L’azione della Trinità nel destino umano

Il figlio dell’uomo


 

Al termine della considerazione precedente si era già accennato al rapporto tra le parti più significative del Sermone della montagna, le Beatitudini e le petizioni del Padre nostro. Vi si esprimeva il parere che

• le Beatitudini si riferiscono al cammino dell’uomo verso il Figlio,

• mentre le preghiere del Padre nostro riguarderebbero il rapporto dell’uomo verso il Padre,

quale è possibile per la mediazione del Figlio.

 

Per comprendere quella parte del Sermone della montagna che culmina nel Padre nostro,

occorre dunque considerare il rapporto dell’entità umana con Dio Padre.

Questo comporta però grandi difficoltà, trattandosi di un ambito nel quale la comune coscienza umana

percepisce tanto poco, quanto nella coscienza del sonno profondo.

Si tratta infatti dell’ambito dell’esistenza, in cui viene intessuto il destino.

 

 L’uomo normalmente sperimenta solo l’effetto visibile del destino, non però i processi che predispongono questo effetto, i quali restano celati oltre la soglia della coscienza di veglia. Ed è bene che sia così, poiché in tal modo viene mantenuta la spregiudicatezza delle iniziative e delle speranze dell’uomo.

Dopo la morte però – o al grado corrispondente dell’iniziazione – l’uomo consegue la visione dei processi per i quali si attuano le disposizioni del destino. Egli sperimenta dapprima il processo per cui il quadro complessivo della sua vita trapassa nell’elemento morale.

Quelle che vivevano nel suo corpo eterico come immagini del ricordo, vengono ora illuminate da una luce che, non solo illustra i fatti della vita trascorsa, ma ne evidenzia chiaramente il valore morale. Nel corso di questo processo non avviene ancora una scelta, una separazione del bene dal male: gli elementi della biografia vengono semplicemente irradiati da una luce impersonale, che ne fa apparire il contenuto morale.

 

Questo illustrare il quadro della vita con la luce del pensiero morale, è opera della terza Gerarchia. L’’accogliere’ da parte di Angeli, Arcangeli ed Archai la trama del destino del defunto, consiste appunto nel fatto che il quadro complessivo della vita trapassa dalla luce del ricordo umano alla luce della valutazione morale.

 

• Il tessuto dei fatti della vita trascorsa, la trama del destino, del defunto viene accolta dalla terza Gerarchia,

passando dall’ambito del ricordo a quello dell’interiorizzazione morale.

 

• Il processo successivo è una grande ripetizione cosmica, straordinariamente significativa, di ciò che fu prefigurato in modo visibile sul Golgota. Sul Golgota fu offerta al Crocifisso la spugna imbevuta d’aceto, dopo che Egli aveva pronunciato le parole: “Ho sete”. Egli bevve quindi l’aceto.

Allo stesso modo la seconda Gerarchia accoglie in sé il destino umano offertole dal basso.

Le entità della seconda Gerarchia

‘bevono’ la miscela di bene e di male di cui si compone la vita umana.

La assumono con la stessa immediatezza con cui viene assunta una bevanda.

 

Il passare nelle Exusiai, Dynamis e Kyriotetes delle giuste conseguenze della vita terrena umana, consiste appunto nel fatto che la sostanza morale della vita terrena viene da queste entità accolta nella loro percezione dell’armonia stellare.

Tutto il veleno e l’amarezza della vita terrena, insieme con il bene, viene assunto dalle Gerarchie.

Se così non fosse, se cioè il cielo non bevesse continuamente ‘aceto’ dalla ‘spugna’ della Terra, l’esistenza terrestre avrebbe già subito un totale avvelenamento, così come subirebbe un avvelenamento l’organismo umano, se la ‘spugna’ del fegato e della vescicola biliare non bevesse di continuo i veleni.

 

Il terzo gradino del processo di formazione del karma nel mondo spirituale consiste

nel configurarsi della vita futura sulla base di quella trascorsa,

mediante l’azione delle entità della prima Gerarchia.

 

Il contenuto della vita trascorsa scompare nel buio della mezzanotte cosmica

– e da esso affiorano le forme risorgenti della vita futura.

La coppa viene ora versata dall’alto e il suo contenuto assunto dalla seconda Gerarchia.

 

• Nella seconda Gerarchia questo contenuto diventa un risonare

– il risonare delle trombe del destino, di cui parla l’Apocalisse di Giovanni.

• Dalle entità della terza Gerarchia il karma futuro viene iscritto nel ‘libro segreto del karma’

e sigillato con ‘sette sigilli’.

 

Il ‘custode del sigillo’ di questo libro è, per il destino terreno di ogni singolo uomo, il suo Angelo. Solo l’Angelo ha accesso al segreto del destino individuale, lo conosce, e in virtù di questa conoscenza può esplicare la sua attività di protezione verso l’essere umano affidatogli.

 

• Come il processo di ascesa dei frutti della vita umana nel mondo spirituale si trova descritto nei suoi tratti essenziali nella seconda conferenza del ciclo di Rudolf Steiner Nessi karmici,

• così i tratti essenziali della discesa del destino futuro si trovano descritti nell’Apocalisse di Giovanni. Le “coppe dell’ira divina”, i “suoni di tromba” e i “sigilli”, di cui parla l’Apocalisse, sono gradini della discesa del giudizio divino qual è maturato nel mondo spirituale.

Il processo rappresentato è però descritto nell’Apocalisse in una successione inversa: la conoscenza si produce infatti in direzione opposta a quella dell’accadimento e della rivelazione.

 

Le tre Gerarchie partecipano così alla formazione del karma umano. Questo processo è in sostanza una sentenza del mondo nei confronti dell’agire umano terreno. Al prodursi di questa sentenza cooperano tre principi cosmici: lo Spirito Santo, il Figlio ed il Padre, di cui le tre Gerarchie sono i rappresentanti.

 

• Lo Spirito mostra il bilancio spirituale-morale della vita terrena umana. Egli porge il quadro complessivo, convertito nell’elemento morale, della vita terrena da giudicare.

 

• Il Figlio lo accoglie quindi in sé ed eleva la propria preghiera di intercessione al Padre. Quello che sul Golgota risonò in un linguaggio umano dalla bocca del Cristo Gesù: “Padre, perdona loro, poiché non sanno quello che fanno” (Le 23:34), continua a risonare nel mondo spirituale, quando viene giudicata una vita umana.

È essenzialmente l’argomento, assurto a dimensione cosmica, dell’intercessione del Cristo presso il Padre, a riassumere in sé tutti gli aspetti delle ragioni morali attenuanti.

Questa intercessione è efficace: il male compiuto senza consapevolezza ha, nello svolgimento del destino, conseguenze diverse da quelle del male compiuto coscientemente. Il “non sapere quello che si fa”, viene sempre posto dal supremo tribunale del mondo sul piatto della bilancia, ove vengono pesate le attenuanti.

 

• Il quadro della vita umana, una volta illuminato dallo Spirito e compenetrato dalla forza di intercessione del Figlio, ascende all’oscura regione della mezzanotte cosmica. Qui viene giudicato dal Padre, nelle cui mani è posta la decisione.

 

Ancora una volta quest’evento è stato prefigurato in forma fisico-sensibile sul Golgota: le parole del Cristo Gesù morente, tramandate dal Vangelo di Luca, ridanno in linguaggio umano l’ultimo evento prima dell’ingresso nella tenebra della morte. Infatti il Cristo, pronunciando prima della morte le parole: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Le 23:46), rimise il destino dell’umanità, compenetrato dalla sua stessa entità, alla decisione del Padre, che è Signore della morte. La resurrezione che ne seguì, fu la sentenza del Padre riguardo all’umanità compenetrata dal Cristo.

 

In modo simile risorgono le anime umane dalla misteriosa tenebra della mezzanotte cosmica, rivestite del loro nuovo ‘corpo di destino’ [Schicksalsleib], intessuto negli sviluppi risorti e rettificati del destino della vita precedente. In tal modo si compie, nel mondo spirituale, il mistero della resurrezione per ogni destino umano fra morte e nuova nascita, come si era compiuto diciannove secoli fa nel mondo fisico.

 

Da questa visione complessiva dei processi formativi del karma futuro si può rilevare che Dio Padre parla all’uomo tramite disposizioni compiute del destino.

 

• Mentre lo Spirito parla tramite contenuti morali di conoscenza,

• e il Figlio tramite la vita morale stessa,

• il Padre parla solo tramite eventi, ossia fatti contenenti in sé una sentenza morale.

 

Il destino è dunque il solo ambito in cui l’uomo è in rapporto con il Padre.

Il karma è l’organo mediante il quale

l’uomo mantiene, sviluppa e approfondisce la propria relazione con il Padre.

 

Questo fatto offre lo spunto all’importante interrogativo: se il rapporto dell’uomo con il Padre durante la vita terrena è determinato dal karma maturato dal passato e ormai stabilito, esiste allora la possibilità che l’uomo possa mutare questo rapporto, per iniziativa della propria coscienza e volontà? È possibile, in altre parole, modificare il karma già maturo, ossia elaborato e determinato secondo giustizia? Esiste una possibilità di indurre Dio Padre a modificare la sua sentenza?

 

A questa domanda diede una risposta il Cristo Gesù stesso nel Sermone della montagna, ponendo il Padre nostro come archetipo e modello della penetrazione cosciente dell’uomo in quell’ambito, in cui dominano le disposizioni del Padre.

Le sette petizioni del Padre nostro sono parole formatrici di destino udibili dal Padre, e rappresentano quindi la via, lungo la quale l’uomo può conseguire un rapporto più intimo, cosciente e profondo con lo stesso Dio Padre. Come e in che senso le petizioni del Padre nostro possano diventare correnti formatrici di destino e in che cosa consista l’avvicinarsi dell’uomo a Dio Padre – l’affrontare questi interrogativi è il compito delle seguenti esposizioni sulle sette petizioni del Padre nostro.