06 (c) Michele e il rosicrucianesimo. (Appendice)

Il mistero di Michele


 

Fondamenti occulti de «La scienza occulta»
(0.0. 233a, 13.1.1924)

 

Ora una personalità come Christian Rosenkreutz sapeva che gli iniziati dei tempi antichi avevano vissuto in unione con le loro visioni, e che queste erano state loro corroborate dalla nozione che le visioni avute esistevano realmente, e si riflettevano in qualche parte del cielo, sia nella sfera lunare, sia in quella planetaria, sia al limite dell’universo.

Ora invece nulla più si rifletteva, per una osservazione diretta, nella coscienza desta. Ormai la gente poteva trovare idee sulla natura; poteva sorgere il sistema copernicano, e ogni genere di idee, ma tutte andavano a disperdersi nell’etere calorico, lassù, nelle lontananze degli spazi.

 

Fu allora che Christian Rosenkreutz, per ispirazione di uno Spirito superiore, trovò la via di percepire l’IRRADIAZIONE RIFLESSA, sebbene si trattasse di un riverbero mediato dall’etere calorico. Ciò si produsse con l’aiuto di altri stati di coscienza, ottusi, subcoscienti, quasi letargici: stati in cui l’uomo anche normalmente è fuori dal suo corpo. Allora si potè osservare che non nello spazio, ma tuttavia nel mondo, nel mondo spirituale, sta iscritto ciò che viene indagato sulle cose con le moderne idee astratte.

Si verificò allora la singolare condizione per cui i rosacroce vennero a conoscenza (quasi come in uno stadio di transizione) di tutto quanto in quel tempo si poteva investigare sulla natura: lo accolsero in sé elaborandolo nel modo più alto in cui un essere umano poteva farlo. Essi portarono veramente fino al grado di saggezza ciò di cui gli altri, i loro contemporanei, fecero solamente una «scienza», un sapere. Poi lo serbavano nella propria anima, e cercavano, nella massima purezza possibile, di dormirci sopra (per così dire) dopo intime meditazioni. Accadde quindi che i mondi divino-spirituali (non il limite estremo del cosmo, bensì i mondi divino-spirituali) restituissero loro in un linguaggio spirituale concreto ciò che era stato afferrato prima in idee astratte.

 

Certo, nelle scuole dei rosacroce si insegnava il sistema copernicano: ma le idee di quel sistema tornavano per cosi dire indietro, in particolari stati di coscienza, nel modo che ho spiegato in queste conferenze. Sicché effettivamente i rosacroce riconoscevano appunto che quello che si acquista nella conoscenza moderna deve, in certo modo, essere offerto agli Dei, affinché questi lo traducano nel loro linguaggio e poi lo restituiscano agli uomini.

Ciò è realmente possibile, e tale possibilità sussiste anche al presente. Se, tenendo conto di questo principio dell’iniziazione rosicruciana, si studia oggi la dottrina scientifica di Haeckel, con tutto il suo materialismo, e ci si lascia poi compenetrare dai metodi di conoscenza esposti nel mio libro L’iniziazione, se si studia L’Antropogenia di Haeckel, con la sua esposizione dei progenitori dell’uomo (che può anche riuscire ripugnante), nonché tutto quello che oggi si può imparare dall’ordinaria scienza naturale, e poi si offre tutto ciò agli Dei, ne scaturirà quanto è narrato sull’evoluzione nel mio libro La scienza occulta. Questa è la connessione fra il debole, pallido sapere che l’uomo può conquistare qui col suo corpo fisico, e ciò che gli Dei possono dargli, purché esista in lui un adeguato atteggiamento dell’anima e una giusta preparazione scientifica. L’uomo però dovrà portare incontro agli Dei quello che egli può imparare sulla Terra, perché i tempi sono appunto mutati.

 

[…] La peculiarità del rosicrucianesimo è che, trovandosi in un’epoca di transizione, esso dovette limitarsi a cadere in certi stati simili al sogno, e a sognare, in certo qual modo, la realtà superiore di ciò che prosaicamente la scienza scopre quaggiù investigando la natura.

Però a partire dal 1879 circa, all’inizio dell’epoca micheliana, è possibile scoprire in maniera cosciente ciò che prima era stato conseguito nel modo indicato durante il periodo del rosicrucianesimo.

 

Oggi quindi possiamo affermare che non valgono più quelle antiche condizioni semi-coscienti, ma che occorre uno stato cosciente superiore. Allora, con le cognizioni acquisite sulla natura, possiamo immergerci nel mondo superiore, dove esse ci vengono nuovamente incontro, ma in una realtà spirituale.

Noi rileggiamo, in una realtà spirituale,

ciò che in passato era stato da noi registrato, nella luce astrale.

 

Se in tal modo si portano su nel mondo spirituale le conoscenze qui acquistate sulla natura, o le creazioni dell’arte naturalistica, o anche i sentimenti della religione naturalistica operante nell’anima (poiché in sostanza anche la religione è divenuta naturalistica), allora effettivamente si incontra Michele, purché si siano sviluppate le facoltà necessarie. Possiamo dunque affermare che il rosicrucianesimo è contrassegnato dal fatto che i suoi Spiriti più illuminati avevano un anelito fortissimo verso questo incontro con Michele: ma potevano averlo soltanto come in un sogno. Dalla fine dell’ultimo terzo del secolo XIX gli uomini possono invece incontrare lo Spirito chiamato Michele in modo cosciente.

 

Michele però è un’entità tutta particolare: un’entità che, in sostanza, non rivela nulla da sé, se non le si porta incontro, dalla Terra, qualche frutto di uno strenuo lavoro spirituale. Michele è uno Spirito taciturno, chiuso. Mentre gli altri Arcangeli dirigenti sono Spiriti loquaci (spiritualmente parlando, s’intende), Michele è uno Spirito chiuso, taciturno, che dà tutt’al più poche, scarse direttive, poiché quello che si riceve da Michele non è veramente la parola, ma lo sguardo (se è lecito dir così), la forza dello sguardo.

 

• Ciò è dovuto al fatto che in fondo Michele si occupa soprattutto

di quanto gli uomini creano partendo dallo spirituale.

• Egli vive negli effetti di ciò che gli uomini hanno creato; gli altri Spiriti invece vivono piuttosto con le cause.

 

Michele vive essenzialmente con gli effetti. Gli altri Spiriti immettono nell’uomo gli impulsi a ciò ch’egli deve fare; Michele sarà il vero eroe spirituale della libertà. Egli lascia fare agli uomini, ma accoglie poi ciò che dalle loro azioni deriva, per portarlo più oltre nel cosmo, per proseguire nel cosmo l’azione, l’attività che gli uomini non sono ancora in grado di compiere.

Di fronte ad altre entità delle gerarchie degli Arcangeli si ha il senso che da esse provengono, in grado maggiore o minore, gli impulsi a compiere azioni diverse. Michele invece è lo Spirito dal quale non derivano impulsi diretti, perché nell’attuale periodo della sua reggenza gli eventi scaturiscono dalla libertà umana. Quando però l’uomo, mosso unicamente dalla sua libertà, stimolato dalla lettura della luce astrale, compie coscientemente o incoscientemente questo o quello, Michele trasferisce nel cosmo l’azione umana terrena, affinché divenga azione cosmica. Egli si preoccupa dunque delle conseguenze, altri Spiriti piuttosto delle cause.

 

Michele però non è solamente uno Spirito chiuso e taciturno: egli si accosta all’uomo con una chiara ripulsa di molte cose in cui questi vive oggi ancora sulla Terra. Per esempio, tutte le cognizioni riguardanti la vita degli uomini, degli animali o delle piante, che mirano a dare importanza alle qualità ereditate, a ciò che si trasmette ereditariamente nella natura fisica, si ha l’impressione che Michele le respinga con disapprovazione. Con ciò vuole mostrare che quelle cognizioni non possono fruttare nulla all’uomo per il mondo spirituale. Michele può trasportare nel cosmo soltanto ciò che l’uomo trova nel mondo umano, in quello animale o in quello vegetale indipendentemente da quanto è soggetto all’ereditarietà. Di fronte a questo genere di conoscenze, non ci viene incontro, da parte di Michele, l’eloquentissimo gesto della mano che respinge disapprovando, bensì il consenso dello sguardo che dice: ▸ «Questo è pensato giustamente, agli occhi della direzione del cosmo!» Ecco infatti ciò che s’impara sempre più a voler conseguire: meditare per raggiungere la luce astrale, per poter contemplare i Misteri dell’esistenza, allo scopo di presentarsi poi a Michele onde riceverne lo sguardo di approvazione che dica: ▸ «Questo va bene, questo è giusto agli occhi della guida del cosmo».