07 – Controllo di pensieri e sentimenti

O.O. 10 – L’Iniziazione – (I gradini dell’iniziazione)


 

Quando qualcuno cerca le vie della scienza occulta nel modo descritto nel capitolo precedente, non deve trascurare di fortificarsi durante tutto il suo lavoro per mezzo della costante azione di un pensiero: deve cioè tener sempre presente che dopo qualche tempo può aver fatto dei progressi importanti, senza chj questi gli si palesino nel modo che egli forse si aspettava. Chi non rifletta a questo, perderà facilmente la costanza e rinunzierà dopo poco tempo a ogni tentativo. Le forze e le capacità che si devono sviluppare, sono all’inizio di natura tenue e delicata; e la loro essenza è del tutto diversa da ciò che l’uomo si poteva prima rappresentare. Egli era infatti abituato ad occuparsi soltanto del mondo fisico. Quello spirituale e quello animico sfuggivano ai suoi sguardi ed anche ai suoi concetti.

Non vi è dunque da meravigliarsi, se egli non si accorge subito delle forze spirituali ed animiche che ora si sviluppano in lui. In questo fatto risiede la possibilità di un errore per chi, senza attenersi alle esperienze raccolte dagli occultisti esperti, si avvia sul sentiero dell’occultismo. L’occultista conosce i progressi conseguiti dal discepolo molto tempo prima che questi ne diventi a sua volta consapevole. Egli sa come i delicati occhi spirituali si stiano formando, prima che Io sappia il discepolo. E gran parte delle istruzioni date dall’occultista consiste appunto nell’esprimere, nel fare in maniera che il discepolo non perda la fiducia, la pazienza e la perseveranza, prima di arrivare alla conoscenza del proprio progresso. L’occultista non può veramente dare al suo allievo niente che già non risieda nascosta- mente in lui. Può solo guidarlo verso lo sviluppo delle capacità latenti. Ma ciò che egli comunica delle proprie esperienze servirà di appoggio a chi dall’oscurità vuol penetrare nella luce.

 

Molti abbandonano il sentiero della scienza occulta poco tempo dopo esservi entrati, perché il progresso raggiunto non riesce loro immediatamente visibile. Ed anche quando le prime esperienze superiori diventano percepibili per l’allievo, egli spesso le considera illusioni, perché sono completamente diverse dall’idea che se ne era fatta. Egli perde coraggio, o perché non attribuisce valore a quelle prime esperienze, o perché le giudica talmente insignificanti da non credere che possano condurlo in tempo prevedibile a risultati importanti. Ma il coraggio e la fiducia in se stesso sono due fiaccole che non si devono lasciar spegnere sulla via della scienza occulta. Chi non sa risolversi a ripetere sempre di nuovo con pazienza un esercizio, che sembra esser fallito innumerevoli volte, non potrà arrivar lontano.

 

Molto prima che il discepolo abbia la percezione chiara dei progressi conseguiti, sorge in lui oscuramente il sentimento di trovarsi sulla via giusta. E questo sentimento deve essere custodito e coltivato, perché può diventare una guida sicura. Anzitutto conviene liberarsi dall’idea che occorrano pratiche strane e misteriose per arrivare a conoscenze superiori. Ci si deve rendere chiaramente conto che, come punto di partenza, si devono prendere i sentimenti e i pensieri con cui l’uomo vive di continuo, e che si tratta soltanto di dare a questi sentimenti e a questi pensieri una direzione diversa da quella abituale. Ci si deve dire anzitutto che nel mondo dei propri sentimenti e pensieri stanno nascosti i misteri più alti, ma che finora non si è potuto scorgerli. In ultima analisi tutto si risolve nel fatto che l’uomo porta seco continuamente corpo, anima e spirito, ma che egli è chiaramente cosciente soltanto del proprio corpo, non della sua anima e non del suo spirito. Invece il discepolo dell’occultismo diventa cosciente della sua anima e del suo spirito, come l’uomo lo è di solito del proprio corpo.

 

Questa è la ragione per cui importa dare ai sentimenti e ai pensieri la giusta direzione. Allora si sviluppano le percezioni per ciò che è invisibile nella vita ordinaria. Verrà ora indicata una delle vie per raggiungere quello scopo. Si tratta anche questa volta di un mezzo semplice, come quasi tutto ciò che finora è stato comunicato, ma che produce i più grandi effetti se viene praticato con costanza, e se l’uomo è capace di dedicarvisi col giusto atteggiamento intimò dell’anima.

 

Ci si ponga dinanzi il piccolo seme di una pianta. Si tratta ora, di fronte a questo oggetto insignificante, di sviluppare con intensità giusti pensieri e, per mezzo di questi, determinati sentimenti. Anzitutto ci si renda chiaramente conto di ciò che in realtà si vede con gli occhi. Occorre descriversi la forma, il colore e tutte le altre proprietà del seme, e poi fare le seguenti riflessioni: da questo granellino, se seminato nella terra, sorgerà il complesso organismo di una pianta. Ci si rappresenti la pianta costruendola nella propria fantasia, e poi si pensi: le forze della terra e della luce più tardi faranno realmente scaturire dal seme ciò che ora mi rappresento con la fantasia. Se avessi davanti a me un oggetto artificiale che imitasse quel granellino con tale perfezione che i miei occhi non potessero distinguerlo da uri seme vero, nessuna forza della terra e della luce ne farebbe scaturire una pianta.

Chi comprende con chiarezza e sperimenta interiormente questo pensiero potrà anche col giusto sentimento formare il seguente altro pensiero. Egli si dirà: « Nel seme già riposa nascostamente — come forza dell’intera pianta — ciò che più tardi crescerà da esso; nell’imitazione artificiale questa forza non c’è; nondimeno, per i miei occhi, entrambi sembrano uguali. Il vero seme contiene dunque qualcosa di invisibile che non esiste nell’imitazione ». Su questo invisibile occorre volgere il sentimento e i pensieri. Ci si rappresenti quanto segue: « Questo invisibile si trasformerà più tardi in pianta visibile che mi apparirà con forma e colore ». Ci si fermi sui questo pensiero: « l’invisibile diventerà visibile ». Se io non potessi pensare, non mi si potrebbe neppure palesare fin d’ora ciò che diventerà visibile soltanto più tardi.

 

Si tenga particolarmente presente che ciò che così sì pensa deve anche essere intensamente sentito. Nella calma, senza intromissione disturbatrice di altri pensieri, bisogna sperimentare in sé il pensiero sopra accennato; e ci si deve riservare il tempo necessario perché il pensiero, e il sentimento che ad esso si ricollega, si possano imprimere in certo qual modo nell’anima. Se si arriva ad effettuare questo nel modo giusto, si comincerà dopo qualche tempo — magari soltanto dopo molti tentativi — a sentire interiormente una forza; e questa forza provocherà in noi una nuova facoltà di visione. Il seme ci apparirà come racchiuso in una piccola nube luminosa. Dai sensi spirituali verrà sentito come una specie di fiamma. Dal centro di questa fiamma si riceverà un’impressione, come quella che ci procura là vista del colore lilla; dall’orlo di essa si riceverà l’impressione che ci procura il colore azzurrognolo. Appare così ciò che prima non si vedeva e che è stato creato dalla forza dei pensieri e dei sentimenti destati in noi. Ciò che prima era invisibile per i sensi, cioè la pianta che diventerà visibile soltanto più tardi, Si rivela a noi in modo spiritualmente visibile.

 

È comprensibile che molte persone considerino tutto ciò un’illusione. Molti diranno: « Che me ne faccio di tali visioni, di tali fantasmi? ». E rinunzieranno a proseguire il loro cammino. Ma si tratta appunto, in questi punti difficili dell’evoluzione dell’uomo, di non confondere fra loro fantasia e realtà spirituale, e di avere inoltre il coraggio di spingersi avanti senza timidezza e senza paura. D’altra parte però, bisogna indubbiamente insistere sul fatto che si deve continuamente coltivare il sano criterio che distingue la verità dall’errore. Durante tutti questi esercizi l’uomo non deve mai perdere il pieno e cosciente dominio di se stesso. Egli deve continuare anche ora a pensare con la medesima sicurezza con la quale pensa sulle cose e i processi della vita quotidiana. Sarebbe male se egli si abbandonasse a fantasticherie. Il suo intelletto deve rimanere continuamente chiaro, per non dire: freddo.

Sarebbe massimo errore se, per mezzo di questi esercizi, l’uomo venisse a perdere il suo equilibrio, e non fosse più capace di giudicare delle vicende della vita quotidiana con la consueta serenità e chiarezza. II discepolo dell’occultismo deve perciò sempre di nuovo esaminarsi per verificare se non ha perso il suo equilibrio, e se è rimasto il medesimo in mezzo alle circostanze in cui si trova. Egli deve conservarsi la facoltà di poggiare saldamente in se stesso, e di pensare chiaramente su tutto. Ad ogni modo è necessario stare bene atterri a non abbandonarsi ad ogni fantasticheria, e a non seguire ogni specie di esercizi. Le direttive del pensiero che verranno qui esposte sono state vagliate e praticate nelle scuole occulte fin dai tempi antichissimi. Queste soltanto verranno qui comunicate. Chi volesse applicarne altre di diverso genere, da lui stesso ideate o di cui avesse letto o sentito parlare, cadrà in errore, e presto si perderà in un pelago di vane fantasticherie.

 

Un altro esercizio che si può aggiungere a quello già descritto è il seguente. Ci si ponga dinanzi ad una pianta che si trovi in stato di completo sviluppo. Ci si compenetri del pensiero che verrà un tempo in cui la pianta morrà. Nulla più vi sarà di ciò che ora vedo dinanzi a me. Ma la pianta avrà allora sviluppato dei semi che alla loro volta diverranno piante. Anche qui mi accorgo che in ciò che vedo esiste qualcosa di nascosto che io non vedo. Mi riempio completamente del pensiero che questa pianta, con la sua forma e i suoi colori, non esisterà più nell’avvenire. Ma l’idea che la pianta formi dei semi mi insegna che essa non sparirà nel nulla.

 

Io non posso vedere con i miei occhi ciò che la salva dall’annientamento, così come prima non potevo scorgere la pianta nel granellino del seme. Vi è dunque in essa qualcosa che non posso vedere con gli occhi. Se in me faccio vivere questo pensiero, e ad esso si unisce in me il sentimento che vi corrisponde, si sviluppa a sua volta nella mia anima, dopo un determinato tempo, una forza che si trasforma in una nuova percezione. Dalla pianta scaturisce anche qui una specie di fiamma spirituale. Naturalmente più grande di quella prima descritta. La parte centrale di questa fiamma può essere sentita come celeste-verdastra, e l’orlo esterno come rosso-giallognolo.

 

Occorre insistere esplicitamente sul fatto che, quanto qui viene indicato come « colore », non appare nel modo in cui gli occhi fisici vedono i colori, ma che, per mezzo della percezione spirituale, si sente qualcosa di simile all’impressione fisica che si riceve del colore. Percepire spiritualmente il « blu », significa sentire qualcosa di simile a ciò che si sente, quando lo sguardo dell’occhio fisico si posa sul colore « blu ». Chi desidera realmente assurgere via via alle percezioni spirituali deve tener conto di questo fatto. Altrimenti si aspetterà di trovare nello spirito soltanto una ripetizione del fisico; e ciò lo porterebbe ad amare delusioni.

 

Chi è arrivato a vedere spiritualmente questi fenomeni ha acquistato molto, perché le cose gli si rivelano non soltanto nel loro stato di esistenza attuale, ma anche nel loro nascere e decadere. Egli comincia a vedere ovunque lo spirito di cui gli occhi fisici nulla possono sapere. In tal modo ha fatto i primi passi per arrivare gradatamente alla visione diretta del segreto che si nasconde dietro a nascita e morte. Per i sensi esteriori un essere comincia la sua esistenza con la nascita; la termina con la morte. Ma questo succede soltanto perché quei sensi non percepiscono lo spirito nascosto di quell’essere. Per lo spirito nascita e morte non sono che una trasformazione, come lo spuntare del fiore dal boccio è una trasformazione che si svolge dinanzi agli occhi fisici. Per conseguirne la conoscenza diretta, occorre destare prima, nel modo indicato, il senso spirituale adatto.

 

Per togliere subito di mezzo un’obiezione che potrebbe essere sollevata da molte persone dotate di qualche esperienza animica (psichica), sia detto che vi sono vie più brevi e più semplici, e che varie persone imparano a conoscere per visione diretta i fenomeni della nascita e della morte senza passare per tutte le tappe qui descritte. Vi sono appunto persone dotate di speciali disposizioni psichiche, alle quali basta un piccolo impulso per svilupparsi. Ma sono, eccezioni. La via qui indicata è invece accessibile a tutti e più sicura. Si possono anche acquistare per via eccezionale alcune cognizioni di chimica, ma se si vuol veramente diventare chimici occorre seguire la via ordinaria e sicura.

 

Cadrebbe in grave errore chi credesse di poter arrivare alla mèta più comodamente con la semplice rappresentazione del seme sopra citato o della pianta, cioè soltanto raffigurandoselo nella fantasia. Chi lo facesse può magari arrivare alla mèta, ma con meno sicurezza che per la via indicata. La visione cui arriverà sarà nel maggior numero dei casi soltanto un’illusione. Occorrerà allora aspettare che essa si trasformi in visione spirituale, perché non si tratta che io mi crei arbitrariamente delle visioni, ma che la realtà le crei in me. La verità deve scaturire dalle profondità della mia anima; ma non il mio io abituale deve essere il mago che evoca la verità, bensì gli esseri, di cui voglio vedere la realtà spirituale, dovranno evocarla.

 

Quando l’uomo, per mezzo di tali esercizi, ha sviluppato in sé il primo inizio della visione spirituale, egli può ascendere alla osservazione dell’uomo stesso. Devono venir scelte a tal uopo le manifestazioni più semplici della vita umana. È necessario però, prima di procedere innanzi, che egli lavori con speciale severità alla purificazione del suo carattere morale. Egli deve allontanare da sé ogni idea di applicare le cognizioni a quel modo acquistate a proprio vantaggio personale; deve prendere la ferma risoluzione di non servirsi mai a fin di male della forza che potrebbe acquistare sui propri simili. Chiunque cerchi quindi di penetrare per visione diretta nei segreti della natura umana, deve seguire l’aurea regola della vera scienza occulta. E tale regola aurea dice: «Per ogni passo innanzi che cerchi di fare nella conoscenza delle verità occulte, devi al tempo stesso fare tre passi nel perfezionamento del tuo carattere verso il bene ». Chi segue questa norma può fare gli esercizi del genere di quello che ora verrà descritto.

 

Ci si rappresenti un uomo che sia stato da noi qualche volta osservato nel momento in cui desiderava un oggetto. L’attenzione va concentrata sul desiderio. È meglio rievocare nella memoria il momento in cui il desiderio era più intenso, e in cui era ancora piuttosto incerto se l’uomo potesse ottenere l’oggetto desiderato oppure no. Poi ci si abbandoni completamente alla rappresentazione di ciò che si osserva nel ricordo. Si ottenga la massima calma interiore nella propria anima. Si cerchi, per quanto è possibile, di essere ciechi e sordi per tutto ciò che si svolge attorno a noi, e di porre speciale cura perché la rappresentazione evocata desti nell’anima un sentimento. Si lasci salire questo sentimento in noi come una nube sale su di un orizzonte completamente sereno. È naturale che di solito l’osservazione rimanga interrotta per il fatto di non aver osservato abbastanza a lungo l’uomo sul quale è diretta la nostra attenzione, nello stato d’animo sopra descritto. Probabilmente faremo centinaia e centinaia di prove inutili. Ma non si deve perdere la pazienza.

Dopo molti tentativi si arriverà a sperimentare nella propria anima un sentimento che corrisponde allo stato d’animo dell’uomo osservato. Dopo qualche tempo si osserverà anche che, per mezzo di questo sentimento, cresce nella nostra anima una forza che si trasforma in visione spirituale dello stato d’animo della persona osservata. Nel campo visivo sorgerà un’immagine che verrà sentita come qualcosa di luminoso. Tale immagine spiritualmente luminosa è la cosiddetta manifestazione astrale dello stato di desiderio animico appunto osservato. Questa immagine a sua volta può essere descritta come simile a una fiamma. Il suo centro vien sentito come rosso-giallognolo e la periferia come violaceo o lilla. È importante trattare tali visioni spirituali con grande delicatezza.

È meglio non parlarne dapprima a nessuno fuorché al proprio maestro, se lo si ha. Se infatti si cerca di descrivere un tale fenomeno con parole inadatte, ci si abbandona per lo più a gravi errori. Si adoperano le parole comuni, ma esse non sono destinate a tali cose e riescono perciò inadatte e grossolane. Ne risulta allora che il tentativo stesso di riprodurre con parole l’esperienza avuta, ci induce inconsciamente ad aggiungere, a quello che effettivamente si è visto, ogni specie di fantasticherie e di illusioni.

Un’altra norma importante deve essere osservata dal discepolo dell’occultismo: « Impara a non parlare delle tue visioni spirituali. È bene anzi tacere anche verso te stesso. Non cercare di rivestire di parole ciò che vedi nello spirito o di interpretarlo con l’intelletto inadeguato. Abbandonati liberamente alla visione spirituale, e non disturbarla con troppe riflessioni, perché devi ricordare che da principio le tue riflessioni non sono affatto all’altezza della tua visione. La capacità di riflettere è stata finora acquistata da te soltanto nella vita che è limitata al mondo fisico sensibile: le facoltà che si tratta ora di acquistare trascendono quel limite. Non cercare perciò di applicare delle norme antiche a queste nuove esperienze superiori ». Soltanto chi ha già conseguito una certa sicurezza nell’osservazione delle esperienze interiori potrà parlarne, per stimolare gli altri con le proprie parole.

 

L’esercizio descritto può essere completato dal seguente. Si osservi nel modo già detto un uomo al quale sia stato appagato un desiderio, esaudita una speranza. Se si procede con le medesime regole e precauzioni che sono state citate nel caso precedente, si arriverà anche questa volta a una visione spirituale. Si noterà la forma di una fiamma spirituale il cui centro verrà sentito come giallo con un orlo verdognolo.

 

Mediante tali osservazioni sui suoi simili l’uomo può facilmente cadere in un errore morale. Può diventare incapace di amore. Occorre adoperare ogni mezzo per evitare che questo succeda. Per praticare quelle osservazioni occorre assolutamente già essere arrivati alla completa certezza che i pensieri sono cose reali. Allora non ci è più permesso di avere, sui nostri simili, pensieri che non siano compatibili col più alto rispetto della dignità e della libertà umana. L’idea che l’uomo possa essere per noi soltanto un oggetto di osservazione, non deve passarci neppure un istante per la mente. Di pari passo con ogni osservazione occulta sulla natura umana, l’autoeducazione deve condurre ad apprezzare incondizionatamente il pieno valore di ogni singolo individuo; ciò che risiede nell’uomo deve essere da noi considerato — anche nei nostri pensieri e sentimenti — come sacro e intangibile. Tutto ciò che è umano, anche se lo pensiamo soltanto come ricordo, deve riempirci di un senso di profonda venerazione.

 

Per il momento soltanto da questi due esempi viene mostrato come si giunga all’illuminazione sulla natura umana. Essi però serviranno almeno a indicare la via che conviene seguire. Chi trova la necessaria interiore tranquillità e calma, indispensabili per tali osservazioni, per questo stesso fatto, avrà già operato una grande trasformazione nella propria anima. Questa trasformazione arriverà presto al punto che l’arricchimento interiore del suo essere gli conferirà sicurezza e calma, anche nel suo contegno esteriore. Il contegno esteriore così trasformato reagirà a sua volta sulla sua anima. E così egli se ne gioverà ulteriormente. Egli troverà mezzi e vie per scoprire sempre più i segreti della natura umana che rimangono nascosti per i sensi esteriori; diventerà allora anche maturo per gettare imo sguardo sui nessi misteriosi fra la natura umana e tutto il resto dell’universo. Per questa via l’uomo si avvicina sempre più al momento in cui può effettuare i primi passi nell’iniziazione. Prima che ciò si verifichi occorre però ancora una cosa. È qualcosa di cui forse la necessità riuscirà dapprima poco evidente al discepolo dell’occultismo. Più tardi però egli la comprenderà.

 

Occorre dunque che l’iniziando sia provvisto sotto un certo riguardo di un coraggio e di un’intrepidità specialmente sviluppati. Il discepolo deve appunto cercare delle occasioni favorevoli per lo sviluppo di queste qualità. Nella disciplina occulta esse devono essere sistematicamente coltivate. Ma la vita stessa, specialmente a questo riguardo, è una buona scuola occulta; forse la migliore. Affrontare serenamente un pericolo, cercare di superare le difficoltà senza sgomentarsi; di questo deve essere capace il discepolo. Per esempio di fronte a un pericolo, egli deve immediatamente sviluppare il sentimento: « Il mio timore non serve a niente, non devo avere affatto paura, ma pensare soltanto a ciò che vi è da fare ». E deve educarsi a tal punto che, nelle occasioni che prima gli incutevano timore, gli riesca ormai impossibile « aver paura » o « perdere il coraggio », almeno come sentimento interiore.

L’autoeducazione in questa direzione sviluppa nell’uomo forze ben determinate di cui ha bisogno se deve essere iniziato nei misteri superiori. Come l’uomo fisico ha bisogno della forza nervosa per utilizzare i suoi sensi fisici, così l’uomo animico ha bisogno della forza che si sviluppa solo in nature coraggiose e intrepide. Chi penetra nei segreti superiori, vede cioè cose che le illusioni dei sensi tengono nascoste alla vista dell’uomo ordinario. Difatti, sebbene i sensi fisici non ci permettano di vedere la verità superiore, appunto per questo essi sono anche i benefattori dell’uomo. Gli nascondono cose che lo spaventerebbero moltissimo e di cui egli, impreparato, non potrebbe sopportare la vista.

Il discepolo deve essere temprato a sopportare tale vista. Egli perde nel mondo esteriore appoggi che erano dovuti appunto al fatto di trovarsi imprigionato nell’illusione. Realmente e letteralmente succede come se si richiamasse l’attenzione di qualcuno su di un pericolo al quale già da molto tempo egli era esposto, ma senza saperlo. Prima egli non aveva paura; ora però, dopo che sa, viene assalito dalla paura, sebbene il fatto di esserne a conoscenza non abbia aumentato il pericolo.

Le forze del mondo sono distruttrici e costruttrici; il destino degli esseri esteriori è di nascere e perire. Il savio deve osservare l’azione di queste forze, il corso di questo destino.

 

Il velo che si stende nella vita ordinaria davanti all’occhio spirituale deve essere allontanato. L’uomo stesso è però contessuto con queste forze, con questo destino. Nella sua propria natura esistono forze distruttrici e costruttrici. Come le cose tutte si svelano all’occhio spirituale del veggente, così gli si svela la sua propria anima. Di fronte a tale autoconoscenza il discepolo non deve perdere la forza. Ed essa non gli mancherà soltanto se egli ne è provvisto ad esuberanza.

Per riuscire in questo intento egli deve imparare a conservare la calma e la sicurezza interiore nelle condizioni difficili della vita; deve coltivare in sé una ferma fiducia nelle forze benefiche dell’esistenza. Egli deve prepararsi all’idea che molti moventi che lo guidavano nel passato ormai gli verranno meno. Deve convincersi che fino ad ora aveva fatto e pensato diverse cose, soltanto perché era prigioniero dell’ignoranza.

Le ragioni su cui prima si basava non avranno più valore. Se aveva agito per vanità, si accorge quanto la vanità sia assolutamente futile per il savio. Se aveva agito per avidità, si avvede che questa esercita un’azione distruttrice. Egli dovrà sviluppare dei moventi completamente nuovi per i suoi atti e i suoi pensieri. E appunto per questo occorrono coraggio e intrepidezza.

 

Si tratta soprattutto di coltivare questo coraggio e questa intrepidezza nelle intime profondità della vita del pensiero. Il discepolo dell’occultismo deve imparare a non perdersi d’animo per un insuccesso. Deve essere capace di pensare: « Voglio dimenticare che ancora una volta questo non mi è riuscito, e tornare alla prova come se niente fosse successo ». Egli si conquista in tal modo la convinzione che nel mondo le fonti di forza, alle quali può attingere, sono inesauribili. Per quanto fiacca e debole si sia potuta palesare la parte terrena del suo essere, egli nondimeno aspira sempre di nuovo allo spirito che lo solleverà e Io sosterrà. Deve essere capace di andare incontro all’avvenire senza lasciarsi disturbare nel suo cammino da alcuna esperienza del passato.

Quando l’uomo possiede fino a un determinato grado le qualità descritte, egli è maturo per conoscere i veri nomi delle cose che sono la chiave del sapere superiore. L’iniziazione consiste appunto nell’imparare a denominare le cose del mondo con i nomi che esse hanno nello spirito dei loro artefici divini. Quei nomi contengono i segreti delle cose. Gli iniziati perciò parlano un linguaggio diverso dai non iniziati, perché i primi conoscono i nomi per mezzo di cui gli esseri stessi sono stati creati. Il prossimo capitolo tratterà dell’iniziazione per quanto è possibile parlarne.