L’idea e il concetto di organo – l’organismo soprasensibile.

O.O. 128 – Una fisiologia occulta – 25.03.1911


 

Sommario: L’idea e il concetto di organo; l’organismo soprasensibile. Osservazione del corpo eterico e delle azioni del corpo astrale e dell’io. Il sistema di forze del corpo fisico. Il concetto di organo globale. La percezione di sé. Esperienza dell’io e modificazioni del sangue. La figura e le facoltà dell’uomo. Le forze che formano la cute. La resistenza alle forze presenti negli alimenti. Forze di movimento. Contrasto tra sistema nervoso cerebro-spinale e sistema nervoso simpatico. Epifisi e ipofisi.

 

Prima di proseguire nelle nostre considerazioni, sarà oggi mio compito sviluppare alcuni concetti che ci saranno necessari in seguito. È importantissimo intendersi sul significato di ciò che, nel senso della scienza dello spirito antroposofica, chiamiamo un organo fisico, o meglio l’espressione fìsica di un organo. Si è già veduto ad esempio che quello che possiamo dire per la milza vale anche nel caso che la milza fisica venga asportata, o perda le proprie funzioni, dato che anche in questo caso non viene eliminata quella che chiamiamo “milza” in senso antroposofico. Dobbiamo dunque affermare che quando un organo fisico viene eliminato o asportato, persiste tuttavia l’attività, la mobilità interiore che da quell’organo era svolta. Prego ora di voler applicare attentamente questo concetto a quanto dirò in seguito: possiamo immaginare che venga eliminato tutto quanto è fisicamente percepibile di un organo (ma ciò non vale per qualsiasi organo), senza che ne rimanga annullata la funzione, l’attività. In tal caso, quel che rimane, quel che continua la funzione, si dovrà attribuire alla parte soprasensibile dell’organismo umano.

 

Quando si parla in senso scientifico-spirituale di organi come la milza, il fegato, la cistifellea, i reni, i polmoni, quando si enunciano tali nomi non si intende affatto come cosa essenziale ciò che si può vedere materialmente, bensì i sistemi di forze di natura soprasensibile che agiscono all’interno di questi stessi organi. Trattando di un organo in senso scientifico-spirituale, soprattutto per quanto riguarda la milza, occorre perciò concepire anzitutto un sistema di forze non visibili esteriormente, fisicamente. Pensiamo cioè a un sistema di forze, come ora lo disegno, percepibile solo a una veggenza soprasensibile.

 

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Un tale sistema di forze soprasensibile sarebbe per esempio visibile nella regione della milza. Tenendo ora presente che nell’organismo umano reale quel sistema di forze appare riempito di materia fisica, dobbiamo chiederci: come va concepito il rapporto tra questo sistema soprasensibile di forze e la materia fisica che ne costituisce l’organo?

 

Non credo che sia difficile pensare che possano essere presenti nello spazio forze non percepibili dai sensi. Basterebbe pensare a qualcuno che non avesse mai sentito dire che in una bottiglia vuota è presente dell’aria: rimarrebbe piuttosto meravigliato, se vedesse che versando rapidamente acqua in una bottiglia vuota, mediante un imbuto a collo stretto e a tenuta stagna, l’acqua rimane nell’imbuto, senza discendere nella bottiglia sottostante, perché in questa è presente dell’aria. Quel tale si accorgerebbe allora che nella bottiglia è presente qualcosa di invisibile per lui, che impedisce all’acqua di scendere. Immaginando questo concetto alquanto ampliato, non sarà difficile pensare che lo spazio possa essere riempito di sistemi di forze, di natura appunto soprasensibile, non solo nel senso che non si possano tagliare con il coltello, ma anche che non vengano intaccate neppure se si ammala l’organo fisico, che ne è l’espressione materiale (per esempio la milza). Dobbiamo dunque pensare che un sistema soprasensibile di forze sia, con l’organo fisico visibile, in un rapporto tale per cui la materia fìsica che lo costituisce venga attratta da linee e punti di forza soprasensibili, si inserisca e divenga così un organo fisico. Possiamo cioè dire: la ragione per cui, ad esempio, al posto della milza sia visibile un organo fisico-sensibile è che ivi, in modo preciso, un sistema di forze riempie lo spazio attirando la materia che in tal modo vi si deposita; così vediamo l’organo “milza” e lo studiamo in anatomia.

 

In questo modo possiamo pensare i più diversi organi umani; essi vengono prima predisposti nel soprasensibile, e in seguito riempiti di materia fisica con l’influsso dei più diversi sistemi di forze soprasensibili. Nei sistemi di forze che aggregano la materia fisica dobbiamo quindi vedere un organismo soprasensibile differenziato che aggrega la materia fisica nei modi più vari, la cui complessità può seguire solo in parte l’organo fisico che gli si è aggregato. In questo modo non solo ci siamo fatti un’idea del rapporto fra i sistemi soprasensibili di forze e la materia fisica aggregatasi negli organi, ma abbiamo anche un’idea della nutrizione dell’organismo complessivo. In che cosa consiste? La nutrizione dell’organismo complessivo consiste infatti proprio nell’elaborare le sostanze alimentari introdotte, in modo da poterle far affluire ai diversi organi affinché questi ultimi le assimilino. Si vedrà nelle conferenze seguenti come il concetto generale di nutrizione, che si presenta come una forza d’attrazione dei diversi sistemi organici per le sostanze alimentari, sia in rapporto con la formazione del singolo individuo umano, cioè con lo sviluppo embrionale del singolo individuo. Il concetto più ampio di nutrizione deve quindi prevedere che le singole sostanze alimentari vengano assorbite da sistemi di forze soprasensibili, da un organismo soprasensibile, per poi venire incorporate nel modo più vario nell’organismo fisico.

 

Dobbiamo ora farci un’idea chiara del corpo eterico umano, il primo elemento soprasensibile dell’organizzazione umana, il più vicino al corpo fisico; come tale è, per così dire, il più grossolano fra i componenti soprasensibili ed è a fondamento dell’organismo complessivo come un archetipo soprasensibile; è altamente differenziato in sé e racchiude molteplici sistemi di forze, per poter incorporare le sostanze introdotte con l’alimentazione. Dopo il corpo eterico, che possiamo dunque considerare come l’archetipo dell’organizzazione umana, abbiamo un elemento costitutivo più elevato, il cosiddetto corpo astrale. Vedremo nelle prossime conferenze come questi due si configurino tra loro. Il corpo astrale può inserirsi solo dopo che è stata predisposta la formazione del corpo fisico e anche quella del corpo eterico; presuppone la formazione di questi altri due organismi. Vi è poi l’io umano, e così l’entità umana complessiva si compone di queste quattro parti costitutive. Possiamo pensare che già nel corpo eterico stesso siano presenti sistemi di forze capaci di attirare le sostanze alimentari e di configurarle in un determinato modo nell’organismo fisico. Possiamo però anche pensare che un tale sistema di forze non sia determinato solo dal corpo eterico, ma anche da quello astrale che vi immette le proprie forze. Se dunque per il momento prescindiamo dall’organo fisico, si avrebbe anzitutto il sistema di forze eteriche, poi il sistema di forze astrali che compenetra quello eterico in maniera ben determinata. Si potrebbe anche pensare che in tutto questo penetrino radiazioni provenienti dall’io.

 

Può darsi il caso di organi che siano così inseriti nell’organismo complessivo che la loro caratteristica peculiare consista nel fatto che le rispettive correnti eteriche hanno agito in modo ancora molto indeterminato. Osservando occultamente lo spazio occupato da organi del genere, si trova che la parte eterica dell’organo è assai poco differenziata, contiene pochi dei suoi sistemi di forze, mentre le scarse forze eteriche vengono influenzate da energiche forze astrali. Quando la materia fisica viene incorporata in un organo di questo tipo, il corpo eterico eserciterà una scarsa forza d’attrazione sulla sostanza da incorporare, mentre invece la forza d’attrazione principale verrà esercitata su quell’organo dal corpo astrale. Si potrebbe dire che in un caso del genere le sostanze necessarie vengono attirate nell’organo dal corpo astrale. Se ne deve dedurre che i singoli organi dell’uomo hanno valori molto differenti. Vi sono organi determinati principalmente dai sistemi di forze del corpo eterico, altri determinati piuttosto da correnti o forze del corpo astrale, e altri ancora che lo sono da correnti provenienti dall’io. In base a tutto quanto è stato detto nel corso di queste conferenze, si può già affermare che il sistema organico rappresentato dal sangue dipende essenzialmente da irradiazioni provenienti dal nostro io, che cioè il sangue umano è essenzialmente connesso con correnti e irradiazioni dell’io. Gli altri sistemi organici e i loro contenuti sono determinati nelle più diverse gradazioni dai componenti soprasensibili della natura umana.

 

Può però presentarsi anche il caso opposto, se consideriamo che il corpo fisico di per se stesso, prescindendo dalle parti costitutive superiori, costituisce anch’esso un sistema di forze. Esso rappresenta infatti anzitutto qualcosa che è composto dalle sostanze provenienti dal mondo esterno, dotate di proprie leggi intrinseche, che hanno introdotto in esso le proprie forze, sia pure trasformate. Dunque anche il corpo fisico è un sistema di forze, e si può pensare che anch’esso possa reagire con il proprio sistema di forze su quello eterico o verso l’alto, fino al corpo astrale o perfino al sistema dell’io. Non soltanto si può concepire che il sistema di forze eterico venga afferrato da quello astrale o da quello dell’io, ma sono anche possibili sistemi organici particolarmente soggetti alle forze fisiche, in cui i sistemi di forze fisiche saranno preponderanti. Gli organi in cui è preponderante l’azione delle leggi del corpo fisico, in cui è minore l’influsso dei componenti superiori dell’organizzazione umana, sono quelli che servono soprattutto a funzioni secretorie, vale a dire, nel senso più ampio, gli organi ghiandolari, gli organi secretori in genere. Tutti questi organi che secernono direttamente determinate sostanze nell’organismo umano sono stimolati a compiere la loro funzione, la cui importanza si esplica sostanzialmente entro il mondo fisico, soprattutto dalle forze dell’organismo fisico. Dovunque si trovino nell’organismo organi di questo genere, deputati di preferenza a secernere sostanze materiali e quindi a servire soprattutto il sistema delle forze fisiche, dobbiamo riconoscere che la malattia o il mancato utilizzo o l’asportazione di tali organi provoca irrimediabilmente danni gravi, perché impedisce all’organismo di svilupparsi e quindi di vivere. Abbiamo ricordato ieri che nel caso di un organo come la milza, la malattia o il mancato utilizzo o l’asportazione riducono la funzionalità del corpo fisico meno di quanto avvenga per altri organi; si è detto pure che la milza viene influenzata moltissimo dai componenti soprasensibili della natura umana, cioè dal corpo eterico e anche dal corpo astrale. E diverso per gli organi dove si constata la predominanza del sistema fisico di forze. Una malattia della tiroide, che in certi casi si ingrossa formando il cosiddetto gozzo, può agire in modo assai dannoso su tutto l’organismo. Perciò la tiroide non può essere resa del tutto inutilizzabile o essere asportata in toto: i suoi effetti si esplicano in processi fisici, e sono senz’altro essenziali per l’economia complessiva dell’organismo umano.

 

Possono poi esservi organi dipendenti in alto grado dai sistemi di forze soprasensibili dell’organizzazione umana, ma al tempo stesso inseriti nell’organismo fisico e stimolati dalle sue forze a secernere sostanze materiali. Esempi di organi del genere sono il fegato e i reni. Sono organi che, proprio come la milza, dipendono dai componenti soprasensibili dell’organizzazione umana, dai corpi eterico e astrale, ma che per così dire sono afferrati dalle forze dell’organismo fisico, sì che i loro effetti si esplichino giù fin entro le forze del corpo fisico. Nel loro caso è molto più necessario che essi si mantengano fisicamente in condizioni di buona salute, in confronto ad altri organi, per esempio la milza, nella quale la parte fisica ha un’importanza molto minore e in cui prevale ciò che proviene dalle parti soprasensibili dell’organizzazione umana. Della milza si può dire che è un organo molto spirituale, nel senso che la sua parte fisica ha un’importanza minore. Per tale ragione, in tutti i tempi la milza è stata considerata e descritta come un organo particolarmente spirituale nella letteratura occulta, espressione di cerchie in cui tali problemi erano ben conosciuti.

 

Abbiamo dunque acquisito il concetto dell’organismo complessivo, in cui il singolo organo può venire considerato come un sistema soprasensibile di forze, in cui la materia fisica si deposita, per così dire, ad opera dell’insieme del processo nutritizio. Dobbiamo ora acquisire anche un altro concetto che risponda alla domanda: che cosa significa per l’uomo l’assunzione di una certa sostanza, oppure l’assunzione di un elemento spirituale a seguito della nostra attività psichica, ad esempio nel processo di percezione? e che cosa significa l’escrezione, l’eliminazione di una certa sostanza?

 

Partiamo dal processo di secrezione nel senso più largo. È noto anzitutto che viene eliminata già una consistente frazione materiale delle sostanze introdotte a scopo alimentare. Sappiamo poi che mediante i polmoni l’organismo espelle l’anidride carbonica. Un altro organo emuntorio sono poi i reni, e un altro ancora è la cute. Il processo emuntorio della cute consiste anzitutto nella produzione del sudore, ma anche nell’eliminazione di altre sostanze attraverso la pelle. Ciò avviene, e vi prego di prestarvi attenzione, all’estrema periferia del corpo. Ora chiediamoci: che significa in genere il processo di escrezione per l’uomo?

Per chiarirlo, conviene procedere nel modo seguente. Si vedrà allora che non si progredisce nella comprensione dell’organismo umano, senza ricorrere ai concetti sviluppati oggi. Per giungere gradualmente alla natura essenziale di un processo di escrezione, vorrei valermi di un concetto che a tutta prima presenta solo una lontana somiglianza col processo escretorio, e nondimeno può guidarci nella direzione giusta: il concetto della percezione del proprio sé. In fondo, potrà dire di aver acquisito una maggiore consapevolezza del proprio sé chiunque si muova sbadatamente in un certo ambiente e vada a sbattere contro un oggetto duro. Quell’urto è un divenire consapevoli di se stessi, poiché il dato esterno è in realtà divenuto un evento interiore. Cosa significa infatti sbattere contro un oggetto estraneo? È la causa di un dolore che si sperimenta nella propria interiorità. Dunque un processo interiore è suscitato dall’essere venuti in contatto con un corpo estraneo che si è frapposto ai nostri movimenti. La percezione di quell’ostacolo mette in moto il processo interiore, che poi si manifesta come dolore dovuto all’urto. Non è difficile persuadersi che, per sperimentare il proprio sé, basta conoscere l’effetto doloroso dell’urto contro un oggetto esterno. Immaginiamo di urtare al buio contro un oggetto sconosciuto, e di urtare tanto forte da non poter neppure capire di cosa si tratti, ma di provare soltanto l’effetto doloroso. Si sente l’effetto dell’urto esterno, sperimentato in forma di un processo interiore. Non si sperimenta null’altro se non un processo interiore, questo è l’essenziale; se anche si dice di aver urtato contro qualcosa, è una conclusione più o meno inconscia, ricavata dall’esperienza interiore e riferita all’oggetto esterno.

 

L’esempio ci mostra che si acquista consapevolezza della propria interiorità dall’incontro con una certa resistenza. Dobbiamo proprio acquisire questo concetto: percepire il sé, sperimentare l’interiorità, arricchirsi di reali esperienze interiori, sono legati all’incontro con una resistenza. Ho sviluppato questo concetto in modo grossolano, per poter passare a un altro concetto: quello delle escrezioni dell’organismo umano.

Immaginiamo che l’organismo accolga in uno dei suoi sistemi organici, ad esempio nello stomaco, una certa sostanza, e che quel sistema sia tale da separarne una parte, togliendola dalla sostanza complessiva. Quest’ultima, per effetto dell’azione dell’organo, si scomporrà in una parte più sottile, per così dire filtrata, e in un’altra più grossolana che verrà eliminata. Si avvia cioè una differenziazione della sostanza introdotta, in una parte assimilabile e utilizzabile da altri organi, e in una parte che viene separata e quindi eliminata.

 

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Nel punto in cui le parti inutilizzabili delle sostanze vengono separate da quelle utilizzabili, abbiamo in forma modificata qualcosa di analogo all’urto contro un oggetto esterno di cui ho appena parlato. Venendo a contatto con un certo organo, la corrente di sostanze introdotta urta contro una resistenza: non può rimanere qual è, deve modificarsi. E come se l’organo le dicesse: non puoi rimanere come sei, devi trasformarti. Alla sostanza viene opposta una resistenza: essa deve venire utilizzata sotto un’altra forma e deve eliminare alcune sue parti. L’organo nel nostro interno si contrappone al passaggio delle sostanze, allo stesso modo in cui un oggetto esterno si contrappone al nostro passaggio. Resistenze del genere si ritrovano nei più diversi organi dell’organismo complessivo. L’organismo umano è un’entità in sé conchiusa, capace di sperimentare se stessa, proprio perché in esso avvengono delle separazioni, perché esistono organi escretori. Un’entità può infatti sperimentare se stessa soltanto quando incontra una resistenza. Nei processi di escrezione abbiamo dunque processi importanti per la vita umana, mediante i quali l’organismo vivente si chiude in se stesso. Se non esistessero tali processi l’uomo non sarebbe un essere racchiuso in se stesso.

 

Proviamo a immaginare che il flusso degli alimenti introdotti o il flusso dell’ossigeno attraversino l’organismo umano come in un tubo, senza trovare resistenza negli organi. La conseguenza sarebbe che l’organismo non si sperimenterebbe in se stesso, ma solo come partecipe dell’intero vasto mondo. Potremmo d’altra parte immaginare anche che nell’organismo umano questa resistenza si verificasse nel modo più grossolano, che la sostanza introdotta urtasse contro una parete solida, venendo respinta. Non si avrebbe allora nessuna conseguenza per l’esperienza interiore dell’organismo umano, perché la corrente nutritizia o la corrente di ossigeno attraverserebbe l’organismo entrando da una parte e uscendo dall’altra, come attraverso un tubo, oppure la corrente verrebbe riflessa in se stessa senza produrre l’esperienza interiore.

 

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Si può dedurre che le cose siano così ricordando, come ho già detto, che se nel nostro sistema nervoso una rappresentazione ritorna su se stessa, solleviamo il nostro sistema nervoso addirittura al di fuori dell’esperienza interiore dell’organismo. Non fa dunque alcuna differenza se l’organismo umano non viene toccato dalle correnti che penetrano in esso, sia che ciò avvenga nella forma di una riflessione totale, sia di un semplice attraversamento. Ciò che rende l’organismo umano sperimentabile in se stesso sono le escrezioni.

 

Osservando l’organo che abbiamo dovuto riconoscere come centrale dell’organismo umano, cioè il sangue, che da un lato viene di continuo vivificato dall’ossigeno introdotto, dall’altro rappresenta lo strumento dell’io umano, possiamo affermare: se il sangue percorresse senza modificazioni l’organismo umano, non potrebbe essere lo strumento dell’io, vale a dire ciò che, nel senso più alto, consente all’uomo di sperimentare interiormente se stesso. Solo perché il sangue è soggetto a modificazioni e ritorna al cuore in uno stato diverso (cioè in quanto avviene la separazione di una parte modificata del sangue), solo così è possibile che l’uomo non solo abbia un io, ma sia in grado di sperimentarlo grazie al proprio strumento fisico-sensibile, al sangue.

 

Ecco dunque che abbiamo acquisito il concetto di escrezione. Dovremo ora chiederci: come stanno le cose, riguardo all’escrezione che abbiamo menzionata come appartenente all’estrema periferia dell’organismo umano? Non sarà difficile immaginare come deve agire l’organismo umano nel suo complesso affinché possa avvenire questa escrezione alla periferia. A tal fine è necessario che alle correnti complessive dell’organismo venga contrapposto un organo collegato appunto a questo amplissimo processo escretorio. Si capisce senz’altro che tale organo è la cute, intesa nel suo complesso con tutti i suoi annessi; del resto è ciò che, già nell’aspetto più diretto dell’uomo, ci presenta l’essenziale della figura, della forma umana. Se dunque pensiamo che l’organismo umano può sperimentare se stesso alla sua periferia solo contrapponendo l’organo della cute al complesso delle proprie correnti, dobbiamo vedere nella particolare struttura della cute una delle espressioni delle più intime forze dell’organismo umano.

 

Chiediamoci ora come dobbiamo concepire l’organo della cute, con tutti i suoi annessi. Vedremo in seguito che cosa ne è parte, ma oggi lo caratterizzeremo nelle linee generali. Anzitutto dovremo riconoscere chiaramente che nell’ambito della nostra esperienza cosciente, di cui possiamo acquistare nozione mediante ogni forma di autosservazione, non è compresa la conformazione di ciò che si esprime nella nostra pelle. Anche se collaboriamo in qualche misura alla configurazione della nostra superficie corporea esterna, questa si sottrae completamente all’arbitrio diretto. Abbiamo si qualche influenza sulla mobilità della nostra pelle, nell’espressione del volto, nei gesti, e così via, un’influenza relativa ancora a quella che possiamo chiamare la nostra attività cosciente: però non abbiamo alcuna influenza sulla figura, sulla conformazione della nostra superficie corporea. Va naturalmente ammesso che fra nascita e morte esercitiamo una certa influenza, entro limiti ristretti, sulla forma esterna del nostro corpo. Se ne può persuadere chiunque abbia conosciuto una persona a un certo punto della vita e la incontri di nuovo, mettiamo dopo dieci o vent’anni, soprattutto se il suo conoscente in quegli anni ha fatto profonde esperienze interiori, e in particolare esperienze di conoscenza (magari non di quelle che sono oggetto della scienza esteriore, ma di quelle che “costano sangue”) in rapporto con tutto il nostro destino interiore. In quei casi vediamo bene come, sia pure in limiti ristretti, la fisionomia si sia modificata, come dunque entro quei limiti l’uomo possa influire sulla configurazione del proprio corpo. Tuttavia può farlo solo in esigua misura, e ognuno dovrà riconoscerlo; infatti l’essenziale della configurazione umana non è soggetto al nostro arbitrio, alle nostre esperienze coscienti. D’altra parte dobbiamo pure affermare che l’intera nostra figura è adattata all’entità umana; chi presti vera attenzione alle cose non penserà mai che tutto l’insieme delle facoltà umane potrebbe manifestarsi in un essere dotato di figura diversa da quella umana odierna. Tutte le facoltà umane sono connesse con la figura umana. Se immaginassimo ad esempio che l’osso frontale si trova in una posizione diversa da quella che esso ha nell’organismo, bisognerebbe ammettere che tale modificazione della sua posizione farebbe presumere nell’uomo forze e facoltà del tutto diverse. Su un argomento come questo si potrebbero compiere studi antropologici, dai quali risulterebbe che in persone con diversa configurazione del capo o del cranio sono presenti capacità diverse. Dobbiamo quindi concepire la figura umana come adattata all’interiore entità umana complessiva, e ammettere una piena corrispondenza tra la figura esteriore e l’entità interiore. Ciò che si trova nelle forze di questa corrispondenza nulla ha a che fare con l’attività umana cosciente. Poiché però la figura dell’uomo è collegata con la sua attività spirituale e anche con la sua vita psichica, si è obbligati a concludere che fra le forze che determinano la figura umana ve ne sono, per così dire, alcune provenienti da una parte diversa, da quella che l’uomo stesso sviluppa in sé. Le forze dell’intelligenza, del sentimento, dell’anima, l’uomo le può mettere in azione nel mondo fisico solo in quanto è dotato della sua particolare figura. Questa figura gli deve essere donata. Per poter manifestare le sue capacità, l’uomo deve vedersi fornita, se posso esprimermi così, una particolare figura da parte di forze di genere corrispondente: esse costruiscono, da una parte diversa, una figura che possa essere utilizzata in modo conforme allo scopo.

 

Per acquisire questo concetto basta pensare a una macchina destinata a compiere un’attività intelligente, indirizzata a un fine determinato, appunto una macchina dotata di una sua particolare attività. Perché venga realizzata, è però necessario che in precedenza vengano eseguite delle operazioni simili a quelle che la macchina compirà in seguito. Ciò ci permetterà di allestire e assemblare le parti della macchina che le daranno la sua forma definitiva. Quando abbiamo una macchina bell’e finita, essa è meccanicamente spiegabile se ne comprendiamo l’attività. Dobbiamo però chiederci: chi l’ha costruita? La sua composizione rinvia a un’attività spirituale che aveva in precedenza concepito quelle stesse finalità. Quell’attività spirituale non è più presente nella macchina, per spiegarla meccanicamente. Essa sta però dietro la macchina, l’ha prodotta.

 

Analogamente si può dire: per poter esplicare come uomini le nostre forze e capacità, ci sono dati anzitutto tutti i sistemi formativi presenti e operanti nella configurazione del nostro organismo. Dietro la struttura umana debbono esistere forze configuratrici che non possiamo riscontrare nella sua forma finita, così come nella macchina non troviamo il suo costruttore.

 

Questa idea dovrebbe al contempo chiarire anche qualcosa d’altro. Un pensatore materialista potrebbe dire: perché mai si dovrebbero ammettere forze intelligenti ed entità creatrici coscienti dietro a ciò che configura il mondo fisico? Il mondo fisico si può spiegare benissimo partendo dalle sue leggi: un orologio, una macchina, possono venire spiegate con le loro leggi. Qui ci troviamo a un punto in cui ovunque si fanno i peggiori errori, sia da parte di chi si fonda sopra una concezione spirituale del mondo, sia da parte dei materialisti. Sarebbe naturalmente eccessivo e del tutto ingiustificato se, ad esempio, dal punto di vista di una concezione scientifico-spirituale si volesse negare che l’organismo umano (considerato qui rispetto alla sua forma) possa venir spiegato in base alle proprie leggi in modo puramente meccanicistico. L’organismo umano è perfettamente spiegabile in base alle proprie leggi, non meno dell’orologio. Che però l’orologio possa essere spiegato in base alle sue leggi, non esclude che dietro l’orologio vi sia il suo costruttore, cioè l’orologiaio con la sua attività spirituale. Questa possibile obiezione materialistica cade dunque da sé. Però anche l’indagatore dello spirito deve ammettere che l’organismo umano, quale ci sta di fronte, può essere spiegato in base alle proprie leggi. Pensando in modo scientifico-spirituale, dobbiamo anzitutto ricercare dietro la figura umana complessiva le entità configuratrici, vale a dire ciò che sta a fondamento della forma complessiva dell’entità umana. Se vogliamo ora farci un’idea di come abbia origine la forma umana, dobbiamo tener presente che essa viene determinata, da un lato, dall’esplicarsi delle forze formatrici e dal loro applicarsi, edificando la forma umana entro i limiti della figura stessa. Abbiamo nella formazione della cute (nel senso più comprensivo) il significato del rinchiudersi entro uno spazio, del delimitarsi delle forze formatrici dell’uomo. Disegnando la cosa schematicamente, e accennando con la linea A-B la forma esteriore, possiamo immaginare che le forze formatrici agiscano verso la periferia e si delimitino lì nella forma esterna.

 

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Si vedrà poi che il concetto riuscirà utile per poter conoscere tutto quanto si svolge entro i limiti della cute. Dobbiamo però chiarire che non solo la cute umana ha quella specie di limite, ma che anche all’interno dell’organismo troviamo simili delimitazioni per le attività e le sostanze provenienti dall’esterno. Basterà ricordare gli argomenti che abbiamo già trattato, per renderci conto che anche nell’interno dell’uomo troviamo attività di delimitazione, alle quali noi partecipiamo altrettanto poco quanto alla configurazione della nostra superficie. Sono proprio le funzioni che si svolgono nel fegato, nel sistema biliare, nella milza e così via. In questi organi viene trattenuto ciò che fluisce nell’organismo con le forze insite negli alimenti: ad esse viene opposta una certa resistenza, in modo che le attività esterne proprie di tali sostanze vengono trasformate da quegli organi.

 

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Dobbiamo dunque pensare che l’attività delle forze configuratrici giunge fino alla cute, al di là della quale queste forze non esistono più; nel caso invece delle forze che raggiungono il nostro interno con gli alimenti o con l’aria inspirata, non esiste una delimitazione completa verso le correnti provenienti dall’esterno, ma avviene una trasformazione. Gli organi interni non si delimitano, come avviene nella cute, in modo da far cessare del tutto l’azione estranea, ma operano una modificazione delle forze proprie delle sostanze esterne. La corrente alimentare viene accolta da quegli organi (nella figura precedente, in a) e poi fatta proseguire modificata (in b) dopo che le si è opposta una resistenza. Abbiamo dunque una modificazione compiuta dagli organi che abbiamo definito come una specie di sistema cosmico interiore dell’uomo: essi modificano l’attività propria delle sostanze estranee. Sono forze che possono venir chiamate forze di movimento, in contrapposizione a quelle formative che configurano l’intero organismo. Le forze che trasformano l’attività propria degli alimenti diventano movimento nel nostro sistema cosmico interno; possiamo quindi parlare qui di forze di movimento operanti negli organi.

 

Giunti a questo punto delle nostre considerazioni sull’organismo umano, possiamo affermare che in esso operano dall’esterno certe forze la cui attività non percepiamo con la coscienza. Tutte le attività di quegli organi si svolgono al di sotto dell’orizzonte della nostra coscienza; nessuno può osservare nella sua coscienza normale l’attività del suo fegato, della sua cistifellea, della sua milza e così via. Ora sorge il problema: che cosa ci impedisce di apprendere qualcosa delle forze formative e delle forze di movimento che agiscono entro i nostri organi interni, dato che la nostra vita animica è inserita nel nostro organismo? Nel nostro interno si svolgono attività imponenti. Da cosa dipende che non ne sappiamo nulla?

 

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Ora, il nostro sistema nervoso cerebro-spinale è deputato a trasmettere fino al sangue le impressioni esterne, che riceviamo tramite i nostri sensi, vale a dire ad accogliere nello strumento dell’io (che è appunto il sangue) le impressioni dei processi esterni. Mentre quindi il sistema cerebro-spinale, nello stato di coscienza ordinario, è determinato a servire l’io, i componenti del sistema nervoso simpatico, i gangli e le fibre che per così dire si stendono davanti al “sistema cosmico” interno, hanno il compito di impedire il contatto del sangue, dello strumento dell’io, con i processi che si svolgono all’interno degli organi; di tenerli lontani dal sangue.

 

Vediamo così che il sistema nervoso simpatico ha un compito opposto a quello del sistema nervoso cerebro-spinale, e qui abbiamo la spiegazione della differenza nella struttura e nelle caratteristiche dei due sistemi. Mentre uno deve sforzarsi di trasmettere nel modo migliore le impressioni esterne fino al sangue, il sistema simpatico ha la funzione opposta, quella di tenere di continuo lontane dal sangue (strumento dell’io) le attività delle sostanze assunte. Nel processo digestivo avviene anzitutto l’assunzione degli alimenti, poi l’arginamento delle attività intrinseche delle sostanze alimentari e la loro trasformazione ad opera del sistema cosmico interno dell’uomo. Perché, quali noi siamo nel mondo, non si debba di continuo percepire quel che avviene nei nostri organi interni, l’intero flusso dei processi deve venire tenuto lontano dal sangue ad opera del sistema nervoso simpatico, proprio al contrario di come l’altro sistema nervoso, quello cerebro-spinale, porta a contatto del sangue tutto quanto viene accolto da fuori. Ecco dunque la funzione del sistema nervoso simpatico, che si inserisce al fine di trattenere in noi i nostri processi interni, di non consentire loro di sollevarsi fino allo strumento dell’io, fino al sangue, affinché non entrino nella coscienza dell’io.

 

Già ieri ho mostrato come la vita esteriore dell’uomo e quella interna, in quanto si esprimono nel corpo eterico, si contrappongano l’una all’altra; tale contrapposizione si esprime in tensioni che, come si è visto, raggiungono la loro massima intensità in quei due organi del cervello denominati epifisi e ipofisi.

 

Mettendo ora insieme le considerazioni di ieri e quelle odierne, risulterà che tutto quanto irrompe dall’esterno per mettersi nel più stretto contatto possibile con la circolazione sanguigna, tende a congiungersi col suo opposto, che viene dall’interno e che è trattenuto dal sistema nervoso simpatico. L’epifisi è la sede in cui tutto ciò che affluisce dall’esterno verso il sangue tramite il sistema nervoso cerebro-spinale si vuole unire a ciò che si accosta dall’altra parte: l’ipofisi invece è l’ultimo avamposto inteso ad impedire l’accesso nel sangue di quanto proviene dalla vita organica interna. Si contrappongono così nel cervello due organi importanti. Tutta l’esperienza interna rimane al di sotto della nostra coscienza; riuscirebbe infatti di estremo disturbo dover partecipare coscientemente a tutti i nostri processi nutritizi, e ciò viene impedito dal sistema nervoso simpatico. Solo quando non è in ordine il rapporto fra i due sistemi nervosi (rapporto che si esprime nella tensione esistente fra epifisi e ipofisi) si manifesta una specie di intrusione di una delle due parti nell’altra, un turbamento dell’una ad opera dell’altra. Ciò avviene ad esempio già quando un’attività irregolare degli organi digestivi ci giunge a coscienza sotto forma di sensazioni spiacevoli. Sia pure in modo indeterminato, abbiamo allora nella coscienza un’irradiazione della vita interna che però per questa via si è decisamente trasformata; non appare dunque nella coscienza così come si svolgeva in realtà. Oppure in speciali manifestazioni, quali l’ira, la collera, la paura, lo spavento o altre simili che hanno la loro origine nella coscienza, abbiamo un forte influsso dall’altra parte sull’organismo interno. In questo caso le passioni o certi particolari stati emotivi possono influenzare in modo dannoso la digestione, il sistema respiratorio e, attraverso questi, anche la circolazione sanguigna e tutto quanto si trova al di sotto della soglia della coscienza. Così dunque queste due parti della natura umana possono, dopo tutto, agire l’una sull’altra.

 

Dobbiamo quindi riconoscere che l’uomo si trova oggi nel mondo come una dualità: da un lato l’esperienza cosciente del mondo esterno, mediante il sistema nervoso cerebro-spinale che porta le impressioni esterne fino al sangue, allo strumento dell’io; dall’altro l’esperienza inconscia del mondo interno, che viene tenuta lontana dal sangue ad opera del sistema nervoso simpatico. Queste due parti stanno per così dire l’una di fronte all’altra su tutta la linea, trovano però la loro espressione particolare nella tensione fra i due organi che abbiamo menzionato: l’epifisi e l’ipofisi.

Da questo punto continueremo le nostre considerazioni.