L’uomo quale corpo

La pietra fondamentale della Società Antroposofica


 

Le considerazioni svolte fin qui ci hanno permesso di far rilevare il carattere esoterico soprasensibile della Società Antroposofica. Abbiamo visto che la sua Pietra fondamentale, posta da R. Steiner nel cuore dei soci durante la Riunione natalizia del 1923, può essere paragonata con la Pietra angolare sulla quale il Cristo Gesù costruì la sua Casa. E come è un’illusione – già rilevata in altre occasioni – che la Casa di Cristo possa essere lesa e divisa, così è un grossolano errore il credere che un singolo gruppo di soci dissenzienti possa dar luogo nel seno della Società a secessioni, divisioni, separazioni di qualsiasi genere.

La Società è una e indivisibile. Quando un gruppo, per una ragione o per un’altra, promuove una scissione, in realtà non provoca uno spezzamento fisico della Società, ma un’illecita sottrazione dei suoi beni spirituali.

Nessun ramo può vivere distaccato dalla pianta che lo ha generato. Lontano dal ceppo originario si secca e marcisce. Questa è la sorte alla quale vanno immancabilmente incontro i separatisti spirituali.

 

La Società deve combattere di continuo contro due gravi ostacoli: la negazione arimanica che le si oppone dall’esterno e l’ingorgamento luciferico che vuol inaridirla all’interno. Ma per quanto ciò possa sembrare paradossale all’intelletto umano, questi due ostacoli non tornano a danno della Società, bensì di coloro che li hanno eretti. Tanto il rifiuto quanto il furto si ritorce contro colui che l’ha compiuto. Questa è la legge spirituale dell’amore: chi più dà, più ricco diventa; chi più toglie, più misero si fa.

Perciò la Società nel combattere contro questi due ostacoli, compie un atto d’amore. Essa non aspira al proprio trionfo, ma alla redenzione degli oppositori. Questo carattere assolutamente impersonale dell’antroposofia deve imporsi alla coscienza dei soci. Più d’uno si potrebbe lasciar prendere dalla seduzione luciferica, si potrebbe impossessare per suo uso personale ed egoistico dei beni dell’antroposofia. E’ così che sorge la più ingiustificata forma di superbia, la superbia spirituale. E non è senza significato il fatto che la Sacra Scrittura parli di Lucifero come di uno spirito superbo. Solo chi si isola può sentirsi superbo. Chi vive in armonia con gli altri, sente come la sua esistenza dipenda da ciò che gli altri gli danno. Alla superbia luciferica, il Cristo Gesù oppone il grande atto, il severo gesto della Lavanda dei piedi.

 

Noi pensiamo che ogni antroposofo dovrebbe ripetere tutti i giorni questo severo gesto che debella la superbia. Ogni antroposofo dovrebbe dirsi tutti i giorni nella meditazione:

“Per quanto dotata di facoltà superiori e ricca di beni spirituali possa essere la mia anima, io non ne ho alcun merito. Tutto ciò che di vero, di bello e di buono vi è in me, io l’ho ricevuto in dono dal Maestro e dalla Società. E come in dono l’ho ricevuto, così in dono lo voglio ridare.”

Soltanto quando viene accolta con questo atteggiamento interiore, l’antroposofia rivela tutta la sua potenza salutare per il corpo, l’anima e lo spirito. Altrimenti può diventare un pericolo per la vita dell’uomo. Il sentiero delle altezze è sempre accompagnato dai precipizi.

 

Dopo queste premesse, possiamo passare ad esaminare più da vicino la Pietra fondamentale. Abbiamo detto ch’essa consiste in un appello sacro, in una chiamata spirituale. Tre volte in essa si leva l’appello: Anima umana! A chi venga diretto questo appello, è chiaro: all’essere umano. E chi lo muove? Il Mondo dello Spirito con le sue Gerarchie.

Tre volte risuona l’appello: Anima umana, e la prima volta esso giunge dalla prima Gerarchia (Serafini, Cherubini, Troni), la seconda volta discende dalla seconda Gerarchia (Dominazioni, Virtù, Potenze), la terza volta parte dalla terza Gerarchia (Principati, Arcangeli, Angeli).

 

Le parole umane possono ridare ben scarsamente l’impressione che può ricevere l’anima quando, piena di timore e di reverenza, pensa a questo appello che le giunge dalle più sublimi altezze spirituali e discende fino a lei attraverso il coro di tutte le Gerarchie celesti. Essa per la prima volta, nell’udire questo appello, riceve il senso della sua altezza, perché tutti questi Spiriti, che ora le parlano, hanno cooperato al suo essere e al suo divenire, e ognuno le dice:

«Tu appartieni alla nostra comunità. Risali a noi. Noi siamo discesi fino a te, soltanto perché tu possa ora risalire fino a noi».

E in questo parlare degli Spiriti celesti, si fa sentire un diverso tono fondamentale a seconda che si tratti della prima, della seconda o della terza Gerarchia.

 

La prima Gerarchia dice:

“Anima umana, tu eri tra di noi. Risveglia il tuo ricordo!”

La seconda Gerarchia dice:

“Anima umana, tu eri tra di noi. Rievoca il tuo sentimento.”

La terza Gerarchia dice:

“Anima umana, tu eri tra di noi. Riapri il tuo occhio spirituale.”

 

L’appello celeste che così viene rivolto all’anima riguarda il completo e complesso essere umano. La prima volta l’attenzione dell’anima viene attratta sul fatto eh’essa vive nel corpo.

Anima umana,

tu vivi negli arti corporei…

La seconda volta le viene mostrato ch’essa può condurre una vita interiore propria, cioè ch’essa è anima.

Anima umana,

tu vivi nel battito del cuore e nel respiro del petto…

Infine le viene rilevato ch’essa è un essere pensante, cioè che può sviluppare in sé la vita dello spirito.

Anima umana,

tu vivi nella quiete della testa…

 

L’essere umano completo si manifesta dunque in una triplicità che è corpo, anima e spirito. Sappiamo che la Scienza dello Spirito insiste in modo particolare su questo fatto pieno di significazione. Se all’uomo sfugge la conoscenza e la visione della triplicità del suo essere, non può in alcun modo più afferrare la realtà sua propria e la lealtà del mondo. Gli oppositori delle Potenze che dirigono la giusta evoluzione umana, agiscono appunto nel senso di stroncare dall’uomo una parte del suo essere. Essi provocano una paurosa scissione tra gli arti dell’uomo. Arimane distacca l’uomo dall’anima e dallo spirito e vuole ch’egli si creda solo corpo. Lucifero separa l’uomo dal corpo e lo vuol far vivere soltanto nell’anima e nello spirito. Lo spirito non si può però reggere senza il corpo e così, sotto l’influsso di Lucifero, va perduto. Se l’uomo soggiacesse completamente all’influenza di Arimane, diventerebbe nel corso dell’evoluzione una macchina perfetta, un automa cosmico. Se invece si lasciasse sedurre da Lucifero, andrebbe incontro al totale isolamento e diventerebbe un eremita cosmico.

 

 

Possiamo anche accennare al fatto che la Scienza dello Spirito insegna che vi è pure un terzo oppositore, il quale nella tradizione occulta vien detto Soratte e che è il portatore della magia nera. Questo oppositore agisce in modo da procurare l’annientamento dell’anima e la conseguente futura congiunzione dello spirito con il corpo, nel senso però che prevalga solo l’egoismo. Così l’uomo diventa un mago nero cosmico, un distruttore cosmico, perché in lui agisce solo la volontà del male.

 

 

Sarebbe assai utile poterci soffermare di più su questo argomento e mostrare come la dissociazione dell’essere umano per opera dei tre oppositori, si manifesti di già nel nostro tempo con un aspetto così pauroso da far temere della sorte avvenire dell’umanità. Dobbiamo però limitarci a questi accenni sommari, per non perdere di vista il nostro tema principale. Forse essi bastano per far capire la cosmica importanza del fatto che l’uomo si riconosca quale corpo, anima e spirito e che non lasci cadere dal suo essere alcuno dei tre arti costitutivi. Avendo appunto di mira l’importanza apocalittica (perché riguarda veramente l’ultimo fine dell’umanità) della conservazione intatta di corpo, anima e spirito, la scienza antroposofa dello spirito si basa tutta sulla conoscenza della tricotomia umana.

Nella Pietra fondamentale, che ora stiamo esaminando, questa conoscenza tuona incontro all’anima umana da tutto il mondo spirituale, da tutte le Potenze gerarchiche che guidano l’evoluzione e cooperano al destino dell’uomo. Ed è comprensibile che sia così, per quanto il linguaggio umano sia poco adatto ad esprimere queste verità. Diciamo dunque con questa limitazione di significato, che è comprensibile che sia così, perché gli Esseri che hanno creato e guidato l’uomo, guardano ora a lui con una certa ansia e preoccupazione. Questi Esseri sublimi hanno permesso che nel grande piano della creazione umana da loro elaborato intervenissero anche gli oppositori, perché attraverso la loro azione disturbatrice l’uomo potesse diventare un essere libero.

 

Le Potenze spirituali hanno dato all’uomo il corpo, l’anima e lo spirito. Perché l’uomo è un essere libero? Perché può respingere da sé l’uno o l’altro di questi tre arti. E perché può operare questo respingimento? Perché nel corso dell’evoluzione sono intervenuti gli oppositori ed hanno effettuato la separazione tra corpo, anima e spirito.

L’uomo è ora al bivio. Egli è libero di seguire le due strade che gli stanno dinanzi. Una gli viene indicata dalle Potenze che lo hanno creato. Questa lo porta a ricongiungere per libero atto di volontà le parti del suo essere e ritornare in seno alle Gerarchie come spirito libero. L’azione creatrice degli Esseri divino-spirituali trova così il suo coronamento. L’uomo, divenuto libero, ripara con forze proprie al male che è venuto al mondo in seguito all’azione perturbatrice degli oppositori.

Per l’altra strada viene spinto dagli esseri che s’oppongono al piano divino e che provocano la frantumazione dell’entità umana: Lucifero, Arimane e Soratte. L’uomo può essere tratto in inganno da questi seduttori e credere che può realizzare la libera pienezza del suo essere soltanto rinunciando a una parte di sé stesso. Questa è una illusione mortale. Se l’uomo non sa vincerla, l’opera degli Spiriti che lo hanno creato viene annientata.

Da ciò deriva il senso di ansia e di preoccupazione che c’è nei mondi spirituali, quando gli Esseri sublimi delle Gerarchie celesti guardano all’uomo. L’intera evoluzione dipende dall’atteggiamento che l’uomo prende di fronte a se stesso. Se riconosce la triplice articolazione del suo essere come corpo, anima e spirito, è già sulla via dell’ascesa. Se invece ripudia una parte di se stesso, cade nell’abisso degli oppositori e rende inutile l’opera creatrice divina.

 

Ora comprendiamo il pieno significato del fatto che nella Pietra fondamentale si leva il possente richiamo rivolto all’anima umana dalle Gerarchie spirituali:

“Uomo, riconosci te stesso come Corpo, Anima e Spirito.”

 

Qui sorge spontanea una domanda. Perché l’uomo è un essere triplice? Perché tre elementi essenzialmente diversi lo costituiscono? Perché vi è in lui questa sostanziale diversità di natura? Queste domande richiamano alla nostra mente un passo della Genesi e una definizione teologica. La Genesi dice: “Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza”. La definizione teologica dà il concetto della trinità divina: Dio è un essere solo in tre persone uguali e distinte.

Si potrebbe dunque dire che la trinità umana non è che il riflesso, l’immagine della trinità divina. Questi concetti però, per quanto alti siano, rimangono nell’astratto. In seguito avremo occasione di ritornare agli essi, ora vogliamo venire a una concezione più concreta.

La Scienza dello Spirito c’insegna che tutte le Gerarchie celesti hanno partecipato alla creazione dell’uomo. Ora queste Gerarchie sono distinte in tre cori, non perché ciò torni comodo alla tendenza schematizzante dell’intelletto umano, ma perché corrisponde a una realtà obiettiva. Ogni coro angelico ha un particolare e proprio modo d’essere e d’agire. E che così sia lo vediamo appunto in concreto nell’uomo. L’uomo è la creatura delle Gerarchie, perciò specialmente in lui si manifesta la triplice sostanziale diversità dei suoi creatori.

 

• L’uomo è corpo, perché la Prima Gerarchia ha dato l’inizio alla sua creazione;

• l’uomo è anima, perché la Seconda Gerarchia ha continuato l’opera;

• l’uomo è spirito, perché la Terza Gerarchia è infine intervenuta nell’azione creatrice.

 

• Corpo – Prima Gerarchia          •  Anima – Seconda Gerarchia           • Spirito – Terza Gerarchia

 

Ora potrebbe sorgere la questione: l’uomo sente lo Spirito come la parte più elevata del suo essere e il corpo come la parte più bassa. Come mai la Gerarchia più alta di rango e più piena di potenza ha elaborato la parte inferiore del nostro essere e la Gerarchia più ima e meno potente è intervenuta nella creazione della nostra entità maggiore?

Simile questione potrebbe anche essere ingiustificata, perché l’uomo è appena un essere in fieri, in divenire e non può sapere già ora quale arto del suo essere risulterà il più alto quando l’evoluzione umana avrà raggiunto il proprio coronamento. Ci riserviamo di ritornare all’argomento più tardi. Ora vogliamo considerare l’arto umano apparentemente più basso, il corpo fisico. Tralasciamo del tutto di parlare della sua altissima perfezione, perché questa ci viene descritta in modo mirabile nelle opere di R. Steiner. Facciamoci invece la seguente domanda: “Che fatto fondamentale produce nell’entità umana la presenza del corpo?” La risposta che diamo è tanto ovvia che sfugge di solito all’attenzione, e perciò anche la sua importanza non riesce sempre evidente.

 

Il corpo determina l’esistenza spaziale dell’uomo.

 

Non si può comprendere a tutta prima la somma importanza di questo fatto, perché poche idee reali ha saputo farsi finora l’uomo sul suo corpo e sullo spazio. L’uomo considera il suo corpo come un ente molto ristretto e limitato. Egli è solito anzi a contrapporre il suo pensiero che spazia dovunque, al suo corpo che occupa una limitatissima porzione di spazio. Cerchiamo perciò, con le nostre presenti considerazioni, di vincere tali concetti limitativi della nostra entità fisica e di uscire per modo di dire dalla pelle del nostro corpo.

 

Come ci accorgiamo dell’esistenza di un albero che sta a dieci passi da noi? Con gli occhi naturalmente, con l’organo corporeo della vista. Come siamo colpiti dal fragore di un tuono che si è prodotto nelle nubi temporalesche a mille metri da noi? Con gli orecchi, l’organo corporeo dell’udito. Da ciò si vede che il corpo porta alla nostra coscienza per mezzo delle percezioni cose e fatti che avvengono e che esistono molto lontano da noi. Possiamo dunque dire in un certo senso che i limiti del corpo si estendono fin là dove giunge la nostra percezione. Questo pensiero ci fa fare un balzo fuori di noi stessi di proporzioni illimitate, perché l’occhio giunge fino alle stelle. Il pensiero non giunge così lontano. Per un cieco le stelle non esistono. La scienza parla ora di radiazioni cosmiche che giungono dall’infinito e che possono influenzare i processi del nostro corpo. Il corpo è dunque in relazione con tutto l’universo, il corpo è un’entità cosmica.

 

Queste considerazioni superficiali ci permettono di avvicinarci ai concetti che sul corpo fisico ci dà la Scienza dello Spirito. Questi concetti ci conducono alla seguente immagine. In origine, quando gli Esseri sublimi del grado inferiore della Prima Gerarchia sacrificando la loro stessa sostanza, ne posero il primo fondamento, il corpo si estendeva fino a riempire tutto lo spazio cosmico occupato da Saturno. Corpo e Pianeta costituivano allora una sola unità, di cui il grande cerchio dello Zodiaco segnava i limiti apparenti, come oggi la pelle segna i limiti apparenti del nostro attuale corpo fisico. Quei limiti erano apparenti, perché le 12 costellazioni dello Zodiaco erano come 12 organi sensori del corpo umano originario e guardavano in tutta l’immisurabile vastità dello spazio stellare. Perciò il corpo umano originario, quale esisteva su Saturno, percepiva e sapeva tutto ciò che avveniva nell’intero universo stellare. La sua coscienza era un’onniscienza, la sua esistenza era onnicosmica. Poi durante il corso dell’evoluzione, sulle successive tappe del Sole, Luna e Terra, l’entità corporea umana andò sempre più restringendosi fino a ridursi a quei minimi termini che oggi conosciamo. Eppure anche oggi noi possiamo dire con piena ragione: il microcosmo è come il macrocosmo. O, in altre parole, ma di uguale significato:

il corpo e lo spazio sono la stessa cosa.

 

Questa è una verità che conoscono molto bene i morti che si trovano nelle regioni più alte del mondo dello spirito. E difatti, guardando nello spazio circostante, vedono il corpo umano grande come tutto il cosmo. Vedono invero la stessa realtà che vediamo noi quando contempliamo il firmamento stellare, solo la vedono con altri occhi.

Noi pure in realtà, come uomini terrestri, quando osserviamo il nostro ambiente fisico costituito da minerali, piante e animali, non vediamo null’altro che frammenti distaccati del nostro corpo. La Scienza dello Spirito ci dà un chiarissimo concetto di tale fatto. Più difficile è naturalmente arrivare all’idea che anche ciò che sta oltre lo Zodiaco è ancora corpo dell’uomo. Non possiamo discendere nel nostro corpo con la coscienza, perché questa abbraccia soltanto una piccola parte del nostro essere e lascia fuori l’anima e il corpo. Ma se ciò fosse possibile, il corpo fisico stesso ci testimonierebbe della sua esistenza onnicosmica, onnistellare. Il Dottore accenna al fatto che coloro i quali possono ancora immergersi in via anormale nella coscienza di trance profonda, che è la coscienza del minerale e del corpo, sanno descrivere i movimenti delle stelle.

 

Il corpo vive dunque la sua esistenza nel cosmo intiero, nel mare dello spirito che comprende tutto ciò che esiste.

Questa è la verità che insegnano all’uomo gli Spiriti sublimi della Prima Gerarchia, perché sono essi appunto coloro che hanno dato all’uomo il corpo e ne conoscono i segreti.

Anima umana,
tu vivi negli arti corporei,
che per il mondo dello spazio
ti portano 
nel mare dell’esistenza spirituale.

 

Bisogna dare massimo rilievo alla frase “mondo dello spazio”, perché essa può servire a darci un barlume di pensiero di quello che è veramente la totalità onnicomprensiva dell’esistenza spirituale.

Che cosa è mai lo spazio?

Lasciamo da parte ogni inutile ciarpame filosofico e diamo espressione nella risposta al modo di vedere che viene dalla comune esperienza, propria tanto all’uomo non dotto che allo scienziato.

Lo spazio è un ente non sensibile che contiene tutti gli enti sensibili.

 

E ora vediamo se questa definizione è esatta. Si può vedere lo spazio? No, nessuno l’ha mai visto. Vedere si possono soltanto gli oggetti che si trovano nello spazio. Si può toccare lo spazio? No, toccare si possono soltanto gli oggetti dello spazio. Si può udire lo spazio? No, il suono si produce nello spazio che lo contiene come ogni altro oggetto o fenomeno. Si può odorare, gustare lo spazio? No, nessuno potrebbe dire che gusto e odore abbia lo spazio.

Dunque lo spazio è una cosa impercepibile, cioè non sensibile, non accessibile ai sensi dell’uomo. Ora, quello che è strano e pieno di significato è il fatto che l’uomo è certissimo dell’esistenza di questa “cosa” senza averla mai in alcun modo percepita. Anzi i concetti dell’uomo riguardo lo spazio vanno ben oltre questa singolarità. L’uomo è portato a credere come una cosa del tutto ovvia che se ogni ente sensibile, dal più esile filo d’erba alla più estesa nebulosa, venisse tolto dallo spazio, lo spazio continuerebbe tuttavia ad esistere come un recipiente vuoto. Come si può difatti toglier via, far sparire una cosa la cui esistenza pare consistere appunto nel non apparire mai? Possiamo ben immaginare che tutto possa finire, perché siamo abituati a veder il declino di ogni cosa, ma non possiamo assolutamente immaginare che anche lo spazio possa finire d’esistere. Una bomba atomica potrà far sparire dalla faccia della terra una città irta di grattacieli, ma non potrà in alcun modo toccare lo spazio da essa occupato. Questo continuerà ad essere intangibile come prima. Perciò è naturale per l’uomo dire:

Lo spazio non potrà avere mai fine.

 

E lo spazio ha avuto principio? Ecco una cosa altrettanto impossibile ad immaginare. Perché se lo spazio ha avuto inizio, ha tratto questo inizio da qualcosa di pre-esistente. Ora, se siamo atei e materialisti, dobbiamo ragionare nel modo seguente: nulla può pre-esistere allo spazio, perché ciò che esiste, esiste solo nello spazio. Perciò, quali materialisti, dobbiamo negare che lo spazio possa avere avuto inizio, in quanto che è inconcepibile un’esistenza materiale fuori dello spazio. Ripetiamo ancora una volta il ragionamento del materialista, per amore di chiarezza.

Non esistono che enti materiali. Se lo spazio è stato preceduto da qualcosa d’altro, ciò non poteva essere che un ente materiale. Ma gli enti materiali esistono solo nello spazio e come tali tutti lo presuppongono. Dunque lo spazio non ha potuto avere principio.

 

E come ragiona il credente? Egli si trova a questo riguardo nel più grave imbarazzo. E bensì persuaso che possa esistere un ente immateriale ed esistere fuori dello spazio, ma ciò non gli permette ancora di affermare che questo ente – ch’egli chiama Dio – abbia creato lo spazio. L’onnipotenza di Dio, secondo i suoi concetti, consiste nel poter creare ogni cosa e creare dal nulla. Ma lo spazio non è una cosa, è il nulla in cui sono poste le cose. Si dovrebbe dunque ammettere che Dio abbia creato anche il nulla. Ma che senso hanno le parole “creare il nulla”? Siamo di fronte a una contraddizione così enorme che annienta di colpo ogni tentativo dell’intelletto umano di superarla. Non possiamo che dire, anche se siamo credenti, che lo spazio non può essere stato creato da Dio – per la contraddizione che non lo consente – e che dunque lo spazio non può aver avuto principio.

 

Da queste considerazioni possiamo capire che lo spazio è una specie di osso duro della mente umana, il quale infrange ogni tentativo ch’essa fa per intaccarlo. Lo spazio difatti annienta al contempo il materialismo dell’ateo e la fede del credente.

Il materialista è costretto ad ammettere l’esistenza dello spazio, ma non può dimostrarne la materialità. Vi è qualcosa di più potente della materia: lo spazio immateriale.

Il credente deve dubitare dell’onnipotenza di Dio, perché Dio non può aver creato il nulla. Vi è qualcosa di più potente di Dio: lo spazio inesistente.

Tutto ciò è pieno di profonda significazione e l’anima che riesce a superare questi abissi, fa un grande passo innanzi sulla via della conoscenza.

 

Perché tanto il credente quanto l’ateo giungono a una formidabile contraddizione quando occupano la loro mente con il problema apparentemente insolubile dello spazio? Perché nel corso dei loro pensieri s’insinua inavvertitamente un corpo estraneo, un ingrediente illecito, il quale fa sì che, benché il procedimento formale logico sia rigorosamente esatto, l’edificio concettuale generale non possa reggersi in piedi. E questo ingrediente che inficia tutta la costruzione mentale è lo stesso spazio concepito come un qualcosa, come un oggetto. Ma già la sua assoluta impercepibilità dovrebbe avvertire l’anima dell’errore che commette considerando lo spazio come l’oggetto massimo che contiene tutti gli altri oggetti.

Lo spazio non è oggetto, è concetto.

È anzi uno dei più alti concetti a cui possa assurgere il pensiero umano. Il concetto di spazio ha un valore altissimo appunto per essere legato per propria forza ai concetti di non principio e di non fine.

 

Nel vero senso della parola, lo spazio è un concetto forte, che s’impone all’uomo con tanta evidenza da essere scambiato per “qualcosa”. E se l’uomo non fosse irretito nell’illusione materialista di Arimane, s’accorgerebbe ben tosto che questo “qualcosa” – che per lui è il niente, il vuoto assoluto – è in realtà la pienezza dell’essere, la sostanza dei mondi, il tutto eterno.

Il concetto di spazio è l’immagine nell’anima dell’uomo del Padre dell’universo, del Creatore dei mondi, del Primo Logos.

 

Il concetto così rettificato non ha in sé più alcuna contraddizione. Il materialista più pervicace non può dimostrare la materialità di ciò che contiene la materia, ossia lo spazio. E non vi è alcuna contraddizione in questo fatto, perché lo spazio è l’Essere divino nel cui grembo riposa tutta l’esistenza. Così non vi è contraddizione nel fatto che il credente sia costretto ad ammettere che Dio non può aver creato lo spazio. Perché Dio, che ha creato tutto, non ha creato se stesso. Egli è l’eternità, senza principio e senza fine.

 

Le contraddizioni a cui pervengono il credente e l’ateo nel pensare sullo spazio, sono in verità una felix culpa, un infortunio fortunato, perché stanno a dimostrare che in questo caso la realtà stessa annienta l’errore dell’uomo. Pensiamo a questo fatto così significativo. Lo spirito stesso annienta il pensiero del materialista portandolo dinanzi a una contraddizione insormontabile.

Il materialista più convinto ha in sé il concetto più pieno dello spirito, perché ha in sé il concetto dello spazio come ente immaterializzabile. È solo un’illusione arimanica che l’uomo possa essere ateo e non credere. Nessuno è ateo, perché nessuno può dire: “Lo spazio non esiste”. E chi dice: “Lo spazio esiste”, dice “Dio esiste”. Se l’uomo non sa ciò, tale fatto non riguarda la realtà, ma soltanto l’illusione e l’errore in cui egli è caduto.

 

Dopo queste considerazioni, possiamo ritornare al nostro punto di partenza e stabilire la seguente relazione:

Dio Padre – Spazio – I Gerarchia – Corpo

In principio abbiamo detto: il corpo determina l’esistenza spaziale dell’uomo.

Ora siamo in grado di comprendere il valore di questo fatto,

perché ci siamo formati in proposito i giusti concetti e perciò possiamo concludere dicendo:

Il corpo determina la relazione dell’uomo con la totalità del cosmo, cioè con il Primo Logos.

 

Trieste, 12 febbraio 1948