VI – Capacità di lavoro, volontà di lavoro e organismo sociale triarticolato

O.O. 23 – I punti essenziali della questione sociale – (In margine alla triarticolazione dell’organismo sociale)


 

1. Per i socialisti, la forma di guadagno usata finora nella vita economica è uno stimolo lavorativo, la cui eliminazione potrebbero instaurare condizioni sociali più sane di quelle presenti. Quindi per loro è urgente il problema: quale incentivo potrebbe indurre gli uomini a porre sufficientemente le loro facoltà al servizio della produzione economica, quando non vi trovi più sfogo l’egoismo che trova il suo appagamento nel guadagno? Chi pensa alle socializzazioni non fa molta attenzione a questo problema. Finché non si è in grado di conoscere realisticamente come poter determinare gli animi a lavorare altrettanto volentieri “per la comunità” quanto per sé, la richiesta che in avvenire l’uomo non debba lavorare più per sé ma “per la comunità”, resta illusoria. Certo si può opinare che un’amministrazione centrale ponga ognuno al suo posto di lavoro, e che poi, attraverso quest’organizzazione lavorativa, sia pure possibile ripartire nel giusto modo i prodotti del lavoro. Ma questa opinione poggia su un’illusione: pur considerando che gli uomini abbiano necessità di consumo da soddisfare, non tiene però conto del fatto che la semplice consapevolezza dell’esistenza di tali necessità non spinge l’uomo a produrre, quando debba produrre non per sé, ma per la comunità. Da questa mera consapevolezza di lavorare per la società non gli sorgerebbe alcun senso di appagamento, quindi nemmeno uno stimolo al lavoro.

 

2. Nel momento stesso in cui si pensa ad eliminare nel lavoro l’antico incentivo del guadagno egoistico, bisognerebbe riconoscere la necessità di crearne uno nuovo. Un’amministrazione economica che non includa il guadagno egoistico tra gli incentivi operanti nel suo seno, non può di per sé forzare la volontà lavorativa umana. E proprio per il fatto di non poterla forzare, soddisfa un’esigenza sociale a cui è arrivata gran parte dell’umanità al livello della sua attuale evoluzione. Questa parte di umanità non vuol più essere portata al lavoro da una costrizione economica. Vorrebbe lavorare spinta da incentivi più consoni alla dignità umana. Senza dubbio in molti uomini, a cui si pensa a proposito di questa esigenza, questa è più o meno inconscia e istintiva; ma nella vita sociale, questi impulsi inconsci e istintivi hanno molta più importanza delle idee accampate coscientemente. Le idee coscienti devono spesso la loro origine solo alla circostanza che gli uomini non hanno la forza spirituale di riconoscere veramente ciò che avviene in loro. Se ci si addentra in quelle idee, ci si aggira in un mondo irreale. Perciò è necessario, nonostante l’illusorietà di tali idee superficiali, fare attenzione alle vere rivendicazioni umane, come quella accennata.

D’altronde è innegabile che in un momento come l’attuale sono in giuoco bassi istinti umani, in cui la vita sociale si solleva in ondate selvagge. E non si soffocherà l’esigenza di una vita più degna di esseri umani, giustamente sollevata nel senso accennato, sfruttando il pretesto dei bassi istinti per incriminarla a sua volta.

 

3. Se deve sorgere un’organizzazione della vita economica che non possa esercitare alcuna spinta sulla volontà di lavoro degli uomini, occorre che questa spinta parta da un’altra organizzazione. L’idea dell’organismo sociale triarticolato tiene conto del fatto che, all’odierno grado evolutivo dell’umanità civile, la vita economica deve limitarsi a provvedere all’economia. Tramite propri organi, la sua amministrazione dovrà riuscire a constatare l’estensione delle necessità di consumo, il modo migliore per portare i prodotti ai consumatori, e la misura in cui questo o quel prodotto dovrà essere preparato. Tuttavia non avrà alcun mezzo per suscitare nell’uomo la volontà di produrre. E nemmeno sarà in grado di provvedere ad istituzioni educazione ed istruttive, da cui siano coltivate le facoltà umane individuali che devono essere la sorgente dell’attività economica. Dall’antico sistema economico fino ad oggi, gli uomini coltivavano queste facoltà perché, appunto, potevano darsi alla speranza del guadagno personale. Sarebbe errore funesto credere che il semplice comando da parte di amministrazioni economiche che abbiano di mira la sola economia, possa agire sulle facoltà umane individuali nel senso di svegliare la volontà, e che un tale comando abbia forza bastante per indurre l’uomo ad impegnare la sua voglia di lavorare. L’idea dell’organismo sociale triarticolato vuole, appunto, evitare che ci si abbandoni a questo errore. Ed è in una libera vita spirituale fondata su se stessa che vuole creare un campo in cui l’uomo impari in modo vivente cosa sia la società umana per cui deve lavorare, un campo in cui impari a conoscere l’importanza di un singolo lavoro nella struttura dell’intero ordinamento sociale in modo da amarlo in ragione del suo valore per l’intero. Nella libera vita spirituale l’idea della triarticolazione vuole creare le basi che possano sostituire lo stimolo derivante dal guadagno personale. Solo in una vita spirituale libera può nascere un tale amore per l’ordinamento sociale umano, quale l’ha un artista per la creazione delle sue opere. Se invece non si vuoi prendere in considerazione la possibilità di coltivare in una libera vita spirituale un tale amore, allora si rinunci addirittura allo sforzo di riorganizzare l’assetto sociale. Chi dubita che si possano educare gli uomini a questo amore, deve anche dubitare della possibilità di eliminare il guadagno personale dalla vita economica. Chi non può credere che una vita spirituale libera generi nell’uomo un tale amore, ignora appunto che è la dipendenza della vita spirituale dallo Stato e dall’economia a produrre la brama del guadagno personale, brama che di per sé non è per nulla un risultato elementare della natura umana. Questo è l’errore da cui parte spesso l’obiezione che per realizzare la triarticolazione occorrerebbero uomini differenti dagli attuali. No, dall’organismo triarticolato gli uomini verrebbero educati in modo da diventare diversi da ciò che sono stati finora. a causa appunto dell’ordinamento economico statale.

 

4. E come la libera vita spirituale genererà gli impulsi allo sviluppo delle facoltà individuali, così lo Stato giuridico democratico darà alla volontà di lavoro gli impulsi necessari. Nei rapporti veri che si stabiliranno tra gli uomini riuniti in un organismo sociale, in cui ogni persona maggiorenne regoli i suoi diritti rispetto ad ogni altra persona maggiorenne, ci sarà la possibilità che si accenda la volontà di lavorare “per la comunità”. Si dovrebbe pensare che solo da simili rapporti potrà nascere un vero senso di comunità, e che da questo sentimento può derivare la volontà di lavorare. Perché nella realtà un tale Stato di diritto avrà come conseguenza che ogni uomo sarà collocato in modo vivente, con piena coscienza, nel comune campo di lavoro. Egli saprà perché lavora e vorrà lavorare nella comunità di lavoro nella quale si sa inserito con la propria volontà.

 

5. Chi riconosce l’idea dell’organismo sociale triarticolato intende che il grande consorzio a struttura sociale propugnato dal socialismo marxista non può generare impulsi atti a promuovere la capacità e la volontà di lavoro. Egli vuole che la realtà dell’ordinamento esteriore della vita non faccia dimenticare il vero essere dell’uomo. Perché la vera praticità della vita non deve solo fare i conti con le istituzioni esteriori ma deve anche tener presente ciò che l’uomo è e che può diventare.