L’essenza delle erbacce, dei parassiti animali e delle cosiddette malattie delle piante di fronte alla natura.

O.O. 327 – Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura – 14.06.1924


 

Sommario: Azioni terrestri del calcare e della silice. Azioni dei pianeti. Influssi lunari e attività germinativa in seno alla terra. Le forze che favoriscono la formazione dei frutti. Come schermare le forze lunari attive nelle erbacce. La cenere. Sistema planetario e zodiaco. Effetti di Luna e Venere sul regno animale. L’esempio caratteristico dell’arvicola. Influssi cosmici su insetti e animali inferiori. I nematodi delle bietole. Il Sole nello zodiaco. Azione lunare e sviluppo parassitario di funghi. L’equisetum arvense (Coda cavallina).

 

Nell’ulteriore corso delle nostre considerazioni dovremo rifarci a parecchie cose che abbiamo udito negli ultimi giorni a proposito della crescita delle piante e delle formazioni animali. Almeno aforisticamente, dovremo anche richiamare alla nostra mente alcune delle rappresentazioni della scienza dello spirito connesse con le piante, con i parassiti vegetali e animali in agricoltura, e con ciò che va sotto il nome di malattia della pianta. Questi fenomeni si possono osservare solo attenendosi del tutto al concreto; per questo, anche là dove poco è possibile dire in generale, perché gli argomenti devono venir trattati specialisticamente, non farò altro che addurre esempi i quali possono condurre avanti se presi quali punti di partenza per sperimentazioni successive. Per cominciare vorrei prendere le mosse dal problema delle erbacce oppure, per usare la designazione abituale, dei parassiti di natura vegetale.

 

Il punto non è tanto giungere a una definizione dell’erbaccia, quanto farsi un concetto del come si possano eliminare da una certa zona le erbe che non vi si vogliono. In proposito si hanno spesso strane idee provenienti ancora dai tempi della scuola; ho tentato anch’io, sia pure con scarso piacere, di fare delle ricerche su questa definizione cercando in certe pubblicazioni che corna si intenda col termine di erbaccia. Ho trovato che la maggior parte degli autori che vogliono arrischiare una definizione dell’erbaccia dicono che erbaccia è ogni pianta che cresce dove non la si vuole. È dunque una definizione che non penetra molto nell’essere del fenomeno. E non si avrà certo molta fortuna nell’indagare la natura delle erbacce partendo dalla semplice considerazione che, di fronte alla natura, esse hanno altrettanto diritto di crescere quanto ne ha la pianta che si considera utile. È chiaro che il problema deve esser visto da una posizione un po’ diversa, da una visuale che ci possa indicare come si riesca ad eliminare da una certa zona di terreno proprio le erbe che non si ha intenzione di coltivare, ma che vi crescono in virtù di naturali connessioni generali. Non si può trovare una risposta a questo interrogativo se non ci si richiama a quel che avevamo detto nei giorni scorsi.

 

Avevamo detto come sia necessario distinguere nettamente le forze che nella crescita vegetale fluiscono in verità dal cosmo, ma devono venir prima accolte dalla terra per agire poi dalla terra sulla crescita vegetale; forze che in sostanza provengono da influssi cosmici e che, come ho detto, agiscono da Mercurio, Venere e Luna, non direttamente dai pianeti, ma attraverso la terra; sono le forze da prendere in considerazione volendo seguire ciò che da una pianta madre genera la pianta figlia e così via. In tutto ciò che la pianta riceve dalla periferia, dal sopraterrestre, dobbiamo vedere invece quel che i pianeti esterni trasmettono all’aria quale possibilità di azione e che così viene accolto. In senso lato si può anche dire che tutto quanto agisce sulla terra dai pianeti più vicini viene influenzato molto dagli effetti calcarei della terra, mentre invece ciò che proviene dalla periferia più lontana è influenzato dalle azioni della silice. Anche se le azioni siliciche partono direttamente dalla terra, avviene che nondimeno esse trasmettano quanto parte da Giove, Marte e Saturno, e non da Luna, Mercurio e Venere.

 

Oggi non si ha affatto l’abitudine di considerare queste cose, e se ne espia la mancanza. L’assenza di comprensione per l’influsso cosmico che opera a mezzo dell’aria, passando per ciò che vi è al di sopra del suolo, e tramite la terra per quel che proviene dal basso, in gran parte dei paesi civili è stata pagata cara in un caso speciale, dopo l’esaurimento di ciò che aveva fatto la vecchia scienza istintiva. Per molti questo può essere indifferente, ma non lo è stato per tutti. Il terreno agricolo è venuto ad esaurirsi, e assieme ad esso anche le tradizioni, pur avendo i contadini forse cercato di sopperirvi; ne risultò una vasta diffusione della fillossera nelle vigne. Contro di essa il mondo rimase piuttosto impotente. Potrei raccontare molto della redazione di un giornale agricolo che usciva a Vienna negli anni Ottanta; il giornale era stato da tutti sollecitato a trovare un rimedio contro la fillossera, ma rimase totalmente sprovveduto quando quella piaga divenne davvero acuta. Sono cose che non si arrivano a trattare esaurientemente con la scienza oggi dominante. Si possono trattare soltanto riuscendo a penetrare realmente in ciò che si può sapere attraverso le vie che abbiamo indicato.

 

Pensiamo dunque quel che ora disegno schematicamente (si veda il disegno che segue). Abbiamo il livello del suolo, e soprattutto ciò che giunge dal cosmo, vale a dire gli effetti provenienti da Venere, Mercurio e Luna, che viene di nuovo riflesso agendo dal basso verso l’alto. Ciò che in questo modo diventa attivo nella terra (lo disegno appunto schematicamente) suscita nelle piante un’attività tale che esse anzitutto producono quel che cresce nello spazio di un anno e forma quindi il seme. Da questo nasce di nuovo una pianta, poi una terza e così via. Tutto ciò che si svolge in questo modo passa alla forza riproduttiva, alla serie di generazioni.

 

Invece tutto ciò che viene per altra via, cioè da sopra il suolo, deriva da un diverso genere di forze, da quelle dei pianeti esterni. Schematicamente si può disegnare la situazione e dire: ho ciò che si trasforma nella pianta perché essa si estende verso lo spazio circostante, assumendo l’aspetto carnoso e sodo che noi asportiamo di continuo per alimentarci, e formando una corrente perenne che si rinnova. Per esempio i frutti che asportiamo dal melo, dal pesco, e che mangiamo poi con la loro polpa, traggono la loro origine dagli effetti dei pianeti più lontani dalla terra. Proprio da questa conoscenza deriva il comportamento da prendere se vogliamo influenzare in qualche modo la crescita vegetale. Non vale altra via per la comprensione del modo di influenzare la crescita vegetale, se non quella di tener conto di queste diverse forze.

 

 

Gli effetti che possiamo chiamare lunari esercitano anzitutto il loro massimo influsso su un gran numero di piante abitualmente annoverate fra le erbacce, piante che sono spesso medicinali; proprio fra le erbacce cerchiamo le piante medicinali più efficaci.

 

Nella vita abituale si sa che la luna riceve sulla sua superficie i raggi solari e li riflette verso la terra. Ricevendoli con i nostri occhi riceviamo perciò i raggi solari di rimando, e la terra pure riceve gli stessi raggi. Sono dunque raggi solari che vengono così rimandati, restando però impregnati delle stesse forze della luna per giungere alla terra quali forze lunari, da quando la luna si staccò dalla terra. Nel cosmo la forza lunare è proprio quella che agisce rinvigorendo tutto quanto è terrestre. Quando la luna era ancora unita alla terra, quest’ultima era molto più di oggi qualcosa di vivente, di proliferante. Gli elementi minerali che abbiamo oggi in effetti non esistevano al tempo in cui la luna era ancora unita alla terra. Ma dopo che si fu staccata, essa agisce sulla terra in modo da intensificare la capacità abituale del terreno, che arriva giusto fino all’accrescimento degli esseri viventi, in modo che la crescita possa intensificarsi fino alla riproduzione.

 

Se un essere qualsiasi cresce, significa che assume una certa grandezza. Nel processo è attiva la stessa forza che è attiva anche nella riproduzione, ma essa non giunge a tanto che da un essere ne nasca un altro della stessa specie. Se cellula si sovrappone soltanto a cellula abbiamo una riproduzione più debole, mentre invece la riproduzione è un crescere intensificato. La terra da sola può dare soltanto la debole riproduzione che è l’accrescimento, e senza la luna nulla potrebbe fare per un intensificato accrescimento. Per questo la terra ha bisogno della forza cosmica che fluisce dalla luna, e per certe piante anche da Mercurio e da Venere. Ho detto prima che di solito ci si figura che la luna accolga semplicemente i raggi solari e li rifletta verso la terra; in altre parole, rispetto all’azione lunare si considera soltanto la luce solare; ma questo non è l’unico elemento che da essa giunge alla terra. Con i raggi lunari ci giunge anche l’intero riflesso del cosmo. Tutto quanto agisce sulla luna viene da questa riflesso sulla terra; in certo modo anche l’intero universo stellato, sebbene tutto questo non possa essere comprovato con i mezzi fisici di cui disponiamo. Dalla luna discende verso le piante un’intima e organizzatrice forza cosmica, affinché esse vengano aiutate anche per tutto ciò che è legato al seme; la forza di crescita viene così intensificata fino a diventare forza di riproduzione.

 

Tutto questo avviene per una data regione terrestre soltanto quando in essa vi è il plenilunio. In novilunio non gode dei benefici dell’influsso lunare. Durante il novilunio si conserva nella pianta soltanto ciò che essa ha accolto nel plenilunio. Anche attraverso questo si potrebbe già ottenere qualcosa di importante se ci si desse la pena di studiare i risultati che si presentano all’atto della semina, seguendo la luna per la primissima fase del germoglio dei semi nella terra, come facevano gli indiani antichi fino al secolo diciannovesimo seminando secondo le fasi lunari. Ma la natura non è crudele e non castiga l’uomo per questa sua poca attenzione e cortesia nei riguardi della luna all’atto della semina o del raccolto. Abbiamo cioè dodici pleniluni all’anno, ed essi bastano per rendere presenti in modo sufficiente gli effetti della luna piena, vale a dire le forze stimolataci della fruttificazione. Se capitasse proprio di intraprendere qualcosa che promuove la fruttificazione nel novilunio e non nel plenilunio, il seme aspetterebbe nella terra fino alla successiva luna piena, si regolerebbe secondo la natura superando gli errori degli uomini. L’opera della natura basta perché l’uomo possa beneficiare lo stesso della luna anche senza averne il minimo sentore. Però è anche vero che così non si progredisce.

 

Con questo trattamento le erbacce reclamano il loro diritto come le erbe utili, e si ottiene un gran pasticcio perché non si penetra nelle forze che regolano la crescita. Si deve invece poter penetrare in tali forze per sapere che, col pieno sviluppo delle forze lunari, si producono effetti che favoriscono la riproduzione e la propagazione di ogni elemento vivente vegetale, si lavora a ciò che, partendo dalla radice, spinge verso l’alto, fino alla formazione del seme. Avremo così le più belle erbacce se lasciamo agire su di esse la benefica luna e non freniamo in nessun modo questa sua azione. Le erbacce si propagheranno e riprodurranno, specialmente quando verranno annate umide, più favorevoli per le forze lunari di quelle asciutte. Se invece si tiene conto delle forze cosmiche si potrà dire che, arrivando a impedire la piena azione della luna sulle erbacce, facendo agire soltanto ciò che agisce su di loro dall’esterno, che non è azione limare ma azione diretta, si mette un limite alla loro riproduzione, ed esse non si riproducono. Si tratta di operare sul terreno in modo che diventi incapace di accogliere in sé le azioni lunari, dato che non possiamo togliere la luna dal cielo. Non soltanto la terra può diventare incapace di accogliere le azioni lunari, ma anche le piante e le erbacce possono venir portato ad avere una certa difficoltà a crescere in un terreno trattato in un certo modo. Se vi arriviamo, abbiamo raggiunto il nostro scopo.

 

Osserviamo in una data annata come sono cresciute le erbacce. Dobbiamo prenderne atto senza spaventarci e dire che bisogna intervenire. Raccogliamo quindi un certo numero di semi di tali erbacce, vale a dire i semi nei quali si è ritirata da ultimo la forza di cui ho parlato, accendiamo una fiamma, meglio se una fiamma ottenuta bruciando della legna, e bruciamo i semi raccogliendo con cura la loro cenere. Per questa via ci procuriamo una quantità abbastanza modesta di cenere, ma abbiamo letteralmente concentrate in essa, bruciando come ho detto i semi delle piante indesiderate, le forze antagoniste di quanto si sviluppa grazie alle forze lunari. Spargiamo ora sul terreno il semplice preparato che abbiamo ottenuto in questa maniera dalle più diverse erbacce; non è necessaria un’accuratezza particolare, perché questi preparati agiscono per un vasto raggio. L’anno seguente potremo già notare una diminuzione nel numero di erbacce che abbiamo così trattate. Esse non crescono cosi intensamente e, dato che la natura ha per molte cose un ciclo di quattro anni, vedremo che dopo il quarto anno avrà cessato di essere presente su quel terreno l’erbaccia che abbiamo così trattata ogni anno, spargendo la cenere sul campo come se fosse pepe.

 

In questo caso si è davvero applicata l’azione delle piccolissime entità, dopo che essa è stata comprovata scientificamente nel nostro istituto biologico. Potremo raggiungere molto per questa via, e otterremo dei buoni risultati, se nei nostri procedimenti potremo tener conto di queste cose, se considereremo questi processi oggi del tutto trascurati. Potremo così nella realtà spostare nei luoghi desiderati il tarassaco di cui avremo bisogno, seguendo le direttive che ho dato ieri, ma potremo anche adoperarne i semi in modo da fare con essi l’esperimento col fuoco e da preparare la cenere da spargere sul campo come se fosse pepe. Raggiungeremo allora lo scopo di poter mettere il tarassaco dove lo vogliamo, e di eliminarlo dal campo in cui avremo sparso la sua cenere.

 

Sono cose che in tempi andati, seguendo un’istintiva saggezza agricola, erano davvero note, anche se oggi non Io si crede. Si era in grado di coltivare in terreni confinanti ciò che si voleva perché si facevano queste cose istintivamente. Su di esse posso dare indicazioni dalle quali ci si potrà persuadere di avere un punto di partenza che può condurre ad applicare veramente nella pratica queste cose; dato che oggi ci troviamo di fronte all’opinione, vorrei quasi dire al pregiudizio, che tutto debba essere verificato, si verifichino pure sperimentalmente queste cose. Facendolo in modo giusto ci si accorgerà di trovare la conferma di quel che ho detto. Se avessi un’azienda agricola, non attenderei però la conferma sperimentale, ma comincerei subito ad applicare il procedimento perché sono del tutto sicuro che funzionerà. Per me le verità scientifico-spirituali sono vere per se stesse, non hanno bisogno di venir confermate da altro o da metodi esteriori. È un errore fatto da tutti i nostri scienziati il ricorrere a metodi esteriori, il voler verificare esteriormente queste verità; si fece lo stesso anche in seno alla Società Antroposofica, dove si sarebbe dovuto sapere che le cose possono esser vere per se stesse. Certo che oggi, per ottenere qualcosa nel mondo esterno, si devono fare verifiche, usare il compromesso perché è necessario, ma in linea di principio la verifica non è necessaria. Come si conoscono infatti le cose interiormente? Le si conosce in quanto sono ben determinate in sé stesse, rispetto alla loro qualità, così come lo è qualcosa che io faccia fabbricare da cinquanta persone, per poi stabilire di volerne fabbricare una quantità tripla assumendo allo scopo centocinquanta persone. Potrebbe allora farsi avanti uno che la sa lunga e dire: non posso credere che centocinquanta persone ne fabbrichino una quantità tripla; bisogna prima provare. Può magari succedere di venir sconfessati dall’esperimento, ammesso che venga realmente messo in opera. L’oggetto da fare potrebbe infatti essere fabbricato prima da una, poi da due e poi da tre persone, e si potrebbe stabilire statisticamente quale sia stato il lavoro dei tre; se però i tre sono stati a chiacchierare fra loro, possono aver finito col produrre meno di uno solo; in tal modo la premessa dello sperimentatore risulta falsa e l’esperimento può dimostrare proprio l’opposto di quanto si voleva dimostrare, Nulla si è però ancora raggiunto se l’esperimento dimostra il contrario; chi vuol procedere in modo davvero esatto deve tenere dinanzi agli occhi anche la relativa posizione opposta.

 

Si vedrà così comprovato anche esteriormente quanto interiormente è vero. A proposito dei parassiti vegetali dei nostri campi si potrebbe parlare da un punto di vista più generale, mentre ciò non sarà possibile nella stessa misura quando parleremo dei parassiti animali. Per cominciare sceglierò un esempio assai caratteristico, che può costituire la base di esperimenti per vedere come queste cose trovino la loro conferma,

 

Prendiamo per esempio un particolare amico del coltivatore: la arvicola o topo di campagna. Che cosa non si vorrebbe fare e che cosa non si fa per combattere i topi di campagna! Nei libri di agricoltura si può leggere che vanno usati anzitutto diversi composti fosforici, e poi anche preparati a base di saccarina e stricnina. Si è ventilata perfino la soppressione radicale del topo di campagna iniettandogli il tifo; Lo si può fare immettendo i bacilli in una pappa di patate destinata ai topi. Sono tentativi che sono stati fatti, o magari raccomandati di fare. Con tutti i mezzi si cerca dunque di venire a capo di questa bestiola, in fondo così carina quando la si trova per i campi; sono mezzi invero assai poco umani. Penso che finirà di mettersi in moto anche lo Stato; d’altra parte non serve combattere i topi se la stessa lotta non viene fatta anche dal vicino; altrimenti le arvicole si spostano da un campo a quello vicino. L’intervento dello Stato diventa allora necessario affinché tutti vengano costretti a usare gli stessi mezzi per liberarsi dalle arvicole. Lo Stato non ammette infatti variazioni, e se trova giusto un dato procedimento fa le sue brave prescrizioni, giuste o sbagliate non importa: basta che siano applicate.

 

Tutto questo è un continuo provare e riprovare. Si ha però sempre l’impressione che gli stessi sperimentatori non ottengano gran che, perché le arvicole tornano sempre a farsi vive. Questa lotta non fa passi avanti perché i topi continuano ad esistere. Naturalmente si tratta di un problema del quale non si viene a capo del tutto operando in una sola azienda, ma di qualcosa che in certo modo può giovare anche in un’azienda isolata. La soluzione non sarà applicatine nella sua interezza, e converrà destare la comprensione del vicino affinché anch’egli si persuada ad applicarla; sono convinto che in avvenire si dovrà fare molto di più sulla base di simili intese che non con provvedimenti di polizia, e questo sarà un sensibile progresso della nostra vita sociale.

 

Pensiamo ora di aver catturato un’arvicola abbastanza giovane e di scuoiarla per poi utilizzarne la pelle. Poiché vi sono diverse qualità di topi, per fare questo esperimento si devono naturalmente prendere topi che siano con certezza arvicole; occorre procurarsi la pelle di arvicola nel tempo in cui Venere si trova nel segno dello Scorpione.

 

Gli uomini di una volta non erano tanto stupidi in queste cose, grazie alla loro istintiva saggezza: quando infatti si passa dal mondo vegetale a quello animale si arriva proprio allo zodiaco, che non ha ricevuto a caso la sua denominazione. Volendo raggiungere qualcosa nel mondo vegetale si può rimanere nell’ambito del sistema planetario, ma per l’animale non basta, occorrono idee che tengano conto del mondo delle stelle fisse che ci circonda, e specialmente di quelle presenti nello zodiaco.

 

Per la crescita vegetale l’azione della luna è quasi dal tutto sufficiente a produrre il fenomeno della riproduzione, ma per il mondo animale l’azione lunare deve essere appoggiata da quella di Venere. Non occorre badare molto all’azione lunare a proposito del mondo animale, perché esso conserva in sé forze lunari, le tiene in sé e si emancipa dalla luna. Nel regno animale la forza limare è quindi presente anche se non si è proprio nel plenilunio. L’animale porta in sé la forza della luna piena e si emancipa dalla determinazione del tempo, ma non lo fa rispetto a ciò che ora tratteremo, non lo fa rispetto alle restanti forze planetarie.

 

Dobbiamo ora fare una ben determinata operazione con la nostra pelle di arvicola: occorre dunque procurarsela nel tempo in cui Venere si trova nel segno dello Scorpione, bruciarla e raccogliere con cura i residui che si sviluppano e si depositano durante l’incenerimento. Non sarà molta sostanza, ma avendo diverse arvicole ne avremo abbastanza per lo scopo. Abbiamo adesso la cenere di pelle di arvicola nel tempo in cui Venere si trova nel segno dello Scorpione. In ciò che è stato annientato con il fuoco rimane una forza che è negativa rispetto alla forza riproduttiva dell’arvicola. Sotto un certo aspetto le cose cominciano a diventare difficili, ma si può fare l’operazione in forma più omeopatica, perché non occorre avere un piatto pieno di cenere; se dunque si cosparge la cenere ottenuta a mo’ di pepe sui campi, dopo esser stata realmente passata attraverso il fuoco durante la congiunzione di Venere e dello Scorpione, si avrà in essa un mezzo per ottenere che le arvicole evitino quel campo. Sono però bestioline temerarie, e dopo che sia stato sparso quel “pepe” sono capaci di insediarsi nelle vicinanze, dove la cenere non è stata cosparsa. Questo significa che, anche se l’azione della cenere irradia lontano, l’intervento non è stato completo. L’effetto sarà invece certo radicale se tutto il vicinato agirà nello stesso modo. Penso che la gente si possa persino divertire. Facendo queste cose si può avere l’impressione che l’azienda acquisti un sapore, così come lo acquista una determinata pietanza quando la si sia “pepata” un poco.

 

Si tratta di giungere per questa via a tener conto delle azioni stellari, senza cadere per nulla nella superstizione. Purtroppo è avvenuto spesso che molte cose, in origine oggetto di sapere, abbiano finito per trasformarsi in mere superstizioni. Naturalmente non intendiamo qui rinnovarle, perché bisogna prendere le mosse da un sapere, ma a sua volta questo deve essere acquistato per via spirituale e non per via meramente fisico-sensibile. Questo è il modo in cui va trattata la terra se si vuole combattere contro gli elementi parassitari dei campi che siano annoverabili fra gli animali superiori, e i topi sono roditori e appartengono agli animali superiori. Invece contro gli insetti non si avrà un apprezzabile successo per questa via, perché essi stanno sotto tutt’altro influsso cosmico, così come del resto anche gli appartenenti alle specie animali inferiori.

 

Ora mi accingo a porre piede su un terreno friabile se, in connessione con tutto quanto ho detto, adduco quale esempio il nematodo delle barbabietole, per scegliere un caso non tanto lontano. Vi si scopre il cosiddetto fattore primario nelle note escrescenze delle fibre radicolari, e anche nel fatto che le foglie rimangono afflosciate alla mattina. Questo è il segno esteriore, ma si deve ricordare che l’elemento mediano, la foglia, che subisce qui un’alterazione, riceve dall’aria le azioni cosmiche, mentre le radici ricevono di rimando attraverso la terra le forze fluenti dal cosmo. Che cosa avviene con la comparsa dei nematodi? Avviene che il processo di accoglimento delle forze cosmiche, che normalmente dovrebbe svolgersi nella regione delle foglie, viene spinto verso la regione in cui poi entra in relazione con la radice.

 

 

Facendo un disegno schematico, se nel mezzo abbiamo il livello del suolo e quindi la pianta, le forze cosmiche che dovrebbero agire sulle parti superiori, in caso di attacco da nematodi agiscono invece in basso. Il vero fenomeno che si presenta è che certe forze cosmiche scivolano troppo in basso; qui è anche la ragione dell’aspetto che viene esteriormente a presentare la pianta. Tutto ciò dà al nematodo la possibilità di trovare in seno alla terra, nella quale esso vive normalmente, le forze cosmiche di cui deve vivere. Altrimenti dovrebbe vivere sulle foglie; ma il nematodo è un verme filiforme, non può vivere sulle foglie perché il suo ambiente naturale è il terreno.

 

Certi esseri viventi, anzi tutti gli esseri viventi, hanno la peculiarità di poter vivere soltanto in certe limitate condizioni ambientali. Se proviamo per un poco a vivere in un’atmosfera di settanta gradi sopra o sotto lo zero, ci accorgiamo di essere conformati in modo da poter vivere soltanto entro precisi limiti di temperatura. Sopra o sotto quei livelli non ci è più possibile vivere. Questo vale anche per il nematodo: non può vivere se non nella terra e purché in essa vi sia una presenza di forze cosmiche; altrimenti muore. Per ogni essere vivente esistono precise condizioni ambientali, e anche Finterà specie umana dovrebbe scomparire se venissero a mancare determinate condizioni.

 

Proprio nei riguardi di esseri viventi che si sviluppano a quel modo è importante che nella terra giunga loro l’elemento cosmico, che altrimenti dovrebbe farsi valere soltanto nell’ambiente circostante la terra; sono azioni quadriennali. Coi nematodi abbiamo qualcosa di assai anomalo che, se uno ci tiene ad averne conoscenza particolare, può anche fornirgli materia di un’indagine che si può affrontare osservando un altro fenomeno della stessa natura: le larve dei maggiolini, che pure ricorrono ogni quattro armi. Sono le stesse forze che vogliono dare alla terra la capacità di portare a sviluppo i germogli della patata. Tali forze sono le stesse che la terra riceve per far sviluppare le larve di maggiolino che compaiono con le patate ogni quattro anni. Abbiamo un ritmo quadriennale nel caso che avvenga il fenomeno citato, un ritmo però non per il nematodo, ma per quel che dobbiamo intraprendere per combatterlo.

 

In questo caso non si deve prendere qualche parte dell’insetto, come abbiamo fatto per l’arvicola, ma l’intero insetto perché l’animale, che si insedia da parassita sulle radici, è nella sua totalità un risultato di azioni cosmiche e ha bisogno della terra solo come di un supporto. Perciò si deve prendere l’intero insetto e bruciarlo. Il meglio è bruciarlo perché si raggiunge lo scopo più presto. Lo si potrebbe lasciare anche semplicemente decomporsi, ma si avrebbe difficoltà a raccogliere il prodotto della decomposizione, anche se forse sarebbe più efficace. Comunque si raggiunge con sicurezza l’intento anche bruciando l’insetto, purché si effettui la combustione in modo giusto. Si può conservare l’insetto dove sia possibile farlo, lasciarlo essiccare, e poi bruciare la sostanza essiccata. La combustione devo essere eseguita quando il sole è nel segno del Toro, vale a dire nel segno esattamente opposto a quello in cui doveva essere Venere per la produzione della cenere con la pelle di arvicola, perché il mondo degli insetti è connesso con le forze che si sviluppano quando il sole attraversa i segni di Acquario, Pesci, Ariete, Gemelli, fino al Cancro. Gli ultimi segni sono quelli nei quali esso appare assai indebolito, come pure è debole nell’Acquario. Quando il sole attraversa questa regione del cielo, esso irradia le forze che sono collegate con il mondo degli insetti.

 

Non ci si immagina quanto sia specializzato l’essere del sole: non è lo stesso quando irradia sulla terra dal Toro, nel corso dell’anno o di una giornata, o se irradia dal Cancro o da un altro segno. Il sole è sempre qualcosa di diverso, e fino e un certo punto non ha molto significato, anche se è perdonabile, il parlare del sole in generale. Si dovrebbe propriamente dire: il sole dell’Ariete, del Toro, del Cancro, del Leone e così via. Si tratta sempre di un essere completamente diverso che varia la sua azione sia secondo il corso della giornata, sia secondo il corso dell’anno; ne risultano vari effetti combinati; i corsi sono determinati dalla sua posizione nel punto equinoziale di primavera. Quando si prepara il “pepe” di insetti nel modo esposto, bisogna poi spargerlo sul campo di barbabietole per portare i nematodi a un progressivo indebolimento vitale. Dopo quattro anni si noterà di certo il verificarsi assai evidente dell’indebolimento voluto. Gli insetti non possono più vivere, rifuggono dalla vita se devono viverla in un terreno cosparso di questo “pepe”.

 

Affiora così davanti a noi in modo assai particolare quella che un tempo si chiamava astronomia. L’astronomia che esiste oggi serve solo per l’orientamento matematico e non può essere usata per altro. Non fu però sempre così; ci furono tempi in cui si vedeva nelle stelle qualcosa che indicava direttive alle quali appoggiarsi per la vita, le attività e il lavoro. E una scienza oggi del tutto scomparsa.

 

Così abbiamo anche una possibilità di tenere lontani gli attacchi dei parassiti animali; quel che conta nei confronti della terra è comprendere che da un lato, grazie alle azioni combinate della luna e dell’acqua, la terra può sviluppare dal proprio seno gli esseri vegetali; dall’altro però tutto ciò che è nella pianta, che è contenuto in un essere vivente porta in sé anche il germe del proprio annientamento. Come da un lato l’acqua costituisce il presupposto della fecondità, coi il fuoco costituisce dall’altro la forza distruttrice di tale fecondità, la divora. Trattando in modo adeguato la pianta con il fuoco che prima aveva subito l’azione dell’acqua fecondatrice, si creano gli effetti di annientamento in seno alla economia della natura. Bisogna considerare che un seme diventa fecondo e ai sviluppa grazie all’acqua carica di effetti delle forze lunari, che ugualmente un seme sviluppa forze di distruzione grazie al fuoco compenetrato di forze lunari, grazie a un fuoco impregnato in generale di forze cosmiche, come abbiamo visto nell’ultimo esempio.

 

In fondo non è così strano che si faccia assegnamento su grandi forze di espansione, badando anche al fattore tempo. La forza insita nel seme tende all’espansione, e lo stesso avviene anche nelle forze di annientamento. Ciò che vive nel seme ha dunque forza espansiva; sia l’uno che l’altra hanno tale proprietà, tale forza dilatante, ed è questo il motivo per cui il “pepe” che noi prepariamo ha grande forza espansiva. Ho chiamato “pepe” le ceneri ottenute a motivo del loro aspetto: somigliano per lo più a un mucchietto di pepe.

 

Ci rimangono ora da considerare le cosiddette malattie delle piante. Qui si entra in un rapporto nel quale dobbiamo dirci anzitutto che è improprio parlare di malattie delle piante. I processi di natura abnorme che si presentano come malattie delle piante non sono malattie nel medesimo senso in cui lo sono per gli animali. Comprenderemo questa distinzione più esattamente quando ci occuperemo del regno animale. Meno ancora lo sono nel senso riferibile all’uomo, perché la malattia vera e propria non è possibile senza la presenza di un corpo astrale. Il corpo astrale si collega con il corpo fisico di un essere umano e animale attraverso il corpo eterico. In proposito esiste una certa condizione di normalità, una condizione specifica e normale per ogni essere, ma se il corpo astrale viene a collegarsi col corpo fisico o con un organo del corpo fisico più intensamente di quanto dovrebbe fare di norma, se di conseguenza il corpo eterico non svolge a sufficienza la sua azione di cuscino protettivo, e quindi l’astrale penetra più fortemente del normale nel corpo fisico, allora si ha la maggior parte delle malattie. La pianta è però priva di un vero e proprio corpo astrale, e per questo motivo essa non può presentare la condizione del malato, quale la presentano l’animale e l’uomo. Di questo va tenuto ben conto.

 

Si tratta dunque di individuare quale sia il fattore che può far ammalare una pianta. Da tutta la mia esposizione si sarà visto che nel terreno attorno alla pianta esiste una certa vita, che oltre ad essa sono anche presenti con una certa intensità nella terra attorno alla pianta, sia pure non con intensità tale da generare forme vegetali, forze di crescita di ogni sorta, forze di riproduzione alle quali ho appena accennato; inoltre tutto ciò che in seno al terreno opera in quel senso sotto l’influsso delle forze del plenilunio che vengono trasmesse attraverso l’acqua.

 

Abbiamo così numerose e significative connessioni: la terra, l’acqua che la compenetra, e la luna. Questa rende la terra vivente fino a un certo grado facendovi fluire i suoi raggi, producendo un vibrare e un ondeggiare nel suo eterico; lo può fare più facilmente se la terra è compenetrata di acqua, con più difficoltà nel caso in cui la terra sia secca. Di conseguenza l’acqua è in realtà soltanto un tramite, mentre l’elemento che deve venir vivificato è quello terrestre vero e proprio, quello solido, minerale. Anche l’acqua è qualcosa di minerale, ma naturalmente non vi sono limiti netti. Dobbiamo dunque avere nel terreno anche le forze lunari.

 

Può anche succedere che in seno al terreno le forze lunari diventino troppo forti, e può capitare in modo molto semplice: supponiamo di avere un inverno molto umido che sia anche seguito da una primavera altrettanto umida; fluirà allora nella terra troppa forza lunare, la terra sarà troppo vivificata. Avremo dunque un eccesso di vitalizzazione del terreno. Indico il fenomeno in un disegno con dei puntini rossi per intendere che vi è una terra troppo vivificata dalla luna (si veda il disegno). Se non ci fossero i puntini rossi, se cioè la terra non fosse troppo vivificata dalla luna, se la vitalità venisse largita dalla luna alla terra nella giusta proporzione, crescerebbero piante che avrebbero uno sviluppo normale fino al seme, per esempio del grano che produce il suo seme. In questo caso la vitalità opererebbe nella pianta verso l’alto in modo che venga a prodursi proprio il giusto seme.

 

 

Nel caso che la forza lunare sia troppo forte, che la terra sia troppo vivificata, l’azione dal basso verso l’alto è troppo forte, e quel che dovrebbe manifestarsi appena al momento in cui deve formarsi il seme, si manifesta in anticipo; se cioè l’azione è troppo intensa, non arriva fino alle parti superiori, ma agisce invece con la sua intensità più in basso. In questi casi l’azione lunare fa sì che il seme non abbia forza sufficiente, che contenga in sé qualcosa di morente, e che con tale vita morente si (Orini in certo modo un secondo livello al di sopra del suolo, al di sopra del primo livello del suolo. Tale secondo livello non è certo un suolo, ma agisce come se lo fosse. Ne emessiti che II seme della pianta, la sua parte superiore, diventa un terreno di coltura per altri organismi. Si sviluppano così parassiti vari, funghi. Se ne formano di ogni specie, e vediamo nascere in questa maniera le varie malattie da “fusarium” e simili. Un’azione lunare troppo forte non permette che proprio ciò che dalla terra deve fluire verso l’alto arrivi alla sua giusta altezza, La fossa della fecondità dipende proprio dalla normalità dell’azione lunare, che non deve essere troppo forte. È curioso, ma avviene che tali effetti siano prodotti appunto non da un indebolimento delle forze lunari, ma dal loro rafforzamento. Con la semplice riflessione, con la mera speculazione si sarebbe giunti forse a veduta opposte e si sarebbe sbagliato, mentre la visione diretta ci dà le cose che ho appunto descritto.

 

Che cosa si può fare allora? Si tratta di scaricare dalla terra le eccessive forze lunari che essa porta in sé, e lo si può fare, Occorre trovare qualcosa che agisca entro il terreno in modo da togliere all’acqua la sua forza mediatrice e dare così alla terra una maggior “terrestrità” affinché il terreno non accolga eccessive azioni lunari per mezzo dell’acqua presente. Esteriormente tutto rimane come era, mentre si raggiunge lo scopo preparando con l’Equisetum arvense ima specie di infuso abbastanza concentrato, e quindi usandolo diluito quale soluzione da spruzzare sui terreni nei quali si vogliono combattere le fusariosi e simili crittogame. Bastano dosi assai modeste; si può ricorrere a una specie di omeopatizzazione.

 

Anche questo è un campo dal quale si può chiaramente vedere come i vari settori della vita debbano interagire l’uno sull’altro; chi si rende conto dell’influsso caratteristico che l’Equisetum arvense ha sull’organismo umano con la sua azione sulla funzione renale, in questa sua conoscenza ha un filo chiarificatore. Naturalmente non si tratta di fare speculazioni o di limitarsi a dei pensieri, ma è una linea direttiva che permette di sperimentare l’azione dell’Equisetum quando lo si trasformi in quello che poco fa ho chiamato una specie di colaticcio, da spruzzare senza apparecchiature, e che agisce su grandi estensioni anche se viene spruzzato in quantità minime, t un ottimo rimedio anche se non è un vero medicamento, perché le piante in realtà non possono ammalarsi, Non avviene un vero e proprio processo curativo, ma si ha un processo opposto a quello che ho descritto prima. Osservando nei vari campi le azioni della natura, si può in effetti arrivare a dominare il fenomeno della crescita e, come vedremo più tardi, anche la crescita animale, la sua normalità e anormalità. Solo questa è in realtà vera scienza, perché lo sperimentare le cose come si fa oggi non è vera scienza, ma soltanto un annotare singoli particolari, singoli fatti; non è vera scienza, essa nasce solo quando si manovrano direttamente le forze attive.

 

In effetti le piante e gli animali che vivono in esse, compresi i parassiti, non possono venir capiti di per sé. È vero quel che ho detto già nelle prime conferenze, e cioè che esprime un’idea assurda chi, osservando un ago magnetico, attribuisce la causa del suo costante orientamento verso il nord all’ago magnetico stesso. Non si ragiona così, ma si attribuisce all’intera terra un polo magnetico nord e imo sud; si deve considerare tutta la terra per trovare una spiegazione. Allo stesso modo, come la si deve considerare nella sua interezza a proposito dell’ago magnetico per spiegarne la caratteristica, così, arrivando alla pianta, si deve considerare non solo la pianta, l’animale e l’uomo, ma si deve rivolgere lo sguardo all’intero universo. La vita proviene dall’intero universo e non semplicemente da quel che ci dà la terra. La natura è un tutto e da ogni parte fluiscono forze. Chi abbia il senso aperto verso l’evidente operare delle forze è in grado di comprendere la natura; che cosa fa invece oggi la scienza? Prepara un vetrino, ci mette dentro un preparato, divide accuratamente ogni cosa, e scruta il tutto con cura, isolando da ogni possibile lato ciò che potrebbe agirvi dall’esterno. Lo chiama usare il microscopio. Si tratta esattamente del contrario di ciò che si dovrebbe fare per acquisire una comprensione per le azioni di vasta portata; allora non ci si accontenta più di rinchiudersi in una stanza, non ci si chiude nel tubo del microscopio escludendo l’intero splendido mondo. Non si deve credere che nulla rimanga al di fuori di ciò che si presenta alla lente. Così si è gradatamente giunti a passare più o meno tutto al vaglio del microscopio. Se però troviamo la via verso il macrocosmo, arriveremo alla comprensione della natura e di molte altre cose.