L’idea dell’umanità divina nella scienza dello spirito, nell’Apocalisse e nel vangelo di Giovanni

Il corso dell’anno come via di iniziazione – Dall’Epifania a Pasqua


 

Le parole di Rudolf Steiner citate in chiusura del precedente capitolo riguardanti

la necessità che l’umanità divenga un giorno «una sola cosa»

sottendono il mistero fondamentale di tutta l’evoluzione postatlantica.

 

In modo ancor più chiaro Rudolf Steiner ci dice come

nel settimo periodo di cultura il Cristo si manifesterà «nel grande io cosmico,

quale grande anima di gruppo dell’umanità.»109

 

Il significato di queste parole è spiegato da Rudolf Steiner in una conferenza tenuta a Norrkòping il 30 maggio 1914,

in cui egli descrive in dettaglio come

• l’ulteriore progredire dell’impulso del Cristo in seno all’umanità

dipenderà dalla libera volontà degli uomini di creare in sé gli involucri per accogliere il Cristo.

 

Ma ciò sarà possibile solo attraverso un particolare sviluppo della moralità,

vale a dire di determinate qualità o virtù.

 

Rudolf Steiner ne parla nei seguenti termini:

 

▸ « Noi prepariamo

• il nostro corpo morale per l’impulso dell’io del Cristo,

attraverso tutte le nostre azioni morali di meraviglia, di fiducia, di venerazione, di fede;

in breve per mezzo di tutto quello che pone le basi di una conoscenza soprasensibile; (…)

• formiamo inoltre il corpo eterico per il Cristo con le nostre azioni d’amore;

• infine, mediante quello che facciamo nel mondo ascoltando la voce della coscienza,

formiamo per l’impulso del Cristo quello che corrisponde al corpo fisico.

• Quando la Terra sarà giunta alla sua méta,

quando gli uomini comprenderanno i giusti impulsi morali in base ai quali viene compiuto ogni bene,

allora sarà liberato ciò che come un io è fluito nell’umanità dall’impulso del Golgota quale impulso del Cristo.

• Esso sarà avvolto da un corpo astrale di fede,

formato con tutte le azioni di meraviglia e di ammirazione degli uomini;

• da una sorta di corpo eterico intessuto con le azioni d’amore,

• e da un qualcosa che lo avvolge come corpo fisico, plasmato dalle azioni fatte in coscienza morale»

 

▸« Così l’evoluzione futura dell’umanità si compirà

attraverso la collaborazione fra gli impulsi morali degli uomini e l’impulso del Cristo.

Vediamo in prospettiva l’umanità davanti a noi come un grande organismo articolato.

Nella misura in cui gli uomini saranno in grado di inserire le loro azioni in questo grande organismo,

di formare un involucro con i loro impulsi e le loro azioni,

essi avranno gettato le basi, lungo l’evoluzione della Terra,

di una grande comunità interamente compenetrata dell’impulso del Cristo».110

 

Infatti:

▸ «Nel conformare le loro vite così come è stato descritto, gli uomini si raccoglieranno attorno all’impulso del Cristo, così da formare qualcosa che lo circondi come un involucro di cui il Cristo sarà il nocciolo, il centro».111

 

Queste parole rinviano al futuro sviluppo dell’impulso del Cristo nell’umanità,

alla creazione dei tre involucri nei quali il Cristo penetrerà quale io, vivificandoli e impregnandoli.

Ciò che ne risulterà è definito da Rudolf Steiner (usando le parole di Goethe) «il grande individuo immortale»,

cioè una nuova entità sensibile-soprasensibile realmente esistente nel mondo

che, raccolta in un solo karma, sarà portata dall’io macrocosmico del Cristo.

Dobbiamo qui notare però che questo «grande individuo immortale»

sarà compiuto solo alla fine dell’intera evoluzione terrestre.

Alla fine del settimo periodo di civiltà dovrà comunque essere perfezionato fino a un certo grado,

se gli uomini vorranno sopravvivere

alla grande catastrofe che sopraggiungerà al termine dell’epoca postatlantica,

e che cambierà completamente l’aspetto della Terra.

 

Tali avvenimenti sono profetizzati anche nell’Apocalisse di Giovanni. Nelle lettere alle sette chiese vengono descritti la natura e il carattere fondamentale dei sette periodi di cultura postatlantici.112 Nella visione di Giovanni, la settima lettera, quella per la chiesa di Laodicea che corrisponde al settimo periodo di cultura, termina con le parole del Cristo che si riferiscono alla fine di tutta l’evoluzione postatlantica:

«Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui e lui con me. Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono (…) Dopo ciò ebbi una visione: una porta era aperta in cielo. La voce che prima avevo udito parlarmi come una tromba diceva: Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito. Subito salii alle regioni dello spirito. Ed ecco, c’era un trono in cielo e sul trono sedeva una figura.»113

 

A ciò si aggiunge la descrizione dell’arcobaleno, dei ventiquattro vegliardi, delle sette lampade accese che sono «sette spiriti creatori divini»114 e dei quattro esseri viventi.115

Seguono quindi il libro con i sette sigilli e l’agnello che è il solo in tutto l’universo in grado di aprire i sigilli.116

Così il Cristo alla fine del settimo periodo starà alla porta dell’individuo immortale» e aspetterà: riusciranno gli uomini a formare questo «individuo» attraverso le azioni di fede, d’amore e di coscienza, così che il Cristo possa far loro udire la sua voce dal mondo della Provvidenza117 ed entrare quale io dell’intera umanità negli involucri che gli sono stati preparati? A quell’epoca infatti il Cristo, in virtù della sua penetrazione nel corpo fisico degli uomini avrà aperto loro l’intera sfera dello zodiaco e si sarà da là manifestato nel suo aspetto più elevato: quale massimo rappresentante del principio dell’io macrocosmico («come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul trono»).118 Questa immagine centrale è anche la chiave per la comprensione dei passi successivi.

 

Così come si può dire che alla visione immaginativa

l’io superiore del singolo uomo troneggia circondato dai suoi involucri esteriori: corpo astrale, eterico e fisico,

• allo stesso modo l’io macrocosmico del Cristo, quale io superiore del «grande individuo immortale»

sederà un giorno sul trono circondato dai suoi tre nuovi involucri,

intessuti per lui dagli uomini con le loro azioni di fede, amore e coscienza morale.

 

Di più, colui che alla fine della settima epoca di cultura non sarà riuscito ad elevarsi alla visione di «colui che è assiso sul trono» non sarà accolto nel «grande individuo immortale» (la nuova arca) e non potrà in tal modo sperare di sopravvivere alla grande catastrofe.

Anche questo viene profetizzato da Giovanni. Egli «vede» immaginativamente «una porta aperta nel cielo»119 e «ode» in ispirazione la voce «che prima aveva udito come una tromba»,120 vale a dire il Logos del Cristo che si rivolge a lui dalla sfera oltre lo zodiaco e dice: «Sali quassù [alla sfera dell’intuizione], ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito [dopo la grande catastrofe]».119 Giovanni ‘sale’ alla sfera predetta e subito si trova «nella regione dello spirito»121 vale a dire nella sfera cosmica da cui discende lo Spirito Santo, la sfera del Buddhi, dove egli sperimenta in intuizione «un trono, e sul trono… una figura.»122

 

In altre parole: Giovanni penetra nell’immortale individuo,

e ne contempla l’io quale ‘agnello-Cristo’ assiso sul trono.123

 

Le immagini che seguono in questo capitolo ci mostrano tre specie di entità circondanti il trono e ci svelano il mistero dei corrispondenti involucri dell’«individuo immortale»:

• il suo corpo fisico formato con le azioni di coscienza morale e rappresentato dai ventiquattro anziani (l’immaginazione delle ventiquattro epoche nel corso delle quali, dall’antico Saturno, fino ai tempi nostri, si è andato formando il corpo fisico dell’uomo dalle forze della doppia ruota zodiacale);

• il suo corpo eterico intessuto con le opere d’amore, raffigurato dai sette spiriti divini (immaginazione dei sette spiriti planetari, che rappresentano le sorgenti originarie delle forze eteriche);

• ed il suo corpo astrale plasmato con le opere di fede, di meraviglia e di venerazione, nell’immagine dei quattro animali (riflesso macrocosmico delle forze animiche-astrali dell’uomo): tutte queste entità rendono omaggio a colui che è assiso sul trono.124 Questa immagine(1) del rapporto fra i nuovi involucri creati dalle azioni sacrificali di coscienza, d’amore e di fede con il Cristo che vive in essi, è analoga a quella per cui nel singolo individuo i corpi fisico, eterico e astrale «rendono omaggio» alla loro guida, l’io superiore.

 

Secondo Rudolf Steiner un compito molto importante della scienza dello spirito ad orientamento antroposofico è lo sviluppo cosciente delle tre virtù descritte, che devono condurre alla progressiva edificazione del «grande individuo immortale»:

 

« • La fede,     • l’amore     • e la coscienza morale.

Queste tre forze saranno le tre stelle morali che, soprattutto grazie alla concezione del mondo antroposofica,125

penetreranno nelle anime umane.»126

 

Ci si può ora chiedere: non c’è discordanza fra quanto detto qui, e lo sviluppo descritto prima delle tre virtù cristiane, fede, amore e speranza? Infatti in un caso si parla di «speranza», nell’altro di «coscienza morale».

Questo apparente contrasto si risolve se prendiamo in considerazione che la coscienza morale, penetrata nella storia nella sua forma attuale solo mediante l’impulso del Cristo127 è la voce del karma che agisce dal profondo dell’essere umano, la voce della giustizia universale che esprime durante la vita terrena, come in maniera riflessa, il giudizio del cosmo spirituale sui nostri atti, pensieri, e sentimenti.128

D’altra parte il vissuto del karma individuale quale riflesso della giustizia universale che agisce nel cosmo, è legato alla speranza. Anch’essa è venuta al mondo con il Cristo. Poiché senza la sua unione con Gesù di Nazareth e senza il mistero del Golgota, tutta l’evoluzione universale sarebbe votata senza speranza a una progressiva distruzione.

 

E il lavoro esoterico con le forze della speranza significa

non solo ascoltare una vaga voce levantesi dalle oscure profondità dell’anima,

bensì ascendere alla stessa sfera da cui provengono gli impulsi della coscienza morale.

 

In tal senso lo sviluppo delle forze della speranza potrà permettere nel tempo di accedere coscientemente alla sfera dalla quale, come da oscure profondità, parla oggi la coscienza morale dell’uomo, per contemplare direttamente la sfera cosmica del karma, la sfera della giustizia universale.

 

Come abbiamo già visto l’umanità svilupperà le forze di speranza per la comprensione del karma nella sfera dello zodiaco,129 solo nella settima epoca postatlantica. Allora apparirà chiaro anche il superiore significato delle necessità della storia, che spesso si estrinsecano in catastrofi globali. Una di queste catastrofi chiuderà anche l’intera epoca postatlantica:

▸ «Verrà poi l’ultimo periodo di civiltà, durante il quale sarà riflessa nell’anima e nell’io umano quella che chiamiamo speranza. Ma allora gli uomini accoglieranno in sé la speranza rafforzati dall’energia che proviene dal mistero del Golgota e dall’epoca morale: la speranza sarà l’elemento più importante per riuscire a superare la catastrofe e, al di là di essa, cominciare una nuova vita, così come cominciò dopo la catastrofe atlantica.»130

 

Ma le forze necessarie a un tale sviluppo della speranza potranno essere acquisite

solo con il processo di edificazione dell’«individuo immortale»,

il vero archetipo scientifico-spirituale dell’UMANITÀ DIVINA,

di cui scrisse profeticamente il filosofo russo Vladimir Solofieff.

 

In essa il Cristo si manifesterà quale io macrocosmico del mondo,

quale portatore del karma del nostro cosmo e dispensatore della speranza universale.

 

Allora gli uomini che avranno preso parte in piena libertà all’edificazione del «grande individuo immortale»

faranno il loro ingresso nella regione dell’intuizione, nella regione del karma universale,

che si estende fino alla sfera della Provvidenza, fino alle stesse sorgenti dello Spirito Santo.

 

Si aprirà per loro la possibilità di lavorare coscientemente in comunione

con l’eccelso consesso dei Bodhisattva che circondano il Cristo, l’io del nostro cosmo,

nella regione posta al di là dello zodiaco:

 

• «Dodici bodhisattva circondano l’entità del Cristo, e non possiamo davvero parlare di più che dodici poiché,

quando i dodici bodhisattva avranno assolto la loro missione saremo alla fine dei tempi terrestri (…)

Là scorgiamo i dodici, e in mezzo a loro il tredicesimo. Così ci siamo innalzati alla sfera dei bodhisattva e ci siamo addentrati nella cerchia delle dodici stelle, al cui centro sta il Sole che le illumina e le riscalda, e da cui esse ricevono la vita che devono poi inviare sulla Terra.»131

 

E poiché, secondo quanto riferisce Rudolf Steiner, questo grande collegio dei bodhisattva forma nel suo insieme la corporeità celeste per lo Spirito Santo, che emana dal Cristo simile alla luce del Sole che illumina e riscalda,132

possiamo dire

• che nella settima epoca di cultura lo stesso Spirito Santo agirà direttamente nell’umanità,

e che soltanto gli uomini che lo accoglieranno in sé coscientemente

potranno opporsi alle colossali forze del male che scaturiranno a quell’epoca

e condurranno a quella «guerra di tutti contro tutti» causa della catastrofe finale.

 

Archetipo di un tale lavoro cosciente sulla terra con lo Spirito Santo è, per ogni tempo, l’apostolo ed evangelista Giovanni che accolse l’impulso dello Spirito Santo, della cosmica Sofia, dallo stesso Cristo sul Golgota (vedi pag. 128 e segg.). Perciò il vangelo che egli scrisse è l’incarnazione diretta nell’umanità dell’impulso dello Spirito Santo, della divina Sofia:

▸ «Ciò che Giovanni ha scritto è saggezza divina, Sofia incarnata nel suo stesso vangelo: il sapere lo ha ricevuto da Gesù ed è stato autorizzato dal Cristo a diffonderlo sulla terra».133

 

Queste parole di Rudolf Steiner concordano pienamente con quanto egli stesso dice nell’ottava conferenza del ciclo Digressioni sul vangelo di Marco, ove viene detto che dei quattro vangeli, proprio quello di Giovanni sarà «il libro di ispirazione» per il settimo periodo, l’ultimo dell’epoca postatlantica. In tal modo le grandi verità rivelate oggi a tutta l’umanità dalla moderna scienza dello spirito si completano sorprendentemente a vicenda.(2)

 

Per concludere volgiamoci allo stesso vangelo di Giovanni per vedere come in esso trovino espressione le grandi verità sull’umanità futura. Considerando questo vangelo nel suo insieme troviamo anzitutto tre elementi fondamentali che non hanno riscontro nei sinottici. Essi sono il prologo, la resurrezione di Lazzaro e il commiato del Cristo-Gesù ai suoi discepoli, a cui sono dedicati quattro interi capitoli, dal quattordicesimo al diciassettesimo.

Come sappiamo la resurrezione di Lazzaro riguarda lo sviluppo spirituale dello stesso evangelista Giovanni.135 Gli altri due elementi si riferiscono rispettivamente al passato e al futuro dell’umanità: il prologo descrive tutta l’evoluzione terrestre fino al mistero del Golgota, mentre il commiato ne indica il futuro a partire dal Golgota. In questo senso possiamo considerare l’addio del Cristo Gesù come una concreta descrizione del cammino che porta all’edificazione del «grande individuo immortale» la futura umanità divina che, come abbiamo visto, dovrà essere parzialmente compiuta alla fine del settimo periodo di civiltà.136

 

Immergiamoci ora nel contenuto di questi passi del vangelo di Giovanni alla ricerca delle relazioni che ci siamo proposti di indagare. Nel primo dei capitoli dedicati al commiato (il sedicesimo) riscontriamo tre motivi fondamentali.

 

• Anzitutto abbiamo un triplice appello alle forze delle fede nell’essere umano

di cui il primo situato proprio all’inizio del capitolo;137 (vv. 1, 11, 12);

• poi il motivo dell’amore (vv. 15, 21, 23, 24, 28)

• e infine il motivo della speranza, ancora celato nel motivo della vittoria sulla morte con la resurrezione:

«Vado a preparare un posto per voi; e quando lo avrò preparato tornerò e vi prenderò con me…» (v. 3),

«Ancora un poco, e il mondo non mi vedrà più: ma voi mi vedrete» (v. 19), «Io me ne vado, e ritornerò da voi» (v. 28).

 

La composizione del primo capitolo si fonda sulle domande poste in successione da tre discepoli,

che sono i rappresentanti delle tre forze fondamentali del corpo astrale dell’uomo: pensare, sentire e volere,

che si rivolgono all’io superiore.

 

Tommaso, che chiede di sapere, rappresenta l’impulso del pensare:

«Signore, noi non sappiamo dove tu vai; come possiamo conoscerne la via?» (v. 5).

 

Giuda (non l’iscariota), a cui il Cristo risponde sviluppando il tema dell’amore quale fondamentale virtù cristiana

(vv. 23-24), rappresenta l’impulso del sentire.

 

• Infine Filippo, che chiede che gli si mostri la sfera del Padre, cioè la sfera della volontà cosmica (vv. 8-10)

rappresenta l’impulso della volontà nell’anima umana.

 

Possiamo quindi vedere come in questo capitolo risuonino i tre motivi di fede, amore e speranza:

in esso si tratta nel mondo interiore del corpo astrale dell’uomo, e delle sue facoltà di base.

Di esse soltanto il pensare, quale fondamento della chiara coscienza di veglia,

appartiene interamente al corpo astrale.([3])

Il sentimento è legato ai processi del corpo eterico,

mentre la volontà quale componente assolutamente inconscia della vita dell’anima, agisce fin entro il corpo fisico.

 

Nel secondo capitolo del commiato (il quindicesimo), già dai primi versi penetriamo nel mondo delle forze vitali plasmatrici del corpo eterico. Ad esse rimandano le numerose citazioni della vigna, dei tralci e dei frutti (vv. 1-8). Quindi appare il motivo centrale del capitolo: la necessità dell’amore in quanto virtù spirituale fondamentale (vv. 9-17). A questo motivo si intreccia quello antitetico dell’odio, che il mondo porterà ai fedeli servitori del Cristo (vv. 18-25). In questa antitesi tra amore e odio è altresì caratterizzata l’opposizione fra la razza buona e quella malvagia a partire dal sesto periodo di civiltà, al cui riguardo sono particolarmente significative le parole: «Voi siete già mondi in virtù della parola che vi ho annunziata. Restate in me e io resterò in voi» (vv. 3-4).

 

Nel terzo capitolo (il sedicesimo) il motivo fondamentale è quello della speranza, sebbene il termine non compaia espressamente. Il motivo della speranza è celato nei riferimenti del Cristo alla sua futura vittoria sulla morte e la resurrezione. Già l’inizio del capitolo contiene un riferimento al settimo periodo di civiltà, con la narrazione dei pericoli che minacciano l’io dell’uomo e che attendono al varco anche gli eletti fra gli eletti (v.1) e delle persecuzioni particolarmente feroci contro i rappresentanti dell’impulso del Cristo da parte di coloro che durante la preparazione della guerra di tutti contro tutti «uccidono il corpo» (2-4).

 

Un ulteriore tema di fondo del capitolo è quello della dipartita del Cristo tra il dolore e la tristezza degli apostoli (vv. 6, 22). In forma nascosta questo tema viene sviluppato in quello della resurrezione, che è inscindibilmente legato alla penetrazione delle forze del Cristo nel corpo fisico per la sua futura spiritualizzazione:138 «Ancora poco tempo e non mi vedrete più; e poi ancora poco tempo e mi rivedrete» (vv. 16,17,19). Queste parole si possono riferire anche alla catastrofe che chiuderà il settimo periodo civiltà e all’inizio della successiva nuova vita.

 

Verso la fine del capitolo si trova l’indicazione che in tale epoca non si parlerà in parabole ma apertamente e direttamente: «Vi ho detto queste cose in parabole. Ma verrà l’ora in cui non vi parlerò più in parabole. Allora vi parlerò apertamente e direttamente del Padre» (v. 25).

Ciò significa che nella settima epoca il regno del Padre sarà accessibile in modo naturale all’umanità per mezzo del risveglio della conoscenza intuitiva (sia notato per inciso che nei sinottici, alludendo al quarto, quinto e sesto periodo di civiltà il Cristo parla sempre in parabole, talvolta spiegate ai discepoli, mentre nel vangelo di Giovanni, facendo riferimento al settimo139 il Cristo non fa uso alcuno di parabole).

Il capitolo termina allorché gli apostoli, che in tale frangente rappresentano l’umanità terrestre, riconoscono e professano l’origine divina del Cristo, al che seguono le parole: «Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Nel mondo avrete dolori. Ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (vv. 33).

 

Con queste parole viene data all’umanità la sublime certezza della speranza:

chi avrà accolto il Cristo fin entro il corpo fisico, supererà tutte le prove future

e nell’epoca che seguirà la grande catastrofe, conquisterà la vittoria finale dello spirito sull’esistenza materiale.140

 

Queste sono le tre tappe fondamentali nell’edificazione degli involucri del «grande individuo immortale»

quali sono contenute nel commiato del Cristo agli apostoli.

 

Per quanto concerne il quarto dei capitoli in esame (capitolo sedicesimo), troviamo in esso il coronamento di tutto il percorso compiuto: l’unione dell’io macrocosmico del Cristo con il «grande individuo immortale» che si realizza in virtù della sua terza rivelazione dalla suprema sfera dello zodiaco, dove il Cristo dimorava nella gloria del Padre prima della creazione del mondo (v. 5).

Allora tutti gli uomini che si saranno innalzati all’esperienza intuitiva del Cristo avranno, per conoscenza propria, la certezza che il Cristo viene dalla sfera del Padre (…) e che dal Padre è mandato (v. 8).

In seguito il Cristo dice che egli non prega per tutti gli uomini, bensì per coloro che, in quell’epoca, entreranno a far parte dell’immortale individuo: «Per questi singoli io ti prego, non per gli uomini in generale. Solo per coloro che tu mi hai affidato, perché sono i tuoi» (v. 9).

 

E infine, in chiusura del capitolo ci viene proposta la più sublime immagine della «umanità divina» quale umanità una col Cristo nell’immortale individuo:

«Che siano tutti una sola cosa; e come tu Padre sei in me e io in te, così anch’essi siano in noi una cosa sola, affinché il mondo abbia fede che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la forza della rivelazione, che tu hai fatta a me, affinché essi siano una sola cosa, come noi siamo una sola cosa. Così, essendo io in loro e tu in me, la loro unione sarà perfetta e il mondo riconoscerà che tu mi hai mandato e che tu li ami, come ami me» (vv. 21-23).

Solo in questa unità si apre all’umanità la comprensione superiore, intuitiva del Cristo:

«Paterno fondamento dell’universo, ecco la mia volontà, che coloro che Tu mi hai affidato, siano sempre dove sono io, e vedano la gloria (rivelazione) del mio essere, che tu mi hai dato, poiché mi hai amato prima che il mondo fosse. Sublime fondamento paterno, gli uomini della Terra non ti hanno conosciuto, ma io ti conosco, e questi hanno conosciuto che Tu mi hai mandato. Io ho rivelato loro il tuo nome e io voglio141 farlo conoscere ancora, affinché l’amore con il quale mi hai amato sia in loro, e così il mio io si manifesti nel loro io» (vv. 24- 25).

 

Ora è necessario aggiungere quanto segue.142

La realizzazione di un ideale di conoscenza così elevato potrà realizzarsi in futuro

solo se lo Spirito Santo, che procede dalla sfera della Provvidenza, dell’io macrocosmico del Cristo,

potrà agire direttamente nell’umanità compenetrando progressivamente i suoi involucri astrale, eterico e fisico,

nella preparazione dell’« immortale individuo ».

 

Giovanni, che fu in grado di accogliere lo Spirito Santo già sul Golgota, ci spiega anche questo mistero della futura evoluzione. Nel discorso d’addio lo Spirito Santo viene citato otto volte dal Cristo Gesù. Quattro volte egli lo chiama «il Consolatore» (Paraclèto) vale a dire «Spirito di Speranza»:143 due volte al capitolo 14, poi una volta al capitolo 15 e una al capitolo 16144 dove ne viene indicata l’azione negli involucri.

In quella futura epoca di dure prove l’umanità buona potrà trovare sostegno e consolazione nelle parole d’addio di Gesù, che allora saranno per gli uomini realtà sperimentata direttamente, così come le descrizioni presenti in tutti i vangeli: l’ultima cena, la solitudine al Getsemani e il mistero del Golgota quali risultati della fusione dell’entità del Cristo con corpo fisico di Gesù di Nazareth, e la resurrezione.

Nei tempi immediatamente precedenti la grande catastrofe (ma questo vale anche per la nostra epoca, veramente apocalittica) saranno in special modo importanti due passi del vangelo, se visti nella loro connessione. Sono i seguenti:

«E Gesù disse loro: restate qui e vegliate con me (…) vegliate e pregate per non cadere in tentazione!

Lo spirito dell’uomo vuole, ma il suo corpo fisico è debole»;145

e: «Padre, se può essere la tua volontà, risparmiami questo calice. Ma sia fatta non la mia volontà, ma la tua.»146

 

Infatti

• così come la nostra epoca con l’aiuto delle forze di fede

deve metamorfosare in conoscenza immaginativa l’intellettualismo, il pensare umano,

• e la sesta epoca con l’aiuto delle forze d’amore

deve trasformare il sentire umano in conoscenza ispirativa,

• così la settima epoca in virtù dell’esperienza cosciente nella sfera cosmica della speranza,

colmerà la volontà umana terrestre con la volontà cosmica che, in ogni spirito veramente desto,

aprirà la via al regno dell’intuizione, alla comprensione cosciente del karma dell’universo

quale impulso della giustizia universale, volontà del Cristo medesimo:

« Poiché la volontà del Cristo domina all’intorno nei ritmi universali dispensatrice di grazia alle anime. »147

 

 


 

Note tra parentesi:

(1) – Le immagini dell’Apocalisse sono estremamente polivalenti. Qui, fra i numerosi significati attribuibili a questo passo, è stato scelto solo quello collegato direttamente alla nostra trattazione.

(2) – Anche l’Apocalisse di Giovanni che si conclude con l’apparizione della nuova Gerusalemme e la piena vittoria della gloria del Cristo, è un grande testo di promessa e speranza per l’umanità.134

(3) – In questo senso è proprio alle forze del pensiero penetranti fin nel cuore che vanno riferite le parole del versetto 27: «Il vostro cuore non abbia turbamenti, né timori».

 

Note:

107 – Se questa possibilità, che sarà data fino al settimo periodo di civiltà (Vedi il secolo d.C.) sembrasse del tutto inverosimile, si tenga conto del fatto che fino ad allora le condizioni di vita esterne sulla Terra cambieranno moltissimo per l’umanità, più di quanto ci si possa immaginare. Riferiamo due fatti, presi dalle comunicazioni della scienza dello spirito che fino ad allora si saranno realizzati:

1. Nel VII millennio le donne avranno cessato di partorire così come avviene oggi. Il genere umano si perpetuerà allora con modalità più spirituali (vedi conferenze del 7 e 28.10.1917, O.O. 177).

2. Già nel settimo millennio la Luna si avvicinerà molto alla Terra e nell’ottavo si riunirà completamente ad essa, provocando un totale cambiamento delle condizioni di vita terrestri (vedi conferenza del 13.5.1921, O.O. 204).

108 – Nello sviluppo dell’individualità di Zarathustra possono essere citati i seguenti gradi preparatori, che portarono al doppio sacrificio del suo corpo fisico in preparazione agli eventi di Palestina:

1. Cinque millenni prima della nascita di Cristo: Zarathustra fonda la civiltà antico-persiana dalle forze solari del suo io

2. Tre millenni prima della nascita di Cristo: Zarathustra sacrifica il suo corpo astrale a Hermes, fondatore della civiltà egizia

3. Due millenni prima di Cristo: Zarathustra sacrifica il suo corpo eterico a Mosè, autore del racconto della creazione,* legislatore e araldo del Cristo.

109 – O.O. 130, 21.9.1911

110 – O.O. 155, 30.5.1912

111 – Ibidem

112 – O.O. 104, 20.6.1908

113 – Ap. 3,20-21 e 4,1-2

114 – Ap. 4,5

115 – Ap. 4,6-8

116 – Ap. 4,5

117 – Della rivelazione del Cristo nella settima epoca dal mondo della provvidenza (Buddhi) è detto nei capitoli ‘La via dell’impulso del Cristo altra verso gli involucri…’ e ‘La virtù della speranza e il settimo periodo…’.

118 – Ap. 3,21

119 – Ap. 4,1

120 – Le parole «come suono di tromba» indicano che qui si tratta in primo luogo di conoscenza ispirativa e non intuitiva.

121 – Ap. 4,2

122 – Ap. 4,2

123 – Cf. il capitolo ‘Le tredici notti sante e la loro connessione con il macrocosmo’.

124 – Ap. 4,9-11 e 5,14

125 – Nel 1912 fu usato il termine: concezione ‘teosofica’ del mondo

126 – O.O. 155, 30,5,1912

127 O.O. 116, 2.5.1910

128 – Secondo le comunicazioni di Rudolf Steiner in passato l’uomo dopo la morte contemplava la giustizia cosmica in due modi: sia come cherubino dalla spada fiammeggiante, rappresentante della coscienza morale cosmica (Gewissen) (quest’immagine rimanda altresì alla venuta dell’impulso della coscienza dalla sfera della prima gerarchia, vale a dire dalla regione delle stelle fisse); sia come Mosè con le tavole della legge (un’immagine della speranza in forma precristiana, che parla ancora della necessità di eseguire la legge). Ma dal nostro tempo questa esperienza post-mortem si modifica sostanzialmente. Al posto di Mosè appare il Cristo quale Signore ilei karma (vedi conferenze del 21.9 e del 2.12.1911. O.O. 130) c al contempo rappresentante delle forze cosmiche della speranza che ora sono legale allo sviluppo della libertà nell’uomo. Infatti da oggi in poi il Cristo conformerà il processo del pareggio karmico attraverso il singolo individuo in modo tale che risponda al bene dell’umanità in generale (vedi conferenza 2.12.1911, O.O.130). Questo sarà anche l’inizio della realizzazione delle speranze più riposte dell’umanità.

* La tradizione luterana (come quella rabbinica) attribuisce a Mosè i primi cinque libri del Pentateuco. Per cui sfogliando una Bibbia tedesca facilmente si troverà per i primi cinque libri la denominazione 1°, 2°, 3°, 4° e 5° libro di Mosè (Genesi, Esodo, Levitico), Numeri e Deuteronomio) (Ndt)

129 – La visione delle conseguenze karmiche degli atti compiuti, connessa al ritorno del Cristo nell’eterico (cf. la conferenza del 14.10.1911, O.O.131) è una metamorfosi della coscienza morale dell’uomo: non ancora visione diretta dello stesso karma, ma solo il suo riflesso nel mondo delle immaginazioni. La conoscenza completa del karma è possibile solo con l’intuizione, che sarà possibile solo nella settima epoca mediante le forze della speranza (ma oggi è possibile a chi abbia conseguito i gradi superiori dell’iniziazione. Che il karma possa essere compreso solo attraverso la conoscenza intuitiva risulta da quanto dice Rudolf Steiner: «Chi si innalza alla vera e propria intuizione, giunge attraverso il mondo fisico alla sfera del Padre. Chi ha la conoscenza intuitiva può operare sul karma effettivo. Egli comincia a restringere coscientemente il proprio karma (…) Per operare sul proprio karma l’uomo deve possedere la conoscenza intuitiva, oppure deve agire sotto la direzione di grandi iniziati» (per esempio nel caso dei comandamenti di Mosè) O.O.93a, 12.10.1905.

130 – O.O.130, 3.12.1911

131 – O.O.116, 25.10.1909

132 O.O.107, 22.3.1909; O.O.113, 31.8.1909; O.O.114, 21.9.1909; O.O.116, 25.10.1909

133 – O.O.97, 2.12.1906

134 O.O.104, 30.6.1908

135 O.O.103, 22.5. 1908

136 – La sua realizzazione definitiva si avrà solo alla fine dell’intera evoluzione terrestre; nella settima epoca ci sarà solo una realizzazione preliminare quale base per lo sviluppo della razza ‘buona’ nell’umanità.

137 – Nella traduzione di E. Bock al versetto 1 si trova «abbiate fiducia» in luogo di «crediate», c al versetto 12 una volta «crediate» e l’altra «abbiate fiducia».

138 – Secondo la legge della simmetria in un certo senso nei colloqui d’addio c contenuta l’indicazione degli stati futuri della Terra: Giove, Venere, Vulcano, mentre nel prologo del vangelo di Giovanni si fa riferimento agli stati passati: Saturno, Sole e Luna (cf. O.O.103, 19.5.1908).

139 O.O.124, 7.3.1911

140 – Le nominate virtù della fede, dell’amore e della speranza ancorché collegate con determinate epoche di cultura, possono tuttavia venire sviluppate contemporaneamente. Ecco perchè non solo nel primo, ma anche nel secondo e nel terzo capitolo dell’addio troviamo indicazione di tutte le tre virtù, sebbene ogni volta l’una o l’altra siano più in evidenza.

141 – Cf. nota 147

142 – Purtroppo non è possibile nel presente lavoro addentrarsi nell’ambito dei nessi citati, perché questo ci porterebbe troppo lontano. Perciò il tema dei colloqui d’addio sarà trattato solo brevemente.

143 – Nella traduzione di Bock al posto di «consolatore» (Lutero) sta «sostegno, dispensatore di coraggio spirituale».

144 – Gv. 14, 16-17 e 26; 15,26; 16,7 e 13

145 – Mt. 26,38 e 41

146 – Lc. 22,42

147 – Cf. Rudolf Steiner e la fondazione dei nuovi misteri cap. 6