Punti di vista fondamentali sul Padre nostro

Il figlio dell’uomo


 

Accostandosi al Padre nostro con l’anima ricolma degli interrogativi sopra enunciati, si viene colpiti fortemente da un fatto che risalta nel testo delle sette petizioni. Il fatto cioè che nelle sette petizioni non è in alcun modo menzionato l’Io, l’Io singolo dell’uomo. Non si parla del mio Padre, della mia colpa e così via – il che costituirebbe una condizione basilare per un’immersione mistica o per un intenso fervore di preghiera – bensì si parla esclusivamente di un ‘noi’: del nostro Padre, della nostra colpa.

 

Questo fatto può condurre ad un primo, fondamentale punto di vista, dal quale va considerato il Padre nostro, ossia che il Padre nostro non è affatto destinato ad un uso personale.

In altre parole una coscienza intenta alle faccende personali-individuali, non sa che farsene di esso. Per la soddisfazione dei desideri particolari del singolo, per un’esperienza inebriante di tipo mistico, per i fini della ‘propria evoluzione’, il Padre nostro non è indicato. Non può essere indicato a questi scopi già solo per il fatto che si rivolge a Dio Padre. Infatti Dio Padre ha a che fare con la Gerarchia dell’umanità, non con i suoi raggruppamenti o con i singoli.

 

I singoli esseri valgono ai fini di un rapporto cosciente con Dio Padre, solo in quanto rappresentanti della loro Gerarchia, quale comunità cosmica di destino. Rappresentante della quarta Gerarchia può essere solo un uomo, che abbia fatto proprie le vicissitudini di destino di questa Gerarchia. Quando egli pronuncia, in nome dell’umanità, le sette petizioni relative ai sette bisogni della stessa, la sua coscienza deve essere intenta a questioni riguardanti il destino dell’umanità. La sua voce è diventata allora voce dell’umanità, poiché le voci inconsapevoli di tutti gli uomini formano il coro di accompagnamento alla voce che pronuncia coscientemente i sette bisogni dell’umanità.

 

Solo i cori delle Gerarchie giungono, con la propria voce, fino a Dio Padre; le singole voci si smorzano presso altre soglie, più vicine alla Terra. A ragione dunque i poeti rappresentano le Gerarchie come cori di schiere angeliche. Anche la quarta Gerarchia non fa eccezione: se la sua voce deve salire fino a Dio Padre, ciò deve avvenire spiritualmente e moralmente in coro. Ciò che il coro dell’umanità deve dire a Dio Padre è contenuto nelle sette petizioni del Padre nostro, pronunciate dal Cristo Gesù, quale rappresentante dell’umanità.

 

Il Padre nostro è la formula corale, morale-spirituale, della quarta Gerarchia.

Esso contiene tutto ciò che gli uomini mediante le fatiche del lavoro, i dolori della malattia, le tribolazioni e le angosce della morte – ma anche grazie ad ogni anelito al vero, al bello, al buono – dicono, volgendosi verso l’alto, ove è la soglia della sfera del Padre.

Per questo motivo il Padre nostro è anche il mezzo migliore per apprendere l’abnegazione, e la fonte più completa e sicura, dalla quale attingere la conoscenza dei veri bisogni dell’umanità.

 

Il fatto che il Padre nostro porti ad espressione sette bisogni dell’esistenza umana, comporta un altro punto di vista di fondamentale importanza per la sua comprensione. Le sette petizioni esprimono bisogni dell’umanità, in esse deve dunque esserci qualcosa di inerente alle possibilità di venir loro incontro. Se la condizione di bisogno dell’umanità è determinata karmicamente, allora non bastano le semplici richieste per influenzare il karma, ma queste stesse richieste devono contenere qualcosa che conferisca loro un valore karmico. Questo elemento di efficacia karmica è in realtà contenuto nelle petizioni del Padre nostro, e non solo in esse, ma anche in ciò che il Cristo Gesù vi ha aggiunto quale accenno esplicativo. Immediatamente prima del Padre nostro, il Vangelo di Matteo riporta infatti le seguenti parole: “Non siate come i pagani, poiché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno, ancor prima che voi gliele chiediate” (Mt 6:8).

 

Subito dopo il Padre nostro, è poi detto:

“Se voi infatti perdonate agli uomini le loro mancanze, anche il Padre vostro celeste le perdonerà a voi;

ma se non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre mancanze” (Mt 6:14-16).

 

Nel Padre nostro non si tratta dunque di semplici richieste, ma di richieste legittime. Ciò che legittima tali richieste è il principio dell’equilibrio morale, che è alla base della disposizione karmica. La bilancia non è solo un simbolo della giustizia nell’antica mitologia, ma è una realtà cosmica, che si manifesta come karma. La costellazione della Bilancia nello zodiaco è la sua immagine cosmica. Si può comprendere il Padre nostro, quale possibilità di azione karmica, solo se lo si considera sotto questo segno.

 

L’idea di bilancia è connessa a una ‘destra’ e una ‘sinistra’, ossia alla direzione orizzontale. Lo stesso termine ‘waagerecht’ (orizzontale) è derivato dall’idea di bilancia (Waage). Quest’idea è del tutto appropriata, se la si applica al rapporto karmico delle vite precedenti con quella attuale. In quest’ambito avviene un continuo bilanciamento. Questa stessa idea però non è sufficiente per la comprensione del Padre nostro.

 

Nel Padre nostro

non si tratta infatti della realizzazione di un karma predisposto nel passato,

bensì della determinazione di un karma futuro a partire dal presente.

Le sette petizioni del Padre nostro rappresentano una determinazione attiva del karma,

non una mera richiesta che il karma si compia – a questo riguardo l’uomo non ha invero motivo di preoccuparsi.

 

• Trattandosi nel Padre nostro di una determinazione attuale del karma, la bilancia che sta alla base di esso e che conferisce alle petizioni la loro legittimazione karmica, dobbiamo raffigurarcela non in posizione orizzontale, ma verticale. Un piatto della bilancia è nel cielo, l’altro dobbiamo invece pensarlo sulla terra. Il piatto superiore è nell’ambito della grazia del Padre, quello inferiore è nell’ambito dell’iniziativa dell’uomo. Nel fulcro, invece, che determina il bilanciamento, sta il Figlio per mezzo del quale soltanto si può giungere al Padre.

 

• Il fatto che il Figlio divenga il Signore del karma, significa tra l’altro che la bilancia karmica opera non solo sull’orizzontale, ma anche sulla verticale. Il karma cristiano, per il quale vale il principio: “Pregate e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto”, si differenzia dalla ‘Legge degli antichi’, dal karma dell’antica Alleanza, per il fatto che, dopo il sacrificio del Cristo Gesù, la pesata non avviene solo nella direzione orizzontale, ma anche in quella verticale.

Ciò vuol dire che, accanto alla legge, il cui principio è ‘occhio per occhio, dente per dente’, acquista sempre più valore la nuova legge, il cui principio si trova espresso propriamente nel Padre nostro.

 

Che cosa significhi, sul piano morale-spirituale, il fatto che la bilancia sia disposta verticalmente e in che consista l’essenza della ‘nuova Legge’, il cui Signore è il Cristo – queste sono le domande che stanno alla base delle esposizioni che seguono, il cui compito è di dar loro una risposta. Si tratterà quindi, nel seguito della presente trattazione, di illustrare, alla luce delle sette petizioni del Padre nostro, la natura del nuovo rapporto dell’uomo con Dio Padre, vale a dire della ‘nuova Alleanza’, quale karma cristiano la cui bilancia è disposta verticalmente.