Le tre esperienze dinanzi al Guardiano della soglia.

O.O. 186 – Esigenze sociali dei tempi nuovi – 08.12.1918


 

Sommario: Il pensare astratto, estraneo alla realtà, dei rivoluzionari russi. Caratteristiche e disposizioni dei diversi popoli: potenza per l’inglese, apparenza per il tedesco, saggezza per il russo. Le tre esperienze dinanzi al Guardiano della soglia.

 

Nelle due ultime conferenze ho attirato l’attenzione sul fatto che il cosiddetto problema sociale non è tanto semplice come comunemente si crede, ma che bisogna tener gran conto della circostanza che la natura umana è molto complicata e che, indipendentemente dalla struttura sociale e dagli ideali sociali realizzati, nell’uomo sono presenti e si devono esprimere sia impulsi sociali sia impulsi antisociali. Come abbiamo visto, proprio nel nostro tempo dell’anima cosciente gli impulsi antisociali hanno un ruolo particolarissimo. Nell’evoluzione dell’umanità, in certo modo essi hanno un compito educativo quando si tratti di far poggiare l’uomo su se stesso. Essi saranno superati per il fatto che al nostro periodo dell’anima cosciente seguirà l’altro che si sta già preparando: quello del sé spirituale che in sostanza unirà socialmente l’umanità. Ad ogni modo ciò avverrà non come se lo sognano gli illusi, ma in modo che ci si conoscerà veramente l’un l’altro come esseri umani, che si avrà interesse per il prossimo in quanto è uomo, in breve, si guarderà l’uomo in modo tale che ogni singolo giungerà alla condizione di comprendere l’altro con reale interesse.

 

Le esigenze sociali che si manifestano oggi sono una specie di avanguardia o di avvisaglia, una specie di preparazione che, in quanto rappresenta un germoglio per l’avvenire, si manifesta caoticamente e si esprime in molte illusioni ed errori; errori che l’umanità compie oggi perché, gli impulsi sociali sorgono perla maggior parte ancora da quanto non è cosciente o è subcosciente, e non sono purificati da una conoscenza spirituale del mondo e dell’umanità. Questo modo illusorio di esprimersi si concreta in maniera particolarmente forte nello sviluppo della cosiddetta rivoluzione russa, estremamente caratteristica per il fatto che in fondo, così come si manifesta oggi e perché, viene realizzata in base ad astrazioni, non ha un rapporto giusto con quanto si sta preparando nel popolo russo per il futuro sesto periodo postatlantico.

 

Proprio gli ideali più o meno illusori della presente rivoluzione russa sono significativi per chi voglia studiare avvisaglie di una realtà futura in una passata. Si direbbe che il rappresentante caratteristico di questa rivoluzione russa sia Trotzki tipico pensatore astratto, il quale sembra non abbia un’idea che in un fatto, quale la vita sociale degli uomini, vi sia una realtà. Qualcosa di pensato in modo del tutto estraneo alla realtà dovrebbe essere inoculato nella realtà stessa.

 

Questa non è una critica, ma semplicemente una caratterizzazione. È infatti caratteristico per la nostra epoca che la tendenza all’astrazione, al pensare estraneo alla realtà, voglia anche introdurre in essa principi che vengono semplicemente presupposti, senza la conoscenza delle leggi della realtà stessa; principi che si considerano assolutamente esatti senza aver alcun riguardo per la vita complicata, quella che studiamo per mezzo dell’elemento spirituale che sta alla base della realtà esteriore. Tutto quanto si deve formare deve procedere da questa realtà il fatto che qui si mette in scena una cosa tanto estranea alla realtà, realtà in cui però si agitano impulsi ed istinti di ogni genere propri al modo di pensare proletario, appunto per questo sono tanto importanti, da questo punto di vista, le idee che vogliono realizzarsi e che vivono oggi nelle teste rivoluzionarie russe. Si può infatti vedere come, in un periodo di tempo relativamente breve, persone professanti le più svariate concezioni di vita abbiano preso parte in Russia alla formazione del movimento rivoluzionario. Mentre la situazione è divenuta acuta in Russia, il problema sociale vero e proprio del presente si è fatto attuale sotto l’influenza della catastrofe bellica. E dall’attualità del problema della proprietà si è poi sviluppata in Russia, nel marzo 1917, la cosiddetta rivoluzione del febbraio che invero aveva essenzialmente lo scopo di far cadere i poteri statali che stanno alle spalle della proprietà. Poco dopo questa forma puramente politica, esteriormente politica della rivoluzione, venne sostituita dalla prima tappa del pensare rivoluzionario per mezzo di quelle persone che, nella terminologia di Trotzki, si potrebbero chiamare forse «uomini del compromesso»; vale a dire degli uomini che, a mezzo di acute intuizioni trasformate in concetti, volevano realizzare una struttura sociale. Questi rivoluzionari erano soprattutto coloro che anche prima avevano già partecipato più o meno alla formazione della struttura sociale; si trattava di circoli culturali, commerciali, industriali, i quali più o meno si prefiggevano di realizzare per ragionamento una struttura sociale.

 

Ma con una certa ragione, anche se solo con una relativa ed unilaterale ragione, Trotzki giudica queste persone, che per mezzo di valutazioni d’ogni genere, per mezzo di buone idee di buona volontà, vogliono creare una struttura sociale, dei meri insabbiatori della rivoluzione, degli incapaci, degli inetti. Dalle considerazioni da me qui svolte saprete che la concezione proletaria rifiuta soprattutto valutazioni del genere, per quanto ragionevoli, per quanto giustificate da coloro che Trotzki chiama chiacchieroni, perché, parlano in modo intelligente. Queste cose ragionevoli vengono rifiutate dalla concezione proletaria, e precisamente per un certo istinto che però nel marxismo si è trasformato man mano in una teoria ben determinata. Semplicemente non si credono queste cose, non si crede che per mezzo di certe valutazioni ragionevoli, anche se con intendimenti onestissimi, si possa creare in avvenire una struttura sociale come si deve. Il proletariato crede unicamente che solo dalle menti dei proletari stessi, dalle menti della massa nullatenente, dalle condizioni economiche in cui si trovano i proletari possano nascere idee: che tali idee non possano nascere mai nella borghesia o in un’altra classe in quanto la borghesia per le sue idee, deve pensare altrimenti. Soltanto nell’ambito della classe lavoratrice dovrebbero svilupparsi le idee che sole possono pervenire ad una futura struttura sociale.

 

Considerando ciò, per una mente ad esempio come quella di Trotzki, deve seguire necessariamente la conseguenza che vi sia altro da fare che togliere la proprietà alla borghesia e portare al dominio la classe nullatenente. E’ qualcosa che per decenni si è andata preparando in menti di questo tipo, ed esse la vogliono introdurre in Russia dopo che ivi è intervenuta la grande crisi. Ciò doveva essere introdotto per mezzo della cosiddetta rivoluzione d’ottobre dopo che gli altri – diciamo partiti – fossero stati tolti di mezzo dalla presa del potere da parte del proletariato stesso. E dall’ottobre 1917 la rivoluzione è stata anche condotta da parte delle personalità dirigenti da questo punto di vista, che naturalmente è pura astrazione ed è concreto solo in quanto tutto è accordato e adattato ad una determinata classe di uomini che invero sono la realtà.

 

Ora per un tale pensare rivoluzionario sorgono certe difficoltà. Queste difficoltà sorgono anche in Russia con particolare forza in quanto, come sapete dalle nostre considerazioni scientifico-spirituali, vigono là particolari condizioni preliminari. Queste difficoltà sono fondate sulla costituzione delle classi, diffuse in tutto il mondo, ma si manifestano in modo particolare solo a causa delle condizioni russe. La prima grande difficoltà sta nel fatto che una classe, che prima era stata esclusa da tutto, e prima non aveva alcun rapporto con quanto stava alla base della cosiddetta cultura, doveva ora prendere in mano tutta la guida sociale e politica dell’umanità. Il proletario, che effettivamente ora giunge al potere, era stato escluso da tutti gli impulsi che erano alla base dei precedenti fattori del potere. Fino ad ora, per modo di dire, esso non aveva da offrire che la propria forza di lavoro, la sua capacità di lavoro fisico. Ciò si verifica in tutti i paesi. Nella misura cioè in cui la rivoluzione vi prenda piede, in tutti i paesi accade che il proletariato, in quanto gruppo politico, subito prende il potere; ma in un certo senso tutto rimane invariato, cioè tutte le persone che fino a quel momento avevano diretto l’amministrazione, rimangono ai loro posti, continuano a svolgere le funzioni per cui sono state preparate, perché, sono le uniche ad avere una preparazione tecnica. In tutto l’apparato tradizionale non si ha così altra modifica se non che vi intervengono degli incompetenti, se non che, per così dire, un collegio d’incompetenti lo invade. Ma si tratta del fatto che questo collegio d’incompetenti ha una fisionomia ben determinata, la fisionomia proletaria, e del fatto che è formata da proletari. Dato che questo collegio deve essere formato da proletari, esso vuol essere certo dell’adempimento della massima: «Soltanto dal proletariato possono derivare quelli che in avvenire deterranno il potere; altri non devono prendervi parte». In avvenire dunque, non si potrà per esempio mettere il potere in balìa di un’assemblea nazionale o di una costituente, perché, una costituente, in certo modo, non sarebbe altro che la continuazione di quanto esisteva prima, mentre quello che deve avvenire deve rappresentare una trasformazione radicale. Infatti non è necessario fare prima le elezioni. Coloro che devono dirigere, hanno la loro carica in quanto appartengono al proletariato: non vi è un’assemblea nazionale, non un’assemblea costituente, ma la dittatura del proletariato. Come ho accennato, da ciò sorge però anzitutto la difficoltà che il proletariato deve essere considerato appunto incompetente, che esso può esercitare in realtà solo un controllo su coloro che dirigevano l’amministrazione secondo i metodi passati, che dunque propendevano in realtà verso gli interessi del sistema precedente. Così in Russia, quelli che al presente, in quanto proletari, si sono trovati in posti preminenti, quelli che in precedenza non avevano avuto alcuna dimestichezza con quanto interviene nell’organismo statale, si sono visti di fronte a ciò che era rimasto dell’organismo statale. Essi hanno dovuto considerare questo fatto, come in effetti succede in realtà, nel senso che tutti gli appartenenti all’organismo statale precedente agivano secondo le direttive che da esso derivavano. Costoro dunque portavano gli interessi del vecchio stato borghese in quello che deve sottostare alla dittatura del proletariato. Costoro agivano al modo di un nemico che, durante una guerra o una controrivoluzione, non agisce apertamente, ma dal suo paese fa entrare nel paese nemico quanto ha un effetto distruttivo. Così i proletari venuti al potere hanno sentito l’attività del passato corpo statale come sabotaggio. Il loro primo sforzo è stato dunque quello di superare il sabotaggio con l’introdurre in ciò che volevano fondare come nuovo regime quanto in realtà non poteva essere che un puntello del vecchio. È esattamente lo stesso procedimento che si applica quando, per esempio quale cittadino di un paese, senza aprire apertamente alcuna ostilità si portano veleni in un paese straniero e si avvelenano i campi, il terreno, col risultato che nulla più vi cresce. I proletari hanno sentito dunque come sabotaggio quanto proveniva dal vecchio corpo amministrativo. Ed anzitutto hanno rivolto le loro direttive più intense al superamento del sabotaggio. Non si sono comportati affatto con moderazione: hanno cercato di eliminare radicalmente tutto quanto, secondo loro, era vecchio. In realtà un uomo come per esempio Trotzki è convinto che al giorno d’oggi il sabotaggio sia già superato fino ad un certo grado. Chi ha fatto qualcosa di non corrispondente al pensiero proletario è stato cacciato, se non peggio.

 

Ma la difficoltà non si supera, lo riconosce anche Trotzki, combattendo semplicemente il cosiddetto sabotaggio. Egli comprende che bisogna disporre di tutto il vecchio corpo amministrativo e che si deve asservirlo al potere del proletariato. Trotzki, per esempio, vede in questo la prima grande difficoltà. Ma è qualcosa che crede di poter superare con i suoi mezzi astratti che non gli serviranno allo scopo. Qui inizia l’illusione, in quanto Trotzki è appunto uno spirito estraneo alla realtà. L’illusione si fonda sull’idea astratta che si possa asservire semplicemente il complesso degli impiegati tecnici, gli intellettuali, i commercianti ad un collegio proletario che dia gli ordini. È l’incredulità nella vita animico-spirituale che si manifesta in questa illusione. Rimanendo attaccati alle vecchie idee, se non si ritiene giusto quanto ho messo qui spesso in evidenza, che cioè la trasformazione sociale deve sorgere da nuove idee, se si impiegano semplicemente di nuovo i vecchi tecnici, i vecchi impiegati, i vecchi generali, se si accoglie semplicemente il vecchio senza andare anzitutto incontro al nuovo a mezzo dell’educazione, dopo qualche tempo le cose torneranno ad essere come prima. Vale a dire non si supera il sabotaggio, ma lo si traspone. Per qualche tempo lo si può superare con mezzi coercitivi, ma esso tornerà sempre a riprendersi; perché, se è giusto che l’uomo dipende dalla situazione in cui si trova – e ne dipende da tre o quattro secoli, questo è esatto per la storia più recente – se non lo si rende indipendente dalle circostanze per mezzo di idee efficaci, le quali però possono derivare soltanto dalla vita spirituale, egli deve ricadere nel vecchio modo di pensare, e con ciò nel vecchio modo di agire.

 

Qui sta uno dei punti in cui questo pensare si rivela illusorio, estraneo alla realtà. Potrei citare molti di tali punti, ma mi propongo di presentare soltanto la particolare configurazione di questo pensiero. Con singoli esempi voglio far vedere come questo pensiero si riveli estraneo alla realtà. Infatti non si può semplicemente immaginare che questo o quello debba avvenire, ma bisogna tener conto degli impulsi conformi a leggi esistenti nella realtà. Se non si vive con essi si cade necessariamente preda di illusioni. Una delle illusioni più notevoli di Trotzki è per esempio questa: Trotzki sa che con l’oppressione particolarmente forte subita proprio in Russia da larghe masse, anche del proletariato agricolo – lo si può ben chiamare così – le condizioni dovevano peggiorare. Egli sa che la forma assunta dalla rivoluzione in queste particolari circostanze non può portare alla vittoria. È estraneo alla realtà, ma non tanto da non riconoscere ragionevolmente che non si può introdurre unilateralmente nelle condizioni attuali una nuova struttura sociale in un territorio che, per quanto grande, in rapporto alla terra, è tuttavia ancora piccolo. Per questo motivo Trotzki contava sulla rivoluzione in tutto il mondo civile per mezzo del proletariato, e non si illudeva che la rivoluzione russa potesse vincere di per sé. Egli sapeva che essa dipendeva dalla vittoria proletaria in tutto il mondo.

 

Ebbene, il carattere astratto della rappresentazione di Trotzki si è permeato di questi pensieri. Trotzki ha creduto nella rivoluzione proletaria di tutto il mondo, ha creduto che la guerra avrebbe preso man mano un carattere per cui su tutta la terra si sarebbe verificata una specie di rivoluzione proletaria, che la guerra si sarebbe trasformata nella rivoluzione proletaria.

 

La catastrofe bellica avrà certo le più varie conseguenze, ma fin d’ora la realtà ha sufficientemente fatto vedere che il pensiero trotzkista è appunto estraneo ad essa. Sarebbe reale solo se la catastrofe bellica fosse finita con l’esaurimento generale, se non fosse stata raggiunta da una delle parti una cosiddetta vittoria tanto evidente, una vittoria che elimina semplicemente la speranza che un esaurimento si manifesti uniformemente nel mondo civile. Quanto si manifesta è una decisa egemonia delle potenze occidentali, mentre le potenze centrali ed orientali restano completamente dipendenti. Le forze portanti che si sono manifestate conducono ad un completo predominio delle potenze occidentali sulle potenze centrali ed orientali, né poteva essere diversamente. Questo era ovvio per chi comprende la realtà su questo piano. Ma Trotzki è appunto uno spirito estraneo alla realtà, altrimenti oggi dovrebbe dirsi che gli eventi lo hanno contraddetto. Ha detto una parola che non è senza fondamento se si pensa solo astrattamente, una parola ricca di spirito; ha detto: «La concezione borghese del presente non ha se non l’alternativa fra la guerra continua e la rivoluzione». La realtà ha avuto uno sviluppo diverso. Si è avuta una cosiddetta vittoria delle potenze occidentali; né una guerra continuata, né una rivoluzione. Ed in quanto si va preparando nell’occidente non vi è neppure in germe una disposizione ad una rivoluzione proletaria; si intravede invece la trasformazione di tutto l’occidente in una macro-borghesia organizzata statalmente che si oppone al proletariato dell’Europa centrale ed orientale.

 

Questo, si potrebbe dire, è l’effetto storico che invero tornerà a modificarsi, ma che per ora esiste. Questa è la realtà. Per cui Trotzki, se considerasse la realtà, dovrebbe semplicemente cambiare parere. Dovrebbe chiedersi come potrà pervenire alla vittoria ciò che ha voluto con la rivoluzione russa, dato che una delle più importanti premesse, la rivoluzione mondiale del proletariato, non avrà luogo. Se egli ancora oggi fa assegnamento sulla rivoluzione mondiale del proletariato, si ha la dimostrazione del suo essere estraneo alla realtà.

 

Il modo di pensare estraneo alla realtà di un tale rivoluzionario si manifesta in maniera notevole in un altro punto. Naturalmente anche rivoluzionari del genere hanno fatto sempre rilevare che il malanno maggiore è il cosiddetto militarismo prussiano-tedesco; che esso doveva essere superato, eliminato. Ebbene, gli eventi si sono sviluppati in modo che il militarismo prussiano-tedesco è stato eliminato. Ma il militarismo dell’Intesa eserciterà prossimamente una notevole azione di predominio! Non voglio affatto parlare ora di questo argomento, ma della circostanza che Trotzki stesso abbia avuto occasione di chiedersi quale fosse uno dei prossimi compiti più importanti della rivoluzione russa, se questa voleva sussistere. La sua risposta fu: «La creazione di un’armata!» Questo è proprio il compito più prossimo e importante indicato da Trotzki.

 

Queste cose dovrebbero essere ben osservate e ben comprese, perché soltanto quando si osservano e comprendono veramente si giunge a dire che in realtà si deve guardare un po’ più profondamente negli impulsi dell’umanità se ci si vuole formare una rappresentazione delle conseguenze che avrà il caos sviluppato man mano dalla catastrofe bellica. L’umanità è certamente molto restia ad occuparsi degli impulsi che ho sviluppato qui dai più vari unti di vista come gli unici veri e possibili impulsi sociali. Ma l’umanità potrebbe abbordarli se si decidesse appunto a considerare più attentamente le forze reali che dominano in essa.

 

Una idea che torna sempre a manifestarsi nelle menti rivoluzionarie russe è oltremodo caratteristica. Che cosa vogliono invero, nell’insieme, quei proletari della dittatura? Vogliono far diventare il mondo come una grande fabbrica, una fabbrica attraversata da una specie di sistema contabile bancario che si estende su tutto il gruppo considerato. Penseremo noi a preparare i tecnici, gli impiegati, perfino i generali per la nostra dittatura proletaria! Ma dobbiamo tenere le fila della contabilità, la registrazione dell’economia generale, vale a dire l’ufficio direttivo della fabbrica! Non bisogna meravigliarsene, in quanto tutto il movimento proviene dall’industria moderna. Se si pensasse soltanto che esso è partito dal proletariato dell’industria moderna, non ci si meraviglierebbe nemmeno che il modo di pensare di questo proletariato, che si è formato con quanto ha veduto nelle fabbriche, deve essere utilizzato per tutto ciò che entra nel suo dominio. Ciò è naturalmente la conseguenza del fatto che la borghesia non ha notato che nel tempo più recente il proletariato si è sviluppato in modo tanto esteso. Se anche è stato necessario che la borghesia chiudesse gli occhi e lasciasse tranquillamente che tutto si sviluppasse, non è tuttavia una necessità che le condizioni ancor più importanti, che le forze e le cause presenti nel mondo non vengano tenute in considerazione; non vi è infatti la possibilità di acquistare conoscenza dei compiti sociali senza tener conto di queste forze. Bisogna sapere come sia differenziata l’umanità nel mondo; l’ho già detto ieri o ieri l’altro. Bisogna sapere che in occidente vive un’umanità diversa da quella dell’oriente e del centro, che non si può produrre alcun germe di formazione sociale con idee astratte, senza tener conto della realtà. Per la grande illusione dovuta al suo essere estranea alla realtà, la rivoluzione russa dovrà naufragare.

 

Chi per educazione è anche socialmente libero, in quanto chi ha il potere può appunto usare ciò che vi è nel potere può trasformare per un certo tempo tali illusioni in realtà. Ma la realtà lo espelle perché, non può utilizzare queste cose. La realtà accetta soltanto quello che è nel senso del suo svolgimento. Non dobbiamo dimenticare che il fatto più importante è che viviamo nel periodo dell’evoluzione dell’anima cosciente, e che tale evoluzione si manifesta sulla terra in forme nettamente differenziate.

 

Sulle scorte delle più notevoli differenziazioni europee che si manifestano per mezzo della lingua, cerchiamo di osservare i vari impulsi che stanno alla base del mondo civile. Ho già spesso spiegato che nelle popolazioni di lingua inglese vi sono i germi veri e propri per la formazione dell’anima cosciente. È importante tenerlo presente. Vi è connesso invero tutto ciò che avviene nel mondo sotto l’influenza delle popolazioni di lingua inglese. L’elemento nazionale delle popolazioni di lingua inglese, non parlo del singolo ma della nazione, ha in sé tutti gli impulsi che conducono alla formazione dell’anima cosciente. È così che là, in modo del tutto diverso che non presso il resto dell’umanità, la tendenza all’anima cosciente si manifesta in maniera istintiva. In nessun’altra parte del mondo come nella nazione inglese vive questo istinto spiritualizzato teso a formare l’anima cosciente. Là è istinto. In nessun altro luogo, del resto, ha carattere istintivo, nemmeno nel romanesimo incorporato nella popolazione di lingua inglese. In realtà il romanesimo è il successore di quanto in effetti viveva nel quarto periodo postatlantico. Allora il romanesimo aveva gli istinti per quanto si è sviluppato particolarmente nel quarto periodo postatlantico. Ora i suoi istinti non sono più elementari allo stesso modo, ma sono razionalizzati, intellettualizzati, si manifestano come retorica, come forma decorativa, attraverso l’intelletto, attraverso l’anima. Derivano dall’elemento istintivo. Ciò che si manifesta nel romanesimo, direi come temperamento popolare, è assolutamente diverso dal temperamento popolare che si palesa nell’elemento nazionale inglese. Nella nazione inglese la tendenza verso l’anima cosciente, lo sforzo del singolo di mettersi sulle proprie gambe, è istinto.

 

Vale a dire, il compito del quinto periodo postatlantico è ancorato in quella nazione come istinto, come impulso proveniente istintivamente da tutta l’anima. E la posizione di quella nazione nel mondo è in relazione con ciò. Vi è connesso il fatto che questo impulso è l’elemento decisivo nell’ambito della struttura sociale delle popolazioni di lingua inglese, e che esso può sopraffare le altre tendenze. Le altre tendenze sono già secondo l’articolazione indicata da me per il problema sociale, come si può rilevare dalle mie esposizioni: l’impulso economico e l’impulso della produzione spirituale. Ma si provi a studiare psicologicamente l’elemento nazionale delle popolazioni di lingua inglese: gli altri due impulsi, quello economico e quello spiritualmente produttivo stanno completamente nell’ombra di ciò che proviene dall’impulso istintivo che tende alla formazione dell’anima cosciente.

 

Per questo motivo i settori che dovranno formare la vita sociale dell’avvenire acquistano proprio nell’ambito della nazione inglese la loro particolare colorazione. Le tre branche dovranno mostrare di avere particolare efficacia, dovranno dare il la: in primo luogo la politica, che provvede alla sicurezza; in secondo luogo l’organizzazione del lavoro, del lavoro puramente materiale, vale a dire l’ordinamento economico, il sistema economico. Questa è la seconda. La terza è il sistema della produzione spirituale nella quale annovero, come dissi allora, anche la giurisprudenza, il diritto. Queste branche della struttura sociale saranno naturalmente messe nell’ombra dall’impulso principale, esistente in ogni differenziazione nazionale. Per il fatto che nella nazione di lingua inglese l’evoluzione tende istintivamente verso l’anima cosciente, verso lo stare sulle proprie gambe, per questo motivo in essa la politica ha la parte precipua, come la storia tanto esaurientemente insegna. Tale politica è dominata completamente dalla spinta istintiva a porre l’uomo sulle proprie gambe, a sviluppare completamente l’anima cosciente. Poiché, è istintiva, e gli istinti derivano sempre dall’egoismo faccio qui una caratterizzazione e non una critica, quella spinta tende a far coincidere letteralmente egoismo e mèta politica; in modo del tutto spontaneo e senza che se ne possa far colpa a nessuno dei politici di lingua inglese, essi tendono a far sì che tutta la politica possa venir messa al servizio dell’egoismo, e con ciò porti a compimento la missione della nazione di lingua inglese. Solo in questo modo si riesce a comprendere la caratteristica della politica inglese che veramente dà il tono per tutta la popolazione della terra. Infatti dappertutto si considera come un ideale la politica inglese e il suo ordinamento parlamentare, con l’alternanza di maggioranza e minoranza, e così via. Se ci si prende la briga di studiare le condizioni dei vari parlamenti, di come essi si siano formati, si osserverà dappertutto che la politica inglese dà appunto il tono alla vita politica. Ma diffondendosi fra gli altri popoli altrimenti differenziati, essa non ha potuto rimanere più la medesima in quanto è ancorata, e giustamente, all’egoismo necessariamente inerente ad ogni elemento istintivo.

 

Qui risiede la riscontrata difficoltà a comprendere la politica inglese o americana. Non si osserva la sfumatura che deve essere necessariamente considerata: che tale politica deve essere egoistica, che deve poggiare completamente su impulsi egoistici. Deve poggiare su impulsi egoistici per la sua particolare caratteristica. Essa considererà pertanto come naturali, giusti, morali, i suoi impulsi egoistici. Contro questo non c’è nulla da obiettare. È non da criticare, ma da considerare semplicemente come una necessità storica, addirittura cosmica. Non la si può nemmeno confutare per la semplice ragione che se qualcuno nell’ambito della nazione di lingua inglese volesse confutare qualcosa si troverebbe sempre su un sentiero sbagliato. Per motivi morali, di cui in questo caso non si deve tenere affatto conto, egli negherebbe che la politica della nazione di lingua inglese è egoistica. Ma in questo caso motivi morali non vanno considerati affatto. Gli effetti di quella politica, i suoi risultati, deriveranno appunto da quel carattere istintivo, egoistico.

 

Per questo motivo, nel nostro quinto periodo postatlantico, si attribuisce in certo modo alla popolazione di lingua inglese l’elemento della potenza. Ricordiamoci dei tre elementi della fiaba* di Goethe: potenza, apparenza o sembianza, saggezza o conoscenza. Di questi tre elementi viene assegnata alla nazione di lingua inglese la potenza. Ciò che essa compie politicamente nel mondo, lo può compiere in quanto in certo qual modo è pertinente alle sue innate caratteristiche di agire per mezzo del potere.

 

E nel quinto periodo di civiltà postatlantica l’azione derivata dalla potenza sarà accettata come ovvia. La politica inglese viene accettata in tutto il mondo naturalmente si potranno criticare fortemente tutti i danni sempre presenti nella realtà sul piano fisico, lo possono fare anche gli appartenenti all’impero britannico ma questa politica viene accettata. È semplicemente una caratteristica dell’evoluzione del tempo che essa sia accettata, e precisamente senza che ci si pensi, senza che se ne cerchino i motivi. Del resto i motivi tutti non serviranno a nulla in quanto è appunto senz’altro ovvio che venga accettata la potenza proveniente da quella parte.

 

Non è così presso i popoli neolatini. Si direbbe che essi vivano il riflesso di quel che erano nel quarto periodo postatlantico. Gli istinti sono trasformati in intellettualità, non sono più tanto elementari. Per questo motivo la politica inglese viene accettata come ovvia, mentre la politica francese lo è solo da parte di coloro ai quali riesce gradita. Il modo di essere francese viene amato nel mondo in quanto piace. Quello inglese non ne ha affatto bisogno, ma si basa sulla naturalezza per cui istintivamente la sua attuale politica risulta efficace. In tal modo è però anche possibile che proprio nell’ambito della popolazione di lingua inglese, sotto la spinta preminente dell’egoismo e della potenza che si adeguano alla politica, vengano posti dei limiti all’elemento economico, ed è per questo che a quei popoli tocca necessariamente il dominio del mondo; l’elemento economico è messo cioè in sottordine, e anche la vita spirituale, in quanto appartenente al quinto periodo postatlantico, entra al servizio della politica; tutto, unitariamente, è in certo qual modo al servizio della politica.

 

È semplicemente questo il motivo per cui il marxismo risulta falso per il mondo di lingua inglese. Infatti il marxismo presuppone che la politica sia un addentellato dell’ordinamento economico. Essa non lo è semplicemente per gli istinti tendenti all’anima cosciente che si formano nella popolazione di lingua inglese. Un ordinamento marxistico viene impedito non da argomentazioni o discussioni, non da qualcosa che può accadere nel mondo, ma perché, l’impero britannico poggia su fondamenti reali, diversi da quelli su cui si fonda il marxismo. Questo è il grande contrasto fra il proletariato di fede marxista e ciò che l’impero britannico porta nel mondo, traendolo dalla vita istintiva. La fortuna arriderà non all’istituto bancario o alla contabilità che Trotzki vuol introdurre in Russia, ma al grande istituto bancario, al grande istituto finanziario per il quale, attraverso le sue particolari disposizioni, è organizzata la popolazione di lingua inglese. Lo si comprende proprio esaminando come la singola nazione, nella sua caratteristica, si comporta verso i tre settori che, come ho indicato, sono fondati sulla realtà.

 

A questo va aggiunto qualcos’altro, oltremodo importante. La caratteristica di cui ho parlato arriva al punto che chi non tende a superare il suo nazionalismo ma vi si immerge, e la politica invero si affonda nel nazionalismo, dinanzi al guardiano della soglia fa esperienze differenti di chi tende a superare il nazionalismo. E qui arrivo al punto che, studiando a fondo, dà una base per distinguere l’occultismo benefico, che naturalmente si manifesta su tutta la terra senza distinzione di nazionalità, dall’occultismo che, nelle società di cui ho parlato, si pone al servizio politico della nazione e da qui agisce. Si potrà chiedere: com’è possibile distinguere ciò? Lo si può distinguere considerando le grandi caratteristiche distintive che indicherò oggi.

 

Per pervenire al vero occultismo utile a tutta l’umanità, un uomo deve superare il suo elemento nazionale, deve diventare in certo qual modo un senza patria. Se vuol progredire nel vero occultismo egli non deve, per quanto riguarda l’essere intimo della sua anima, tener conto all’appartenere a un certo popolo, non deve avere impulsi che tornino utili ad uno solo popolo. L’occultismo però che vuol limitarsi a tornar utile ad un determinato popolo, raggiunge dinanzi al guardiano della soglia qualcosa di particolare. Tutti coloro che, nell’ambito di quelle società esistenti presso i popoli di lingua inglese, cercano un’evoluzione occulta, hanno una certa esperienza dinanzi al guardiano della soglia. Nel momento in cui vogliono superare la soglia, scoprono le forze che vivono nella natura umana più profonda, quella che si manifesta appunto quando si entra nel mondo soprasensibile; tali forze sono della stessa specie delle forze distruttrici del mondo. È questo che si vede dinanzi al guardiano della soglia. Se costoro, nell’ambito di una di tali società occulte, vengono portati fino al guardiano della soglia, pervengono alla conoscenza delle potenze malefiche della malattia e della morte, di tutti gli elementi paralizzanti e distruttori. Infatti se le forze che portano la morte nella natura esterna, che dunque sono forze annientatrici che agiscono anche in noi, ci procurano conoscenza, si tratta della conoscenza che si manifesta in dette società. Si tratta di una conoscenza occulta. È la specifica conoscenza occulta che si manifesta in quelle società. Si entra certamente nel mondo soprasensibile, basta soltanto passare davanti al guardiano della soglia. Però bisogna passare davanti al guardiano della soglia sperimentando nella sua vera forma la morte, quale esiste in noi stessi e nella natura esterna.

 

Ciò dipende dal fatto che nella natura esterna, quale si manifesta intorno a noi, vivono potenze arimaniche. In quanto si resti nella natura esterna, non si possono percepire se non potenze arimaniche. Si può avere la manifestazione di tali potenze che entrano spettralmente nella natura esterna. Da qui nell’occidente la tendenza allo spiritismo, alla percezione di figure appartenenti in realtà al mondo fisico sensibile, che nella vita ordinaria non sono visibili ma che, in condizioni particolari, possono essere rese visibili. Sono tutte potenze di morte, distruttrici, arimaniche. In tutto l’esteso campo delle manifestazioni spiritistiche non vi sono altri spiriti se non quelli arimanici anche quando le manifestazioni spiritistiche sono autentiche; si tratta infatti di quegli spiriti che nel passare la soglia portiamo con noi dal mondo sensibile. Essi ci accompagnano; ci inseguono fin là.

 

Si oltrepassa la soglia e si ha il seguito dei demoni arimanici, dei servitori della morte, della malattia, dell’annientamento e così via; quelli che prima non si erano visti ma che là si vedono. In tal modo si è svegliati alla conoscenza soprasensibile, si è portati nel mondo soprasensibile.

 

Tutti coloro che vengono educati ed istruiti all’occultismo in questo modo fanno importanti esperienze, perché, l’esperienza di cui ho parlato è importante, ma si tratta di un’esperienza basata sul fatto che non ci si dedica ad un occultismo di tutta l’umanità, ma all’occultismo di un particolare popolo. Esiste tale differenziazione. E se talvolta può accadere di sentir dire che oltrepassando la soglia si fa anzitutto la conoscenza delle potenze malefiche della morte e della malattia, si capisce subito semplicemente dalla comunicazione relativa all’esperienza avuta presso il guardiano della soglia, che l’occultista di cui si tratta proviene dal genere di scuole che spesso ho caratterizzato.

 

Le cose stanno diversamente nei popoli di lingua tedesca. Direi che anche la popolazione tedesca contiene dei fattori estranei. Nella sua sfera di grande potenza il popolo inglese trova inserito qualcosa di romano; la popolazione tedesca ha qualcosa che non proviene solo dal passato, ma che è come un bagliore del futuro: l’elemento slavo. L’elemento slavo che incomincia in Russia è avvenire, esiste invero come germoglio di attitudini future. Invece gli slavi occidentali sono avamposti, bagliori di quanto si sta preparando. In certo qual modo essi indicano i bagliori dell’avvenire del mondo mitteleuropeo tedesco, come il romanesimo fa vedere l’ombra del passato del mondo occidentale di lingua inglese.

 

Ma l’elemento tedesco non possiede un’attitudine istintiva allo sviluppo dell’anima cosciente; ha solo la disposizione per educarsi all’anima cosciente. Mentre nell’elemento britannico si ha dunque l’attitudine istintiva allo sviluppo dell’anima cosciente, il medio europeo tedesco, che in certo qual modo voglia attivare l’anima cosciente, deve essere educato a farlo. Egli può conquistarla solo a mezzo dell’educazione. Dato che l’epoca dell’anima cosciente è contemporaneamente l’epoca dell’intellettualità, se il tedesco vuol attivare in sè l’anima cosciente deve farlo mediante l’intelletto. Questo è anche il motivo per cui il tedesco ha cercato la sua relazione con l’anima cosciente prevalentemente attraverso l’intellettualità, non per via della vita istintiva. Da qui il fatto che, in certo qual modo, hanno assolto il compito dei tedeschi solo coloro che hanno attuato la loro autoeducazione. La gente meramente istintiva non resta toccata dal muoversi dell’anima cosciente; resta per così dire distaccata.

 

Questo è anche il motivo per cui il popolo britannico ha l’attitudine alla politica fin dagli inizi, mentre il tedesco un popolo apolitico, del tutto privo di doti politiche. Volendo far politica il popolo tedesco sta dinanzi ad un grave pericolo che si comprenderà considerando che esso ha assunto il compito di introdurre in campo intellettuale il secondo elemento. L’inglese corrisponde alla potenza, il tedesco all’apparenza, diciamo pure alla sembianza, all’elaborazione di pensieri, a ciò che per un certo riguardo non ha solidità terrestre. Nell’elemento britannico tutto ha solidità terrestre. Nell’elemento tedesco si tratta di qualcosa che non ha solidità terrestre, ma che viene elaborato dialetticamente. Se si esamina l’intellettualità dei tedeschi, la si può paragonare a quella ellenica, soltanto che i greci, per quanto riguarda la natura immaginativa, hanno foggiato la sembianza; i tedeschi, particolarmente per quanto riguarda la sembianza, hanno foggiato la natura intellettualizzante. In ultima analisi non vi è nulla di più bello di quanto ha avuto forma attraverso il goetheanismo, attraverso Novalis, attraverso Schelling, attraverso tutti quegli spiriti che in effetti sono artisti nel pensiero. Ciò rende il tedesco un popolo apolitico. Se devono essere politici i tedeschi non sono all’altezza di una persona che pensa politicamente per istinto.

 

Delle tre cose caratterizzate nella favola di Goethe: la potenza, la sembianza, la conoscenza, al tedesco è toccato il compito, nell’epoca dell’intellettualità, di foggiare la sembianza dell’intellettualità. Se ugualmente vuol intervenire nella politica, egli si espone al pericolo di introdurre nella realtà ciò che è bello nell’ambito della formazione dei pensieri; questo è per esempio il fenomeno Treitschke. Alle volte quindi, rispetto alla realtà, ciò che è bello nella sembianza perché, non si trova nelle proprie attitudini, si trasforma in qualcosa che non si accorda bene con l’uomo, in qualcosa che può restare mera affermazione, in qualcosa che può dare al mondo l’impressione di insincerità. Il grande pericolo, che naturalmente deve essere superato anche se non sempre vi si riesce, consiste appunto nel fatto che il tedesco mente non solo quando è cortese, ma che può mentire anche quando vuol applicare le, sue migliori inclinazioni in un campo per il quale non ha attitudini innate, per il quale le attitudini possono essere educate con sforzo individuale.

 

Alcuni anni fa dissi che l’inglese è qualcuno e che il tedesco può solo diventare qualcuno. Da qui deriva la difficoltà della civiltà tedesca; per questo motivo nella civiltà tedesca ed in quella tedesco-austriaca emergono solo singole individualità che hanno esercitato l’autodisciplina, mentre la larga massa vuol essere dominata, non vuol occuparsi dei pensieri che sono istintivi nella popolazione di lingua inglese. È anche questo il motivo per cui la popolazione dell’Europa centrale, per sua natura apolitica, cadde preda di gente bramosa di dominio quali gli Asburgo e gli Hohenzollern. Esistono infatti esigenze del tutto diverse se il tedesco deve assolvere la sua missione. Deve essere educato per questo compito; in un certo senso deve venir toccato dal problema rappresentato da Goethe nel Faust, dal problema del divenire dell’uomo fra nascita e morte.

 

Ciò appare anche dinanzi al guardiano della soglia. Quando qualcuno, rimasto nell’ambito del popolo tedesco, perviene al guardiano della soglia, non nota i maligni servi della malattia e della morte, come accade a quelli delle società britanniche di cui ho parlato. Se ben si osservano queste cose si possono appunto fare delle distinzioni. Il tedesco osserverà anzitutto la lotta fra le potenze arimaniche e quelle luciferiche, le une facenti impeto dal mondo fisico, le altre mentre si avventano dal mondo spirituale; osserverà il modo con cui deve essere valutata questa lotta perché, si tratta in realtà di una lotta continuamente in essere, perché, non si può mai dire a quale parte arriderà la vittoria. Presso il guardiano della soglia si impara a conoscere la base reale del dubbio, la lotta che vive nel mondo che continuamente si accende e rimane indecisa; tutto ciò rende titubanti, ma educa a considerare il mondo dai lati più diversi. Malgrado tutto, la particolare missione dell’elemento tedesco sarà di intervenire come tale da questo lato nella civiltà del mondo. Per la sua particolarità nazionale certe cose relative al campo della conoscenza, di cui per esempio voglio trattare oggi, potranno essere sviluppate solo dall’elemento nazionale tedesco.

 

Dall’elemento nazionale britannico è sorto il darwinismo nella sua sfumatura materialistica. Come ho esposto nei miei Enigmi della filosofia, è un principio giusto che gli organismi si sono trasformati man mano dall’imperfetto al perfetto, fino all’uomo. Il perfetto deriva dall’imperfetto; si tratta di un principio assolutamente esatto quando si osservi il mondo fisico e ci si avvicini alle potenze della morte e della distruzione presso il guardiano della soglia. Ma si può anche dire che l’imperfetto deriva dal perfetto. Leggete il capitolo su Preuss nella seconda parte dei miei Enigmi della filosofia. Si può allo stesso modo dimostrare che dapprima esiste il perfetto e che per decadenza si forma l’imperfetto, che all’inizio c’era l’uomo e che, per decadenza, da lui derivano gli altri regni della natura. Infatti ciò è altrettanto esatto! Solo alla stirpe tedesca è stato veramente concesso dall’elemento nazionale il riconoscimento di tutta la fecondità della condizione in cui si trova l’uomo conoscente nel momento di dover dire che cose diverse sono giuste. In nessun’altra parte del mondo si è in grado di comprenderlo. Nel mondo non si comprende che si possa dibattere a lungo sul fatto che qualcuno, per esempio Darwin, possa sostenere che gli esseri perfetti discendono da quelli imperfetti o che qualche altro, come Schelling, sostenga che gli esseri imperfetti discendono da quelli perfetti. Ambedue hanno ragione e precisamente da differenti punti di vista. Se si considera il processo spirituale, l’imperfetto discende dal perfetto; se si considera quello fisico il perfetto deriva dall’imperfetto.

 

Tutto il mondo è ammaestrato a poter stare attaccato a verità unilaterali. I tedeschi, direi, sono tragicamente condannati ad indebolire le loro attitudini se vogliono restare lungamente attaccati ad una verità unilaterale. Se sviluppano le proprie attitudini, concentrandosi un po’, apparirà loro sempre in ogni caso che se si fa un’affermazione relativa a nessi universali è vero anche il contrario. Si vede la verità soltanto considerando i due aspetti insieme. Lo si impara bene davanti al guardiano della soglia vedendo la lotta degli spiriti, che ci accompagnano fin là dal mondo fisico, con quelli che ci si avventano incontro dall’altro, dal mondo spirituale; spiriti che però non vengono affatto scorti dalle società di cui ho parlato.

 

La situazione è ancora diversa nel caso delle popolazioni di lingua slava. Ho già detto che, in certo modo, gli slavi occidentali sono sparsi fra la popolazione medioeuropea di lingua tedesca. Come il romanesimo è l’ombra del passato, così gli slavi occidentali, che sono entrati in oriente in contatto con la popolazione di lingua tedesca, sono il barlume di quanto deve promanare dallo slavismo. Per questo motivo manifestano in un modo opposto ciò che l’elemento neolatino palesa nell’ambito della popolazione di lingua inglese. Nel periodo dell’anima cosciente gli slavi occidentali sono anche organizzati per l’intellettualità, tuttavia la rendono mistica, la trasformano in mistica. I tedeschi sono apolitici. Anche gli slavi occidentali sono apolitici, ma tendono a portare già nel mondo fisico quello spirituale; lo fanno già nella vita attuale. Da ciò deriva la loro caratteristica diametralmente opposta a quella dei francesi o degli italiani. Gli italiani e i francesi, quanto alla loro politica, dipendono dal fatto se piacciono o no agli altri; la politica dell’Inghilterra viene accettata come ovvia, che piaccia o no. La politica della Francia dipende dal fatto che i francesi piacciano o no; da questo è dipesa l’efficacia di quanto hanno fatto. In certe epoche sono piaciuti molto. Le cose sono diverse nel caso degli slavi occidentali. La loro politica dipende dall’effetto poco simpatico del loro essere spirituale sulla popolazione di lingua tedesca. Essi dipendono dal modo in cui non piacciono. Si può studiare il destino dei cechi, dei polacchi, degli sloveni, dei serbi, cioè degli slavi occidentali: esso risulta da quanto poco riescono simpatici, da quanto poco piacciono alla popolazione medio europea. La relazione con i francesi o con gli italiani o con gli spagnoli deriva dal modo in cui piacciono; quella con i polacchi, gli sloveni, i cechi, i serbi deriva dal fatto che non piacciono. Se si studia la storia si trova mirabilmente confermata questa tesi, perché, il primo caso è in relazione col passato, l’altro con l’avvenire.

 

La situazione è completamente diversa nel caso degli slavi orientali che portano in sé il germe dell’avvenire. Qui il carattere fondamentale, l’essere più elementare di queste popolazioni, è la spiritualità germogliante. Pertanto l’elemento russo, a differenza della grande massa della popolazione di lingua tedesca, che fa sempre spuntare l’individualità dal proprio seno, dipende in misura ancora maggiore dall’individualità la quale riceve dal di fuori l’elemento nazionale che deve essere rivelato al popolo. Quindi per molto tempo ancora, e cioè fino agli albori del sesto periodo postatlantico, sarà una civiltà basata sulla rivelazione. Il russo dipende più degli altri dal veggente, ma è anche ricettivo per quanto il veggente gli dà.

 

La nazione di lingua inglese viene portata dalla sua politica semplicemente a ciò che di sua natura ha per attitudine. La popolazione di lingua tedesca viene portata dalla sua politica a quanto in realtà non è disposta; quando si affida agli istinti può quindi venir portata facilmente in una situazione poco chiara, insincera; non si troverà invece mai in situazioni oscure, se i suoi rappresentanti, che si sforzano di pervenire all’intellettualità, si sottoporranno ad adeguata autodisciplina. Gli altri non sono ancora pervenuti al livello dell’essere vero e proprio del popolo tedesco, e vivono al di sotto di quel livello. Questo avviene in misura ancora maggiore nel caso dei russi. L’elemento russo non solo è apolitico come il tedesco, ma è antipolitico. Pertanto la politica britannica sarà egoista, la politica tedesca diventerà idealismo sognante che non avrà molto a che fare con la realtà; avrà a che fare con tutto ciò che è falso, con ogni teorizzazione – e qui non si intende moralmente – perché, ogni teorizzazione è falsa. La politica russa deve essere falsa fino all’osso in quanto si tratta di un elemento estraneo, non conforme al carattere russo. Se il russo, per il suo carattere, deve diventare politico, piuttosto si ammala, perché, nell’ambito dell’elemento russo «fare politica» significa ammalarsi, vuol dire accogliere in sé forze distruttrici. Il russo è antipolitico, non semplicemente apolitico. Può venir sopraffatto da politici come per esempio erano quelli all’inizio di questa catastrofe bellica. Essi non agivano da russi, ma in modo del tutto diverso. Se il russo deve fare il politico si ammala, perché, non ha nulla a che vedere con la politica quando si trova nell’ambito del suo elemento nazionale. Egli è in relazione con qualcosa d’altro, con ciò che, secondo la Fiaba di Goethe, è il terzo potere, la conoscenza, la saggezza, che deve sorgere per l’umanità nell’ambito del sesto periodo postatlantico.

 

I tre elementi: potenza, sembianza e conoscenza si distribuiscono quindi fra occidente, centro e oriente. Di questo bisogna tener conto. Dato che in fondo la natura dei russi si ammala con la politica, le si può attribuire anche una politica come quella bolscevica, a tutta prima nella sua forma più crassa, radicale; né farebbe differenza se le si inoculasse qualcosa d’altro. Essa appunto non è solo apolitica, è antipolitica.

Queste cose si manifestano anche presso il guardiano della soglia.

 

Il russo, se nell’ambito del suo elemento nazionale si ferma da occultista presso il guardiano della soglia, vede principalmente all’assalto gli spiriti provenienti dall’altro lato, dal lato soprasensibile. Egli non vede gli spiriti che lo accompagnano, non vede le lotte fra gli spiriti; vede soprattutto gli spiriti che vengono a precipizio dall’altro lato. Egli vede gli spiriti che in certo modo sono pieni di luce; non vede la morte, la rovina, ma vede quanto fa quasi restar sommerso l’uomo da ciò che è eccelso; lo pervade quindi il grande pericolo di diventare sempre più umile, di gettarsi in ginocchio davanti al sublime. Per il russo, che come occultista rimanga nell’ambito del suo elemento nazionale, esiste il pericolo di rimanere accecato da ciò che vede stando presso il guardiano della soglia.

 

Bisogna prendere in considerazione proprio cose di questo genere, se si vuol scorgere la realtà vera. Così stanno le cose nel mondo, così esse agiscono. Le astrazioni non servono; non sono mai servite all’umanità. In tempi passati l’umanità aveva istinti. Ma esiste solo un istinto, nella sua forma spiritualizzata, nella popolazione di lingua inglese: l’istinto di sviluppare l’anima cosciente. Il resto bisogna acquistarlo coscientemente. E per il mondo è caratteristico il fatto che si devono acquistare queste cose coscientemente. Senza conoscere le forze che agiscono nell’umanità, delle quali abbiamo parlato di nuovo oggi, non è possibile immaginare di poter dire autorevolmente qualcosa in campo sociale.

 

Se si parla di riforma sociale senza conoscere l’oggetto che deve subire la riforma, si parla come fa il cieco dei colori.

Da ciò si è indotti a ricordare sempre che per l’uomo è venuto il momento di prendere seriamente e non per scherzo gli insegnamenti della vita. Quanto deriva dalle attitudini ereditarie ci serve al massimo nella vita fino al ventisettesimo anno. In avvenire servirà per un periodo anche più ristretto. Ho detto questo in precedenti considerazioni. Abbiamo bisogno di qualcosa che ci sostenga durante la vita come esseri umani in divenire, non come esseri umani esistenti, limitati, finiti. In base a queste cose molto diventerà comprensibile all’umanità proprio per il problema sociale. Correggerà molte delle sue idee illusorie e molto dovrà essere corretto. Si Può ben dire che il compito davanti al quale l’umanità si trova è difficile, ma che essa lo assolverà. Pensate solo al fatto che voi siete qui e sapete queste cose. Né dovete immaginare di essere dei privilegiati; pensate invece che fuori di qui ci sarà tanta altra gente pure in grado di comprenderle. Non è impossibile che queste idee si diffondano realmente nell’umanità. L’impedimento è quindi soltanto fittizio. In ogni caso l’impedimento fittizio è terribile, ma deve essere superato, altrimenti non c’è salvezza. Ognuno dal suo posto faccia quanto è necessario per superare le difficoltà in questo campo.

 

Vi è molto, moltissimo da fare per l’umanità, se siamo compenetrati della serietà del compito che ci attende: acquistare anzitutto comprensione della realtà, non passare la vita ottusamente sonnolenti, non lasciare che l’umanità passi la vita in modo sonnolente ed ottuso. Conoscendo al giorno d’oggi la gente si osserverà quanto poco essa sia disposta in realtà ad abbordare queste cose. Miei cari amici, sono passati questi ultimi quattro anni, quattro anni e mezzo! Si sono viste ripetutamente persone benpensanti, anche molto intelligenti, presentare programmi per l’avvenire. Quanti mai programmi per l’avvenire esistono nel mondo! La gente immagina di tutto, ma fin dall’inizio essi non sono per il bene dell’umanità; non servono a nulla o sono dannosi. Inutili, se nessuno li prende in considerazione, dannosi se dovessero essere posti in atto. Bisogna proporsi solo questo: conoscere una buona volta la realtà. Allora non si penserà di fondare un’associazione, di fare questo o quello, ma si sentirà il dovere di fare conoscenza con la realtà e di avere idee consone alla realtà. Se almeno nel nostro movimento numerose persone cercassero di compenetrare in modo giusto le loro anime con gli impulsi qui indicati, se si distogliessero da ideali astratti ed esaltati, intesi a rendere felice l’umanità, e invece studiassero i veri compiti e gli impulsi del nostro tempo, adeguando in conformità il loro comportamento, allora sì che si otterrebbero dei risultati!

 

Oggi ho voluto presentare da un particolare punto di vista il modo con cui si deve studiare il problema sociale. Non si può pretendere, essendo esseri umani e comprendendo la matematica di poter costruire un ponte. Si sa che prima bisogna imparare matematica, meccanica, dinamica, e così via. Allo stesso modo bisogna conoscere le leggi dell’essere umano, se si vogliono avere gli elementi più semplici per un giudizio sociale. Infatti gli uomini non sono esseri dello stesso tipo su tutta la terra, come Trotzki si immagina; al massimo sono differenziati in gruppi, se essi si riconoscono parte di un popolo, oppure sono anche singole individualità. Da un lato dobbiamo riconoscere ciò che caratterizza i gruppi, per esempio secondo le lingue, come dalle nostre considerazioni odierne; d’altro canto dobbiamo acquistare la capacità di distinguere, come ieri ho esposto, fra individuo umano e individuo umano. Ciò è connesso con tutto quanto può produrre in noi un giudizio sociale, ma anche un sentire sociale. Altrimenti non si forma quel che deve vivere come giudizio e sentire sociale.

 

Ho dunque voluto di nuovo rendervi edotti, da un certo punto di vista, delle linee direttive per un giudizio ed un sentire sociali. Ho voluto attirare la vostra attenzione sulla profonda serietà di quello che si chiama il problema sociale, e sul fatto che Tizio o Caio possa avere anche buona volontà, come per esempio qualche rivoluzionario russo, che però è estraneo alla realtà, non crede allo spirito e ritiene che tutti gli uomini sulla terra siano indifferenziatamente uguali.

 

Che cos’è dunque l’uomo, secondo l’astrazione di Trotzki? Abbiamo visto che il fondamento, il fattore elementare del compito sociale è la conoscenza dell’uomo. Che cos’è l’uomo che Trotzki considera? È l’uomo dell’Antico Testamento, quello che attualmente si può soltanto celare come ombra dell’uomo dell’Antico Testamento. È l’animale con la capacità dell’astrazione. È l’animale nel quale, superati i limiti dell’animalità si forma il pensiero astratto. L’animale-uomo è indifferenziato su tutta la terra perché, le differenziazioni derivano dall’animico. Ma l’animico nell’evoluzione deve essere portato alla spiritualità; allora si manifesta la differenziazione. Bisogna quindi studiare l’animico; se lo si fa, si manifesta la differenziazione che agisce anche per mezzo di qualità animiche, come per esempio quelle riflettentesi nella lingua. Di queste cose parleremo ancora venerdì prossimo