri uomini. In questo senso, molto si effettuerà tramite il linguaggio. Ma non soltanto attraverso il linguaggio: quando un uomo si farà incontro ad un altro, sperimenterà in sé, nel proprio respiro, la configurazione di sentimento dell’altro. Nell’epoca futura dell’evoluzione terrestre, alla quale ora accenno, il respiro si adeguerà alla vita dei sentimenti dell’uomo che ci starà dinanzi. Uno ci disporrà ad un respiro più rapido, un altro ad un respiro più lento, e noi sentiremo, dal nostro respiro più o meno veloce, come è fatto l’uomo che incontriamo. Si pensi come sarà articolata la comunità sociale e come intima sarà la convivenza umana! Per queste cose ci vorrà ancora parecchio tempo, e prima che questo modo di respirazione entri a far parte dell’anima umana, dovrà ancora trascorrere tutto il sesto periodo di civiltà, e anche parte del settimo.

 

Nella settima epoca di civiltà si realizzerà un poco di quanto riguarda il quarto fatto caratteristico, ed avverrà cioè che, in quanto appartenenti per loro volontà ad una determinata comunità, gli uomini — mi si scusi l’espressione — dovranno « digerirsi » l’un l’altro. In quanto dovremo volere, o vorremo volere, una cosa qualsiasi con questo o con quello dei nostri simili, avremo esperienze interiori analoghe a quelle che oggi abbiamo in forma primordiale quando mangiamo un cibo qualsivoglia. Gli uomini dovranno digerirsi l’un l’altro nel campo della volontà, respirarsi l’un l’altro nel campo del sentimento e sperimentarsi fra loro attraverso i colori e il linguaggio, nel campo della reciproca comprensione. Imparando a guardarsi nella realtà, gli uomini apprenderanno a conoscersi l’un l’altro come degli « io ».

 

Ma tutte queste forze saranno piuttosto interiori, animi- che. Prima che esse raggiungano il loro pieno sviluppo, dovranno trascorrere le incarnazioni planetarie di Giove, Venere e Vulcano, ma già l’evoluzione umana sulla terra attuale richiede degli accenni animico-spirituali di tutto ciò. Il tempo presente, con la sua straordinaria catastrofica evoluzione, è un ribellarsi dell’umanità contro ciò che dovrà venire, nel modo appunto descritto. L’umanità si impenna. Proprio perché in avvenire dovranno essere superate tutte le tendenze sociali particolaristiche, oggi l’umanità si impenna, e viene quindi diffuso in tutto il mondo il principio semplicistico secondo cui gli uomini dovrebbero raggrupparsi in nazioni. Quanto oggi avviene è un’impennata contro il corso dell’evoluzione umana, come è voluto dalla divinità, è un protendersi proprio verso il contrario di quanto dovrà pur avvenire. A queste cose si deve guardare se si vuol raggiungere una base per la comprensione del cosiddetto mistero del male. Perché il male è spesso un effetto collaterale di quanto dovrà agire nell’evoluzione dell’umanità. Se una locomotiva che deve andare lontano si avvia su un binario in cattivo stato, rovinerà il binario, ed essa stessa non procederà di molto. L’evoluzione dell’umanità mira alle mète cui ho accennato, e il compito dell’epoca dell’anima cosciente è appunto di riconoscere che l’umanità deve tendere coscientemente a quelle mète. Solo che, per il momento, sono stati posati binari piuttosto cattivi, e occorrerà quindi ancora parecchio tempo prima che se ne possano posare dei migliori, perché ci si accinge spesso a sostituire i cattivi binari con altri per nulla migliori.

 

La scienza dello spirito però mira a tutt’altro che al pessimismo, e si dedica piuttosto a far riconoscere all’uomo su quale strada evolutiva egli effettivamente si trova. Essa richiede però anche che si possano abbandonare certe tendenze oggi correnti, almeno in alcune solenni occasioni della vita. Che oggi sia così difficile per gli uomini abbandonare certe abitudini, che tutti ricadano nel vecchio ciarpame, rende oggi difficile parlare di queste cose senza ritegno. Si toccano qui argomenti, e ciò è nel carattere del nostro tempo, in relazione ai quali oggi l’umanità vuol proprio cadere nel precipizio, e occorre perciò di continuo ammonirla affinché si risvegli.

 

Di alcune cose si può trattare soltanto entro certi limiti, ma questo porta naturalmente come conseguenza che qualcosa d’altro vien taciuto o forse rinviato. Prendiamo un esempio immediato, e mi si scusi se lo espongo in questo modo. Otto giorni fa mi è stato richiesto di dire anche qualcosa sulla sintomatologia relativa alla storia svizzera; da allora ho molto riflettuto in proposito, soppesando la questione da tutti i punti di vista, ed ho concluso che mi metterei in una situazione particolare se io, non svizzero, parlassi di sintomatologia svizzera dal secolo XV fino ad oggi, davanti a degli Svizzeri. Volendo spiegarmi da un altro punto di vista, si pensi soltanto a come sarebbe stato accolto in Germania o in Austria chi, soltanto ancora nel luglio di quest’anno, avesse parlato di avvenimenti, personaggi o impulsi nel modo in cui ci si esprime oggi; si pensi a come sarebbe stato accolto chi avesse esposto in Austria gli avvenimenti di oggi, ma 5, 15 o magari 30 anni fa! Allo stesso modo io so che urterei la sensibilità di chi ascolta se parlassi qui della Svizzera come si parlerà fra 30 anni della storia svizzera in questo paese. Oggi anche qui si otterrebbe lo stesso effetto, e prego perciò di scusarmi se mi esprimo in tal modo, ma veramente non si può fare diversamente; oggi, in base a quanto è radicato nel profondo delle anime, non si può fare altrimenti che chiudere le orecchie a ciò che deve esser detto partendo dal punto di vista del futuro. Molta gente – e tutti noi facciamo parte della « gente » – in molti settori, e specie in quelli particolarmente vicini, non desidera ascoltare la verità, ma preferisce dei sonniferi. Posso assicurare che urterei delle sensibilità se non dessi dei sonniferi proprio nel settore sul quale sono stato richiesto di parlare. Dopo le varie cose che ho dovuto aggiungere alle mie considerazioni, mi sembrerebbe dunque giusto lasciar riposare ancora qualche tempo l’argomento richiestomi. Infatti i giudizi oggi formulati e dai quali è lecito dissentire, se si vogliono trattare determinati argomenti, consigliano di comportarsi come ho fatto io ieri quando ho parlato della rivoluzione russa e ho portato l’esempio dei rapporti fra la media borghesia, le masse popolari e gli elementi radicali situati sulla sinistra dello schieramento politico; parlarne qui in Isvizzera è’ relativamente senza pericolo, e può ancora venir considerata come una predica domenicale. Se appunto discorsi del genere qui vengono considerati prediche domenicali, o forse qualcosa di meglio, questo può ancora andare; ci si potrebbe persino abbandonare, non dico all’illusione, ma almeno alla piacevole attesa che realmente la sostanza del discorso entri in alcune anime e possa avere un effetto maggiore di una vera predica domenicale. Però è certo che l’esperienza fatta nel corso degli ultimi anni ha mostrato piuttosto il contrario, anche in cose importanti. Fare quindi degli esempi presi da cose più vicine non spetta a chi, non svizzero, parla a degli Svizzeri su temi storici che li riguardano. Quando anche recentemente a Zurigo, in occasione di una conferenza pubblica, ebbi a parlare della storia moderna, naturalmente dovetti restare entro determinati limiti, malgrado non abbia omesso dall’accennare anche alle conseguenze più radicali che ne dovevano esser tratte. Certo oggi la maggioranza della gente trova molto comodo considerare Woodrow Wilson un grand’uomo, un benefattore dell’umanità. Se invece al riguardo si deve dire la verità, essa risulta scomoda e chi la esprime viene considerato un guastafeste! D’altra parte è sempre stato così con le verità attinte dalle sorgenti della vita soprasensibile. Oggi però viviamo nell’epoca dell’anima cosciente, ed è perciò necessario che certe verità siano esposte agli uomini.

 

In realtà non si tratta di continuare a ripetere una frase quanto mai frusta, e cioè che gli uomini non siano ricettivi per certe verità. Se essi lo siano o meno non è il problema che noi dobbiamo porci; dobbiamo piuttosto chiederci se noi facciamo quanto è necessario per esporre agli uomini le verità corrispondenti, quando ne abbiamo l’occasione. E inoltre non dobbiamo abbandonarci ad illusioni a proposito della capacità degli uomini di accogliere tali verità; appunto oggi gli uomini sono poco capaci di accettare quanto sarebbe loro più necessario, esattamente allo stesso modo come oggi essi s’intestano ad organizzare il mondo proprio come non va organizzato, se l’umanità deve seguire gli impulsi evolutivi caratteristici della nostra epoca. In questo campo si fanno le più amare esperienze, ma si fanno e si accettano senza astio, in modo da apprendere dalle esperienze medesime come ci si debba comportare nei diversi casi.

 

Parlerò di queste cose in modo ancora più preciso. Per esempio, sarebbe stato particolarmente bello che in Europa si fossero trovate anche poche persone che, partendo da certi impulsi massonici, avessero riconosciuto la portata di quanto io ho detto anche in questa stessa sede circa due anni fa, a proposito delle società segrete esistenti nel mondo. Invece, e direi naturalmente, vi si incontrano soltanto dei sordi; ed infatti nulla è stato più infecondo, negli ultimi decenni, della posizione della massoneria in Europa! Il che è già evidente per il fatto che si è continuato a ripetere che s’incontra resistenza se ci si oppone a che i risultati della scienza dello spirito orientata in senso antroposofico vengano amalgamati in qualche modo con la massoneria europea. Ecco allora che si fa avanti un chiacchierone per dire diverse sciocchezze a proposito di simboli e simili, si fa avanti Homeffer, il cosiddetto studioso di Nietzsche, preso sul serio da un vasto pubblico. Le profonde ragioni di tutto ciò stanno nel fatto che per avvicinarsi alla scienza dello spirito antroposofica si pretende parecchio dagli uomini, il che non è facile! Oggi esistono delle correnti per un rinnovamento dello spirito, esiste gente che spiega agli uomini come sia per esempio sufficiente magari distendersi su di un divano e abbandonarsi a se stessi : allora l’io superiore, e il Dio, e chi sa che altro ancora, si ravviverebbero nell’uomo, senza che sia necessario conquistarsi concetti così difficili, come si deve fare nella scienza dello spirito antroposofica; basterebbe cioè ascoltarsi e abbandonarsi a sé medesimi, perché sorga questo io mistico superiore, perché si senta e si sperimenti il Dio in se stessi.

 

Ho conosciuto uomini di stato che ascoltano più volentieri gente del genere, gente che suggerisce di cercare l’io in quel modo comodo, piuttosto che sentir parlare di scienza dello spirito antroposofica. Un amico mi diceva poco tempo fa che uno di quei suscitatori di Dio aveva confessato, mentre il mio amico era ancora un suo seguace: « Lei non crede quanto io sia stupido! » Con quella confessione voleva mostrare quanta poca intelligenza occorra per dare oggi agli uomini la sorgente primordiale della saggezza. Lo stesso individuo trova però dappertutto un vasto pubblico, perché, infatti, si ascolta più volentieri tale gente che non piuttosto chi parli in modo scomodo di tutto quanto è possibile pur di portare gli uomini alla comprensione dei compiti dell’anima cosciente, chi parli di quattro tappe evolutive, oppure dica addirittura che gli uomini devono apprendere a riscaldarsi fra loro, a colorarsi reciprocamente, a respirarsi l’un l’altro, a digerirsi a vicenda. Per arrivare a questo è certo necessario sorbirsi un discreto quantitativo di libri, il che è molto scomodo. Che però lo si senta come qualcosa di scomodo è in stretto rapporto con gli impulsi dei nostri catastrofici tempi, con le disgrazie della nostra epoca. Anche questo però non deve sollecitare il pessimismo, ma deve far appello alla forza, alla trasformazione della conoscenza in azione. Il che non sarà mai ripetuto a sufficienza.

 

Dopo aver ieri portato l’innocuo esempio del problema di aspirazione e di pressione, lascio ora ad ogni singolo la possibilità di riflettere se non sia forse importante ripensare a quel problema. Potrebbe altrimenti accadere che qualcuno arrivi a dire: certo in Russia la borghesia non ha trovato il giusto contatto con i contadini, ma noi invece sì: da noi il borghese e il contadino avranno un terreno d’intesa, e da noi quindi si troverà anche il modo di arginare il socialismo. Non si pensa che, naturalmente, anche la Russia era piena di gente di questa opinione e che quanto là è avvenuto è proprio la conseguenza di quella stessa opinione.

Domani continueremo il nostro discorso.