La materia quale forma dello spirito – I / Il miracolo della roccia


 

1. L’atto di nascita della Scienza dello Spirito

Circa un decennio fa, Gustavo Hartmann riordinando nella biblioteca dell’Università di Tubinga il lascito di Federico Teodoro Vischer (1807-1887), ebbe la fortuna di trovare un saggio giovanile di Rudolf Steiner che si credeva perduto. Questo saggio, che porta il titolo di “Unica critica possibile della concezione atomista”, risale al giugno del 1882 e fu spedito da Rudolf Steiner, che allora studiava all’Università di Vienna e aveva appena 21 anni, al professor Vischer con una lettera accompagnatoria nella quale sono esposte le ragioni dello scritto. In essa si possono leggere difatti le seguenti significative parole: ▸«Una volta io ero completamente immerso nella concezione meccanico-materialistica della natura e avrei giurato sulla sua verità proprio come fanno molti altri del tempo presente; però io ho anche esperimentato per forza propria le contraddizioni che risultano dalla stessa. Perciò quanto espongo non è semplice dialettica, ma propria esperienza interiore. Per il fatto di sapere come pensavo una volta, posso conoscere questa concezione del mondo anche nella sua essenza più profonda e vedo le sue lacune forse meglio di altri che hanno seguito un diverso indirizzo culturale. I miei studi professionali sono appunto matematica e scienze fisiche».

 

Rudolf Steiner seguiva difatti i corsi del Politecnico perché i suoi genitori desideravano che diventasse ingegnere ferroviario. Nella lettera in questione è detto anche perché l’autore inviava lo scritto per un benevolo esame proprio al predetto professore di scienze morali e non ad altri. Le ragioni sono due e non vanno trascurate da chi voglia addentrarsi nello sviluppo spirituale di Rudolf Steiner e nella formazione dei primi germi della sua Scienza dello Spirito.

F. T. Vischer, profondamente versato nelle concezioni filosofiche e scientifiche del secolo scorso e dotato di pensiero ardito e perspicace, era giunto al convincimento che la realtà non è così chiara e semplice come gli uomini pigri e pavidi di pensiero s’immaginano, ma che essa è di per se stessa complessa e contraddittoria. Per esempio, nella sua opera più importante “Antico e Nuovo”, egli dice: ▸«L’anima come suprema unità di tutti i processi non può essere localizzata nel corpo, sebbene essa non si trovi altrove che nel corpo».

Siamo nell’assurdo, nella contraddizione più stridente. L’anima non può essere nel corpo, ma neanche fuori del corpo. Che senso hanno queste parole? Nessuno, perché esse si annientano a vicenda, eppure indicano una realtà, uno stato obiettivo di fatto, dinanzi al quale, appunto perché era un pensatore ardito, F. T. Vischer non si era ritirato. Probabilmente egli si sarà detto: ▸«La realtà è questa. Se a noi sembra assurda, vuol dire che il nostro concetto di spazio deve essere alquanto modificato».

 

Allo stesso modo, da anni Vischer propugnava la necessità di una correzione del concetto di tempo. E R. Steiner nella sua lettera dice: ▸«Da una correzione del concetto di tempo è da aspettarsi veramente la salvezza della scienza nei suoi più vari aspetti».

Questa è una delle ragioni per le quali R. Steiner inviò il suo primo scritto scientifico proprio al filosofo ed esteta Vischer. Questi nelle sue indagini era giunto ad una zona della realtà nella quale ogni forma dell’esistenza assume un aspetto paradossale e assurdo. La seconda ragione è che appunto per questo suo convincimento che la realtà non è un liscio e piatto ripetersi d’eventi, F. T. Vischer combatteva il darwinismo e il suo semplicismo nel rappresentarsi l’evoluzione progressiva delle specie naturali.

 

La lettera di risposta di Vischer è andata perduta, ma in una sua conferenza (Monaco, 18 maggio 1917) R. Steiner ci fa sapere che il filosofo gli rispose che nello scritto inviatogli egli vedeva l’inizio di una specie di investigazione spirituale.

Queste parole rivelano, ancora una volta, l’acume del fondatore dell’estetica moderna. Ma per comprenderne il valore dobbiamo porci questa domanda: Perché entro una certa zona della realtà ogni cosa assume un carattere e un aspetto contraddittorio?

Diciamo subito che moltissimi troveranno tale questione arbitraria e ingiustificata. Essi obietteranno subito che alla maggior parte degli scienziati e dei filosofi il mondo appare enigmatico, bensì, ma non assurdo. E citeranno in proposito Du Bois Raymond, le sue questioni insolubili e il suo famoso “ignorabimus”.

 

A pensatori della tempra di Vischer e di Steiner le questioni di Du Bois Raymond, e di tanti altri che ne seguirono le tracce, sono probabilmente apparse tutt’al più come un giuoco mentale di carattere infantile. I bambini difatti sono pieni di perché e chiedono anche per quale ragione la Luna sta nel cielo e gli uomini la guardano. Astrattamente ci possiamo fare ogni genere di domande e se poi non arriviamo a una risposta che ci soddisfi, nulla c’impedisce di dire che il mondo è un mistero insondabile. «Perché l’erba è verde? Per la fotosintesi clorofilliana. E perché l’azione della luce agisce proprio in tal modo?». Possiamo continuare all’infinito a porre problemi. Ma non è questa certamente la via che conduce a risultati concreti nell’indagine della realtà.

 

La Scienza dello Spirito, già nel suo primissimo divenire, non prende le mosse da una problematica astratta, ma da una pura e semplice constatazione di fatti. Non affonda le sue radici nella filosofia, ma nella scienza. Non vi siete mai chiesti perché Rudolf Steiner non prese le sue mosse da quei colossi della filosofia che sono Hegel, Fichte, Schelling? Comprendere le ragioni di tale fatto negativo significa cogliere l’essenza stessa dell’antroposofìa.

R. Steiner parte dalla scienza perché appunto l’indagine obiettiva svolta secondo il metodo delle scienze naturali conduce alla già menzionata zona della realtà in cui ogni cosa apparisce come un assurdo. Si può dire che proprio le scienze fisiche s’imbattono ad ogni piè sospinto in fenomeni assurdi.

Oggi si parla a ragione di una crisi permanente della fisica teorica che deriva dall’impossibilità di spiegare come la massa materiale in certe sue manifestazioni si comporti come pura azione energetica immateriale e come viceversa l’energia dinamica abbia talvolta tutti i caratteri propri della massa materiale.

 

Pensate a questo semplice fatto: l’energia elettrica passa attraverso un filo di rame, dunque è un’oscillazione, una vibrazione ondulatoria e non un flusso materiale, perché in fisica vale la legge dell’impenetrabilità dei corpi. Eppure un fulmine che investe un albero lo abbatte di schianto come se questo fosse stato colpito da un enorme macigno. La crisi della fisica vien fatta risalire a Crookes e alle sue esperienze elettriche nei tubi a gas rarefatti.

Crookes, come tutti i fisici del suo tempo, riteneva che la corrente elettrica fosse un’onda immateriale. Pensate dunque quale fu la sua meraviglia, quando s’accorse che la calamita faceva deviare il flusso elettrico come se questo fosse costituito da limatura di ferro. Crookes lasciò scritto che provò una tale scossa psichica che per molte notti di seguito non potè chiudere occhio.

 

Oggi si sa che la scarica elettrica nei gas rarefatti è in realtà una proiezione corpuscolare che deriva dal fatto che il flusso elettrico stacca dal catodo e trascina con sé delle minutissime particelle materiali. In tal modo la contraddizione si scioglie e il fenomeno si spiega: si tratta di un fiume che ha incontrato uno sbarramento di tronchi d’albero, lo ha schiantato e ora trasporta con sé i tronchi. Ma un momento! Il fiume è fatto d’acqua, cioè di materia la cui massa ha una poderosa forza d’urto, che può agire contro un’altra massa, mentre la corrente elettrica non ha massa, non è materia, non obbedisce alla legge dell’impenetrabilità dei corpi, è un quid imponderabile. Come dunque ciò che non è materia può urtare e disintegrare ciò che è invece materiale? Si passa da assurdo ad assurdo.

 

In tutta la sua evidenza questo contrasto della realtà appare nel fenomeno fotoelettrico: un raggio di luce (cioè un quid assolutamente immateriale) colpendo un elemento alcalino genera dallo stesso una proiezione elettrica corpuscolare. Dopo che negli ultimi tempi il fenomeno fotoelettrico fu riscontrato anche nei metalli non alcalini, un insigne fisico tedesco ebbe a dire:

“Per me tale fenomeno è altrettanto sorprendente quanto se vedessi uno scultore stagliare una statua nel marmo con uno scalpello e un martello puramente immaginari.”

 

Anche tenuto conto che con la teoria elettromagnetica della luce si tentano di spiegare fino ad un certo punto questi ed altri fenomeni fisici paradossali, resterà pur sempre insolubile la contraddizione ultima della fisica che assomma e inghiotte tutte le altre. Questa contraddizione ultima della fisica moderna fu espressa dal De Broglie con le ormai celebri parole: «La materia non è che un’onda». Per il profano l’espressione va tradotta nel modo seguente che rende con maggior evidenza l’assurdo: la materia non è costituita da materia.

Un astrofisico moderno, il Pasquali, insiste spesso nelle sue opere sul fatto che la meccanica celeste conduce a delle palesi assurdità. Una di queste è per esempio data dalla teoria che i corpi celesti, per mancanza di gravità e di attrito, si spostano nello spazio senza il minimo consumo d’energia. Fa maggior fatica un uomo a sollevare un foglio di carta che il Sole a correre con tutti i suoi satelliti verso la costellazione d’Ercole. Il che è un assurdo fisico, perché è inconcepibile che possa avvenire un mutamento nello stato di un corpo senza intervento d’energia.

 

Per passare a un altro campo, accennerò al fatto poco conosciuto che i botanici hanno escogitato complicatissime teorie per spiegare come una pianta possa immergere le sue radici nella terra, il che presuppone una forza rimasta finora misteriosa. In ultima analisi pare che la pianta realizzi il portento del barone di Münchhausen il quale come si sa, si sollevò in aria tirandosi per i capelli.

 

Ma basta con gli esempi che potrebbero essere moltiplicati all’infinito. Importa piuttosto rispondere alla domanda fatta prima, ora che abbiamo visto che essa nell’ambito delle scienze naturali è completamente giustificata.

 

Perché entro una certa zona della realtà ogni cosa assume un aspetto contraddittorio?

Perché quella zona rappresenta il margine confinale d’interdipendenza tra il mondo dei sensi e il mondo dello spirito, i quali sono governati da leggi differenti, anzi il più delle volte opposte.

Il confine tra la materia e lo spirito è dato da una linea in cui l’una e l’altra reciprocamente si addentellano.

Ne nasce un’apparente confusione, che si dimostra utile per il rafforzamento della conoscenza umana costretta a superarla.

 

Nelle “Linee direttrici di Scienza dello Spirito” R. Steiner dice che l’anima umana che si rende conto del come sia giunta al limite della conoscenza sensibile, s’avvede che in essa sono sorte le forze per superarlo.

Quando lo scienziato della materia s’accorge d’essere giunto al limite estremo delle sue investigazioni? Dove sorgono i limiti della conoscenza fisica?

Non certo al punto estremo dove giungono gli strumenti della percezione. I limiti della conoscenza sensibile non sono segnati dall’atomo e dalla Via Lattea, dal sistema elettronico e galattico, dal microscopio e telescopio. Sono dati da un fatto puramente interiore, da un’importante esperienza di pensiero.

 

Quando lo scienziato sente di dover dire: «Se faccio un solo passo innanzi nella mia investigazione, cado nell’assurdo», egli sa d’essere giunto al confine del mondo dei sensi. Eppure questo passo innanzi deve essere compiuto, ma nello stesso istante in cui lo si compie la scienza della materia diventa Scienza dello Spirito.

Il pensiero, quando va a dar di cozzo contro il muro delle contraddizioni, delle assurdità, dei non-sensi si può render conto che esso tasta (l’espressione è di R. Steiner) un concreto mondo dello spirito.

 

Il pensiero, in questo senso, è il primo organo di percezione spirituale, quello del tatto.

Nella “Filosofia della Libertà” siamo già dentro il mondo dello spirito, ma come esseri ciechi e sordi, come esseri che tastano le cose nel buio più assoluto. Ma perché il pensiero possa essere un organo di tatto spirituale, è necessario che esso proceda nel senso delle scienze naturali. Perciò “La Filosofia della Libertà” porta il sottotitolo: “Risultati d’investigazione animica secondo il metodo delle scienze naturali”.

In vero “La Filosofia della Libertà” non è un opera di speculazione filosofica, ma è piuttosto un trattato scientifico delle idee. In questo libro idee e concetti sono esaminati proprio nel modo con cui il fisico esamina le qualità dei corpi e il chimico gli elementi e le loro combinazioni.

Osservate per esempio la concretezza con la quale R. Steiner spiega il sorgere della rappresentazione nell’anima umana dall’unione della percezione con il concetto. Sembra un chimico il quale mostri sperimentalmente come dalla combinazione dell’idrogeno con l’ossigeno nasca l’acqua. Non si tratta naturalmente di un’identità di cose, ma di un’identità di metodo.

 

Ma torniamo a F. T. Vischer e alla sua enunciazione paradossale dell’anima: “L’anima come suprema unità di tutti i processi non può essere localizzata nel corpo, sebbene essa non si trovi altrove che nel corpo.”

Rendiamoci conto che questa proposizione rappresenta il confine tra il mondo dei sensi ed il mondo dello spirito. Ad essa il Vischer è giunto con la sua investigazione sensibile, ma per comprenderne la portata e il significato è necessaria l’investigazione supersensibile. Ne consegue un fatto importantissimo per la cultura umana del tempo nostro: la scienza naturale materialistica permette di erigere sulle sue basi una concezione del mondo di ordine spirituale. La Filosofia della Libertà vuol essere una concezione del mondo moderna, cioè fondata sulle scienze naturali, ma appunto perciò di natura spirituale. La materia è il miglior trampolino per spiccare il salto verso lo spirito.

 

La vita di ogni Grande Iniziato, fin dai primissimi anni, è segnata da miracoli. Per miracolo in realtà s’intende azione o impresa spirituale tradotta in immagini sensibili. Nella poesia di Goethe “I segreti” si parla d’un miracolo compiuto dal Maestro dei Dodici, quand’era ancora giovinetto.

“…sotto la sua spada una fonte sgorgò dall’aspra roccia e, con la forza d’un torrente, a valle giù dal monte fluì con mobile onda.”

 

Nel suo 21° anno d’età, R. Steiner compì davvero questo miracolo. Dal culmine più alto e più granitico del materialismo (la concezione atomistica dell’universo) fece sgorgare con la spada del suo pensiero il rivo ben presto ingrossatosi e divenuto fiume della conoscenza spirituale umana. L’antroposofia nacque dunque per miracolo nell’ormai lontano 1882. Testimone del prodigio fu un vegliardo già vicino alla morte: F. T. Vischer, che scrisse le profetiche parole: «Questo è il principio dell’investigazione spirituale».

 

2. L’essenza della Scienza dello Spirito

Non possiamo comprendere nella sua vera natura la Scienza dello Spirito se non teniamo presenti costantemente le sue origini “miracolose”: lo spruzzo dalla roccia del materialismo. Edoardo Schurè adopera un’immagine equivalente e dice che R. Steiner fece sgorgare lo spirito dalla lorica scagliosa del Drago. Questo fatto differenzia l’antroposofia da ogni precedente o contemporanea concezione spirituale del mondo. Al principio delle altre correnti spirituali umane (compresa la moderna Teosofia) sta una rivelazione dei mondi spirituali. Invece l’antroposofia è spirito che piove dai cieli, ma nasce dalla materia. Non è rivelazione divina, ma scienza umana. Ciò nella storia dell’evoluzione dell’umanità è stato reso possibile da quel fatto unico che è il Mistero del Golgota: Dio si è fatto uomo e si è unito con la Terra. Chi indaga giustamente la materia, vi trova lo spirito.

 

Il materialismo scorre in due correnti principali che possiamo distinguere con i nomi di Newton e di Darwin.

Le teorie di Newton, sviluppate fino in fondo, hanno portato all’atomismo, cioè alla negazione dell’oggettività di tutto ciò che l’anima riceve come impressione sensoria: luce, colore, suono, ecc. Il newtonismo spoglia il mondo di ogni suo contenuto e uccide l’anima. Esso significa per l’uomo l’impossibilità di condurre una vita interiore.

Il darwinismo (che a torto si crede superato) spoglia invece l’anima di ogni contenuto suo proprio (Bene, Verità, Bellezza) e uccide il mondo.

 

L’anima non può vivere senza un mondo oggettivo (negato dal newtonismo) che la sostiene,

e il mondo non può sussistere senza un’anima oggettiva (negata dal darwinismo) che di continuo lo ricrea.

 

Il darwinismo sfocia naturalmente nel comunismo.

Esso significa per l’uomo l’impossibilità di condurre una vita interiore.

Vediamo tutto ciò in atto.

L’Occidente ha già effettuato il totale annientamento (tabula rasa) della vita interiore

e l’Oriente impedisce ogni possibilità di vita esteriore.

 

Al principio del nono decennio del secolo scorso, quando le teorie atomistiche andavano appena prendendo forma, R. Steiner presagì le funeste conseguenze che il materialismo speculativo e teorico avrebbe avuto per la cultura umana e iniziò la sua lotta per elevare un argine non contro i fatti materiali, ma contro le assurde idee materialistiche.

La Filosofia della Libertà, in cui sfocia il pensiero steineriano di quegli anni, va intesa e compresa in questo senso.

 

Il materialismo newtoniano conduce al più piramidale assurdo che si possa immaginare: la negazione del contenuto obiettivo del mondo fisico, l’illusionismo assoluto della realtà percepibile. Per il materialista il mondo perde ogni concretezza e si riduce a un tenebroso abisso senza pareti e senza fondo.

Il materialismo segna il trionfo dell’irrealtà, dell’astrazione, dell’ipotesi.

 

La prima parte de “La Filosofia della Libertà” va intesa come una battaglia per la riconquista della piena realtà del mondo. Essa conduce il pensiero, passo per passo, a constatare l’abisso, l’assurdo, il salto nel nulla a cui conduce il materialismo con la sua teoria della soggettività delle percezioni.

Seguiamo questa teoria per sommi capi. Un uomo percepisce una superficie rossa. Tale fatto ha una triplice determinazione: la fonte luminosa (il Sole), l’oggetto che appare rosso, l’uomo che percepisce. I processi da considerare sono i seguenti:

A) sul Sole: qui obiettivamente non esistono la luce o il calore, ma solo trasmutazioni atomiche che producono un complesso irraggiamento di onde.

B) sull’oggetto: questo assorbe tutte le vibrazioni solari, meno una di frequenza e lunghezza d’onda determinate.

C) sul soggetto: la vibrazione respinta dall’oggetto provoca una reazione chimica nella porpora retinica dell’occhio. Ne viene affetto il nervo ottico che reagisce con effetti fisico-chimici. Alla fine nel cervello avviene un’ulteriore attività chimica. E poi? Poi c’è il salto. Tutte queste vibrazioni, tutti questi processi fisici e chimici, fanno sorgere non si sa perché e come nell’interiorità del soggetto la sensazione del colore rosso il quale obiettivamente non esiste in alcun punto della realtà (Sole, oggetto e soggetto fisico).

Siamo ancora una volta di fronte ad un assurdo, forse il più significativo della concezione materialistica: l’anima che non esiste, cioè il nulla, fa sorgere tutto il contenuto percettivo dell’universo.

 

La “Filosofia della Libertà” fa piazza pulita di simili teorie materialistiche apparentemente irrefutabili.

Essa dimostra

• che il mondo fisico-materiale, con tutto il suo contenuto, è reale ed obiettivo,

• che esso esiste veramente, ed esiste così come appare.

 

Bisognerebbe soffermare a lungo l’attenzione su questo fatto così importante per la comprensione di ciò che è l’antroposofia, e farne oggetto di assidue meditazioni. Mettiamo a confronto nella nostra anima queste due idee.

 

La concezione materialistica del mondo propria delle scienze naturali

conduce alla negazione dell’esistenza obiettiva del mondo fisico

e lo fa apparire come una visione fantomatica di un’anima umana inesistente.

Cioè il nulla produce il nulla.

 

La concezione spirituale dell’universo propria dell’antroposofia steineriana

dà pieno valore al mondo fisico della materia, ne dimostra l’esistenza obiettiva

e mette l’anima umana con esso in un rapporto vivo, concreto, immediato, non spettrale, non illusorio,

non congetturale e traslato.

 

Là tutto è nebuloso e fatuo, qui abbiamo concretezza di spirito e concretezza di materia.

Dimostriamo di aver capito l’antroposofia, se diciamo senza paura che essa è anche materialismo

per quel tanto che questo concetto è giustificato dalla realtà.

 

Come la prima parte de “La Filosofia della Libertà” è una battaglia per l’oggettività del mondo

così la seconda è la conquista dell’oggettività dell’uomo.

 

Per capire ciò dobbiamo mettere una volta a confronto Newton con Darwin, cioè non due uomini, ma due correnti di pensiero.

• Che cosa dice Newton o l’atomismo? Lo abbiamo già visto. Il contenuto percettivo del mondo non esiste. La luce, il colore, il calore, i suoni, gli odori, i sapori, le impressioni tattili sono un prodotto illusorio dell’anima.

• E che cosa dice Darwin? Le condizioni ambientali presentate dalla configurazione del terreno, del grado di calore, dall’illuminazione solare, dalla colorazione del luogo, ecc. influiscono sull’evoluzione della specie e determinano in quelle più elevate reazioni psichiche corrispondenti. L’anima cioè non ha un’esistenza obiettiva, essa è una semplice reazione al contenuto dell’ambiente.

 

Dunque, il colore bianco delle nevi che secondo Newton obiettivamente non esiste, ha fatto secondo Darwin tingere di bianco la pelliccia dell’orso polare e lo ha reso un animale gaio e pugnace, mentre il povero orso bruno deve il suo colore e la sua melanconia al fitto delle foreste nelle quali vive.

Come vedete, il materialismo negatore del mondo e dell’anima si sostiene in modo egregio perché attua bellamente la massima evangelica della destra che non sa quello che fa la sinistra.

 

Se al primo concetto di Darwin, l’influenza ambientale, aggiungiamo anche gli altri di selezione naturale, di trasmissione ereditaria e di lotta per l’esistenza, cadiamo a capofitto nelle teorie sociali oggi dominanti e in ispecie nel bolscevismo sovietico. Il darwinismo scientifico di Haeckel è innocuo, ma deleterio è invece il darwinismo sociale di Marx che poi è quello del comunismo, del socialismo, del nazismo e di tanti altri ismi oggi esistenti. I quali tutti hanno in comune il fatto che vogliono realizzare una vita sociale basandola sui peggiori istinti antisociali dell’uomo. Questo è sì un assurdo, ma un assurdo tragico, perché porta l’umanità alla guerra di tutti contro tutti.

 

L’umanità può essere salvata dal suo totale annientamento soltanto se le idee fondamentali della seconda parte de “La Filosofia della Libertà” sostituiranno gradatamente quelle oggi imperanti del darwinismo sociale.

L’uomo non è un prodotto della natura. Questa gli presta sì il suo arto corporeo, ma il contenuto della sua anima (il vero, il bello, il bene, in una parola: la moralità) sono obiettivi e fanno parte di un mondo accessibile per la via dell’intuizione.

 

Così anche il mondo dello spirito acquista un contenuto concreto e reale, che è per intanto quello delle idee. Ai concetti darwiniani vengono sostituiti altri, proficui e salutari per la vita sociale. Non influenza ambientale, ma spirito che plasma la materia; non selezione naturale, ma eliminazione degli elementi che dallo spirito si sono distaccati; non trasmissione ereditaria, ma continuo esplodere di impulsi spirituali; non lotta per l’esistenza, ma collaborazione di tutti all’opera comune e, al sommo della scala, l’individualismo etico, l’uomo quale spirito creatore.

La “Filosofia della Libertà” contiene un messaggio di speranza. Contro ogni possibile dubbio essa dà all’uomo la certezza dell’universo e dello spirito interiore.

 

3. Le tre opere fondamentali di R. Steiner

Alfred Meehold ha detto una volta, qui tra noi, che chi ha veramente compreso “La Filosofia della Libertà” sente di dover cominciare a meditare e che perciò s’incammina per la via indicata ne “L’Iniziazione”. Questo è proprio vero. Abbiamo detto che “La Filosofia della Libertà” è un’opera che trae la sua giustificazione dal Mistero del Golgota. Essa mostra all’uomo la realtà eterna del mondo che è spirituale.

 

La conoscenza è dopo il Golgota un atto dello Spirito Santo.

• Il grande messaggio di speranza e di consolazione contenuto ne “La Filosofia della Libertà”

conduce l’uomo allo Spirito Santo.

 

• “La Filosofia della Libertà” non è perciò un’opera informativa;

essa sprona al lavoro interiore, all’attività individuale.

• Perciò l’opera “Come raggiungere la conoscenza dei mondi superiori?” (“L’Iniziazione”)

rappresenta la necessaria continuazione della “Filosofia della Libertà”.

Questa seconda opera porta l’uomo all’Io Superiore, al Cristo.

 

Da questo centro essenziale del suo essere, l’uomo può uscire nel cosmo e ricercare il contatto con gli altri esseri universali. «Non si giunge al Padre, se non attraverso il Figlio», sta detto nei Vangeli.

 

“La Scienza occulta” di Rudolf Steiner è a sua volta la necessaria prosecuzione de ”L’Iniziazione”;

essa rappresenta l’ascesa al Padre sotto la guida del Figlio.

 

Le tre opere fondamentali di Rudolf Steiner ricongiungono l’uomo con la Divinità,

esse portano lo spirito che è nell’uomo ad unirsi con lo spirito che è nell’universo.

“La Filosofia della Libertà” conduce l’uomo alla conoscenza dello Spirito Santo,

“L’Iniziazione” all’esperienza del Figlio,

“La Scienza occulta” alla visione dell’attività creatrice del Padre.

 

Si tratta di una costruzione grandiosa, che è al tempo stesso cosmogenesi ed apocalisse. La prima pietra di questa costruzione è data da quello che abbiamo chiamato il miracolo della roccia: lo spirito che sgorga dalla materia. È un miracolo che nell’antroposofia perpetuamente si rinnova. Perché la fonte inesauribile dello spirito fatta sgorgare da Rudolf Steiner dalla più dura roccia materiale zampilla ancora.

 

“Zampilla ancora, limpida e veloce come quando dal suolo egli la trasse,

e i compagni che videro il prodigio v ’immersero stupiti le arse labbra.”

 

Noi tutti, uomini del nostro arido e deserto secolo, abbiamo le labbra arse, noi siamo assetati.

L’antroposofìa può dissetarci; essa è la cristica fonte che zampilla in vita eterna.

 

Trieste, 12 giugno 1947