La conoscenza generale dell’uomo, base della terapia

O.O. 312 – Scienza dello spirito e medicina – 25.03.1920


 

Sommario: La conoscenza generale dell’uomo, base della terapia. L’anamnesi come base per la valutazione dell’organismo soprasensibile. L’uomo e i regni della natura. Omeopatia e allopatia. Solubilità e formazione dei sali. Il processo del pensiero nella natura extraumana. Processi minerale, mercuriale e fosforico. Rapporto tra pianta e uomo. Formazione degli alberi; il vischio. Formazione di radice, foglia, fiore, frutto e loro rapporto con i processi minerale, mercuriale, fosforico e con l’uomo. Cenni sulla sieroterapia.

 

Proseguiamo ora con le considerazioni relative al particolare ambito nel quale la patologia deve confluire con la terapia, gettando un ponte fra le due. A tale proposito sarà necessario menzionare diverse cose che possono rappresentare solo una specie di ideale per la terapia e che non in ogni caso possono venire pienamente applicate. Tuttavia, una volta acquistata una visione d’insieme di tutto ciò che sarebbe necessario per la cura dei malati, se ne potranno ricavare singoli particolari che permettono di conoscere in che modo si debbano valutare per la malattia dei reperti anche frammentari.

 

Anzitutto è necessario sottolineare l’importanza della conoscenza dell’uomo intero per il trattamento anche del caso più particolare. Tale conoscenza dell’uomo intero dovrebbe veramente estendersi sempre ai più importanti momenti della vita. Siccome talvolta è accaduto che qualche medico, avendo fiducia in me, mi parlasse di questo o quel problema, sono rimasto ad esempio spesso sorpreso che alla mia immediata domanda quale fosse l’età del paziente, il medico non fosse in grado di darmi una risposta precisa. Egli cioè non si era reso conto dell’età del malato in questione. Come vedremo nei prossimi giorni, è veramente essenziale informarsi con precisione anzitutto dell’età del paziente, perché la terapia dipende moltissimo da questo dato. L’altro ieri sono stati qui menzionati certi rimedi che giovano straordinariamente in alcuni casi, mentre non sono efficaci in altri casi. Di fronte a esperienze del genere deve sorgere subito la domanda: forse che la constatata inefficacia è legata all’età del paziente? Nella valutazione dei farmaci occorre avere un’idea molto precisa degli effetti dovuti all’età.

 

Inoltre v’è un altro elemento di cui occorre tener conto. Bisognerebbe sempre tener d’occhio esattamente la costituzione del paziente, cioè il tipo della sua corporatura: se è basso e tarchiato, oppure alto e snello. È molto importante ricavare già da queste caratteristiche strutturali di quali forze disponga ciò che noi chiamiamo il Corpo eterico umano. Dopo matura riflessione devo ripetere che non si può evitare di usare espressioni come « il corpo eterico », eccetera, perché tali espressioni corrispondono veramente alla realtà dell’essere umano. Si potrebbero anche sostituire con altre denominazioni, più gradite ai non antroposofi; forse lo faremo alla fine. Per adesso continueremo ad usarle quando è necessario, ai fini di una migliore comprensione. Si può dunque giudicare l’intensità d’azione del corpo eterico dal modo in cui una persona è cresciuta. Quando sia possibile bisognerebbe anche informarsi se in gioventù il paziente è cresciuto lentamente o rapidamente, cioè se è rimasto a lungo basso di statura o se invece era già alto in età relativamente giovane e poi la crescita si era rallentata. Come ho già detto, vorrei menzionare tutto quello che interesserebbe, anche se non sempre è possibile tener conto di tutto, semplicemente perché mancano le relative informazioni: sarebbe però utile conoscere tutto. I fenomeni che ho ora menzionati stanno ad indicare il comportamento del corpo eterico, cioè per così dire le manifestazioni funzionali dell’uomo nei confronti del proprio corpo fisico. Bisogna tenerne conto per imparare a conoscere il rapporto fra l’uomo e i rimedi che lo riguardano.

 

È poi necessario conoscere anche il rapporto del corpo fisico e del corpo eterico con gli elementi costitutivi superiori dell’entità umana: con il corpo astrale, cioè con l’elemento propriamente animico, e con l’io, cioè con la parte propriamente spirituale dell’uomo. È necessario ricavare tale rapporto dall’osservazione del paziente stesso. Non bisognerebbe ad esempio trascurare di chiedergli se abbia una vita di sogno molto o poco intensa. Il fatto che un paziente abbia una vita di sogno molto intensa è straordinariamente importante per l’intera sua costituzione: significa che l’io e il corpo astrale hanno la tendenza a sviluppare un’attività propria, che non vogliono occuparsi troppo intensamente del corpo fisico. In queste condizioni le forze formative propriamente animiche dell’uomo non fluiscono nel contesto degli organi corporei.

 

Anche se può riuscire un po’ imbarazzante, ci si dovrebbe inoltre informare se la persona in questione è attiva e laboriosa, o se invece tende alla pigrizia. Infatti le persone che tendono alla pigrizia possiedono un’intensa mobilità interna del corpo astrale e dell’io; questo può certo sembrare paradossale, ma va tenuto presente che quella mobilità non giunge alla coscienza, è del tutto inconscia. E proprio perché è inconscia, la persona in questione non è affatto attiva sul piano cosciente, è anzi pigra. Quello che qui intendo come il contrario della pigrizia è la capacità organica dell’uomo superiore di intervenire nell’inferiore, vale a dire la capacità di trasferire veramente l’attività del corpo astrale e dell’io nel corpo fisico e nel corpo eterico. Tale capacità è molto esigua in ima persona pigra; dal punto di vista scientifico-spirituale, chi è pigro è veramente una persona addormentata.

 

Ci si dovrebbe poi informare se la persona in questione sia miope o ipermetrope. I miopi hanno essi pure una certa riluttanza del loro io e del loro corpo astrale nei confronti del corpo fisico. La miopia è proprio uno dei segni più importanti del fatto che in un dato individuo la parte animico-spirituale non vuole intervenire in quella fisico-corporea.

 

Vorrei poi accennare a qualcosa che un giorno si potrebbe anche realizzare e che sarebbe molto importante per la cura dei malati, qualcosa che potrebbe anche acquistare importanza pratica, se nelle diverse branche professionali si affermasse un maggior senso sociale. Sarebbe straordinariamente importante che i dentisti usassero nel modo che ora spiegherò la loro conoscenza del sistema dentario, del sistema digestivo e di tutto quanto vi è connesso. Naturalmente occorrerebbe l’assenso dei pazienti, ma ripeto che, con un maggior senso sociale, vi si potrebbe arrivare.

 

I dentisti dovrebbero dunque rilasciare ai loro pazienti, in occasione di ogni trattamento, urta specie di prospetto dal quale risultino le condizioni funzionali di tutto ciò che è connesso col sistema dentario: se esiste una tendenza alla carie precoce o ad altri disturbi, se si prevede una buona conservazione dei denti fino ad età avanzata. Questi fatti sono straordinariamente importanti per una valutazione generale dell’organismo, come vedremo anche nei prossimi giorni. Per il medico curante potrebbe avere grande importanza, in occasione del trattamento di una particolare malattia, il disporre di una tale valutazione dello stato di salute del soggetto, in base allo stato dei denti.

 

Sarebbe poi molto importante essere informati delle simpatie e antipatie fisiche dei pazienti, se posso esprimermi così. Di particolare significato è il fatto di conoscere se una persona affidata alle nostre cure sia ad esempio avida di sale o di altre sostanze; bisogna scoprire gli alimenti di cui essa è particolarmente ghiotta. In chi è avido di sale esiste una connessione eccessiva dell’io e del corpo astrale con il corpo fisico e con il corpo eterico: si ha per così dire un’affinità troppo forte dell’animico-spirituale con il fisico-corporeo. Sono sintomi di una tale forte affinità anche gli attacchi di vertigine provocati da eventi meccanici esterni, per esempio da una rotazione troppo veloce del corpo. Ci si dovrebbe quindi rendere conto se il soggetto presenti facilmente vertigine per effetto di movimenti meccanici del corpo.

 

Infine ci si dovrebbe sempre informare, come è generalmente risaputo, di eventuali disturbi delle secrezioni, dell’intera attività ghiandolare del soggetto: dove infatti compaiono disturbi delle secrezioni è anche sempre alterato il rapporto dell’io e del corpo astrale con il corpo eterico e quello fisico.

Ho così indicato una serie di fatti che dovrebbero in fondo essere sempre conosciuti quando ci si deve occupare di un paziente.

 

Si tratta di aspetti particolari, ma avrete modo di apprendere in quale direzione si muovono quei fenomeni, in quanto si riferiscono alla costituzione stessa del corpo. Nel corso del tempo ricorderò anche che occorre informarsi sul modo di vita, sulle possibilità di respirare aria sana o viziata, e così via. Ne terrò conto affrontando i singoli capitoli. Procedendo in questo modo, si potrà acquistare un’idea generale della costituzione del nostro paziente, perché solo disponendo di queste conoscenze si sarà poi in grado di combinare giustamente un certo farmaco.

 

Come risulta già da alcune considerazioni svolte nei giorni scorsi, vorrei accennare ora in linea generale all’intima affinità esistente fra l’uomo e tutto il mondo che lo circonda. Sia pure in modo un po’ astratto questo rapporto si esprime spesso, dal punto di vista scientifico-spirituale, dicendo che nel corso dell’evoluzione l’uomo ha espulso gli altri regni della natura, lasciandoli indietro; per questa ragione tutto ciò che si trova fuori di lui ha però una certa affinità con la sua stessa natura. Partendo dalla enunciazione astratta di questo rapporto, dovremo di continuo accennare a specifiche affinità, quando parleremo di terapia degli organi. Prima però vogliamo acquistare piena chiarezza circa le basi su cui in generale si fonda il rapporto terapeutico fra l’uomo e la natura extraumana.

 

In questo campo la discussione è molto aspra, come è noto: diversi metodi terapeutici si combattono duramente a vicenda, e noi ne tratteremo più a fondo a suo tempo. Particolarmente nota è la contrapposizione che divide i medici orientati in senso omeopatico da quelli orientati in senso allopatico. A questo punto interesserà forse conoscere la posizione che la scienza dello spirito deve assumere in quel contrasto: è una posizione alquanto singolare di cui oggi vorrei solo accennare le linee generali, mentre entrerò nei particolari quando parlerò di problemi speciali. Per quel che risulta alla scienza dello spirito, in fondo i rimedi allopatici non esistono affatto, in quanto anche un rimedio prescritto in dose allopatica va soggetto, nell’organismo umano, a un processo di « omeopatizzazione », e solo grazie a tale processo è in grado di svolgere un’azione terapeutica. Ogni medico allopatico trova in effetti un aiuto al suo procedimento allopatico nel processo di omeopatizzazione compiuto dall’organismo del paziente, processo con cui si compie quel che l’allopatico trascura, cioè l’annullamento delle connessioni fra le singole parti del rimedio. C’è però una considerevole differenza fra l’aiutare l’organismo a compiere il processo di omeopatizzazione, e il non aiutarlo; i processi di guarigione nell’organismo sono infatti connessi con gli stati in cui vengono a trovarsi i farmaci, una volta omeopatizzati. Nei confronti dei rimedi con caratteristiche simili a quelle dei corpi del mondo esterno, l’organismo si trova invece come di fronte a un corpo estraneo che sia penetrato in esso. Perciò si trova addossato un lavoro terribile ed esposto a un’azione di disturbo, quando lo si carica con le forze che si manifestano somministrando il medicamento allo stato allopatico. Parleremo più avanti dei casi in cui è impossibile (o inopportuno) sollevare l’organismo da questa attività di omeopatizzazione.

 

Praticare l’omeopatia significa, in fondo, avere osservato con molta attenzione la natura stessa fino a un certo punto, anche se poi il fanatismo ha esagerato molte cose, come avremo occasione di mostrare. Adesso però si tratta di Scoprire la via per imparare a conoscere i particolari della connessione fra l’uomo e l’ambiente circostante. A tal fine ho già ricordato ieri che non possiamo semplicemente ripetere come pappagalli quel che dicevano i medici antichi, anche se un approfondimento intelligente nelle antiche opere di medicina può riuscire utile. Noi dobbiamo invece procedere con tutti i mezzi della scienza moderna ad approfondire la conoscenza del reciproco rapporto fra l’uomo e il suo ambiente naturale extra-umano. Anzitutto occorre avere ben presente che non si raggiungono grandi risultati con l’indagine chimica delle sostanze, cioè con lo studio approfondito delle proprietà che le sostanze rivelano in laboratorio. Ho già accennato al fatto che i procedimenti microscopici (o l’analisi chimica che è qualcosa di analogo) andrebbero sostituiti con l’osservazione macroscopica, con quanto risulta all’osservazione del cosmo, della natura esterna.

 

Oggi comincerò a presentare alcuni schemi significativi che ci possono indicare in certo senso come il mondo extra-umano corrisponda, in una specie di struttura triplice, all’essere umano a sua volta triplicemente strutturato. Anzitutto dobbiamo rivolgere la nostra attenzione a tutto quanto è solubile. Là solubilità è infatti l’ultima qualità importante comparsa nel processo di evoluzione del pianeta Terra. Le sostanze solidificatesi sulla Terra son in gran parte da ricondursi a un processo Cosmico di soluzione che fu poi superato e per così dire uccise, depositò le parti solide. È una concezione superficiale quella che pensa solo una sedimentazione meccanica e su questa fonda la geologia e la geognosia. Nel processo di formazione della Terra l’incorporazione in essa di componenti solidi non è in fondo che un caso speciale di cristallizzazione o di deposito di sostanze da una soluzione. Possiamo dunque affermare che quanto vive nel processo di soluzione è qualcosa che anche l’uomo espulse da sé, poiché compare nella natura esterna extra-umana. Nel processo di soluzione si svolge all’esterno qualcosa che l’uomo estromise dalla propria natura. Si dovrà dunque ricercare la relazione fra i processi di soluzione che avvengono nel mondo extra-umano e i processi interni dell’organismo umano.

 

Di importanza fondamentale è il fatto, già da me menzionato, che certe persone, la cui parte animico-spirituale è troppo strettamente congiunta a quella fisico-eterica, hanno organicamente sete (o fame) di sale: esse tendono per così dire ad annullare il processo del deposito di sali. Vorrebbero cioè annullare quel processo che fa parte della formazione della Terra, vorrebbero sostanzialmente ricondurre il sale a uno stadio precedente della formazione della Terra, rispetto a quello in cui il pianeta si è solidificato. L’osservare tali fenomeni ha un’importanza del tutto particolare; essi ci consentono veramente di penetrare nelle correlazioni fra l’organismo umano e la natura extra-umana. Si può dire che la natura umana ha in sé una specie di bisogno organico di annullare certi processi del mondo esterno, di contrapporsi ad essi. Ricorderete che ieri accennai che l’organismo si contrappone perfino alla forza di gravità, grazie alla spinta idrostatica, necessaria per ridurre il peso del cervello umano. Questa contrapposizione è una tendenza generale dell’organismo.

 

Che cosa significa questa lotta, per esempio contro il processo di formazione della Terra? Niente di meno, in fondo, che la liberazione dell’uomo inferiore dall’animico-spirituale: significa la espulsione dell’animico-spirituale dall’uomo inferiore verso quello superiore. In tutti i casi in cui vi sia avidità per il sale, possiamo constatare che l’uomo inferiore vuole liberarsi in un certo modo dal sopravvento dell’animico-spirituale, respingendolo verso l’uomo superiore.

 

Supponiamo che in un certo caso esistano dei disturbi apprezzabili nell’uomo inferiore. Vedremo più avanti i metodi per riconoscerli e le diverse malattie a cui portano. Che cosa si potrà fare?

 

Vorrei qui inserire una considerazione che potrebbe essere importante per chi tende a ima certa unilateralità nell’uso dei farmaci. Certe persone hanno una specie di avversione per i farmaci minerali. È un’avversione ingiustificata: vedremo infatti che i rimedi puramente vegetali possono essere efficaci solo entro certi limiti e che proprio nei casi più gravi i rimedi di origine minerale sono molto importanti. Vi prego quindi di non scandalizzarvi se, proprio in queste considerazioni generali, prendo le mosse dai farmaci minerali. Intendo cominciare dalla posizione che l’efficacia dei rimedi minerali ha nella vita, nella vita organica stessa. Lo studio dell’ostrica, ad esempio, ci potrà notevolmente chiarire certi metodi di trattamento dell’addome umano, nel suo rapporto con la parte superiore del corpo. La formazione del guscio dell’ostrica è qualcosa di veramente interessante: essa infatti, forma il proprio guscio di carbonato di calcio, procedendo dall’interno verso l’esterno. Se si studia l’ostrica valendosi dell’aiuto della scienza dello spirito, si scopre che essa è certo un animale molto basso nella scala zoologica, ma che nell’universo in generale si trova su un gradino relativamente elevato. Si trova su questo gradino per il fatto che essa secerne quello che l’uomo porta in sé come facoltà di pensare. Le forze che formano il guscio dall’interno verso l’esterno mostrano la via con cui viene eliminato dall’ostrica qualcosa che, se si congiungesse invece con la sua crescita organica, renderebbe l’ostrica molto intelligente, ne farebbe un animale molto evoluto. Quella parte o quelle forze dell’ostrica vengono estromesse, vengono deviate. Nella formazione del guscio dell’ostrica si può quasi toccar con mano il lavoro compiuto dal carbonato di calcio (la cosiddetta Calcarea carbonica) che elimina dall’organismo un’eccessiva attività animico-spirituale.

 

Supponiamo ora di riscontrare un’eccessiva attività animico-spirituale nell’addome, cosa che può effettivamente verificarsi in certe malattie di cui si parlerà in seguito.

 

Si potrà allora ricorrere a un rimedio ricavato dal guscio dell’ostrica o da sostanze simili, operanti dall’interno verso l’esterno grazie alle misteriose forze del carbonato di calcio. Nella terapia sarà dunque essenziale aver ben chiaro questo concetto: la spinta dall’interno verso l’esterno porta con sé certe forze di guarigione. Solo in una tale connessione si potranno studiare razionalmente farmaci come la Calcarea carbonica o altri ad essa affini.

 

Alle forze del carbonato di calcio si contrappongono polarmente le forze ad esempio del fosforo. Le espressioni che ora userò sono in verità non meno scientifiche di quelle che oggi sono considerate tali. L’elemento salino si comporta dunque per così dire in modo da effondersi, da abbandonarsi all’ambiente: il motivo di ciò sta nel modo in cui l’elemento salino stesso origina. Le sostanze saline vengono infatti private, vengono liberate dall’azione interna degli imponderabili, come la luce e altri fattori imponderabili. Potremmo esprimerci così: per effetto del suo processo di formazione, ogni sostanza salina ha respinto da sé le qualità imponderabili, in modo che esse interiormente non le appartengono più.

 

Esattamente l’opposto vale per il fosforo. Non a torto certe antiche conoscenze ataviche designavano il fosforo come « portatore di luce », dato che esso porta davvero una qualità imponderabile, appunto la luce. Il fosforo porta in sé quello che il sale invece elimina da sé. Sono dunque sostanze polarmente opposte al sale quelle che, per così dire, interiorizzano le qualità imponderabili, soprattutto la luce, ma anche altre, come il calore e simili: se ne appropriano interiormente. Su ciò si fonda l’efficacia terapeutica del fosforo e di altre sostanze affini al fosforo dal punto di vista curativo. Il fosforo interiorizza gli imponderabili ed è perciò particolarmente adatto a risospingere verso l’uomo il corpo astrale e l’io, quando questi ultimi stentano ad aderirgli correttamente.

 

Supponiamo ora di riscontrare in un paziente una certa malattia (delle singole malattie parleremo ancora di seguito). Troviamo che il paziente ha un’intensa vita di sogno, cioè che il corpo astrale si separa volentieri dal corpo fisico, occupandosi della propria attività; riscontriamo inoltre per esempio che il paziente è predisposto a disturbi periferici di natura infiammatoria; altra prova, questa, che il corpo astrale e l’io non sono bene inseriti nel corpo fisico. In una situazione come questa, potremo utilizzare la forza con cui il fosforo tiene legati a sé gli imponderabili, per stimolare il corpo astrale e l’io di quel soggetto a occuparsi di più del corpo fisico. Nel caso di pazienti dal sonno irrequieto si potrà usare il fosforo nelle più diverse condizioni morbose, proprio perché il fosforo possiede la tendenza a ricondurre l’io e il corpo astrale in modo adeguato nel corpo fisico e nel corpo eterico.

 

L’elemento fosforico e l’elemento salino sono dunque contrapposti polarmente l’uno rispetto all’altro. Bisogna prestare molta maggior attenzione al modo in cui queste sostanze si trovano inserite nell’intero processo universale, piuttosto che ai diversi nomi particolari dati dalla chimica moderna alle diverse sostanze. Infatti avremo occasione di mostrare come si possa usare il rimedio « fosforo » anche sotto forma di sostanze diverse che però agiscono in modo simile.

 

Abbiamo così definito nella natura esterna due stati contrapposti l’uno all’altro; ciò che agisce in modo salino e ciò che agisce in modo fosforico. In una condizione intermedia si trova ciò che agisce in modo mercuriale. Come nell’organismo umano tripartito la circolazione sta in posizione intermedia fra il ricambio e l’attività neuro-sensoriale, così nella natura esterna sta in posizione intermedia tutto ciò che tiene l’equilibrio fra l’attività salina e quella fosforica, tendendo ad assumere forma di goccia. Non vuole, come l’elemento salino, donarsi in larga misura, e neppure interiorizzare in sé fortemente gli imponderabili. In fondo l’elemento mercuriale tende sempre alla forma di goccia, per effetto dell’insieme delle sue forze interne. Questa è l’essenza dell’elemento mercuriale, e non il fatto di chiamare mercuriale la sostanza oggi conosciuta come mercurio; interessa invece l’insieme delle forze che mantiene l’equilibrio fra la tendenza del sale a dissolversi e quella del fosforo a mantenersi compatto, a concentrare gli imponderabili. Quel che importa è dunque di studiare le forze contenute nel modo più evidente in tutto ciò che è di natura mercuriale. Si troverà l’elemento mercuriale strettamente connesso con tutto ciò che è destinato a stabilire l’equilibrio fra le attività per le quali è adatto l’elemento fosforico e le attività per cui è adatto l’elemento salino. Quando tratteremo della sifilide e di malattie affini vedremo che le azioni esercitate dai farmaci nell’organismo non contraddicono quanto ho detto ora.

 

Esponendo le caratteristiche dell’elemento fosforico, di quello mercuriale e di quello salino ho descritto i tipi più rappresentativi del regno minerale. Certo, per trattare di ciò che è salino bisogna parlare del processo organico che sta alla base della formazione del guscio dell’ostrica. È un processo presente anche, in un certo senso, quando l’imponderabile viene concentrato nel fosforo; siccome però in tal caso tutto viene interiorizzato, è meno facilmente dimostrabile all’esterno. Vogliamo ora passare dalla considerazione di fenomeni tipicamente configurati nel mondo esterno a quella del regno vegetale, cioè di qualcosa che l’uomo ha eliminato da sé in un’altra epoca della sua evoluzione.

 

Come abbiamo già detto ieri da un differente punto di vista, il mondo vegetale rappresenta in certo senso il contrapposto alla attività che si svolge nell’organismo umano. Nella pianta stessa possiamo poi distinguere chiaramente fra tre componenti. È una distinzione che s’impone soprattutto quando da un lato si osserva la radice che si sviluppa verso la terra, e dall’altro si osservano i semi, i frutti, i fiori, tutto quello cioè che si dirige verso l’alto. Già nella direzione esteriore si può scorgere la polarità esistente fra la qualità della pianta e la qualità dell’uomo (non però dell’animale, in questo caso). Qui si presenta qualcosa di molto importante e significativo. La pianta si immerge nella terra con la radice, mentre col fiore (cioè con gli organi della riproduzione) tende verso l’alto. Riguardo alla sua posizione nel mondo, l’uomo è esattamente l’opposto: prende per così dire radice nella direzione verso l’alto, con la testa, e tende verso il basso con gli organi della riproduzione, in senso opposto alla pianta. Non è quindi affatto insensato il raffigurarsi nell’uomo una pianta con le radici in alto e i fiori in basso, verso gli organi della riproduzione. L’elemento vegetale è inserito nell’uomo proprio in questo modo. Un importante segno distintivo fra l’uomo e l’animale è che di regola la pianta inserita nell’animale è disposta orizzontalmente, quindi ad angolo retto rispetto alla direzione della pianta. Dell’uomo vorrei invece dire che egli ha compiuto, nei confronti della pianta, ima completa inversione, cioè una rotazione di 180 gradi. Questa è ima delle constatazioni più istruttive che si possano fare circa il rapporto dell’uomo col mondo esterno. Se i nostri studenti di medicina prestassero maggiore attenzione a questi fatti del mondo ambiente, del macrocosmo, anche sulle forze che agiscono perfino nelle cellule, apprenderebbero più di quanto non si possa dall’indagine microscopica. Dall’uso del microscopio si ricava veramente molto poco: le forze più importanti che agiscono anche nelle cellule (e in modi diversi a seconda che si tratti di un organismo vegetale, o animale, o dell’uomo) possono venir colte a livello macrocosmico. La cellula umana si può studiare molto meglio, osservando la cooperazione fra quel che si dirige verticalmente verso l’alto ò verso il basso e quel che invece è disposto in senso orizzontale, quasi in una posizione di equilibrio. Le forze che si possono osservare nel macrocosmo, sul piano macroscopico, agiscono fin dentro le cellule. In sostanza nelle cellule non opera che l’impronta di questa azione macrocosmica.

 

Prendiamo ora in esame il mondo vegetale facente parte della Terra. Non dobbiamo però contemplarlo come si fa di solito, osservando una pianta dopo l’altra, facendo sottili distinzioni ed escogitando nomi composti da due o tre parole, per poter alla fine costringere ogni pianta in uno schema. Teniamo conto invece che tutta la Terra è un unico essere e che l’intero mondo vegetale appartiene all’organismo della Terra, come i capelli appartengono al nostro; con la differenza che i capelli sono tutti uguali fra loro, almeno fino a un certo punto, mentre le piante sono diverse le une dalle altre. Non possiamo considerare la singola pianta come qualcosa di finito in sé, come il singolo capello non può essere considerato un organismo a sé stante. Che le piante siano diverse fra loro dipende solo dalla Terra che nella sua azione reciproca col restante universo sviluppa forze nelle più diverse direzioni, per cui le piante risultano organizzate in modi diversi.

 

Tuttavia un fattore unitario nell’organizzazione terrestre sta alla base di ogni vita vegetale; è perciò particolarmente importante prestare attenzione a certi fatti. Prendiamo per esempio i funghi: è noto che per i funghi la terra stessa è una specie di matrice, di terreno di coltura. Quanto alle piante erbacee più evolute, per esse la terra rappresenta ancora una specie di terreno di coltura, ma hanno già una certa influenza anche fattori extra-terrestri, come la luce, ad esempio nella formazione dei fiori e delle foglie. Se poi osserviamo gli alberi, scopriamo qualcosa di particolarmente interessante: nella formazione del tronca, che fa dell’albero una pianta perenne, c’è come un prolungamento di quel che la Terra intera è per le piante che crescono dalla terra direttamente, senza un tronco. Raffiguriamoci la cosa nel modo seguente: c’è la terra e c’è la pianta che da essa spunta. Noi possiamo poi ricercare nella terra stessa le forze che stanno alla base della crescita delle piante e che entrano in reciproca azione con le forze affluenti dal cosmo. Vi prego ora di non scandalizzarvi troppo per quello che sto per dire, perché le cose stanno proprio così! Quando cresce un albero, la terra in certo modo si ripiega su quel che prima era fluito direttamente dalla terra nella pianta e che ora irrompe nel tronco: tutti i tronchi sono in fondo protuberanze della terra. Che non si vedano le cose in questo modo dipende solo dall’odierna concezione materialistica, veramente orribile, secondo cui la Terra è composta solo da sostanze minerali: non ci si rende conto che la « terra minerale » è un’idea impossibile. Oltre al fatto di separare le sostanze minerali, la Terra ha in sé anche le forze che irrompono nei vegetali; queste si ripiegano sul germoglio vegetale e producono il tronco degli alberi. Quello che poi si sviluppa sul tronco può venir paragonato, riguardo al tronco stesso, con le piante erbacee inferiori che crescono direttamente sul terreno. Vorrei dire: la Terra stessa è il tronco delle piante inferiori e di quelle erbacee, mentre si costruiscono un tronco a parte le piante che da esso sviluppano poi i loro fiori e gli organi della riproduzione. C’è quindi una certa differenza tra il cogliere un fiore da un albero e il coglierlo da una pianta erbacea.

 

Osserviamo ora da questo punto di vista la formazione dei parassiti delle piante, e in particolare quella del vischio. Qui si svolge quasi come una secrezione esterna, come un processo autonomo, processo che di solito è ancora connesso organicamente con la pianta, e cioè che gli organi portatori dei fiori e dei semi stiano attaccati al tronco. Nella formazione del vischio si ha dunque come un potenziamento del processo che avviene nella formazione dei fiori e dei semi, potenziamento connesso con un distacco dalle forze terrestri. Proprio nella formazione del vischio per così dire si emancipa quel che nella pianta non è terrestre. Vediamo dunque separarsi gradualmente dalla Terra ciò che dalla Terra sale e si pone in reciproca azione con le forze extra-terrestri nella formazione dei fiori e dei semi: nel vischio giunge poi a un’emancipazione che si individualizza molto fortemente.

 

Oltre che di questo, tenendo conto anche delle forme riscontrabili nelle piante, si riconoscerà che nel mondo delle piante deve esistere una differenza considerevole, a seconda che una certa pianta tenda più verso l’elaborazione della radice, esprimendo cioè soprattutto nella formazione della radice le condizioni del suo accrescimento, mentre i suoi fiori rimangono piccoli o rudimentali. Piante di tal genere tendono maggiormente verso l’elemento terrestre. Invece si emancipano dall’elemento terrestre quelle piante che si sviluppano prevalentemente formando i semi e i fiori, e soprattutto quelle che nel regno vegetale si fanno strada come parassiti. Senonché le piante tendono a mettere in particolare evidenza l’uno o l’altro dei loro organi: si pensi per esempio all’ananas che sembra voler mettere in risalto il tuo tronco, o a qualche altra pianta. Si può dunque dire che ogni tipo di pianta aspira a fare di uno dei suoi organi essenziali (la radice, il fusto, le foglie, i fiori, i frutti) il suo organo principale, rappresentativo. Prendiamo ad esempio l’equiseto: la sua tendenza è quella di esplicarsi tutto nella formazione del fusto. Altre piante hanno invece la tendenza ad esplicarsi nelle foglie, altre ancora quella di lasciare in uno stadio rudimentale fusto e. foglie per estrinsecarsi veramente nella formazione dei fiori.

 

Esiste ora un certo parallelismo fra le diverse tendenze di sviluppo morfologico delle piante e le tre modalità d’azione dell’elemento minerale nella natura extra-umana. L’attività propria delle piante che tendono a emanciparsi dalla terra, culminante poi nell’attività interna dei parassiti, è qualcosa che tende alla interiorizzazione degli imponderabili. Gli imponderabili che dal cosmo fluiscono verso la Terra vengono trattenuti in questi organi, quando essi siano particolarmente sviluppati, come nella sostanza del fosforo. Possiamo dunque dire; sono in certo modo «fosforici» i fiori, i semi e tutto quel che tende alla formazione del vischio. Studiando invece il processo di formazione e sviluppo della radice, che la pianta svolge considerando la terra come sua matrice, lo riscontriamo intimamente affine alla formazione del sale. Ecco dunque queste due polarità venirci incontro anche nel mondo vegetale! Nell’attività mediatrice della pianta, sempre evidente tra i fiori e i frutti che tendono verso l’alto, e la radice che tende verso il basso, è poi contenuto il processo mercuriale, quello che ristabilisce l’equilibrio. Tenendo quindi presente la posizione della pianta, capovolta rispetto all’uomo, si può riconoscere che tutto ciò che nella pianta è intimamente predisposto alla formazione del fiore e del frutto, deve avere una particolare affinità con gli organi della parte inferiore dell’uomo, e anche con quelli orientati da parte dell’addome inferiore. Perciò anche l’elemento fosforico deve avere una particolare affinità con gli organi della parte inferiore dell’uomo. Nei prossimi giorni vedremo che le cose stanno veramente così. Invece tutto quel che nelle piante tende verso la radice avrà una particolare affinità con la parte superiore dell’uomo. Naturalmente non bisogna mai dimenticare che non si può dividere l’uomo in tre parti secondo uno schema esteriore, ma che ad esempio il sistema digestivo, appartenente alla parte inferiore, tende a proseguire la propria attività anche in direzione del capo. È proprio quasi una sciocchezza il ritenere che la sostanza grigia cerebrale rappresenti il substrato della nostra attività pensante: le cose non stanno così. La sostanza grigia serve soprattutto a nutrire il cervello, è come una colonia degli organi digestivi deputata alla nutrizione del cervello; invece proprio la sostanza bianca è molto importante per l’attività del pensiero. Quindi anche nella conformazione anatomica della sostanza cerebrale grigia si troverà assai più l’espressione di un’attività totale che non quella che le viene attribuita di solito. Vedete dunque che quando si parla di « digestione » non ri si può riferire soltanto all’addome. Anche quando si prende in considerazione l’affinità dell’elemento della radice, non la si limiterà all’uomo superiore, bensì la si estenderà all’uomo intero. Prendiamo ora quella parte della pianta che crea l’equilibrio tra i fiori e i frutti da un lato e la radice dall’altro, che nelle piante erbacee si manifesta quindi nelle foglie e in organi simili. Essa sarà particolarmente importante, anche sotto forma di estratto, per i disturbi della Circolazione e in genere per i disturbi dell’equilibrio ritmico fra l’uomo superiore e quello inferiore. Abbiamo prima menzionato i minerali che interiorizzano gli imponderabili e altri minerali che li tengono lontani da sé, e poi ciò che sta in mezzo fra i due gruppi: possiamo vedere in essi un parallelo con l’intera configurazione della pianta. Abbiamo così trovato un primo mezzo razionale per stabilire un rapporto reciproco tra la pianta e l’organismo umano, a seconda che la pianta stessa tenda a sviluppare di più questo o quell’organo. Vedremo poi come tale rapporto si possa ulteriormente specializzare.

 

Finora abbiamo potuto mostrare che esistono rapporti reciproci fra le piante, i minerali e l’uomo. In tempi recenti si è avuto l’inizio molto promettente dello studio dell’affinità e dei nessi fra l’uomo e il regno animale. A prescindere dal modo alquanto singolare con cui si è proceduto all’inizio della sieroterapia, vanno fatte anche certe osservazioni di principio proprio contro la usuale sieroterapia. All’inizio della sieroterapia Behring procedette effettivamente in modo singolare. A seguire i discorsi tenuti in proposito, e le pubblicazioni di tipo piuttosto divulgativo che si limitavano a dire a che cosa doveva servire il siero, si aveva l’impressione che si trattasse veramente di una riforma di tutta la medicina. Esaminando però i risultati dei lavori sperimentali, se ne ricavavano stranezze, come forse è noto a qualcuno di voi. II trattamento sperimentale eseguito sulle cavie, per poi applicarlo all’uomo, si era dimostrato svantaggioso in un numero « stranamente alto » di cavie.

 

Di tutte le cavie trattate con il siero, in una sola si era registrato un vero successo: una sola cavia, colta in un processo di guarigione così camuffato, proprio nel momento in cui si cominciava a battere la grancassa per la sieroterapia! Vorrei solamente menzionare il dato di fatto che credo sia noto ad alcuni di voi. Questa straordinaria trascuratezza in un contesto scientifico merita davvero di venir osservata con attenzione nella storia della scienza.

 

Oggi abbiamo esposto in linea di principio, e domani o nei prossimi giorni esamineremo più a fondo, i rapporti fra l’uomo e il mondo extra-umano; si è detto che fra i processi della natura extra-umana non sono direttamente efficaci sull’uomo quelli che si trovano alla superficie, bensì quelli che devono essere ricercati più in profondità.

 

L’uomo è in certo qual modo affine a ciò che nel corso dei tempi ha eliminato da sé; è affine al processo fosforico, a quello salino, al processo della fioritura, della fruttificazione, a quelli di formazione della radice o delle foglie. Con tutti questi processi egli ha però un rapporto realmente di inversione: possiede la tendenza ad annullare, o ad invertire la direzione dei processi che si esplicano nella natura extra-umana.

 

Lo stesso non vale nei riguardi degli animali: l’animale infatti ha già compiuto per metà questo processo. L’uomo non è contrapposto all’animale allo stesso modo che alla pianta: nei confronti degli animali, l’uomo si trova per così dire ad angolo retto, mentre nei confronti delle piante si trova in un angolo di 180 gradi. Questo è un fatto del quale va tenuto conto al massimo grado, quando sorge il problema dell’uso dei rimedi di origine animale, come i sieri o altri simili.